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Prima di tutto, nell’affrontare questa difficile prova che -così almeno mi hanno detto il babbo e il nonno- segnerà il mio ingresso nella vita adulta, mi corre l’obbligo di elevare una vibrante protesta nei confronti delle autorità scolastiche, dal ministro della pubblica istruzione (e del merito) fino al bidello sig. Olderico, che peraltro, quest’anno, è riuscito finalmente a andare in pensione all’età di 97 anni e potrà quindi godersi una sana e proficua vecchiaia con i 432 euro mensili che gli sono stati riconosciuti dopo aver sopportato per settant’anni intere generazioni di ragazzini a cominciare da quelli che berciavano per Trieste italiana. Ché, poi, non ho mai capito che cosa volesse dire, visto che, anche se in geografia non sono certo una cima, mi risulta che Trieste, in Italia, c’è di già anche se è vicina al confine con l’Impero Austroungarico.
Detto questo, per entrare nell’età adulta, mi ero fidato di tutte le rassicurazioni più qualificate che, sui social e in particolare su Tik Tok, garantivano che almeno uno dei temi (che ora si chiamano tracce) per la maturità sarebbe stato su Giacomo Matteotti. Sfido io; sono mesi che ce la stanno a menare con questo Matteotti, sul centesimo anniversario, sul discorso che fece alla camera e sul suo rapimento da parte dell’Anonima Sequestri. E mi ero preparato davvero bene, approfondendo questa importante figura del Partito Social sebbene, lo ammetto, fino a un paio di mesi fa non sapevo neppure chi fosse, a parte il fatto che esiste qui in città un “viale Matteotti” sul quale il babbo rimane sempre ingorgato, due ore e mezzo per arrivare in piazza Beccaria e a volte tira de’ moccoli che sembra i’ giorno di’ gastigo.
Insomma, stamani mi presento all’esame per la vita adulta, tutto bellino, teso al punto giusto, pronto per sviscerare il Matteotti. Macché; arriva la mazzata. Al posto del Matteotti, tracce su tali Giosuè Ungaretti e Luigi P. Randello -due scrittori di cui, francamente, non abbiamo mai sentito parlare in classe perché, naturalmente, ci siamo fermati a Gabriele Da Nunzio e alle sue poesie sui pastori molisani e sulla pioggia nell’uliveto che provocò un tipico esempio di dissesto idrogeologico. C’era poi un’altra traccia su una vecchia signora torinese che elogiava l’imperfezione dopo aver preso il premio Nobel per la medicina; e all’anima!
Insomma, delusione e scoramento, tanto da farmi meditare di lasciare i fogli in bianco e di restare nell’età adolescenziale, ché in fondo ci sto proprio bene. Ma mi sono fatto coraggio, e, scartate altre tracce senza né capo e né coda, mi sono deciso ad affrontare questa presente, nella quale dovrei parlare di come si è evoluto il diario e del blog. Prima di tutto, io il diario l’ho visto per davvero. Me lo hanno fatto vedere sia il nonno che il babbo, che hanno tenuto i loro diari dei tempi in cui facevano il liceo. Il nonno mi ha fatto vedere il suo Diario Vitt di quando era in quarta ginnasio (nel 1977). In mezzo alle figurine di un disegnatore amante dei salamini e delle lische di pesce, tutta una serie di scarabocchi, esercizi, interrogazioni, lettere greche, cuoricini per la Cinzia (che non lo ha mai considerato nemmeno di striscio), frasette varie, cazzi disegnati di nascosto dal Gaffaelli, Forza Viola, Segna Pierino, resteremo in serie A e via discorrendo. Poi, mi diceva il nonno, erano anni un po’ strani quelli e anche i diari dei ragazzini ne risentivano; già l’anno dopo, al posto del diario Vitt coi salamini, ci aveva il Diario di Panorama dove a un certo punto c’erano due delle Brigate Biancorosse (vale a dire gli ultras del Lanerossi Vicenza) che facevano il saluto in manette, uno coi baffi e l’altro senza, mentre li portavano in tribunale. Certo dovevano averla combinata grossa quei due, sicuramente qualche scontro con quelli del Verona o del Padova, ché a Padova dovevano essere belli tosti e indipendenti -la chiamavano l’Autonomia Padovana, mi diceva il nonno.
Poi anche il babbo mi ha fatto vedere una volta un diario suo, di quand’era pure lui al liceo. Al posto del diario Vitt e di quello di Panorama (che dev’essere stato un supermercato di 45 anni fa, ammesso che i supermercati esistessero a quell’epoca), c’era una specie di librone chiamato Smemorella, o Smemoracchia, non mi ricordo bene, con disegni un po’ più strani, i fumetti sgangherati di tale Andrea Incoscienza e citazioni meta-para-filosofiche oppure politico-socio-economiche. A parte questo, devo dire, non mi sembrava che il diario si fosse molto evoluto: i soliti scarabocchi, i compiti a casa, i Forza Viola, le classifiche delle ragazze, i cuoricini, i cazzi del compagno di banco, la Cinzia di turno che ti caàva zero, le okkupazioni, le pantere e le onde. Insomma, più o meno la solita roba. Arrivato a questo punto, per questo mio elaborato che dovrà contribuire a farmi entrare nell’età adultera, no, scusate, adulta, dovrei parlare del blog. Però, come dicono a Oxford angolo Cambridge, sonasega io cos’è, ‘sto blog. Io, a scuola, non l’ho mai portato.
A dire il vero, ora a scuola si scrive tutto sull’agenda elettronica dello smarfon, e qui sì che c’è stata una decisa evoluzione. Invece di disegnarli, i cazzi, ce li andiamo direttamente a fotografare e ce li mettiamo su Tik Tok o su Instagram. La Cinzia continua a non caàrti di striscio, ma con l’Intelligenza Artificiale puoi almeno metterla gnuda e mandarla in giro per mezzo mondo. I compiti a casa non importa nemmeno segnarli: il telefonino te li fa lui in automatico, compresa la versione di Tito Andronico o di Tuccìdide. Su Matteotti ti dice ogni cosa, e poi va a finire che non te lo danno all’esame. Il Forza Viola lo si scrive direttamente sul sito della squadra, oppure sui social dei giocatori insieme alle peggio cose se hanno giocato male e alle osservazioni gentilissime e rispettose sulle mogli o sulle fidanzate. Insomma, sì: qui c’è stata una vera evoluzione, il progresso della tecnologia, altro che diari -anche se devo ammettere che avevano un certo fascino vìntegg’. Però, del famoso blog, non v’è traccia alcuna. Per dirla tutta, qualcosa il nonno mi aveva accennato; però con la squola non c’entrava assolutamente nulla.
Cioè, sì, un diario era, ma un diario -dal nome stranissimo- dove il nonno scriveva, giorno dopo giorno, tutta una serie di pensieri, considerazioni varie, storie, aforismi, saggi storici eccetera, che a me -sono sincero- sembravan tutta un’infinita serie di grandissime cazzate. Addirittura il nonno mi diceva che, ai tempi suoi, ndava pure abbastanza di moda, ‘sto blog, e me ne ha fatti vedere pure un paio d’altri. E vabbè; ma ho avuto come l’impressione che, in fondo, fossero molto più attuali i diari scolastici coi disegnini, la Cinzia, i cuoricini e le Brigate Biancorosse in tribunale. Insomma, non capisco proprio che cosa c’entrino, ‘sti blog, con questa traccia che mi accingo a terminare e del quale mi dichiaro moderatamente soddisfatto -specie vedendo i miei compagni e le mie compagne che annaspano su Giosuè Ungaretti e sull’anziana torinese vincitrice del Nobel. Dai bigliettini appallottolati e lanciati ad arte, pare che nessuno abbia scelto Luigi P. Randello, sul quale giravano notizie incontrollate (aveva vinto anche lui il Nobel, era siciliano, ci aveva la barba e era fascista). Bontà sua. Io, il mio l’ho fatto. Consegno l’elaborato, entro nell’età adulta e vado a pigliare il 6. Che non è il voto: è l’autobus.
Venturi Eriprando, anni 18 (e mezzo) Liceo Ginnasio Statale “Generale R. Vannacci”Classe 5A, 19 giugno 2024.