(PD che viene, PD che va … )
Qualche riflessione in merito all’eterno moto (apparente?) della sinistra incarnatasi nel PD, il partito dai mille volti e con nessun volto … Più facile definirlo al negativo – come l’Onnipotente – per ciò che non è piuttosto che per ciò che è. Chiamare in causa la variegata titolistica pirandelliana – uno, nessuno e centomila, il gioco delle parti … – è il minimo per dare l’idea del tormentone confuso e inconcludente che si ripete immancabilmente ad ogni cambio di Segretario nell’intento di escogitare il modo migliore per farlo fuori. E anche Elly Schlein rischia di non fare eccezione alla regola e di allungare la lista dei condannati all’estinzione, in perfetto stile dieci piccoli indiani. Il raduno dei delusi bonacciniani ha tutta l’aria di essere l’ennesima resa dei conti ancor prima che i conti si possano fare, visto il poco tempo trascorso dalla vittoria della Schlein alle primarie del PD. L’oggetto del contendere, stando a ciò che emerge – ma sarebbe interessante anche il sommerso – riguarderebbe il tasso di democrazia che la segretaria riesce ad esprimere rispettando tutte le sensibilità di un partito ultrasensibile e plurale, ascoltando, includendo, integrandone il moderatismo con il radicalismo, in una visione di sinistra, ma non troppo, che rispetti i diritti, ma senza esagerare, socialmente equo, ma attento alle sfumature, contro l’evasione fiscale, ma tenendo conto che anche gli evasori votano, ambientalista, ma senza penalizzare troppo il sistema produttivo … Insomma, il PD dovrà essere un partito che tiene insieme tutto e il suo contrario, fedele al maanchismo di veltroniana memoria: Vaste programme! Si chiedono alla segretaria capacità eccezionali, ma se lei dimostra di averle, la si accusa di essere poco democratica cercando puntigliosamente il pelo nel nuovo, in tutto ciò che dice e fa, ma che sembra riscuotere, almeno per ora, un incoraggiante consenso fra gli elettori di sinistra. Prima di inneggiare al tutti dentro (che potrebbe anche essere frainteso), gettiamo un’occhiata all’iter del PD partendo dalla sua nascita. Se è vero che esso è nato come un partito di centro-sinistra per unire le due visioni cattolica e laica facenti rispettivamente capo all’ex DC e all’ex PCI con le derivazioni che dalla svolta della bolognina e da tangentopoli in poi hanno segnato drammaticamente la storia politica italiana, è pur vero che questo amalgama, come disse D’Alema, non è riuscito. Il percorso funestato da scosse telluriche e da strappi e fallimenti ha visto due eventi significativi che avevano fatto sperare in una svolta decisiva per la vittoria del centro-sinistra: L’Ulivo di Prodi e il governo Renzi. Per motivi diversi sono entrambi falliti e non per la destra cinica e bara ma per l’implosione interna: l’Ulivo per lo strappo di Bertinotti, il PD per la politica rottamatoria di Renzi molto più interessato a far fuori i competitors interni che quelli esterni. Il lato tragicomico della sinistra è dato dal fatto che non ha bisogno di un nemico per essere fatta fuori: ci riesce benissimo da sola. Tutti i tentativi di unire le varie anime (o animosità) sono falliti. Ha ragione Bersani nel sostenere che il PD deve fare uno sforzo per trovare punti in comune con le altre forze politiche di opposizione, ma il problema del PD è il PD! Sono le fibrillazioni interne che lo mandano in tilt molto più delle divergenze con i possibili alleati. Il dato che mi interessa qui sottolineare riguarda Elly Schlein, il motivo della sua vittoria che ha risvegliato grandi speranze nel rinnovamento del PD e della sinistra in genere e mi chiedo che cosa ci starebbe a fare una cittadina del mondo come lei in un partito che sembra tanto affezionato al proprio cortile, se non avesse la possibilità di imprimergli una svolta decisiva? Si teme tanto che la fuoruscita di molti renziani e di altri moderati di area cattolica, possa compromettere una buona affermazione del PD alle elezioni europee e non solo, come se potessimo vantare gloriosi precedenti alle recenti elezioni politiche ed amministrative. Notiamo invece che, malgrado queste gravi perdite, il PD a guida Schlein sta salendo nei sondaggi: come si spiega? Forse si spiega col fatto che c’è un PD che va e un PD che viene in un gioco di scambio e di ricambio in stile sliding doors. Per tanti delusi che se ne andranno, molti altri – forse di più – speranzosi e rimotivati ritorneranno. Forse tanti elettori in crisi di astinenza di una sinistra riconoscibile e militante, tornernno finalmente a votare per il PD. Questa è la scommessa, questa è la sfida. Non è il numero delle componenti di un partito che può farne crescere il consenso, ma la credibilità e la compatibilità dei valori e dei progetti da attuare. La somma delle parti può diventare sottrazione di voti se le parti non si integrano. Non si può sconfiggere una destra vera con una sinistra finta. Questo non è il tempo della normalità intesa come routine, ma della eccezionalità laddove l’impegno eccezionale richiesto dalla grave crisi che ci attanaglia può diventare normale in quanto strutturale e costante.
Anna Maria, 26-07-2023