Santo missile benedetto

Ucraina. Mentre il G20 sembra stia dando segnali di assestamento nei rapporti Usa Urss Cina, e che in agenda ci sia un accordo per il cessate il fuoco, scoppia l’incidente dei resti di un missile che cadono su una casa colonica polacca nei pressi del confine ucraino. Immediate dichiarazioni di Zelenski e di quelle del polacco che attribuisce la colpa alla Russia. In pratica si invoca un altro incidente del Golfo del Tonchino (quello che portò alla Guerra americana del Vietnam) per forzare l’intervento militare Nato-Euro-Americano (in ordine inverso) contro la Russia. Il sogno avverato di tanti, non tantissimi, purtroppo troppi, sciagurati in pantofole ed elmetto di casa nostra ed incubo per tutti gli altri.

Cautela americana: Biden mostra insofferenza alle pretese del pupo che si crede puparo, poi teme Trump che minaccia di ripresentarsi alle elezioni del 2024 in veste di colui che non ha fatto nessuna guerra e che mai la farà. Si parla di un complotto ucraino polacco. Al di là del fatto in sé, appare chiara la posizione antirussa dei paesi ex Patto sovietico. Comprensibile, stante il loro status di stati ex vassalli di una Russia dispotica (non comunismo non dittatura del proletariato ma dittatura di un partito burocratico autoreferenziale) che vedono nella nuova Russia un modello autoritario senza alcuna giustificazione ideale da combattere come paese ma da imitare come modello: un autocrate nazionalista russo da contrastare con autocrati nazionalisti e populismi vari locali. Il pericolo di una escalation fino al passo fatale della Bomba, reso più pressante con l’incidente del missile, sembrerebbe suggerire una svolta nella politica americana. Dopotutto la guerra Ucraina ha certamente ottenuto la  realizzazione di importanti obiettivi americani: la disgregazione dell’Europa (evidente contrapposizione tra paesi ex Patto di Varsavia col resto: sconfitta dell’Euro, dipendenza economica agli Usa, bilancia dei pagamenti dei principali paesi esportatori -Germania e Italia- da ottimo positivo fino al 2021 a rosso attuale e rosso cupo per 2023), interruzione di parte della via della seta, messa in angolo della Russia in particolare nei processi di integrazione con l’Europa… Quindi gli americani si possono ben accontentare degli ottimo risultati ottenuti  e passare all’incasso evitando di tirare troppo una corda che potrebbe spezzarsi (anche dopo gli incontri vis -a- vis intercorsi in occasione del G20 -che l’ex comico ed ora attore tragico Zelenski continua a chiamare G19-, tanto per irritare l’orso).

C’è anche la possibilità che questo incidente possa creare le condizioni per un riassestamento europeo in chiave di maggior autonomia rispetto agli Usa. Scholz non sembra disposto a farsi smantellare l’industria e la potenza economica tedesca e tenta accordi in autonomia con Russia e Cina; l’Italia da più di un secolo ha una economia complementare a quella tedesca e nonostante le grida di fedeltà alle stelle ed alle strisce dei grand commis di complemento, Draghi in testa, alla resa dei conti non avrà altra alternativa che bere il calice tedesco o affogare nella palude americana.  Qualunque sia la maschera del governo in carica. 

Che questi missili siano un segno della Provvidenza invocata dal Santo Padre?  Forse sarà il caso di promuovere a martiri le povere vittime del missile, trasformare la colonica in santuario a forma di missile ed attivare un lucroso business turistico-religioso sul modello di quelli di Medjugorje di Lourdes e di Santiago di Compostela. 

In casa nostra questa storia servirà almeno a separare definitivamente il grano dal loglio: tra chi preferisce la pace senza se e senza ma e chi preferisce la guerra sempre e comunque.

Gian Luigi Betti 16 novembre 2022

Ma perché parli di Draghi se c’è la Meloni !

Ricevo su Facebook questa interessante osservazione da Patrizia Mondini

Rispondo

Draghi è stato il primo a sposare senza esitazioni la causa atlantico americana, seguito da Letta ecc. Draghi è personaggio competente e gode della fiducia dei mercati e potentati internazionali. Le sue decisioni sono di quelle che contano e contribuiscono al tessuto delle relazioni politiche ed economiche a livello internazionale. Draghi fa parte della élite manageriale che fa girare il mondo. La Meloni … se va bene fa quello che gli dicono di fare, se non capisce bene, glielo fanno fare, se insiste la cambiano.


Incontri ravvicinati del terzo tipo

di Gian Luigi Betti

Su FB mi trovo spesso a polemizzare con ex compagni del fu pci ed adesso non compagni tout court ma in evidente crisi col loro passato. Una categoria a me particolarmente fastidiosa è quella degli apostati militanti. Erano iscritti al pci e qualcuno perfino comunista ed ora odiano il comunismo e tutto ciò che puzza di sinistra, accampano la superiorità della società aperta e demonizzano chiunque non la pensi come loro, richiamano la democrazia e richiedono il decisionismo e sono intolleranti nei confronti delle opposizioni, si dicono riformisti e accettano e fanno propri tutti i dictat del liberismo degli oligopoli. Ma soprattutto strillano come oche spennate, mai un cenno d’intelligenza (da intelligere) che argomenti le loro posizioni. Che si tratti di esseri alieni naufragati sul nostro pianeta? Poveri piccoli esseri che come ET sono alla ricerca di una casa. In questo assomigliano a tutti noi altri ex: solo che noi non vogliamo andare a pigione.

Tra questi, a mo’ d’esempio esplicativo, alcune riflessioni a margine di un recente duetto

Gian Luigi Betti

Caro RF Mi sembrava che tu esaltassi il modello di partito con uno che decide senza tutte le chiacchere che inibiscono l’azione. E’ una stessa considerazione che ho trovato nel se dicente vecchio signore ma per me prof. FA quando lamentava, su FB, che a sinistra chiacchere chiacchere. Anche io condivido la riprovazione nei cfr dell’eterna discussione e relativa divisione e conseguente inazione e irrilevanza politica che sembra affliggere la sinistra fin dal suo nascere. Forse è un tributo alla vocazione razionale e antidealistica che ha contraddistinto tutta la sua storia (almeno a livello dei teorici pensatori). Il Veltronismo che tu richiami, a quanto ricordo, nella sintesi, era riassumibile nella formula: si corre da soli, si vince e poi si fa quello che vogliamo senza compromessi. Grande idea ma modesto programma politico, stante i risultati. Oggi la storia si ripete, a mio avviso, nell’ostracismo anti 5 stelle (che, ti assicuro, sono ben lontani da qualunque mio modello teorico ed ideale). E aggiungo, nell’antilandinismo … nell’anti -tutto, soprattutto se puzza di sinistra, tutti contro, meno me (anche se il me sembra abbastanza confuso a quanto leggo). Quindi al di là della comprensione del tuo pensiero (su questo strumento di mmmmerrddda di fb non riseco mai ad essere sicuro con chi parlo di cosa parlo e se posso parlare con chi voglio -ringrazia il modello liberorwelliano dell’oppressore americano) ribadisco che esiste una sola via percorribile per tentare di recuperare qualche istanza di democrazia in questa fase di dissoluzione non solo dei valori ma delle stesse istituzioni fondanti la democrazia costituzionale italiana. Partiti veri (con regole di controllo autoritativo, tenuti almeno al rispetto delle norme che regolano un condominio, e politico (come selezione e fucina delle élite di governo del paese). Ovviamente un modello virtuoso come quello che auspico comporta la presenza di partiti e non di bande, una certa autonomia dei partiti dai finanziatori, una discussione sempre pressante vivace e anche accesa, un’accettazione dei risultati da parte di tutti sulla base della maggioranza espressa. Ovviamente in un sistema che tiene conto dei livelli gerarchici e territoriali. Un gruppo dirigente competente, con senso dello Stato e del bene comune ma sempre sottoposto al giudizio del partito e della socità. Ho riflettuto molto su questo tema: mi viene in mente un solo esempio: il centralismo democratico. Che ne dici? e soprattutto che c’entra con Renzi o il Pd o il terzo polo?

Gino Benvenuti

Ho letto quanto ha scritto Gian Luigi e nel suo intervento pone alcune questioni ma io mi limiterò a quanto concerne al rapporto tra dibattito politico e sua concretezza operativa. Quando stigmatizza i limiti “ dell’eterna discussione e relativa divisione” che comporta una “ conseguente inazione e irrilevanza politica” mi trova completamente d’accordo.
Bisogna chiedersi però: perché si assiste a questa infinita discussione nell’organismo politico erede maggioritario di quello che fu il PCI? Perché anche in formazioni alla sinistra del PD si trova difficoltà ad elaborare una riflessione che riesca a condensarsi in un obbiettivo politico di fase? .
Quando si discute molto e non si conclude alcunché penso che ciò avvenga per lo smarrimento di categorie fondanti l’identità di una sinistra degna ti tale nome e non perché si discute troppo in quanto proprio l’essere di sinistra non comporta la pigrizia o l’avversione verso la dialettica che ci può aiutare a crescere. Sarò provocatorio perché considero essa è un dato costitutivo, un tratto ineliminabile di cui andare fieri, quindi la sinistra non è stata sconfitta perché ha “chiacchierato troppo e fatto poco” bensì perché non ha discusso a fondo sul cambiamento epocale degli scenari politici. La carenza o deficit di confronto sono valsi anche per Rifondazione comunista, che magicamente riapparivano però solo alla vigilia delle elezioni amministrative o politiche fossero. Questo progetto politico, a cui ho aderito pur provenendo dalla nuova sinistra, è fallito dato che per molti aderenti è stato vissuto con debilitante nostalgia del “come era verde la mia valle” e recondito desiderio di ricongiunzione con il partito da cui erano fuorusciti, il tutto nutrito con categorie, giudizi e comportamenti politici datati, in un’ottica vetero-politicista ritenuta intoccabile ed intaccabile, avversa ed ostile a qualsiasi istanza proveniente dai movimenti, senza sperimentare quindi una nuova forma partito.
Si deve sempre tener presente come e chi si vuole socialmente rappresentare ed allora sorge spontanea una domanda: valeva la pena di gettare a mare un patrimonio fatto di valori, analisi approfondite su categorie fondamentali, con riferimenti ideologici pregnanti anche se suscettibili di un aggiornamento per approdare gradualmente ed in maniera irreversibile al filone liberal-democratico? Che c’entra Dahrendorf con Marx? Come dire volgarmente cosa “c’entra il culo con le quarant’ore ?”.
Il risultato è stato disarmare, nel nostro “quotidiano agire”, una realtà per cercare di costruirne un’ altra sulla base del “pensiero debole” e del “partito leggero” aderendo di fatto all’attacco concentrico contro le grandi narrazioni del XX secolo, custodi di memoria storica, solidarietà generazionale e diritti sociali. L’irruzione e l’invadenza nel panorama sociale dei social e dei media ha amplificato con successo un’opera di disarticolazione sociale mirata e chirurgica. Chi non ricorda il ritornello dispregiativo “ ma questa è ideologia” per indicare astratta qualsiasi critica al sistema vigente o alle scelte politiche immediate senza entrare nel merito? .
In realtà qualsiasi critica veniva respinta perché proveniva da un sistema di valori non gradito e con questo escamotage di fatto l’unica ideologia rimasta è stata quella del capitale. Se negli anni 70/80 si parlava di tardo-capitalismo, capitalismo maturo nel decennio successivo si è cominciato a parlare di post-capitalismo senza se bastasse una ridefinizione nominale ad eliminare i rapporti di uno sfruttamento che a raggiunto livelli ossessivi.
Tutto ciò ha comportato in maniera strisciante o palese una resa incondizionata, vissuta in certe situazioni o come una “liberazione” o come una forma di rigetto rispetto ad un’eredità culturale e politica impegnativa.
Un vecchio proverbio dice “chi dà retta al cervello altrui si può friggere il suo” che si attaglia perfettamente alla sindrome di Zelig secondo cui quella che è stata la parte preponderante della sinistra storica ha modificato passo dopo passo la propria identità, in questo caso politica, adeguandola alle logiche del pensiero unico mentre la sinistra alternativa si è semplicemente frantumata. Siamo al paradosso: nel momento in cui aumentano nel paese nuove povertà, in una crisi che è di dimensioni mondiali, con la riduzione di spazi democratici e diritti civili ed una situazione ecologica allarmante, si assiste al livello più basso di riflessione ed iniziativa politica; questa scarsa incisività politica su temi di rilevante importanza ha avuto come risultato quello di consegnare alle destre la protesta ed il disagio sociale. Inutile lamentarsi del populismo quando si è rinunciato al radicamento sociale e all’ascolto dei problemi dei settori sociali subalterni. Con questa metamorfosi che ha seminato disorientamento e sfiducia anche discutere diventa un’ impresa e i dibattiti sono inevitabilmente inconcludenti. Non sarebbe quindi l’ora di lavorare ad una nuova Bad Godesberg all’incontrario? Ma per fare questo bisogna sapere subito e senza tentennamenti chi vogliamo rappresentare; da questo non si può prescindere. Con questo intento si semplifica il compito e si dissolvono i dubbi

Il caso Carlotta

Massimo Gramellini

Il Corriere della Sera 5 novembre 2022

Carlotta che non può essere brava

Capisco che una ragazza che, dopo essere stata la prima della classe al liceo, si laurea in Medicina con 110 e lode e sei mesi di anticipo, trovando pure il tempo di girare il mondo e di posare da modella, possa non risultare simpatica a tutti. Però l’exploit di Carlotta Rossignoli da Verona non le ha procurato solo qualche umanissimo sbotto di invidia, ma una vera campagna di delegittimazione. I compagni di corso sono arrivati a scrivere alla preside del San Raffaele per sapere come sia stato possibile che Carlotta si sia laureata così in fretta. E sui social sono fiorite le insinuazioni sul suo modo di vestire e sul sostegno economico garantitole dai genitori. È probabile che, se Carlotta avesse dovuto lavorare per mantenersi agli studi, avrebbe impiegato più tempo a completarli. Però è indubbio che non ha sprecato l’aiuto dei familiari, e che non tutti coloro che si laureano in ritardo, o non si laureano affatto, sono nullatenenti. Apprezzerete il fatto di essere riusciti ad arrivare sin qui senza sentir echeggiare la famigerata parola «merito». Poiché ci tocca escludere (vero?) che il pregiudizio su Carlotta abbia a che fare con il suo essere donna, sfugge la ragione dell’accanimento con cui si cerca di sminuire il successo di una studentessa in gamba. Ci viene in soccorso quanto diceva Montanelli a proposito degli italiani che, se vedono  parcheggiata una fuoriserie, non pensano al modo migliore per comprarsene una, ma a quello più rapido per tagliarle le gomme.

Guideri lettera a Gramellini

Gentile Dott. Gramellini,

il problema di Carlotta Rossignoli, al netto della campagna denigratoria della quale è fatta oggetto – vergognosa perché molto personale – ci rimanda al modello educativo che lei incarna. Onore dunque ai suoi meriti – non possiamo che chiamarli così – e condivisibile l’apprezzamento dell’uso responsabile che Carlotta fa dei vantaggi di cui gode fin dalla nascita. Detto questo, penso che il punto non banale sollevato dai media non ultimo quello di Domani a firma di Selvaggia Lucarelli, riguardi ciò che lei rappresenta: il modello veicolato non tanto dalla sua indiscutibile eccellenza, quanto piuttosto dall’uso che ne viene fatto. Se si fa di tutto per porsi come un esempio alto di merito tanto da diventare un potente influencer,

ci si espone inevitabilmente ai commenti – anche a quelli meno benevoli – perché il problema non riguarda più solo Carlotta, ma tutti noi. Il problema diventa politico, o meglio, come si diceva una volta “Il personale è politico”. Vivere a 23 anni esclusivamente per raggiungere i più alti traguardi scolastici rinunciando alla vita sociale e sentimentale “per non perdere tempo”, inseguendo ritmi frenetici per essere sempre e comunque “la prima della classe” è più che legittimo, ma se questo diventa un esempio educativo, chiediamoci se può essere utile alla nostra società più di quanto possa esserlo un modello altrettanto responsabile, ma un po’ meno nevrotico. 

Un caro saluto

Anna Maria Guideri

quello

grande ancora è la voglia della scoperta
e la scoperta delle nuove voglie
pressante il desiderio di comprendere
e di ritenere
e di trasmettere quel poco che resta
a nipoti e figli di nipoti
ai figli no
oramai son persi nelle loro
strade a me precluse.
E coltivare i pochi e sempre meno amici
e cercarne di nuovi, ancora più pochi
ma una cosa davvero mi manca
quello
Maokovskij, 02-11-2022