CESSATE IL FUOCO IN UCRAINA?

FONTE Facebook Daniele Dell’Orco 11-3-26

Al termine del vertice di Gedda di oggi tra delegazioni di Stati Uniti e Ucraina, Kiev ha accettato la proposta statunitense di un cessate il fuoco di 30 giorni nella zona di conflitto. In cambio, gli Stati Uniti hanno accettato di riprendere la condivisione di informazioni di intelligence e la fornitura di aiuti militari all’Ucraina.
Washington e Kiev hanno concordato inoltre l’elaborazione di un accordo per lo sviluppo delle risorse minerarie ucraine, al fine di “espandere l’economia dell’Ucraina” e “compensare il costo dell’assistenza americana”. Le parti hanno concordato di “nominare le loro squadre di negoziatori” e di iniziare i negoziati “verso una pace duratura”.
Kiev ha infine insistito affinché vengano inclusi di “partner europei” nel processo di pace.
Ora la palla passa alla Russia, che dovrà accettare o rifiutare il cessate il fuoco.
Donald Trump e Vladimir Putin discuteranno di questa eventualità VENERDÌ.
Ora, se da un lato l’incontro di Gedda rappresenta la fine dell’epopea di Volodymyr Zelensky come irriducibile leader capace di andare a dettar legge alla Casa Bianca, allorché l’Ucraina è scesa a patti com gli Stati Uniti accettando condizioni forse peggiori a quelle sul tavolo nel momento in cui Zelensky disse a Vance “di quale diplomazia parli, JD”, il fatto che Kiev abbia accettato il cessate il fuoco chiarisce anche una volta per tutte due cose:
1) Che senza gli Usa l’Ucraina sa di essere finita;
2) Che chi accetta per primo un cessate il fuoco è anche quello che ammette implicitamente le proprie difficoltà.
Cosa farà Putin?
Senza più i territori del Kursk da offrire come contropartita e con la possibilità di avanzare ancora nel Donbass, la Russia NON ACCETTERÀ una sorta di Minsk-3 e stilerà direttamente le proprie condizioni per l’inizio dei negoziati veri e propri:
1) Zelensky presto o tardi sarà sostituito da Ruslan Stefancuk, capo della Verkhovna Rada e attualmente l’unico in grado di firmare un accordo di pace Costituzione alla mano, previa la successiva approvazione del Parlamento. Anche perché per le concessioni territoriali inevitabili e le stesse trattative di pace la Costituzione che ad oggi impedisce tutto ciò deve essere cambiata. Dopodiché l’Ucraina andrà ad elezioni;
2) La nuova leadership politica ucraina, quale che sia, non dovrà ricomprendere elementi che derivano dai partiti cosiddetti “nazisti” come li chiama Mosca e dovranno certamente essere allentate le maglie delle restrizioni all’uso della lingua russa, alla “cancel culture” russofoba e a qualsiasi provvedimento di Stato che possa essere considerato veicolo di antirussismo;
3) Le regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzia verranno concesse alla Russia che le ha annesse, COMPRESI i centri urbani e decisionali (i capoluoghi di Kherson e Zaporizhzia) attualmente sotto controllo ucraino. La Crimea non è nemmeno sul piatto;
4) L’Ucraina non dovrà aderire alla Nato e il suo esercito privato delle possibilità di colpire il territorio russo se non addirittura smilitarizzato del tutto. Resta da capire che ruolo svolgeranno gli eserciti europei nella fase post-bellica e chi verrà eventualmente accettato come contingente di mantenimento della pace.
Queste condizioni di partenza, se ottenute in toto, rappresenterebbero per la Russia una vittoria quasi totale. Logicamente i russi potrebbero aver interesse a raggiungere qualche compromesso in cambio, ad esempio, di affari d’oro con gli americani.
Vale la pena di notare che per la Russia l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea non è mai stata inaccettabile.
Tuttavia, anche per l’adesione all’Unione, a parte il rispetto dei famosi “criteri” che a Kiev verrebbero concessi d’ufficio, non devono esserci pendenze che riguardano conflitti in corso o zone contese (ecco perché Serbia e Kosovo, ad esempio, non possono entrare).
Sarà dunque necessario che anche Bruxelles se vuole far aderire l’Ucraina accetti la sua nuova realtà territoriale “ridotta”.

Daniele Dell’Orco, 11-3-25

Quando c’erano i putiniani

FONTE Facebook Cinzia Zanfini Nuovo 10-3-25
Ci propone l’articolo di Nico Piro
TITOLO REDAZIONALE

E leggetelo Nico Piro!
(inviato speciale del Tg3)

“(…) L’Ucraina era in una posizione migliore (con molta meno distruzione e caduti) nella primavera del 2022, quando si poteva chiudere un accordo di pace con la Russia che venne sacrificato nel braciere dell’illusione della vittoria. Illusioni come quelle – guarda caso nessuno le cita più dopo averle spacciate per certezze – di un’implosione dell’economia russa, di una rivolta degli oligarchi, di una malattia fatale per Putin.
Come se non bastasse, l’Ucraina oggi si trova messa alle strette dall’alleato da cui dipende di più, gli Stati Uniti, che la escludono dalle trattative di pace e la vogliono come terreno di conquista economica. Sin dall’inizio del conflitto si è detto che con Putin non si poteva trattare perché inaffidabile, oggi l’Ucraina si aggiunge a Iran e Afghanistan, nel novero (più recente) di Paesi che si sono fidati degli Usa per ritrovarsi poi le carte cambiate in tavola.
“Abbiamo fatto quello che avete chiesto voi bellicisti. E ora?”. In un Paese normale giornali e tv dovrebbero avere come ospiti fissi chi la follia di questa guerra ha denunciato, magari con il titolo “Ve l’avevamo detto”. Qualcuno dovrebbe scusarsi con loro: quelli che hanno bramato guerra su giornali e in tv, che li hanno bollati come putiniani, pacifinti e disinformatori, con tanto di foto sulla prima pagina del primo quotidiano nazionale.
Dovrebbero chiedere scusa almeno alle centinaia di migliaia di caduti che con la loro propaganda hanno contribuito a mandare in trincea. Non sta accadendo: gli opinionisti con l’elmetto sostengono non che la guerra sia stata una scelta sbagliata ma che non abbiamo mosso abbastanza guerra e che quindi oggi ci vuole più guerra per raddrizzare una guerra fallita. Uno scioglilingua imbarazzante.
L’accordo di pace che Trump chiuderà con Putin non promette nulla di buono per l’Ucraina, del resto l’abbiamo visto in Afghanistan quando gli Usa trattarono direttamente con i talebani, escludendo il governo afghano, inserendo nell’accordo clausole che avrebbero portato all’implosione dell’esercito nazionale e alla vittoria degli studenti coranici. In quanto agli effetti globali, si scolpisce un ordine mondiale basato su accordi legittimati solo dalla forza e dalla potenza economica. Il bellicismo di Putin che incontra il bullismo di Trump, un mondo che torna indietro alla deterrenza stile Guerra fredda al posto di proiettarsi verso la pace globale.
Sul nostro fronte domestico, poi, restano enormi danni. La parola “pace” è stata demonizzata, il pluralismo nei media ha finito di sgretolarsi, è stata avviata una paurosa corsa al riarmo che sposterà fondi da voci di spesa già sgarrupate come scuola, sanità, trasporti, servizi sociali. Sempre più si diffonde la “cultura” militare anche nelle classi. L’industria bellica è destinata a espandersi aumentando il ricatto dignità-lavoro (simbolico il caso RWM in un Sulcis in miseria). Il cortocircuito forse più grave sta però nel rapporto pace e politica. A livello globale, i progressisti dopo popolo e libertà, si sono fatti scippare dai sovranisti anche la parola pace.
In Italia solo due partiti (M5S e AVS) hanno convintamente preso posizione contro la guerra, il PD negli ultimi tempi ha corretto (non abbastanza) la rotta nonostante la sua base (quella zittita da Riotta alla festa nazionale dell’Unità) sia in stragrande maggioranza per la pace. Il movimento pacifista ha dato grandi segni di vitalità organizzando, senza soldi e con tanta buona volontà, incontri ed eventi sotto ogni campanile, mettendo insieme un arcobaleno (non un arlecchino) di culture, ma non è riuscito a incidere nelle sedi dove si fanno leggi e decreti. La politica perde partecipazione, come dimostra l’allarmante astensione, i movimenti che invece la esercitano non hanno voce né sui media (chiusi nel quadrilatero dei palazzi del potere romani) né nelle stanze della politica. Su questo va fatta una riflessione critica, non basta dire solo “ve l’avevamo detto”. Si riparta dalla solidità di quelle ragioni a cui papa Francesco ha dato sempre voce, ma lo si faccia con una contro-narrazione più forte, ingaggiando la politica su provvedimenti concreti e sfidando i media a dare voce al popolo, non alle élite.
Il peggio deve ancora venire: uno stato di guerra permanente, in una società dal pensiero militarizzato che odia e sanziona il conflitto sociale e politico, quindi il pluralismo e la democrazia. Ma forse siamo ancora in tempo.

CARISMA E COSMESI

di Anna Maria Guideri


(Il trasformismo meloniano)

La leader carismatica
è una leader cosmetica,
cura molto l’estetica,
ma non è democratica.

La cosmesi ha l’effetto
veramente speciale
di mutare l’aspetto
della leader mondiale.

In un altro paese
lei sa far la piaciona,
sa mostrarsi cortese,
un po’ giocherellona …

Ma in Italia è diversa;
si traveste da duce,
coi migranti è perversa,
con la stampa, assai truce …

Verso il popol, suadente
-è una grande ruffiana –
sa esser pur convincente:
è una vera cristiana!

Eppur c’è chi ci crede
che un vero cristiano
debba urlar la sua fede
scatenando il baccano!

In ogni occasione
lei cambia il suo trucco:
che trasformazione
col trucco e parrucco!

In tal situazione
la pratica estetica
è usata in funzione
di offendere l’etica.

E in tal circostanza,
con gran faccia tosta,
balla un’altra danza;
va dove il cuor la porta.

Un dì putiniana,
passata a Zelensky,
diventa trumpiana:
voltafaccia pazzeschi!

E da gran patriota
– ma chi può darle torto? –
fra bastone e carota
sta coi frati e zappa l’orto!

È lo sport degli umani,
soprattutto italiani.

Nel campo dei miracoli
che lei ha seminato …
di tutti i suoi oracoli
nessuno si è avverato

Ma l’ultima cosmesi
i frutti li darà:
è pronta l’ipnosi
che tutti colpirà:
per lei la palingenesi,
alfin si avvererà:

“O mio caro Zelenschì, con Musk, Trump e Putinì
oramai non c’è partita,
che vuoi far, così è la vita!
Faccio un’inversione a U
e con te non ci sto più!”

Anna Maria Guideri 06-03-2025


MAMMA LI RUSSI

FONTE Facebook Libero Rossi 8-3-25
TITOLO REDAZIONALE

Stanno arrivando: perché farsi trovare impreparati, quando i russi marceranno a San Pietro, a Champs Elysee e a Trafalgar Square? Meglio portarsi avanti con la lingua, no? Prima ci hanno detto che il sequestro degli yacht e dei conti correnti avrebbero costretto gli oligarchi russi ad elemosinare, poi Mosca doveva essere ridotta alla fame senza vendere più un goccio di petrolio o di gas liquido alla superpotenza europea. L’ Armata rossa doveva finire allo sbando sotto gli attacchi ukro-occidentali, mentre Bruxelles ci aveva garantito che 15 o 16 pacchetti di tremende sanzioni avrebbero ridotta in miseria tutta la Federazione Russa. Ora si scopre con soggetti illuminati come Macron che, a differenza di Napoleone e di Hitler, questa volta sarebbe Putin a muoversi in direzione opposta. Se così sarà, allora, è meglio prendere dimestichezza con la lingua che sarà correntemente parlata dagli invasori già umiliati ed isolati dalla vera civiltà.

Libero Rossi 8-3-25

8 MARZO

FONTE Facebook Cinzia Zanfini Nuovo 8-3-25

Il primo che dice o scrive “Festa della donna” si prende una testata. Adesso ripetete con me:
Giornata internazionale della donna
Giornata internazionale della donna
Giornata internazionale della donna
Giornata internazionale della donna
Giornata internazionale della donna
#8marzo

Cinzia Zanfini Nuovo 8-3-25

Brain Storming all’UE

La “Teoria del Cavallo Morto”
FONTE Facebook Mario Tognocchi 4-3-25
TITOLO REDAZIONALE

Vertice euroatlantico a Londra

Si è tenuto a Londra il vertice di una quindicina di leader europei per affrontare il problema che la ritirata di Trump dalla guerra di Ucraina pone alla sicurezza europea.
Il timore è che la Russia possa invadere l’Europa, cosa assurda ma a quanto pare messa come postulato sul tavolo della discussione.
Quindi si è parlato di come continuare senza gli americani e tenere in vita un governo come quello di Zelensky già dato per spacciato in mondovisione dal nuovo sceriffo Donald Trump.
Il meeting ha ricalcato il modello del “Cavallo Morto”.

La Teoria del Cavallo Morto

La “Teoria del Cavallo Morto” è una metafora satirica che riflette come alcune persone, istituzioni o nazioni affrontino problemi evidenti che sono impossibili da risolvere, ma invece di accettare la realtà, si aggrappano a giustificarli.
L’idea centrale è chiara: se scopri che stai cavalcando un cavallo morto, la cosa più sensata è scendere e lasciarlo.
Tuttavia, nella pratica, spesso succede il contrario. Invece di abbandonare il cavallo morto, si prendono misure come:

• Acquista una nuova sella per il cavallo.
• Migliorare l’alimentazione del cavallo, anche se è morto.
• Cambiare il cavaliere invece di affrontare il vero problema.
• Licenziare il responsabile dei cavalli e assumere qualcuno nuovo, sperando in un risultato diverso.
• Organizzare incontri per discutere come aumentare la velocità del cavallo morto.
• Creare comitati o squadre di lavoro per analizzare il problema del cavallo morto da ogni angolazione. Questi comitati lavorano per mesi, compilano rapporti e alla fine concludono l’ovvio: il cavallo è morto.
• Giustificare gli sforzi confrontando il cavallo con altri cavalli morti simili, concludendo che il problema è stato una mancanza di allenamento.
• Proporre corsi di formazione per il cavallo, il che significa aumentare il budget.
• Ridefinire il concetto di “morto” per convincersi che il cavallo ha ancora delle possibilità.

Lezione imparata:
Questa teoria mette in evidenza come molte persone e organizzazioni preferiscano negare la realtà e sprecare tempo, risorse e sforzi in soluzioni inutili, piuttosto che accettare il problema fin dall’inizio e prendere decisioni più intelligenti ed efficaci.

Deduzione

Vedo la tempesta ma non vedo il cervello

Guerrieri d’Europa e sinistrati d’Italia

FONTE Facebook Marco Arturi 5-3-25
SERIE . OPINIONI E DISCUSSIONI
TITOLO REDAZIONALE
IMMAGINE. Antonio Scurati, foto scelta dall’autore del post

Stupenda la chiamata alle armi scritta da Scurati e pubblicata stamattina, ça va sans dire, dall’organo ufficiale del sinistratismo e del bellicismo italiani. Il capolavoro in questione si intitola “Dove sono ormai i guerrieri d’Europa?” e si basa su una tesi che, sintetizzando, è la seguente: dopo la seconda guerra mondiale noi europei siamo stati bravi a costruire un continente di pace e di solidarietà però siamo diventati degli imbelli (nel senso di inadatti alla guerra); è ora di ricordarci chi siamo stati da Maratona fino al Piave (testuale) e di riappropriarci di una volontà bellica. Del resto, chiude il sommo Scurati, la Resistenza antifascista ci ha insegnato proprio questo: che la guerra va ripudiata ma che a volte per costruire la pace bisogna combatterla.
Sipario, applausi.
Solo che, caro Scurati, cara Repubblica, cari sinistrati, cari compagni trasfigurati tutti:
1) Questo aggrapparsi alla Resistenza antifascista per giustificare la propria ansia belligerante non sta in piedi storicamente e soprattutto è profondamente disonesto. Perché sappiamo che la Resistenza è nata e ha combattuto in un paese nel quale, come dice la canzone che tanto vi piace, c’era l’invasor. Mentre nell’Italia di oggi non c’è nessun invasore salvo che in potenza e nelle vostre teste;
2) L’invasor sta in Ucraina, e nessuno vi proibisce di andare lì come le brigate internazionali in Spagna nel ’36. La verità è che sapete che combattere per quel pupazzo di Zelensky e fianco a fianco con i suoi amichetti del battaglione Nazov non è proprio la stessa cosa che arruolarsi nella colonna Buenaventura Durruti. E comunque di tutti questi cantori della guerra ne avessi visto uno e dico uno partire per il fronte;
3) La certezza che Putin si appresti a invadere l’Europa poteva trovare asilo solo, appunto, nelle vostre teste. Se vi foste dati il disturbo di leggere qualcosa di diverso da Repubblica sapreste che la Russia non ha alcun interesse strategico a mettere in atto un’operazione simile e soprattutto che, anche volendo, non ne avrebbe la possibilità. Questione di uomini, di mezzi e di molto altro. Questo chiaramente per quanto riguarda un’invasione: perché di testate nucleari da lanciare su tutto il continente ne ha eccome, e magari se continuiamo a provocare ci fa un pensierino;
4) Tirate in ballo la Costituzione ma dell’Articolo 11 vi siete completamente dimenticati. Mettetevi d’accordo con i vostri amici Giorgia e Matteo e abrogatelo, così la facciamo finita;
5) Scurati con un bel giochino di parole ci ricorda il fatto che dopo la guerra l’Europa ha dirottato le proprie risorse dal “warfare” al welfare e che sarebbe ora di ripensarci. Detto fatto, Von der Leyen ci ha già pensato 800 miliardi di volte. Ma nessuno – né Scurati, né la VdL né alcun sinistrato – ci spiega che fine abbia fatto quell’austerity che per anni è stata la stella polare di tutte le politiche comunitarie e nel nome della quale si sono compiuti massacri sociali devastanti. Ma come ve la spiegate questa, cari democratici europeisti? I vincoli di bilancio per le scuole e gli ospedali sì e per le bombe no? Ma davvero non vi sorge un dubbio riguardo ai vostri ragionamenti?
5 e infine) Di essere diventati imbelli dovremmo andare fieri; di essere diventati imbecilli un po’ meno. Perché che nessuno trovi da ridire sul fatto che Von der Leyen abbia deciso che lo stanziamento di 800 miliardi non verrà votato dal Parlamento europeo è, semplicemente, incredibile.
Perché egregi signori, è allucinante che non vi rendiate conto del fatto che da queste parti della democrazia che tanto amiamo (amate) sbandierare non c’è più traccia da un pezzo. Ma conosco la vostra risposta: di fronte a questioni di interesse superiore non c’è tempo per certi orpelli.
Più o meno la stessa che a suo tempo, e questo Scurati dovrebbe saperlo bene, uscì dalla bocca di Benito Mussolini e di ogni bravo fascista. Gente che di guerra, come voi, non vedeva l’ora.

Marco Arturi, Facebook 5-3-25

Sulle ali del piano

FONTE Facebook Caterina Betti 5-3-25
TITOLO REDAZIONALE

Illustrazioni ispirate a Luca Flores, musicista che torna e ritorna tra i miei ascolti e pensieri
Caterina Betti

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NOTA

Luca Flores (Palermo, 20 ottobre 1956 – Montevarchi, 29 marzo 1995) è stato un pianista e compositore italiano. È considerato tra i più interessanti esponenti della scena jazzistica italiana
https://it.wikipedia.org/wiki/Luca_Flores

L’inarrestabile catastrofe

FONTE Facebook Gianpasquale Santomassimo 6-3-25
IMMAGINE Paul Klee, Angelus Novus (scelta dall’autore)
IL LIBRO
Benjamin, Walter
Sul concetto di storia / Walter Benjamin. – Torino : Centro di documentazione il Porfido, stampa 1970. – 19 p. ; 21 cm..
TITOLO REDAZIONALE

C’è un quadro di Klee che si chiama Angelus Novus. Vi è rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui ha fisso lo sguardo, i suoi occhi sono spalancati, la bocca è aperta, e le ali sono dispiegate. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un’unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnetterne i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che l’angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui.
Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera.
(Walter Benjamin, Sul concetto di storia, pp.35-37)

REARM EUROPE-IO NON C’ERO

FONTE
Facebook. Pierluigi Fagan. 6-2-25
Vignetta di Altan scelta dall’autore
TITOLO REDAZIONALE

REARM EUROPE

Premessa: io non sono un pacifista. O meglio, lo sarei sul piano ideale, come condizione a cui tendere ma poiché sono realista (descrittivo) sono consapevole che la guerra fa parte del modo con cui alcune comunità umane organizzano la loro reciproca convivenza in spazi limitati, sicuramente da cinquemila anni, in alcuni casi anche da un po’ prima ma non tanto prima.
L’unica “prova” che abbiamo di un massacro organizzato tra gruppi umani nella storia profonda è di 11.000 anni fa, prima non ce ne sono e quindi l’assunzione che la guerra ovvero la violenza organizzata tra gruppi umani è consustanziale la nostra “natura” è falsa. Per altro, non si capisce cosa si intenda con “natura” quando si parla di gruppi umani, sistemi adattativi che hanno per forza mille modi per organizzarsi e vivere visto che abitano territori diversi, in tempi diversi. Lunga tutta la vasta e variegata storia umana del mondo, si rinvengono luoghi e lunghi tempi in cui non c’è stata alcuna guerra.
Fa eccezione un luogo: l’Europa. Senza alcuna apprezzabile eccezione, lo spazio europeo è da sempre sede di conflitto armato dal tempo dei Greci.
I popoli di questa area storica e geografica, dopo una lunga stagione di colonialismo e imperialismo in cui sono andati a saccheggiare e coartare quasi tutto il mondo, non negandosi il piacere di farsi guerra tra loro con estensioni variabili (dei Cent’Anni, dei Trent’anni, dei Sette anni) e ragioni plurali (religiose, civili, di indipendenza), nel solo ultimo secolo, hanno imbastito un bel massacro generalizzato. Una Prima guerra mondiale (35 milioni di morti), una Seconda guerra mondiale (65 milioni di morti), una Guerra fredda, una guerra jugoslava, varie guerre in giro qui e lì (dal Medio Oriente alle Falklands). Evitando il sanguinoso capitolo delle guerre degli europei oltremare ovvero gli “americani” o, meglio, “statunitensi”.
La storia, diceva Hegel, ci appare a tutta prima come un immenso mattatoio, in cui vengono incessantemente condotti al sacrificio individui, popoli, Stati e civiltà. Nulla sembra sottrarsi a questo destino di morte. Ma anche un superficiale esercizio di storia comparata, rileverà che la densità e intensità bellica europea non ha pari nel resto del mondo, ad esempio in Asia che è uno spazio di civiltà almeno altrettanto antico ed anche molto più popoloso. A parte le guerre esportate dall’Occidente (oltre alle “mondiali”, Coree, Vietnam etc.).
Ogni volta c’è un apparente “ottimo motivo”. La paura di un nemico immaginario, un ideale, una ragione intrascendibile, un “ha iniziato prima lui io mi stavo solo difendendo”. Ogni volta si è passati dal ritenere una guerra un male da fuggire e dopo poco tempo in cui mille voci si sormontano diventando sinistro coro inarrestabile, ai più è apparso ovvio riprendere le armi e andare ad ammazzarsi.
Negli intervalli tra un massacro e l’altro, si scrivono libri e si girano film che mostrano l’insensatezza della guerra, il dolore straziante, l’abisso di paura, il rimorso, il ripensamento “ma come è possibile che siamo finiti a fare questo casino?”. Ogni volta si inizia quasi per caso e si finisce a fare mattatoio. Se avessimo a che fare con un individuo è chiaro che al soggetto verrebbe diagnosticata una patologia grave e verrebbe internato.
Dalle centinaia di libri che ho comprato e debbo ancora leggere, ieri ho ripreso in mano il famoso “I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra” di C. Clark (Laterza), un grande classico tra i classici. In Introduzione, Clark confessa l’enorme difficoltà dello storico alle prese con decine e centinaia di volumi con i documenti più o meno ufficiali prodotti ex post dalle varie potenze (vincitori e vinti), le memorie smemorate e selettive dei grandi attori (leader, generali, funzionari) e ben 25.000 (!) libri di storici e analisti sul fatto, le sue cause apparenti, le sue cause reali sottostanti, dove “reali” sono tali definite variabilmente da studioso a studioso.
E dire che a farla facile, bastava dire che c’era un aggressore e un aggredito, come sempre del resto. Chissà perché ci ostiniamo a tenere aperti tribunali, a pagare giudici, funzionari, procuratori, periti, avvocati, esperti vari convocati a processo per istruire un giudizio penale anche quando oltre alla vittima c’è anche il carnefice. Se c’è la vittima e il carnefice perché non mettiamo un bell’algoritmo spara-sentenze che ratifica l’ovvio? Perché andiamo a cercare cause, motivazioni, radici, dinamiche del conflitto il cui esito è lampante? Chissà perché scriviamo 25.000 libri per capire come siamo finiti a fare una guerra “mondiale”, noi patria di Platone e Aristotele, del diritto, del Cristianesimo, di Cartesio, Kant, Hegel, Einstein ed altre vette di massima civilizzazione?
Mah, chissà chi lo sa?
Dal mio eremo sempre più distaccato dal mondo, invecchiando e combattendo sempre più con problemi di salute, osservo dietro una cataratta di perplessità, l’ennesimo crescere emotivo di voci di gente che aggiunge virgole ad un discorso pubblico che punta all’ineluttabilità, l’ennesima ineluttabilità, per cui dobbiamo riarmarci contro le evidenti insidie del mondo. Non sarei contrario in via di principio, ripeto, non sono un “pacifista senza se e senza ma” ci sono i se e i ma. Quello che non capisco è come si possa essere così immemori di una coazione a ripetere ormai millenaria senza che nessuno si domandi: come siamo finiti così per l’ennesima volta? Cosa non abbiamo fatto -prima-, cosa non abbiamo pensato -prima-?
Come può passare in tre anni un cosiddetto “statista” a esaltarsi per uno spazio comune da Lisbona a Vladivostok (Macron poco prima dell’inizio della guerra russo-ucraina intervista a Le Grand Continent rivista geopolitica francese) all’offrire il proprio “ombrello atomico” contro l’evidente pulsione invasiva dei russi che dopo tre anni controllano nulla più del territorio ucraino preso nel primo mese di guerra senza riuscire ad estenderlo. Come si fa a prendere sul serio gente così?
Così per l’ennesima volta, sonnambuli oggi pure col deambulatore visto che siamo sempre più anziani e non abbiamo neanche sufficienti figli da mandare al massacro in nome dell’ideale, della Patria, del Bene, del Buono e del Bello, di qualche nostro Dio o Ragione di civiltà, della “democrazia e libertà”, inventiamo un progetto “comunitario” che si intitola “Rearm Europe”.
Fatto da gente per la quale tre anni fa il Problema era in Green Deal per salvare i cuccioli di orso in precario equilibrio su una lastra di ghiaccio che hanno perso i genitori morti per fame dovuta ai cambiamenti climatici. Fatto da gente che due anni fa dragava sostanze pubbliche da investire per il futuro delle “Next Generation” ovvero i nostri figli. Gli stessi che oggi si svegliano e ci dicono che dobbiamo distogliere fondi di welfare per armarci anche se, mannaggia, non abbiamo abbastanza giovani da mandare al fronte per difende la nostra serena vecchiaia.
Sarebbe bello poter dire “io non c’ero”, ma onestamente questa volta non possiamo.

Pierluigi Fagan, 6-3-25