Costituzione e vecchi merletti

attimi e tempo

“La lezione sulla Costituzione si fa a scuola, ma dai…” sono queste le parole pronunciate dal filosofo Massimo Cacciari durante un’intervista da lui rilasciata come ospite a “Otto e mezzo”, programma televisivo, tenuto da Lilli Gruber che va in onda ogni sera sul canale La7. Il filosofo, molto schiettamente, si riferisce, con le parole sopra riportate, all’intervento d’ apertura per il festival della canzone italiana 2023 tenuto da Roberto Benigni sulla Costituzione. Il professor Cacciari, in una nota marginale del suo discorso, ci ha fornito del materiale su cui possiamo strutturare una riflessione, basata sulla domanda: la cultura è figlia di soli attimi, o del tempo?

Partiamo dal presupposto che gli attimi non sono il tempo complessivamente inteso, ma sono solo delle particelle che lo compongono, all’interno delle quali l’essere umano ha strutturato il proprio il proprio agire. Pensiamo, ad esempio, alla coltivazioni dei feudi durante il Medioevo, a come, per rendere il raccolto funzionale al soddisfacimento dei bisogni umani, sia stato necessario spezzare quella linea continua che definiamo propriamente “tempo”, suddividendola in tanti segmenti, per chiarire al corpo in che modo dovesse lavorare il suolo.
Si noti come già nel Medioevo la mente umana sia stata capace di agire, a un tal livello di complessità, su se stessa e quindi di riflesso anche sul corpo in cui abita; del resto quello che fenomenologicamente appare non è altro che il riflesso dello svolgimento di un operazione interna. Progressivamente la storia ha ospitato un processo di snaturazione dell’uomo dalle sua fondamenta; egli, infatti, che in origine era tempo, o, come meglio ricorda Heidegger, “esserci”, si è forgiato in “attimi”. Si tratta di una realtà che attraversando le epoche è giunta sino a noi, passando per l’Ottocento industriale, i cui valori della produttività, dell’efficienza, sopravvivono ancora ad oggi, e in cui la mente si è fatta sempre più scientifica, perdendo la sua essenza di tempo per abbracciare solo gli attimi specifici.

Esaltazioni di una parcellizzazione del lavoro provengono da scritti come “L’organizzazione scientifica del lavoro” di Frederich Taylor, da autori quali Andrew Ure, Auguste Comte, in breve da tutti coloro che incarnano lo spirito positivista. Uno spirito che ad oggi è tutt’altro che estinto, ma che anzi si ripropone nella sfera culturale. Così come l’ atomizzazione del tempo conduce il lavoratore a vivere in una dimensione di alienazione, allo stesso modo conseguenze negative emergono nella sfera del sapere. Si badi bene che mostrare il volto esasperato di una mente che si è fatta troppo razionale e rigida non vuol essere una condanna all’organizzazione e strutturazione di necessità quali: la necessità di lavorare o la necessità di insegnare, perché queste, se ben bilanciate, sanno mostrare i loro vantaggi.
Già Aristotele nel 4o secolo a.c affermava che la “virtù sta nel mezzo”, ecco, ad oggi il nostro compito è ritrovare il significato di quel “nel mezzo”, che sicuramente non può vivere in uno stato armonioso con il termine “esasperazione”, ma certamente può farlo con il termine “flessibilità”.

Uno scontro evidente tra un modo di pensare rigido e uno flessibile è quello che vede contrapporsi il discorso di Benigni sulla Costituzione e il commento a proposito del professor Cacciari. Il fatto che il sapere venga appreso, trasmesso e costruito a scuola è indiscutibile. Tuttavia quando si sentono commenti come quelli del filosofo sulla Costituzione il dubbio che le lotte per una scuola che sia di tutti, con un sapere che sia di tutti, fanno emergere in superficie il dubbio che il processo storico, legislativo e sociale che ha reso ciò possibile, non sia stato sufficientemente accompagnato da una piena presa di coscienza.
Commenti di questo calibro lasciano trasparire un’immagine della cultura come coincidente con l’immagine dell’attimo della scuola, che abita nel plesso scolastico. Gli edifici, le strutture, i prodotti artificiali dell’uomo sono tutte manifestazioni di attimi, ma continuando a costruire fino ad oggi, la mente ha preso il significato di tempo, si è smarrita, diventando sempre più incapace di pensarsi complessivamente nel mondo. “Il pensiero-attimo” ha sostituito il “pensiero-tempo”.

Tuttavia interventi come quelli di Benigni lasciano ancora intendere che la speranza di operare un ennesimo ribaltamento storico da attimi a tempo non è ancora caduta nel vuoto nero dell’impossibilità. Un suggerimento utile per iniziare un percorso simile potrebbe esser quello di recarsi a Roma presso le Stanze Vaticane, e dedicare osservazione e comprensione al celebre affresco di Raffaello: ”La scuola di Atene”.

Si tratta di un’ opera con cui l’ artista riesce a catturare il significato dell’istruzione per i Greci. “Istruzione”, che prima di tutto era comunicazione e non un luogo come lo intendiamo noi oggi, fatto di banchi, sedie e con un docente che dopo una, o più lauree ed un concorso si limita a trasmettere per via verbale quanto nel suo percorso ha imparato. Inoltre, all’epoca, “scuola” non era il plesso ad oggi istituzionalmente e socialmente riconosciuto come tale, ma poteva essere, e molto spesso era, l’ agorà, luogo d’incontro e di scambio, oltreché puramente materiale, anche culturale. Forse oggi non abbiamo più l’agora come i greci, ma abbiamo Sanremo. Allora, che male ci può essere nell’invitare le persone all’Ariston, a casa, a prestare la loro attenzione, oltreché per l’ ascolto di canzoni, anche per udire il suono della Costituzione, la cui melodia in sottofondo è la democrazia? A questo punto recuperare il significato di tempo, paradossalmente, significa recuperare il significato della massima oraziana: “cogli l’ attimo”.

Tobia Nereo Torelli, 24/2/2023

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