Lo scontro di civiltà

pensierini oziosi d’un ozioso

Lasciamo perdere tutto il dibattito storico filosofico ideologico che ha accompagnato questa interpretazione delle organizzazioni sociopolitiche dell’umanità e veniamo al dunque. E tralasciamo pure il fattore religione di conquista, che è un caso a parte. 

In questo momento chi afferma che siamo ad uno scontro di Civiltà sono solo gli Stati Uniti d’America, qualunque sia il partito e l’attore alla presidenza del neo impero americano. Quelli che si accodano come gli Europei lo fanno perché è il loro dovere di sudditi del neo impero a stelle strisce. Gli Stati Uniti sono la potenza più ricca e potente del mondo. Anche se viene tallonata stretto dal resto del mondo conserva ancora il primato che detiene almeno da 80 anni.

Se si guarda bene non si capisce come un paese che ha un tasso di povertà relativo appena più alto dei paesi “arretrati” e più basso di tutti i paesi “sviluppati” (i cosiddetti paesi nordici quelli dell’Europa occidentale) e di molti paesi emergenti, un paese dove la sanità e l’istruzione sono un lusso di classe, un paese che spende per un esercito che occupa tutte le aree del globo, che considera il welfare una bestemmia contro dio e contro la natura del fannulloni e delinquenti -predestinati- … insomma come è possibile che un paese simile possa arrogarsi il titolo di Prima Civiltà dell’Occidente?.  Si capisce che la ristretta élites del bengodi se ne freghi se la maggioranza piange, ma possibile che la massa non se ne accorga? Le élites fanno le élites, ma il popolo non fa il popolo. Le parole d’ordine che sento sono First America, Maga (Make Great America Again) variamente declinate: ma formulato in contesti che richiamano l’espressione Amerika Uber Alles per cui il popolo eletto  (si fa per dire) ha il diritto dovere di portare la pace ed il benessere nel mondo contro tutti, che siano i comunisti dell’Unione Sovietica o i comunisti putiniani (sempre subdoli) o quelli cinesi o anche i sussiegosi ed infidi criptosocialisti europei che se non c’erano loro americani sarebbero ancora mezzi sotto baffino e mezzi sotto baffone, ma poi anche ‘sti sudamericani sempre pronti a zapatare …

Non ho mai considerato le elezioni americane come espressione di “democrazia” … quando corrono certe cifre e quando certe industrie come quella delle armi riescono tranquillamente ad imporre la sacralità dell’arma da fuoco come diritto inalienabile dell’individuo … c’è da dubitare della sobrietà di quella minoranza del demos che va a votare. Ho quindi pensato che gli americani in quanto tali siano fondamentalmente delle vittime di una macchina infernale  talmente grossa che gli conviene star fermi e buoni che potrebbe andar peggio. Altro che il doublethink di Orwell o le fake news di oggi: tutta roba da dilettanti. Da quasi un secolo è in atto una complessa narrazione, basata su una pletora di balle sull’ottimo paese, eletto da dio alla governance del mondo in attesa dell’Apocalisse, anzi dell’Armageddon,  e della fine della storia. Narrazione? Ballazione piuttosto.

Oggi ci accorgiamo che la ballazione è diventata ideologia, sentire comune che funziona da elemento connettivo tra il potente e l’infimo, con la potenza e la ritualità di un autodafé. Ci sono differenze è vero tra gli strati della popolazione ma, si sa, purtroppo prevalgono sempre i peggiori. E su cosa si basa la ballazione?. 

La Tavola della Ballazione : Il decalogo Americano

1) La Ballazione è l’unica legge del grande paese America. Sono abrogate la Costituzione gli emendamenti e qualsiasi altra legge federale o statuale esistente
2) La Ballazione è stata data all’America direttamente da Dio e non può essere modificata anche solo in parte
3) L’America ha il diritto/dovere di governare il mondo. Deus vult, WAR WAR WAR
4) In America governano solo i veri americani : i Veri Americani hanno il dovere di ripulire il paese (dio è dalla nostra parte) FIRE FIRE FIRE
5) I Veri Americani hanno tutti i diritti in patria e nel mondo
6) I Veri Americani hanno il dovere di armarsi ed usare le armi in patria e nel mondo WAR WAR WAR FIRE FIRE FIRE
7) Chiunque non accetti i principi di democrazia libertà e supremazia in America e nel resto del mondo è un nemico dell’America e quindi un comunista che deve essere schiacciato
8) Gli ecologisti sono una sottospecie particolarmente malvagia dei comunisti : a loro sia riservata la nostra cura: BURN BURN,  DRILL BABY DRILL
9) Basta aspettare l’Apocalisse, provochiamo noi l’Armageddon, FIGHT FIGHT FIGHT
10) MAGA (Make America Great Again) = AUA (Amerika uber alles) WAR WAR WAR


Se di scontro di civiltà dovesse trattarsi, ecco, io sto dall’altra parte, qualunque essa sia

Gian Luigi Betti

Italo Calvino e i classici

𝗟𝗲 𝗿𝗲𝗴𝗼𝗹𝗲 𝗱𝗶 𝗜𝘁𝗮𝗹𝗼 𝗖𝗮𝗹𝘃𝗶𝗻𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲𝗿𝗲 𝗶 𝗰𝗹𝗮𝘀𝘀𝗶𝗰𝗶

“La scuola e l’università dovrebbero servire a far capire che nessun libro che parla d’un libro dice di più del libro in questione; invece fanno di tutto per far credere il contrario.”
1. I classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: “Sto rileggendo…” e mai “Sto leggendo…”.
Leggere per la prima volta un grande libro in età matura è un piacere straordinario: diverso (ma non si può dire maggiore o minore) rispetto a quello di averlo letto in gioventù. La gioventù comunica alla lettura come ad ogni altra esperienza un particolare sapore e una particolare importanza; mentre in maturità si apprezzano (si dovrebbero apprezzare) molti dettagli e livelli e significati in più. Possiamo tentare allora quest’altra formula di definizione:
2. Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli.
Infatti, le letture di gioventù possono essere poco proficue per impazienza, distrazione, inesperienza delle istruzioni per l’uso, inesperienza della vita. […] Rileggendo il libro in età matura, accade di ritrovare queste costanti che ormai fanno parte dei nostri meccanismi interiori e di cui avevamo dimenticato l’origine. C’è una particolare forza dell’opera che riesce a farsi dimenticare in quanto tale, ma che lascia il suo seme. La definizione che possiamo darne allora sarà:
3. I classici sono libri che esercitano un’influenza particolare sia quando si impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale.
Dunque, che si usi il verbo “leggere” o il verbo “rileggere” non ha molta importanza. Potremmo infatti dire:
4. D’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima.
5. D’un classico ogni prima lettura è in realtà una rilettura.
6. Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.
7. I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume)
La lettura d’un classico deve darci qualche sorpresa in rapporto all’immagine che ne avevamo. Per questo non si raccomanderà mai abbastanza la lettura diretta dei testi originali scansando il più possibile bibliografia critica, commenti, interpretazioni. La scuola e l’università dovrebbero servire a far capire che nessun libro che parla d’un libro dice di più del libro in questione; invece fanno di tutto per far credere il contrario. C’è un capovolgimento di valori molto diffuso per cui l’introduzione, l’apparato critico, la bibliografia vengono usati come una cortina fumogena per nascondere quel che il testo ha da dire e che può dire solo se lo si lascia parlare senza intermediari che pretendano di saperne di più di lui.
8. Un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso.
Non necessariamente il classico ci insegna qualcosa che non sapevamo; alle volte vi scopriamo qualcosa che avevamo sempre saputo.
9. I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti.
[…] La scuola deve farti conoscere bene o male un certo numero di classici, tra i quali tu potrai riconoscere in seguito i “tuoi” classici. La scuola è tenuta a darti degli strumenti per esercitare una scelta, ma le scelte che contano sono quelle che avvengono fuori e dopo ogni scuola.
10. Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dell’universo, al pari degli antichi talismani.
11. Il “tuo” classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui.
12. Un classico è un libro che viene prima degli altri classici, ma chi ha letto prima gli altri e poi legge quello, riconosce subito il suo posto nella genealogia.
L’attualità può essere banale o mortificante, ma è pur sempre un punto in cui situarci per guardare in avanti o indietro. Per poter leggere i classici si deve pur stabilire “da dove” li stai leggendo, altrimenti sia il libro che il lettore si perdono in una nuvola senza tempo. Ecco, dunque, che il massimo rendimento della lettura dei classici si ha da parte di chi ad essa sa alternare con sapiente dosaggio la lettura d’attualità.
13. È classico ciò che tende a relegare l’attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno.
14. È classico ciò che periste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona.
[…] Poi dovrei riscriverlo ancora una volta perché non si creda che i classici vanno letti perché “servono” a qualcosa. La sola ragione che si può addurre è che leggere i classici è meglio che non leggere i classici. E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerò Cioran: “Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un’aria sul flauto. ‘A cosa ti servirà?’ gli fu chiesto. ‘A sapere quest’aria prima di morire’”.

Italo Calvino, “Perché leggere i classici”, Mondadori, 1981

Candidati alla Casa Bianca

Dopo gli attori, i Paperon dei Paperoni. gli zii Tom oggi sembra giunto il momento degli atleti. Tra le tante specialità in voga in America sembra che prevalga il Wrestling, lo sport che meglio incarna lo spirito del Vero Americano.

Candidati repubblicani

La risposta dei democratici

In alto : il grande John Cena: Uno dei volti più riconoscibili del wrestling moderno: noto per il suo slogan “Never Give Up” interpreta il volto del bravo giovane di campagna, ricorda Lil Abner di Al Cap.
Da sinistra
The Rock Dwayne Douglas Johnson, è anche attore e produttore cinematografico. Benché di origini canadesi e samoane. è nato in California e può quindi diventare Presidente degli Usa.
Ric Flair, pseudonimo di Richard Morgan Fliehr noto anche con il soprannome “Nature Boy” potrebbe essere un ottimo candidato alla vicepresidenza, in linea con la cultura woke
Macho Man. Randall Mario Poffo, meglio conosciuto come “Macho Man” Randy Savage, in realtà è attualmente morto ma potrebbe benissimo occupare il posto senza che nessuno se ne accorga

Ciao ciao Bibi, ciao ciao

La lettera di Michael Moore al Presidente Netanyahu in visita d’affari al Congresso Americano

Caro primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu:

Tra pochi minuti entrerete nel nostro Congresso degli Stati Uniti per tenere un raro discorso di un leader straniero a una sessione congiunta di senatori e membri della nostra Camera dei Rappresentanti.

Mentre ti avvicini al podio, potresti notare che il Presidente del Senato non sarà seduto lì sopra di te a presiedere, come da tradizione, l’aula. Questo perché il presidente del Senato è il vicepresidente Kamala Harris. Ha deciso di non partecipare. È estremamente raro che il Presidente del Senato salti un grande evento come questo. Non sarà lì ad applaudirvi o a stare con voi. Ha deciso invece di passare la giornata a, ehm, Indianapolis. A una riunione della confraternita.

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Trump il rivoluzionario

pensierini oziosi d’un ozioso

Ma com’è che, se è vero quello che dicono, un demagogo razzista fascista delinquente bugiardo e volgare come Trump corre il rischio questa volta di prendere più voti di qualsiasi sia il suo concorrente alla Casa Bianca? Dico voti, perché quando aveva vinto l’altra volta aveva 4 milioni e passa di voti in meno del suo avversario. E’ la democrazia bellezza. O sarà perché le sue bandiere sono rosse e lui saluta la folla col pugno chiuso e a muso duro? E poi lancia proposte popolari del tipo aboliamo le tasse, rinchiudiamoci in casa e non andiamo a far guerre al mondo, diamo lavoro e benessere ai nostri cittadini … Ma non erano parole d’ordine del socialista Sanders? E come Trump le destre europee avanzano (molto di più del numero degli eletti al Parlamento europeo – se si contano i voti ne hanno molto di più del centro. per non parlare della Francia che è un capitolo a parte: una monarchia elettiva costituzionale ove il Presidente comanda tutto e non lo schiodi se non con la ghigliottina).
Se si guarda bene in ogni parte del mondo stanno affermandosi dei signori che dicono: adesso ghe pensi mi, sarà effetto della disperazione che affligge gli animi in periodi di grave crisi, sarà che il bene rifugio della fede si è svalutato, sarà che le avanguardie hanno perso il seguito sarà che la società liquida ha reso melma il cervello … ma comunque c’è qualcuno che magari pesca nel torbido però propone qualcosa che potrebbe sembrare a favore del popolo se non addirittura di sinistra e non scandalizziamoci se della democrazia non si cura, anche la rivoluzione d’Ottobre e quella di Mao sono passate sulla canna del fucile. Eppure sarebbe semplice: dire qualcosa di sinistra, indossare qualcosa di rosso e fare il pugno chiuso. O no? Dobbiamo imparare da Trump?
C’è qualcosa che non torna.

Gian Luigi Betti

La prima civiltà

da Facebook grazie ad Antonio Pettena
“Non è un caso che siano le parole di una donna … che da sempre è la vera custode della nostra civiltà”


Anni fa, uno studente chiese all’antropologa Margaret Mead quale riteneva che fosse il primo segno di civiltà in una Cultura. Lo studente si aspettava che Mead parlasse di ami, pentole di terracotta o macine di pietra. Ma non fu così.
Mead disse che “il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito”. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere qualcosa o cercare cibo. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano intorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca.
Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi. Mead disse che “aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto preciso in cui la civiltà inizia”. Essere civili è questo.

Ira Byock

L’auto elettrica

pensierini oziosi d’un ozioso

Le auto elettriche cinesi. Bisogna fermarle, mettendo dazi esagerati. Perché? Perché sono scorretti e hanno approfittato di aiuti di Stato, quindi hanno infranto le regole del libero mercato. Ma nel libero mercato non si dovrebbe badare solo al fattore economico? cioè comprare dal miglior offerente? E lo Stato non dovrebbe star fuori da tutto? E se non lo fa non è che turba il libero mercato? Ma no si dice: lo Stato deve essere regolatore e non attore in modo tale da garantire la libera concorrenza che premia il più virtuoso e fa del bene al consumatore. Ma allora perché lo Stato penalizza il consumatore impedendogli di comprare l’auto più economica? E poi perché lo Stato interviene privatizzando (leggi svendendo) interi settori pubblici che andavano bene (se andavano male non le pigliava nessuno) e poi auspica l’ingresso di capitali stranieri ancor meno controllabili di quelli nostrani e che poi prendono i soldi e scappano, e chi li ripiglia? E se restano e fanno degli utili se li cuccano a casa loro o in qualche paradiso fiscale. E i cinesi che avrebbero aiutato l’industria auto verde (come altre) che male hanno fatto?. Se aspettavano che il privato investisse con prospettive di guadagno a lungo termine sarebbero tutti soffocati dal gas. Ma su questo punto li batteremo alla grande dimostrando la superiorità culturale morale democratica e libertaria del Mercato superiore anche in quanto fattore evolutivo: grazie al piccolo sacrificio di oggi i nostri nipoti nasceranno col filtro e potranno sopravvivere anzi dominare il mondo inquinato che si prospetta. Dico bene o c’è qualcosa che non torna?

Gian Luigi Betti

La svolta green

pensierini oziosi d’un ozioso

Un bello spirito della corte stellata, mi pare un certo Marcomai, ha scritto un pezzetto sulla incongruenza dei cinesi che sono diventati i leader al mondo nelle tecnologie verdi (batterie, pale eoliche, pannelli solari ecc) ma che per far questo usano il carbone e quindi inquinano. Questa argomentazione viene riportata anche in TV dal noto guru Federico l’Apostata e sembra una di quelle veline prodotte da uno dei Think Tank che i neocon continuano a foraggiare per diffondere nel mondo la buona novella che gli americani sono buoni e vogliono liberare tutti dalle loro gabbie e cattivi pensieri, anche a costo di sane bastonate, per il loro bene, se non capiscono. Non so se è vero ma accettando questo postulato dei cinesi e del carbone mi viene in mente un quadro plausibile. I cinesi inquinano ora per pulire dopo: ad occhio sarebbe un sacrificio comprensibile e forse proficuo, perlomeno rispettoso delle future generazioni. Ma gli europei che dicono che il Green non si può fare perché rallenterebbe la produzione delle industrie (inquinanti), e gli americani che del brucia brucia hanno fatto il grido di battaglia “Burn, burn!” (oppure: “Drill, baby, drill” o “Energy independence” o “Unleash American energy”) fregandosene bellamente dell’ecologia?. Quindi: i cinesi sono cattivi perché inquinano per poi non inquinare, gli europei e gli americani invece sono buoni perché inquinano per poi inquinare. C’è qualcosa che non torna.

Gian Luigi Betti