Dare e non prendere … a chi?

una piccola riflessione pseudo-shakespeariana sul proposito del governo Draghi di dare e non prendere ai cittadini italiani

Dare e non prendere, questo è il problema!
Se sia più nobile dare alle imprese una grande fortuna
non aumentando loro tassa alcuna
e permettere le delocalizzazioni
senza imporre sanzioni …
tollerar del fisco le evasioni …

O dare ai cittadini sicurezza
sul posto di lavoro … la certezza
della Sanità Pubblica, efficiente …
aiutare le gente …
Non prendere a chi ha più bisogno …
un’utopia pare, un bel sogno …

Difficile risolver la questione
se dare a chi ha di più o a chi ha ragione …
se dare a chi più ha
e prendere a chi non ha …

Meglio non ci pensare, sopire, dormire, forse sognare …
Com’è difficile passare dal dire al dare …
Meglio dunque lasciare
che le cose seguano il loro corso:
DARE, NON PRENDERE a chi più ha, senza rimorso!

Anna Maria Guideri, 26-09-2021

Generazioni a confronto

Dice uno: o babbo, o voi che c’avete lasciato nella merda, brutta generazione di egoisti privilegiati che avevate stipendi boni e il posto assicurato …
Acci
denti a voi, ora noi siamo nel precariato quando ci va bene e non ci volete dare nemmeno il reddito di cittadinanza perché l’hanno detto quegli dei cinquestelle.

E poi lo storicismo marxista, fa cacare e i’ ccoomunismo poi un se ne parla… l’è una visione hegeliana, deterministica o teleologia della storia: un’utopia finalistica che contraddice la premessa materialistica del marxismo. Sarebbe per dirla con Dante una causa del tipo della “contraddizion che nol consente…”

E gli risponde i’ bbabbo:

Senti pallino, ma ‘icché ttu ddici?
Intanto gli stipendi e il posto fisso ce li siamo guadagnati e non ce li ha regalati nessuno, E poi ce li siamo pagati, se si mettevano i soldi in banca si pigliava di più di quello che ci passa ora l’Inps. E poi ancora son serviti per farti studiare e per poterti far dire tutte le corbellerie che ‘ttu vvoi. T’ha studiato, t’abbiamo dato una casa, una bella biblioteca, la libertà di poter scegliere anche quando t’avevi meno senno di ora.

Quindi che cazzo rompi i coglioni? Noi ci s’è provato a cambiare il mondo. Vivendo, pagando e rinunciando. E vvoi? (se si parla di generazioni) che cazzo fate? Se non blaterare che l’è tutto sbagliato e l’è tutto da rifare. Ma questo lo diceva Gino Bartali, gran corridore (e c’ho fatto anche il tifo) … ma a cervello… ma lui almeno unn’avea studiato.

Baffo Aretino, 26/09/2021

Portateceli morti bene, sennò si rizzano

Antico proverbio toscano

commento incredulo a una situazione che appare assurda o a un racconto inverosimile
(da Accademia della crusca, “il vocabolario del Fiorentino contemporaneo”)

Commento a quanto ricevuto oggi da “Sinistra in rete “: il portale riporta l’intervento di Stefano Tenenti del coordinamento USB Ancona, su Cumpanis. vedi il link
https://www.sinistrainrete.info/societa/21212-stefano-tenenti-sui-vaccini-e-sul-green-pass.html
e che bisogna leggere, anche se ormai noto, sennò il mio commento non sa di nulla e non si capisce il titolo. Possibile comunque, che il commento non sappia di nulla.

Non ho un minimo di discernimento, non mi sono neppure accorto di essere un cittadino di seconda classe, o meglio, di esserlo diventato da quest’anno, e non esserlo perché non ho quei previlegi che i pochi, ricchi davvero, hanno. Non porto, ancora, una catenina al collo con l’immagine (sacra) del vaccino, né ho (ancora) il distintivo del Partito Nazionale Vaccinista, però chissà, …, mai dire mai.

Ho visto le manifestazioni dei partigiani della libertà, che, con grande coraggio, oltraggiano e spintonano giornalisti asserviti. Ho visto anche sventolare le loro libere bandiere. Tanta Italia, a sottolineare l’amor patrio, e ho sentito gridare quei sacrosanti, imperituri valori di libertà tramandatoci dai nostri padri e propri della nostra gloriosa stirpe.

Ma, stupidamente, mi ero già fatto iniettare il vaccino. E, con questo, chissà quali altre diavolerie. Perché da allora ho sentito, a dir la verità da un orecchio solo, come delle voci, che mi spingevano a pensare che forse avevo fatto bene. Ho cercato di scacciare questi pensieri, ma le voci continuavano. Allora, per contrastarle, mi son detto: “cerca di avere un po’ di discernimento, trova i documenti e vedrai che tante dittature sono iniziate con una vaccinazione…,”.

Ho guardato su Wikipedia: parole chiave: Dittatura, Vaccinazione. Niente. È proprio vero che su internet non si può contare. Ho sfogliato qua e là Mein Kampf. Niente nemmeno li. Se qualcuno ne trova traccia me lo faccia sapere. Forse però il dottor Albert Heim ha scritto qualcosa… Ho escluso il periodo della prima guerra mondiale. Sono sicuro che non vi furono dittature nate da una vaccinazione; infatti, fortunatamente, per la spagnola nessuno si vaccinò, e la democrazia fu salva. Sul fascismo sono sicuro: Salvemini non ne parla, De Felice nemmeno, nel Mussolini di Scurati non c’è traccia di Hub vaccinali, quei centri di concentramento fioriti invece in quest’epoca fosca. E anche nella caduta del Frente Popular non ho trovato traccia di vaccinazioni forzate e istituzione di lasciapassare sanitari. E anche in quell’altro tragico 11 settembre, quello del 1973, non ho trovato riferimenti alle vaccinazioni coatte. Ho trovato però una sorprendente assonanza tra il nome delle fazioni dei gruppi pro Pinochet, “patria e libertà”, e le parole che risuonano oggi tra le fila dei combattenti nostrani

Niente nemmeno negli altri regimi autoritari, dalla Russia Sovietica alla Cina Maoista e la Corea. E neppure il nuovissimo governo dei Taleban sembra essere nato in conseguenza di vaccinazioni forzate. È anche vero che c’è sempre una prima volta.

E così ho ceduto, e mi sono fatto anche la dose di richiamo.
Da allora sento le voci anche dall’altro orecchio. La diavoleria funziona. Le voci ora dicono che le origini dei disordini popolari, delle repressioni e controrivolte che seguono, hanno sempre origine da esasperazione sociale. Di cui è sempre opportuno tenere conto, ma che intellettuali riconosciuti di gran livello non dovrebbero fomentare. Poi le voci mi fanno ridere, e mi dicono che è come la storia di quello che in chiesa, nel periodo delle quarant’ore, toccava il c… a una signora, che, risentita gli disse: oh!, ma icché fa? E al suo impacciato dire: mi scusi sa son le quarantore … rispondeva lapidaria: ma icché c’entra il c. con le quarantore? L’ultima cosa che mi hanno detto è che qualche volta anche i migliori pisciano fuori dal vaso.

Enrico Tendi, 24-09-2021

La stampa: libertà di genuflessione

(Parafrasando i classici che avevano capito tutto)

Tanto gentile e tanto onesto pare
il Mario nostro quando altrui saluta
ch’ogni stampa diviene prostituta
a comincia così a idolatrare.
Egli si va sentendosi laudare
benignamente d’umiltà vestuto
e par che sia un gran capo venuto
da cielo in terra per noi a governare.
Mostrasi sì potente a chi lo mira
e dà coi gesti sicurezza al core
da far sperar così in un’era nuova.
E pare che in padella cocia l’ova
e faccia la frittata con amore
per dire poi all’Italia: “su rigira!”

Da La vita nuova di Dante)

Ahi serva stampa dei corrotti ostello,
donna senza pudore e disonesta
venduta al grande GEDI del bordello!

(Dal VI Canto del Purgatorio della Divina Commedia)

Ahi vile stampa perché non peristi?

(Dal 33esimo Canto dell’Inferno – Il Conte Ugolino)

“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”: Draghi!

(Da L’aquilone di G. Pascoli)

La stampa: rea di servo encomio e di codardo oltraggio.

(Da Il 5 Maggio di A. Manzoni)

Così percossa e attonita
l’Italia al Draghi sta
muta mirando il genio
dell’uomo più special!

(Dal 05 maggio di A. Manzoni)

Anna Maria Guideri, 23/9/2021

Il Conte sbiadito

In merito all’articolo di Selvaggia Lucarelli apparso sul Fatto Quotidiano avente per oggetto la presunta tendenza al suicidio politico di Giuseppe Conte perché troppo sbiadito, poco incisivo ed elusivo con i giornalisti che lo incalzano (vedi Formigli a Piazza Pulita), desidero esprimere il mio dissenso. Penso che forse, l’unico modo per farsi notare fra tanto becerume e conformismo comunicativo, sia quello di rendersi più “sbiadito” possibile. Vale ancora la celebre battuta di Nanni Moretti : Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?” Nel caso di Conte, visto che tutti – o quasi – vengono per farsi notare nel peggiore dei modi, il modo migliore per rendersi positivamente visibile è quello di rendersi invisibile. Certo, per vincere da sbiadito ci vuole classe, ma, fino ad ora Conte, a giudicare dal consenso ottenuto e che mantiene, malgrado la campagna di delegittimazione di tutti i giornaloni riuniti, ha mostrato di averla. Il suo è un grande fair play in grado di resistere al forcipe di quei giornalisti che mostrano di mirare più agli effetti speciali che ai contenuti.

Resta da chiarire l’allineamento di Travaglio sulle posizioni della Lucarelli, che sembrano contraddire inspiegabilmente quanto ha sempre sostenuto (vedi CONTICIDIO) . Credo che Giuseppe Conte tutto si sarebbe aspettato fuorché ricevere fendenti micidiali proprio dal giornale che lo ha sempre – meritatamente – difeso. Come si spiega questo cambiamento di tono e di linea da parte del Fatto? E’ forse cambiato Conte? Non mi pare. Non era uno scalmanato prima, non lo è ora. Ha sempre difeso fermamente le ragioni della vaccinazione e ora difende, con perfetta coerenza e correttezza e altrettanto fermamente, le ragioni del Green pass. Mentre questo non si può dire altrettanto di marco Travaglio che legittimamente, ma non proprio coerentemente, è andato ad ingrossare – si fa per dire – la fila degli intellettuali dissidenti non per giusta causa.

Forse Travaglio si aspettava che Conte, per far dispetto al suo usurpatore Draghi, vendesse per un piatto di lenticchie la sua primogenitura, vale a dire, la sua coscienza e la sua coerenza? Così non è stato e non poteva essere se Conte è quella persona seria e responsabile che Travaglio ha così ben capito e descritto.

Anna Maria Guideri, 22-09-2021


La plastica verbale

il restiling linguistico

Il troppo stroppia, si sa, cioè, l’eccesso di attenzione ad usare un linguaggio politicamente corretto sfoggiando tutta una serie di eufemismi e di francesismi sconfina sempre di più nel grottesco e nel ridicolo ottenendo l’effetto contrario a quello voluto: quello di rispettare le persone e le categorie più disparate considerate, scorrettamente, diverse. Quest’uso, a volte maniacale, dell’elegante e dell’asettico si estende ad alcuni settori dei servizi pubblici che, se non siamo bene edotti sul significato letterale dei termini, può suonare ridicolmente poetico. Un esempio calzante è costituito dall’espressione sanificazione delle isole ecologiche per indicare la pulizia dei punti di raccolta dei rifiuti urbani. L’espressione, dal punto di vista dell’uso dei termini, è perfetta, eppure ci fa ridere perché ci appare il prodotto di un eccesso di zelo, come a dire: tanto nobile lignaggio, pardon, linguaggio, per una cosa tanto plebea! Di prim’acchito l’espressione evoca paradisi turistici, isole di sogno tra palmizi, spiagge dorate e imbarcazioni al largo di un mare splendente. Invece, banalmente, si tratta di pulire gli spazi isolati riservati ai contenitori della monnezza. Potenza del linguaggio!

E’ proprio vero che la lingua, più che definire e descrivere la realtà, la crea! A seconda dell’uso che ne viene fatto può influenzare a tal punto le nostra facoltà percettive da modificare profondamente – nel bene e nel male – il nostro rapporto con la realtà. La civiltà, cioè, l’affrancamento dell’uomo dallo stato di natura, è figlia del linguaggio e, nella misura in cui ci allontaniamo dal nostro stato naturale, possiamo, sì, realizzare grandi cose, ma anche essere esposti a tutte le manipolazioni possibili. La storia lo dimostra. Oggi in particolare, il fenomeno della narrazione distorta della realtà dovuta all’uso potentissimo e spregiudicato dei media, è particolarmente grave e difficile da controllare. Mi vengono in mente alcuni esempi significativi in uso ed altri possibili di come la lingua, sottoposta ad un abile trattamento estetico possa passare da una forma originale acqua e sapone ad una irriconoscibile, più elegante e sofisticata, certamente meno autentica, in grado di modificarne radicalmente il significato.

VERSIONE ORIGINALEVERSIONE “RESTAURATA”
Compromessi al ribassoPrezzo dovuto alla governabilità
Gogna mediaticaDiritto alla libertà di espressione
Il silenzio di Draghi sul caso DurigonAtteggiamento responsabilmente distaccato.
Conticidio orchestrato dai media per ordine dei potentati economici.Missione compiuta per salvare l’Italia.
Un poliziotto americano uccide un nero inerme.Azione estrema compiuta nell’interesse dell’America.
RampantismoLegittima ambizione.
Un Assessore leghista uccide un disabile.Legittima difesa.
Governo della grande ammucchiata.Governo di responsabilità nazionale.
Licenziamenti e delocalizzazioni.Misure inevitabili per la salvezza dell’impresa.
Evadere le norme di tutela dei lavoratori.Risparmiare sul costo del lavoro per poter incentivare l’occupazione.
Assumere le donne nei posti di lavoro con trattamento economico discriminante.L’assunzione è comunque un ulteriore passo verso la parità di genere.
Sfruttare gli extracomunitari.Aiutarli ad integrarsi.
Bombardare l’Afghanistan.Esportare la democrazia.
TrasformismoCambiamento responsabile.
Renzi intrattiene scambi socio-economici con il regime autoritario dell’Arabia Saudita.Renzi intrattiene scambi socio-economici con uno Stato neorinascimentale.
Non soccorrere i naufraghi nel Mediterraneo.Difendere la patria dagli invasori.
Evasione fiscale.Strategie di sopravvivenza.
La corruzioneLa realpolitik.
Irriducibilmente fascista (vedi Meloni)Persona coerente e coraggiosa.
StupratorePersona vittima dei propri incontrollabili istinti provocati dalle donna.
Bugiardo, imbroglione.Persona dotata di grande fantasia.
Offendere.Esprimersi coraggiosamente contro l’ipocrisia del “politicamente corretto.”
Stupro di gruppo.Ragazzi che si divertono.

L’elenco naturalmente può continuare all’infinito e se qualcuno volesse dare una mano ne sarei ben lieta perché purtroppo le cazzate, come gli esami, non finiscono mai!

Anna Maria Guideri, 20-09-2021

La Casa del Popolo

Da: Anni cruciali. 1957-1968 / Gino Benvenuti. Il Punto rosso, 2021. http://www.puntorosso.it/edizioni.html

Uno degli effetti più importanti del mio trasferimento fu che cominciai, fin dai primi giorni, a frequentare assiduamente la casa del popolo Fratelli Taddei a San Quirico di Legnaia distante poco meno di mezzo chilometro da casa, un ambiente ricreativo che mi facilitò l’inserimento nella nuova realtà. Per me un ambiente così fu una novità assoluta ed un’acquisizione importante perché lì cominciai a manifestare gradatamente, interesse per le vicende politiche e cominciai a fare amicizia con diverse persone. Un Sabato pomeriggio vi andai, per la prima volta, a prendervi un caffè quando mi sentii chiamare: era Andrea un ex collega di quando avevo lavorato in fabbrica come apprendista litografo e che al momento vi lavorava ancora. Ci salutammo cordialmente e mi ricordò, presentandomi ai suoi cognati, i disastri che avevo combinato alla rotativa ed a seguire mi ragguagliò su tutti i pettegolezzi di ex colleghi, riportando qualche episodio a luci rosse, fidanzamenti ed altre amenità accadute nella sua fabbrica. Mi invitò a visitare i locali facendosi accompagnare da uno dei soci fondatori che, mentre camminavamo, ci narrò anche delle vicende che riguardavano la storia di quell’edificio che fu a suo tempo requisito dai fascisti e restituito nell’immediato dopoguerra alla sua funzione originaria.

Era un uomo molto anziano basso e dal volto rotondo con pochi capelli tutti bianchi, leggermente claudicante. In gioventù dopo una fase di militanza anarchica aveva partecipato alla fondazione del partito comunista a Livorno nel 1921. Quando passammo davanti al bancone per andare nella sala molto grande con i biliardi, mi presentò il barista, a cui strinsi la mano, informandomi che era il presidente del circolo ed aggiungendo, prima di andare nella stanza dei biliardi, che “il servizio qui lo fanno i soci e gratuitamente”. Una volta dentro la stanza accese delle luci e mettendo a posto nella rastrelliera due stecche che erano appoggiate sul panno verde, ci tenne a dire che “qui hanno fatto anche gare di un certo livello” Oltre una piccola vetrata notai uno spazio con un juke-box e feci una capatina prima di dirigermi, insieme a lui, verso un’ampia sala per il gioco delle carte.

Dopo avervi dato un’occhiata dentro ci fermammo nell’ingresso e l’uomo mi indicò il primo piano dicendo “alla fine delle scale c’è la sala del cinema nella quale tutti i giorni nel dopocena, tranne il Lunedì si proiettano i film e durante l’estate invece viene utilizzato il nostro giardino adiacente. Il cinema è anche il luogo dove a volte si svolgono i dibattiti politici ed altre iniziative su molte questioni. Ci sono tanti giovani come te che vi partecipano”.

Rimanendo a piano terra fece presente che nel sottosuolo “ci sono altri locali per la sezione del partito comunista, quella del partito socialista, un circolo della Fgci ed altri ambienti dove si svolgevano attività culturali ed una biblioteca con tanto di prestito per i soci”. Si sentiva nella sua esposizione un senso di orgoglio per quel complesso che mi parve enorme. Il mio amico, presentandomi ad altre due persone, mi invitò a fare una partita a tressette con loro. Nel tornare a casa, riflettendo su quanto avevo visto, rimasi veramente impressionato da tutta questa attività e partecipazione sociale e nei giorni seguenti andando alla casa del popolo mi resi conto della massa di persone che la frequentavano. Venivo da una realtà prevalentemente residenziale che aveva anch’essa punti di aggregazione politica che facevano riferimento al partito socialista ed al partito comunista, ma le dimensioni al confronto di questa casa del popolo erano ridotte e sicuramente come rapporto e legame con il territorio non erano nemmeno lontanamente paragonabili. Dopo alcuni mesi, una Domenica mattina mentre stavo parlando con degli amici, vidi un giovane di media altezza, magro, dalla capigliatura scura parcheggiare una Guzzi proprio accanto al mio scooterino ed incuriosito lo seguii con apprensione, immaginandomi una caduta della sua moto sopra la mia.

Quando passò accanto a noi salutò subito ricambiato. Appena entrò dentro la casa del popolo, Ivan, un ragazzo con cui parlavo spesso, mi disse “è il segretario della sezione della Fgci” e nel prosieguo del discorso venni a sapere che era stato “il promotore del cineforum Ejzenŝtein e del circolo culturale Nazim Hikmet. Si chiama Gianluigi ma lo chiamiamo tutti Mao. Ora se ripassa te lo presento”. Caso volle che egli uscisse dopo un paio di minuti e quindi ci presentammo dopo che era stato fermato da Ivan. Questo spunto occasionale fornì il pretesto per essere ragguagliato sulle attività culturali della casa del popolo. Gian Luigi citò una serie di nomi che assolutamente non conoscevo ed illustrò il tipo di attività che vi si svolgevano. Alla fine del suo discorso volle precisare come “queste attività fossero tutte autofinanziate” ed anche come “questo circolo è inserito in una realtà dove l’utenza è largamente operaia e proletaria che stimola e ci sprona”. Qui finì questo primo approccio e lo ringraziai per la sua spiegazione. Prima di rimontare in moto tornò indietro e mi fece presente che esisteva una biblioteca per i soci, che potevano prendere in prestito qualche libro.

Su questo possibilità gli amici mi segnalarono che lo avevano già utilizzato suscitando la mia curiosità. Nel continuare a frequentare la casa del popolo constatai come fosse massiccia la partecipazione giovanile, in maggioranza lavoratori. Notai un’alacre attività politica mai vista rispetto al precedente luogo in cui avevo fatto riferimento nel mio tempo libero, praticato da un’utenza che aveva motivazioni diverse e dove gli argomenti prevalenti non avevano una connotazione politica. Ovviamente essa affiorava nei discorsi, che era però cosa ben diversa dal praticarla, ed alla lunga nelle discussioni appariva un orpello fastidioso; questa diversità non fu una cosa da poco. Il fatto che vi fosse nel circolo il giornale a disposizione degli avventori, rispetto al bar dove ero andato sempre prima del trasloco, può sembrare una banalità ma non lo era perché la fruibilità pubblica faceva la differenza anche se per consuetudine in casa mia il giornale non era mai mancato.

Un Sabato pomeriggio vidi alcuni giovani e delle ragazze che stavano danzando davanti al juke-box e mi aggregai a loro trovandomi invischiato in una sorta di contesa “territoriale”. Uno a ballare davanti al juke-box precludeva di fatto l’accesso ad altri mentre qualcuno di noi con le monete in mano era pronto ad inserirli appena la testina del grammofono si staccava dal disco. Tutto per dare seguito al “possesso” del juke-box. Se qualche persona presente aveva pazienza ed era disposta ad attendere la pausa inevitabile bene, altrimenti, come successe una Domenica pomeriggio, uno sbottò ricoprendoci di improperi perché “eravamo degli invasati”. C’era nella fruizione del juke-box un elemento importante perché avere il giradischi rimandava ad una dimensione privata nell’ascoltare la musica e per chi non lo aveva per scelta, come il sottoscritto, c’era la possibilità di socializzare con altri coetanei con appuntamenti “davanti allo scatolone che canta” come borbottò un anziano infastidito dall’eccessivo volume. “Ognuna per sé, juke-box per tutti”; questo valeva anche per le adolescenti quando ballavano tra loro. Quello strumento, che oggi fa sorridere, all’epoca fece sognare tante persone e fu occasione di incontro tra giovani che si cimentavano in piroette e figure ballando distaccati dove ognuno poteva inserirsi senza timore ed anche dove, come successe a me, si combinavano gli incontri con qualche ragazza; una che sarebbe diventata la mia fidanzata, la conobbi con questo approccio.

Alcune ragazze, molto giovani, non frequentavano le sale da ballo mentre lì, in una parte di un locale, era possibile incontrarsi quando stanchi ed esausti ci davamo appuntamento per vederci ancora. Qualche volta veniva anche qualche genitore a controllare, ma in quella bolgia ne usciva più disorientato che mai. Più vicina, a poco più di cento metri da casa mia, c’era la casa del popolo di Soffiano, un edificio ampio a due piani munito di due ambienti per il ballo, uno invernale ed un altro estivo, molto ampio e gradevole, con quattro enormi tigli che emanavano un profumo intenso, e fu per questo che la frequentai a volte nel dopocena. Una sera casualmente vi incontrai due persone che erano state con me nella stessa ditta, uno capo-tipografo e l’altro litografo ed in quell’occasione gli indicai dove abitavo. –Non sarai mica venuto qui a fare danni?– mi chiese uno dei due scherzosamente. –Spero proprio di no– risposi sorridendo. La frequentazione del casa del popolo a San Quirico di Legnaia, mescolando ricreazione ed interessi diversi, prese consistenza e mi trovai coinvolto in discussioni e, parlando poco ma ascoltando tanto, cercai di orientarmi in quella che, inizialmente per me, fu una Babele di pareri discordanti.

Sentivo parlare di argomenti che mi interessavano e soprattutto il contraddittorio a volte mi intrigava. Inoltre a volte mentre assistevo a delle chiacchierate mi veniva chiesta la mia opinione, forse per curiosità, segno comunque che non c’era preclusione verso chi era arrivato da poco in quell’ambiente. Ricordo benissimo la prima volta in cui mi trovai immerso in una diatriba politica, per l’apprensione che provocò in tante persone la crisi di Cuba per la quale sentii parlare di “rischio di una guerra mondiale”. Quando Ivan e suo fratello, con i quali parlavo spesso, dissero che “bisognerebbe fare una veglia per la pace” sentii commentare alle mie spalle “le veglie con le candele in mano si fanno dai preti”, facendo sganasciare dalle risate i presenti. La battuta fece sorridere però non passò inascoltata perché il pensiero di Ivan venne ripreso da un attivista socialista, un uomo di mezza età che come tratto distintivo portava spesso con sé il giornale Avanti. –Hai ragione non ti lasciare influenzare da discorsi a bischero– . –Ecco lui che vuol dire la sua. Vai a dirla nel tuo partito visto che state con i democristiani amici degli americani– . –Lo sai o no che siamo in un periodo di guerra fredda e che il mondo è diviso in blocchi dopo la conferenza di Yalta?– . –Ecco il sapientone che ci vuol spiegare come va il mondo. Dove sta scritto che gli italiani debbano approvare tutto ciò che fanno gli americani perché siamo alleati con loro?– . –Lascia perdere per favore- . La cosa si sgonfiò come accadeva spesso con code di giudizi che non avevano niente a che a fare con la politica. Venivano riesumati episodi pregressi dando la stura, a volte, a giudizi velenosi sulla persona e questa cosa, anche in seguito, mi ha sempre dato fastidio.

Seguirono in breve tempo eventi importanti, che trovarono riscontro anche nel dibattito spicciolo, come la morte di Giovanni XXIII che si impegnò per un rinnovamento della Chiesa proclamando un evento epocale come il Concilio Vaticano II. L’attenzione che ricevette anche da parte del mondo laico non fu casuale perché si prefigurava, nelle premesse, il segno tangibile di una volontà di affrontare le nuove problematiche che i tempi andavano ponendo. Per questo la morte del Pontefice fu motivo di preoccupazione tra coloro che si approcciavano alla politica in maniera più ragionata andando oltre le battute da bar. Un evento che suscitò molta soddisfazione tra i militanti del Pci fu l’esperienza spaziale di Valentina Tereskova nel 1963, la prima donna che volò nello spazio, a coronamento di precedenti esperienze che avevano consolidato, nell’immaginario collettivo, un primato stabilito dall’Unione Sovietica a partire dal primo lancio dello Sputnik nell’Ottobre del 1957, l’invio del primo essere vivente nello spazio ed infine con Jury Gagarin primo uomo nello spazio nel 1961. Questa corsa spaziale fu un terreno di scontro ideologico e militare ed un potente mezzo di propaganda politica per la supremazia nel mondo, che non poteva avvenire con armi nucleari.

Anche l’assassinio di John Kennedy, sconvolse il mondo con le terribili immagini viste da milioni di telespettatori. L’uccisione in diretta dell’uomo più potente del pianeta non poteva ovviamente passare sotto silenzio e le vicende che emersero sulle indagini successive, si prestarono a dubbi ed illazioni pesantissime che non giovarono alla credibilità degli Usa anche se “in periferia”non mancarono le solite battute. -Che te lo sei messo il lutto?– fu chiesto scherzosamente ad uno che diffondeva l’Unità. –Io certamente no, lui che è saragattiano sicuramente– affermò strizzando l’occhio facendoci voltare tutti dopo avere indicato la persona mentre attraversava la strada. Ignaro egli si aggregò a noi e qualcuno del gruppo pensò bene di attizzare immediatamente una discussione riferendogli quanto detto alle sue spalle e così si formò un capannello di persone che anche scherzando od aggiungendo del battute ironiche montarono ad arte la contesa. Chi era in minoranza ad un certo punto rivolgendosi a quelli che facevano da contorno sbottò: –A me non mi ci mettete nel mezzo cari “rizzabischeri”. Arrivederci– . –O che vai via proprio ora? Ci si stava divertendo un mondo– ribatté uno dei presenti. –Lo conosco bene il giochino. Vado a bere; ciao a tutti- .

Fa sempre così– commentò scuotendo la testa un suo antagonista politico. Si toccava con mano nel minuto e fitto scambio di opinioni, seppur emergessero divergenze, di come si mantenesse uno stimolo nel voler commentare quanto vi era di importante in ciò che ci circondava e ci condizionava.

Gino Benvenuti, 2021