Fabio un pensionato vedovo da oltre quindici anni, conduceva la sua vita senza concedersi particolari piaceri né coltivando grandi aspettative per il suo futuro.
Avere rifiutato ostinatamente di stare con la famiglia del figlio, che si era trasferito in un’altra città, gli comportò lo sfilacciamento dei rapporti con lui diventato nel frattempo padre di due bellissime bambine viste solo nell’unica fotografia inviatagli dalla nuora. La mattina molto presto, una volta stropicciati gli occhi e passato una mano sulla guance scabrose per la barba leggermente lunga, usava dire “anche per oggi mi sono alzato”. Poi come di solito si preparava una fetta di pane con miele o burro ed il latte che riscaldava prima di metterci del caffè preparato da una settimana all’altra.
Dopo la colazione se il tempo era buono si metteva le scarpe sportive e faceva una giratina nel bosco, non lontano da casa sua, che conosceva a memoria. A volte portava con sé una borsa di iuta nella quale inseriva ciocchi di legno che, opportunamente accatastati e stagionati in un apposito sgabuzzino areato, esterno alla casa, servivano a riscaldare la sua abitazione. Il suo fisico mostrava un’apprezzabile tonicità e quando rientrava dalla sgambatura, nel passare attraverso il paese, volutamente accelerava il passo suscitando i commenti dei suoi amici e vicini. Tetragono al dolore aveva assorbito quello della morte dell’unico figlio a cui seguì il trasferimento della moglie con le figlie in un’altra città ed un successivo rapporto coniugale di cui venne casualmente a conoscenza.
Col suo cellulare ed il suo computer si sentiva in contatto con il mondo e ciò gli rendeva meno uggiosa la giornata, ma la compagnia fatta di gesti, dialoghi, emozioni domestiche, non si poteva surrogare. Di carattere burbero, ma non scostante, non disdegnava di fare qualche partita a carte con gli amici nel primo pomeriggio con la bevuta di un caffè in palio però non voleva prolungare il gioco oltre la partita prevista perché sapeva che, inevitabilmente, i suoi amici gli avrebbero domandato notizie delle nipotine e lui schivava sempre questo argomento con un “non ho notizie”. Quando delle volte ci rifletteva sopra usava ripetere “sono amico di tutti e di nessuno. Poca brigata vita beata”.
Questa situazione gli procurava comunque malinconia specialmente nei giorni di festa quando, passeggiando nelle vie del corso, notava i suoi amici, insieme ai loro familiari, che non disdegnava di salutare. La sera dopocena, seduto davanti alla televisione centellinava il suo bicchierino di grappa dopo aver rigovernato le sue ciotole di legno, da lui sagomate, dalle quali non si separava mai. Era un suo hobby e nel corso del tempo ne aveva realizzate diverse insieme a posate e bicchieri; anche i coltelli avevano tutte un impugnatura particolare di legno che aveva plasmato.
Se il tempo volgeva al bello, dalla primavera inoltrata in poi, nel suo giardino, che circondava la casetta, durante il pomeriggio si metteva a leggere. In caso di maltempo invece passava le giornate al computer oppure vedere una gamma di film presi in prestito da una biblioteca in città, molto fornita e con prodotti di qualità. La sua abitazione, l’ultima di una fila al limitare del paese leggermente scostata da un piccola villetta, era stata ricavata dalla connessione di due ampie autorimesse ristrutturate ad uso residenziale. Composta dalla cucina, un salotto trasformato nel suo studio con un soppalco di legno da lui costruito, da una camera da letto munita però di un bagno con un’ampia doccia ed un ripostiglio attrezzato che fungeva anche da laboratorio, risultava funzionale alle sue esigenze; spesso diceva “questa sistemazione non la cambierei per nessun motivo”.
Una sera Fabio, interrompendo la cena, volle chiudere le imposte per il vento impetuoso, ma durò più fatica del previsto. Per un’imprevedibile reazione stizzosa volle sfidare incomprensibilmente le condizioni avverse e così indugiò, senza pensarci sopra, davanti alla finestra di cucina. Notò una volta tenebrosa ed angosciante che aveva inghiottito i nembi minacciosi e cupi ed in alcuni momenti delle saette luminose ne squarciarono la massa uniforme a vista d’ occhio.
La pioggia obliqua cominciò a bagnargli il volto e decise allora di serrare tutte le imposte, sentendo nitidamente il rimbombo del cielo, che continuò a rumoreggiare con schianti repentini e bagliori e di lì a poco seguì una pioggia torrenziale; la corrente elettrica andò via.
Improvvisamente caddero le tenebre e lui privato della televisione e del computer si sentì isolato; furono attimi angoscianti ed interminabili con il vento che ringhioso continuava a filtrare dai serramenti.
Dopo un lungo respiro si alzò dalla sedia e, con la fiammella dell’accendino, a tastoni, raggiunse il ripostiglio da dove prese una candela che riuscì ad accendere. Rischiarato a malapena l’ ambiente si mosse verso un piccolo pannello di legno e vi rintracciò due pile appese che aveva usato qualche volta.
Una volta accese, provò un po’ di sollievo prima che un colpo di tuono nei dintorni facesse sussultare sicuramente più di una persona.
Aveva da poco finito di mangiare quando un altro boato scosse le vicinanze e subito Fabio mise nell’acquaio le sue stoviglie.
Tornò a sedersi vicino alla tavola con il capo chino appoggiato sulle mani intrecciate e chiuse gli occhi. Sconsolato cominciò a rimuginare su quella eccezionale situazione, che visse come un sentimento di premonizione ed alla fine, sforzandosi si alzò. Tornò la luce elettrica e così cominciò ad agghindare la sua cucina con festoni di carta colorata. Salì sulla sedia ed appoggiò delle stelle filanti che partendo dal lampadario girarono per tutta la cucina fissate alle sporgenze metalliche della mobilia da semplici mollette per il bucato.
Dal frigorifero estrasse una bottiglia di spumante ed anche un dolcetto acquistato in serata nella pasticceria del paese.
Finito questo addobbo di fortuna si stava avviando verso la camera quando sentì bussare alla porta.
Preoccupato al momento non rispose ma i colpi alla porta non cessarono.
-Chi è? – domandò preoccupato.
Nessuno replicò.
A quel punto pensò di avvisare i carabinieri ai quali spiegò il fatto.
-Saremo da lei tra cinque minuti- garantì l’appuntato al momento.
Al successivo “toc toc”, rassicurato, con in mano una pila ed un coltello dalla lunga lama infilato nella cintola, aprì la porta: gli apparve una bambina dal viso rotondo e lo sguardo impaurito, scalza con una magliettina ed un paio di pantaloncini stracciati e fradici come i capelli neri e cresputi, che remissiva allungò una mano. Fabio, nonostante la pioggia a dirotto, uscì e si guardò attorno e dopo aver fatto entrare la piccola in casa chiuse la porta con la serratura mentre un altro tuono scosse tutto il vicinato.
-Vieni piccola ora ti devi asciugare- disse con un sorriso -seguimi in bagno- .
La fanciulla acconsentì e lui premuroso tolse da un armadio un accappatoio e mostrando, lo shampoo ed il bagno-schiuma, azionò la doccia che di lì a poco avrebbe cominciato a versare acqua molto calda.
-Tieni tutto questo è per te. Ora io vado in cucina ed appena fatta la doccia verrai a mangiare- e dopo queste parole sparì per non mettere in imbarazzo la bambina.
In piedi accanto ai fornelli si guardò attorno ed estrasse dal cassetto del tavolo una foto incorniciata che appoggiò sopra il frigorifero.
Si ricordò che aveva nel ripostiglio dei vecchi festoni usati per il compleanno del figlio quando era bambino e pensò di rafforzare la decorazione prendendo uno scaleo ma durante questa rifinitura sentì suonare.
Scese immediatamente e da dentro domandò chi fosse.
-Siamo i carabinieri; ci ha chiamato lei- .
-Scusate vi apro subito- .
Diffidente impugnò il coltello e quando riscontrò che erano i carabinieri li fece entrare in cucina.
-Di che cosa si tratta signor Fabio? – domandò un milite mentre l’altro stupito si guardò attorno.
-Ho sentito bussare a lungo alla porta ma quando l’ho aperta non ho visto nessuno. Non so chi sia stato- .
-Come mai questi festoni…ha avuto una cena particolare? – domandò stupito il militare.
-No, è arrivata nel frattempo una bambina che sta facendo una doccia. E tra poco la farò mangiare- spiegò Fabio senza far trasparire alcuna incertezza. Nell’imbarazzo della situazione, egli pensò di offrire loro un bicchiere di spumante che venne rifiutato con la motivazione“non possiamo bere in servizio”. Alla fine dopo una pressante insistenza accettarono di fare un brindisi.
-Alla bambina- propose alzando il bicchiere. I militi non convinti chiesero ancora come mai Fabio avesse messo dei festoni di cartone colorato:
-Per farla sentire a proprio agio e questa sarà la sua cena- .
Passarono dei minuti e loro cominciarono a fargli delle domande sull’ospite che non si faceva viva.
-Ora vado a prenderla così la conoscerete- .
-Bambina vieni in cucina, bambina dove sei?…aiuto non c’è più- .
I carabinieri accorsero e videro l’accappatoio appeso ed i flaconi sul lavandino; tutte le finestre erano chiuse dall’interno e della bambina nessuna traccia mentre l’acqua bollente usciva dal cono metallico.
-Ma che succede? – domandò infastidito il graduato guardando fisso gli occhi Fabio. Il vecchio rimase in silenzio e quando uno dei militari intese riproporre altre domande, lui prese in mano la fotografia e la baciò a lungo.
Gino Benvenuti da Nero Beffardo
Nero Bizzarro : Racconti / Gino Benvenuti. Il punto rosso, 2022
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