Ficcatelo bene in testa

Musk ha dichiarato di aver eseguito il primo impianto Neuralink nel cervello di un essere umano.
di Gian Luigi Betti

Elon Musk ha scritto su X: «Il primo impianto di Neuralink è stato fatto su un essere umano. Si sta riprendendo bene. I risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento dei picchi neuronali».

Neuralink è la società di impianti cerebrali controllata da Musk. L’azienda da alcuni mesi ha iniziato a reclutare volontari per una sperimentazione clinica al fine di testare il suo dispositivo, una «interfaccia cervello-computer» per captare l’attività elettrica dei neuroni e convertire i segnali in comandi per controllare un dispositivo esterno.

Lo scopo dichiarato è quello di un utilizzo principalmente medico, rivolto alle persone paralizzate che potranno controllare un cursore o una tastiera con il solo pensiero.

Il funzionamento del dispositivo Neuralink

Gli impianti di Neuralink hanno l’obiettivo quello di rivoluzionare il cervello tramite chip in grado di aiutare chi ha problemi neurologici e lesioni traumatiche leggendo le onde celebrarli.

Il dispositivo è stato approvato dalla Fda (Food and Drug Administration) che ha autorizzato la società di Musk ad inserire il chip nel cervello umano.
Erano stati fatti esperimenti su animali e si era provveduto al reclutamento di volontari. Gli esperimenti sugli animali sono stati oggetto di numerose critiche da parte degli animalisti che hanno accusato la Neuralink di aver violato l’Animal Welfare Act, la legge che regola come i ricercatori possono trattare ed effettuare esperimenti su alcuni animali.

Il primo test sull’uomo

L’obiettivo è dimostrare che il dispositivo può raccogliere in modo sicuro dati utili dalla corteccia premotoria, la parte del cervello che gestisce braccia e mani del paziente, per poi convertire i pensieri del soggetto in una serie di comandi che un computer possa comprendere.

Elon Musk non è il solo a percorrerei questa via. Diverse aziende e gruppi di ricerca hanno già creato impianti che possono aiutare i pazienti a svolgere compiti di base con il pensiero, come fare clic sugli oggetti su uno schermo con un cursore. Per non parlare dei caschi speciali utilizzati dai piloti per la guida e l’uso delle armi direttamente col pensiero nei supercaccia aerei.

Neuralink però si è posta obiettivi molto più ambiziosi, come nello stile di Elon Musk, niente casco, nessun dispositivo esterno, il chip direttamente nel cervello.

Gian Luigi Betti, 30 gennaio 2024

Divieto di testimonianza

Corrado Cirio da Facebook.
C’è un vecchio sceriffo in città.

Speravo di aver capito male, visto che Repubblica si inventa le notizie come le fa comodo. Ma anche rtv38 ha dato la stessa notizia. Che è questa.
Nardella ha telefonato all’Affratellamento x impedirgli di presentare il film “il testimone”, programmato il primo febbraio ore 20,30, in quanto secondo lui “putiniano”, pare anche minacciando il taglio dei finanziamenti.
La straordinaria gravità della cosa non può passare sotto silenzio, anche se, essendo l’Affratellamento sede di uomini e donne, e non di caporali, il film verrà proiettato comunque.
Serve una risposta, in primis andando a vedere il film e facendosi ciascuno la propria opinione.
Poi occorre spiegare a Nardella che la censura è una cosa che appartiene ad una cultura repressiva e fascista, quella preventiva e ad una subcultura indegna di Firenze; che lui non ha titolo alcuno ad esercitarla; che anche lui dovrebbe vedere il film prima di parlarne: e che se avrà obiezioni le potrà fare come libero cittadino, parlandone male se vorrà. Altrimenti chieda scusa o smentisca.
Mi toccherà andare a vedere il film, anche se avevo altri programmi, per non lasciare l’Affratellamento di fronte a questo cialtrone. E speriamo sia un bel film.
Il testimone. L’affratellamento 1 febbraio ore 20,30.

Corrado Cirio, 25 gennaio 2024

Fiorella Borgo
Completamente d’accordo! Non so di cosa tratti il film ma se è vero che Nardella sta manovrando per bloccarlo è un bullo fascistello anche lui

Gian Luigi Betti
me lo scusino, son riformisti … e se poi si proclamano liberali come la mettiamo col detto (attribuito) di Voltaire?

CULTURA

(Mi si nota di più se ci sono o se non ci sono?)
di Anna Maria Guideri

Non si parla mai tanto di cultura come quando non c’è per far finta che ci sia e per far credere di esserne gli illustri rappresentanti. Come il convitato di pietra che non c’è, ma c’è, o come Nanni Moretti che nel celebre Ecce Bombo si chiedeva se, per non passare inosservati, fosse meglio esserci o non esserci. Cultura, una parola che attraversa da tempo una grave crisi d’identità e che, proprio per questo, è destinata ad averne molte e ad essere piegata ai più svariati e disparati usi ed abusi … Un espediente buono per chi è a corto di argomenti, per sviare il discorso gettando la palla in tribuna – ci vorrebbe più cultura – con l’aria supponente e vagamente saccente tipica di chi ha capito tutto ma non può fare nulla perché l’ignoranza degli altri – mai la propria! – è veramente troppa. La violenza, i pregiudizi, il malcostume, le ingiustizie, la mancanza di senso civico … tutto quello che non funziona è colpa della mancanza di cultura senza specificare che cosa s’intenda per cultura e a cosa ci si riferisce quando si parla dei rimedi ai mali del mondo. Ma a cosa serve davvero questo tormentone che, come un fuoco fatuo, rischia di fare apparire colto chiunque pronunci questa parola magica senza contestualizzarla e spesso a sproposito? Serve alla propria visibilità – sparlino purché parlino (O. Wilde) – ; serve a gettare il fumo negli occhi illudendo la gente che l’uso compulsivo e indiscriminato dei social possa colmare il vuoto di conoscenze, l’assenza di pensiero, di visione, di senso, di scopo … di consapevolezza del capitale umano. Si parla di cultura con una incoscienza e una leggerezza pari al peso enorme del vuoto che ci opprime. Questa parola è diventata la panacea per tutti i mali, una specie di attestato di credibilità per spararle grosse appena se ne presenta l’occasione. E qui mi corre l’obbligo di citare il nostro ministro della cultura Gennaro Sangiuliano che, appena insignito dell’alta carica istituzionale, per effetto di questa parola – cultura – da asino si è trasformato in un dotto signore che pontifica urbi et orbi con la soddisfazione di vedere presi sul serio i suoi blasfemi accostamenti fra Dante e la destra e le sue rocambolesche simmetrie tra fascismo e comunismo. Sangiuliano non è ministro perché è colto, ma è colto perché è ministro! Come re Mida che trasformava in oro tutto ciò che toccava, lui ha il potere di trasformare in cultura tutte le sparate che escono dalla sua bocca. Poi, forse per rimediare alle gaffe – ma la toppa è peggio del buco – si è avventurato spericolatamente a tessere le lodi di Antonio Gramsci risvegliandolo bruscamente – supponiamo – dal suo eterno e meritato riposo. E il generale Roberto Vannacci non merita forse un premio per il suo contributo all’egemonia culturale della destra con la pubblicazione del suo esplosivo best-seller?Infatti rischia – ma siamo noi che rischiamo – la candidatura alle prossime elezioni europee. Così come il ministro dell’ agricoltura Francesco Lollobrigida ha fornito una valida prova della sua cultura istituzionale, facendo fermare il treno su cui viaggiava per non arrivare in ritardo ad un incontro di lavoro: il ritardo del ministro è più importante di quello degli altri viaggiatori … Almeno con Mussolini i treni arrivavano in orario!E se è vero che il merito deve essere riconosciuto e premiato, come si evince dalla nuova denominazione del dicastero della Pubblica Istruzione e del Merito, si deduce che Meloni piazzando i suoi famigli nei ruoli apicali del potere, si sia attenuta scrupolosamente ai loro meriti culturali e non allo jus sanguinis come il loro stretto legame di parentela con lei farebbesupporre. E la tanto decantata ars oratoria della Presidente del Consiglio con cui lei sparge ovunque i suoi facili e retrivi slogan su Dio-patria-famiglia e non solo … non denota il suo alto livello culturale, ma quello basso di chi la vota! E’ curioso e quasi commovente lo sforzo titanico e rischioso di questa destra per conquistare l’egemonia culturale visto che non serve per vincere (sinistra docet!). Ma chi glielo fa fare? Non sono premiati perché sono colti, ma proprio perché non lo sono! Se diventano colti anche loro, chi li rappresenta gli asini? Anche loro hanno diritto ad essere rappresentati … o no? Un po’ di giustizia sociale, che diamine! Cultura, questa parola così trend sottoposta allo stress di una quantità variegata di attribuzioni, definizioni, e poteri salvifici – uno, nessuno e centomila – si aggira non indisturbata sia nei palazzi del potere, sia sui media come una mina vagante, uno strano oggetto di desiderio di cui ci si appropria in modo superficiale e strumentale per dare senso e consistenza ad affermazioni che ne sono prive e per travestire la propria ignoranza indossando un abito di gala, ma della taglia sbagliata. Lo stesso termine egemonia riferito alla cultura appare improprio, una contraddizione in termini. La cultura più è egemonica meno è cultura la quale lo è nella misura in cui è patrimonio della collettività, è orizzontale, non verticale, non è monopolio di pochi, ma un bene a disposizione di tutti anche se non tutti ne possono fruire allo stesso modo. Non è un’arma da usare contro per rivendicare un’identità o per ottenere una rivincita, ma uno strumento per far crescere gli individui e le società in cui vivono. La vera cultura non può che essere autorevole, mai autoritaria; dialogante, mai intollerante e deve promuovere lo sviluppo della persona. Si può parlare di cultura di questa destra? Penso proprio di no. Di quale egemonia culturale si parla se la cultura non c’è? Rivoluzione culturale? No, involuzione!

Anna Maria Guideri, 25-01-2024

Ma gli androidi sognano pecore elettriche?

Il futuro del pastore non sarà più lo stesso grazie a Chiara Aquilani, una ricercatrice dell’Università di Firenze, e al suo progetto finanziato con un milione di euro dal Ministero dell’università e della ricerca. Dimenticatevi del vecchio stile di lavoro nei campi, ora è tempo di “smart working” per gli allevatori italiani!

Il progetto, noto come ‘Livebiotrack’, utilizza droni, localizzatori e collari satellitari per rendere più facile la vita del pastore. Ora, anziché correre dietro a pecore, mucche e capre, gli allevatori possono sedersi comodamente al loro computer e spostare il loro bestiame con un clic del mouse. Ecco il controllo remoto che ogni pastore moderno sogna!

Il sistema ‘Livebiotrack’ non si ferma solo al trasferimento degli animali. Questa tecnologia avanzata monitora anche la salute del bestiame e avvisa gli allevatori quando è il momento di cambiare pascolo perché il foraggio sta finendo. Un vero e proprio servizio di concierge per il mondo agricolo!

Il progetto, della durata di cinque anni, punta a creare una piattaforma integrata con dispositivi all’avanguardia. Dall’uso di droni per sorvolare il pascolo, a collari GPS che tracciano gli animali e addirittura marche auricolari per monitorare la loro salute, sembra che gli animali siano pronti per diventare veri e propri gadget tecnologici.

Ma attenzione, non temete pastori, Chiara Aquilani assicura che il controllo umano è sempre necessario. Dopotutto, dobbiamo ancora assicurarci che le pecore non stiano programmando una rivolta contro di noi!

Inoltre, il progetto si impegna per la sostenibilità, utilizzando materiali biodegradabili e riducendo al minimo gli impatti ambientali. Che dire, sembra che anche nel mondo degli ovini ci sia spazio per l’ecologia!

Quindi, preparatevi a vedere Gregorio il pastore muoversi con stile, guidando il suo gregge con il suo smartphone e utilizzando segnali acustici per chiamare le sue pecore. Il futuro dell’allevamento è qui, ed è decisamente più high-tech e divertente di quanto ci saremmo mai aspettati!

IL PELO E IL VIZIO

(L’eterno ritorno dell’uguale …)

Non c’è un filo d’avvenenza
in La Russa mostruoso,
lo diceva anche Lombroso
che bruttezza è delinquenza.

Il suo ceffo torvo e truce
ci ricorda Mussolini,
non è un gioco da bambini
al Senato avere un duce!

Senator dei miei stivali
tieni il busto di Benito
ed è sempre lui il tuo mito
per le sue leggi razziali …

Con il suo colpo di Stato,
il regime, la censura,
la feroce dittatura …
il potere ha conquistato …

Nuovamente so’ al governo,
i fascisti in questi giorni;
c’è paura che ritorni
del ventennio il lungo inverno.

Se diverso oggi è il giudizio
sul regime di Meloni,
non facciamoci illusioni …
perde il pelo, non il vizio!

Anna Maria Guideri, 16-01-2024

Orianismo V. anche Fallacismo

La voce Orianesimo dalla Treccani on line: Neologismi 2008
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Di particolare attualità

s. m. Il punto di vista ritenuto proprio della giornalista e scrittrice Oriana Fallaci (1929-2006). ◆ Orianismo è pensare-per-nemici, cogitare-per-inimicos, pensare attraverso i nemici, usare i nemici come mezzo di conoscenza, come un particolare tipo di lampada, di torcia elettrica che illumina alla sua maniera sbieca la realtà verso la quale la indirizziamo. Significa sviluppare una visione del problema utilizzando un Nemico, il Nemico come bussola. (Giancarlo Bosetti, Repubblica, 16 novembre 2005, p. 45, Cultura) • [Giancarlo] Bosetti, dalle roventi pagine del suo saggio, spiega che è arrivato il momento di fare chiarezza. […] Da queste pagine sprigiona come un malefico virus, quello che Bosetti definisce l’«orianismo». È la nuova malattia nazional-popolare? «È molto di più di un passeggero contagio – risponde Bosetti –, è un morbo che si sta estendendo». (Mirella Serri, Stampa, 21 novembre 2005, p. 30, Società e Cultura) • Giancarlo Bosetti, direttore di «Reset», […] in «Cattiva maestra» traccia una fenomenologia dell’orianismo (suo il neologismo), categoria mentale incentrata sulla demonizzazione e il pensare-per-nemici. (Paolo Battifora, Secolo XIX, 8 febbraio 2006, p. 14, Cultura & Spettacoli).

Derivato dal nome proprio Orian(a Fallaci) con l’aggiunta del suffisso –ismo.
V. anche fallacismo.
Link alla Voce Treccani

Quant’è bella leggerezza …

Quant’è bella leggerezza
che s’invoca tuttavia;
chi legger vuol esser sia,
ma il fascismo è una certezza.

Non è facile in un mondo
pien di noie e di malanni
dove gravi sono i danni
del fascismo eterno, immondo

vivere con leggerezza
una sorte così ria.
Vien la voglia d’andar via
perché è tutta una schifezza!

Anna Maria, 14-01-2024

FUFFA DI STATO

da Anna Maria Guideri

(“Meloni non dice nulla, ma lo dice così bene …”)

La strategia difensiva – mediaticamente efficace – di “Donna Giorgia” consiste in due costanti alle quali lei/lui ricorre tutte le volte che si trova nell’imbarazzante situazione di dover rendere conto dell’operato dei suoi maldestri sodali: il proprio senso di responsabilità e il vittimismo. Prendendo le distanze (apparenti) in quanto responsabile, dagli irresponsabili che ad ogni piè sospinto le rompono le uova nel paniere, si pone come unico capo dotato di statura istituzionale, fiduciosa che il popolo sovrano sia così smemorato da non ricordarle che gli irresponsabili li ha nominati proprio lei. Si crea così una specie di ipnosi collettiva che trascina con sé opinionisti di ogni testata e colore ammaliati dall’effetto speciale che fa apparire responsabile una postfascista che si circonda di gente impresentabile perché la rappresenta benissimo e perché non potrebbe trovare di meglio. Sono tutti sulla stessa barca, ma lei finge di essere il capitano valoroso di una nave e che, obtorto collo, deve gestire una ciurma pasticciona che rallenta la sua marcia trionfale verso gli agognati lidi delle magnifiche sorti e progressive. Sono performances efficaci, le sue, perché giocate sul compiacimento narcisistico del proprio ego posto al centro dell’attenzione e dell’attrazione generale, che poco affrontano i veri problemi del paese, ma che intercettano perfettamente umori e rancori di una società sempre più legata all’immagine e sempre meno ai contenuti e ai valori democratici. Il secondo punto di forza della sua strategia difensiva – il vittimismo – è in parte la conseguenza del suo porsi al di sopra degli irresponsabili che non può controllare più di tanto ed in parte si avvale della teoria del fantomatico complotto orchestrato dai suoi nemici occulti che tramano alle sue spalle perché loro sono bianchi e lei è piccola e nera… e che sia piccola e nera non c’è dubbio! Ma dei nomi e cognomi dei malvagi congiurati ad oggi non è dato sapere. Alla fin di tutti i guai il nemico non manca mai e Giorgia lo agita nell’aria come uno spauracchio buono solo per gli allocchi che però, purtroppo, sono tanti. E’ la politica spettacolo, bellezza! L’attenzione si sposta dall’oggetto al soggetto, dal contenuto alla forma efficace, ma inconsistente, dalla visione generale alla riduzione autoreferenziale della politica che cessa di essere polis e si fa uno. Tutto viene perdonato in virtù del fatto che Meloni buca il video. Meloni è il punto più alto raggiunto dalla politica spettacolo e il punto più basso toccato dalla democrazia. E’ il traguardo della deriva populista tagliato dalla staffetta Giorgia che ha raccolto il testimone passato dalle mani di Bossi a Berlusconi, a Renzi, a Grillo, ma che trae la sua origine dal fondatore del fascismo: Benito Mussolini. Dalla crisalide fascista non ha spiccato il volo la farfalla della destra democratica, ma è sbucato un baco senz’ali che striscia per terra e minaccia le nostre istituzioni. Meloni, con quella voce tonitruante, con quel cipiglio, con quei toni ultimativi potrebbe anche parlare in esperanto, “pochi sarebbero i perplessi, molti i persuasi.” E’ l’effetto che conta, anzi, la forma. La forma è tutto … (O. Wilde) … in questo caso la forma è niente, ma vince: una vera e propria fuffa di Stato!

Anna Maria Guideri, 09-01-2024