Guerra e Pace

Enrico Tendi propone un brando di Guerra e Pace

Non è difficile riconoscere la terribile attualità di queste pagine, e l’ancora più terribile sensazione di ineluttabilità che le pervade. Doveva andare così. Eppure sarebbe bastato che……..Napoleone, Alessandro, Metternich, …..basterebbe che Zelens’kyj, Biden, Putin, Stoltenberg, Xi Jinping……….Basterebbe che cosa ? che ascoltassero il popolo ? Nelle pagini precedenti Tolstoj passa nell’accampamento francese. Lo so che non è lui che ci passa, ma la descrizione è così nitida che non può che essere vera. Lo trova in uno stato di ordinata esaltazione, e tutti, semplici fanti, ufficialetti ed ufficiali superiori, si muovono con sicurezza e precisione, sentendo l’odore della battaglia, e sono impazienti che cominci. Mi domando, perché si ammirano gli uomini in uniforme? E perché le uniformi brillano di medaglie, orpelli e pennacchi? Perché nei giorni “sacri” della nazione si sfila in parata e si mostra la forza di guerra? E perché tutti battono le mani? E’ l’umanità intera che aspira allo scontro, ed alla immancabile gloriosa vittoria, o sono solo i governanti che vogliono la guerra, sia i tiranni, re o imperatori, sia gli eletti democraticamente?

Tolstoj ci dice che doveva andare così, perché a questo l’umanità è predeterminata.

Enrico Tendi, 26/03/2023

di seguito le pagine di Tolstoj tratte da Guerra e Pace

Guerra e pace / Lev Tolstoj ; traduzione di Enrichetta Carafa D’Andria. Torino, Einaudi, 1956. IT\ICCU\RMS\1150411 http://id.sbn.it/bid/RMS1150411

PARTE PRIMA I

Col finire del 1811 cominciò l’armamento intensivo e il concentramento delle forze dell’Europa occidentale, e nel 1812 queste forze – milioni di uomini (contando gli addetti al trasporto e al vettovagliamento dell’esercito) – si mossero da occidente verso oriente, verso le frontiere della Russia, dove pure fino dal 1811 s’erano ammassate le forze russe. Il 12 giugno le forze dell’Europa occidentale varcarono le frontiere della Russia e cominciò la guerra, cioè si compì un fatto contrario alla ragione umana e a tutta la natura umana. Milioni di uomini commisero gli uni contro gli altri cosi innumerevoli malefici, inganni, tradimenti, rapine, falsificazioni ed emissioni di assegnati falsi, saccheggi, incendi ed assassini, quanti per secoli interi non ne raccoglierebbero gli annali di tutti i tribunali del mondo, e che, in quel periodo di tempo, la gente che li commise non considerò come delitti.

Che cosa produsse questo avvenimento insolito? Quali furono le sue cause? Gli storici, con ingenua sicurezza, dicono che le cause di questo fatto furono l’offesa recata al duca di Oldemburgo, l’inosservanza del blocco continentale, l’ambizione di Napoleone, la fermezza di Alessandro, gli errori dei diplomatici, ecc. ecc.

In conseguenza, sarebbe bastato che Metternich, Rumjantsev o Talleyrand, fra una cerimonia di Corte e un ricevimento, avessero redatto con ogni diligenza un protocollo ben formulato, o che Napoleone avesse scritto ad Alessandro : « Monsieur mon frère, je consens à rendre le duché au due d’Oldenbourg », e non ci sarebbe stata la guerra.

Si comprende che la cosa fosse presentata cosi ai contemporanei. Si comprende che Napoleone credesse causa della guerra gl’intrighi dell’Inghilterra (come egli disse appunto all’isola di Sant’Elena). Si comprende che i membri del Parlamento inglese credessero causa della guerra l’ambizione di Napoleone; che il duca d’Oldemburgo credesse causa della guerra la violenza commessa contro di lui; che ai commercianti causa della guerra sembrasse il blocco continentale, che rovinava l’Europa; che ai vecchi soldati c ai generali la causa principale sembrasse la necessità di farli agire; ai legittimisti del tempo paresse tale la necessità di ristabilire les bons principes e i diplomatici del medesimo tempo credessero che tutto fosse provenuto dal non aver nascosto abbastanza bene a Napoleone l’alleanza fra la Russia e l’Austria nel 1809 e dall’essere il memorandum n. 178 stato scritto con poca abilità. Si comprende che queste ed altre innumerevoli, infinite cause, la quantità delle quali dipende dalle innumerevoli divergenze dei punti di vista, fossero presentate ai contemporanei; ma per noi — posteri — che contempliamo in tutta la sua enorme vastità il fatto accaduto e penetriamo nel suo semplice e terribile significato, queste cause sembrano inadeguate. Per noi è incomprensibile che milioni di cristiani si siano uccisi e torturati a vicenda perché Napoleone era ambizioso, Alessandro era fermo, la politica dell’Inghilterra era astuta e il duca di Oldemburgo era stato offeso. È impossibile comprendere quale legame abbiano queste circostanze col fatto stesso dell’assassinio e della violenza; perché l’offesa fatta al duca abbia portato per conseguenza che migliaia di persone, venute dall’altra estremità dell’Europa, abbiano ucciso o rovinato gli abitanti delle province di Smolènsk e di Mosca e siano state uccise da loro.

A noi, posteri, e non storici, che non siamo sedotti dal processo dell’indagine, e che perciò contempliamo gli avvenimenti col nostro inoffuscato buonsenso, queste cause appaiono in quantità infinita. Quanto più ci sprofondiamo nella ricerca delle cause, tanto più numerose esse ci appaiono, e ogni causa od ogni serie di cause presa per sé ci sembra egualmente giusta, e tutte sembrano egualmente false per la loro futilità a paragone dell’enormità del fatto ed egualmente false per la loro insufficienza a produrre (senza il concorso di tutte le altre cause concomitanti) l’avvenimento che si è compiuto. Una causa come il rifiuto di Napoleone di ritirare il suo esercito di là dalla Vistola e di rendere il ducato d’Oldemburgo ha per noi lo stesso valore che il desiderio o il mancato desiderio di un qualsiasi caporale francese di contrarre una seconda ferma; perché, se egli non avesse voluto riprendere servizio e cosi avessero fatto due, tre, mille caporali e soldati, tanto meno uomini ci sarebbero stati nell’esercito di Napoleone e la guerra non si sarebbe potuta fare.

Se Napoleone non si fosse offeso della richiesta ch’egli si ritirasse dietro la Vistola e non avesse ordinato alle truppe di marciare innanzi, la guerra non ci sarebbe stata; ma se tutti i sergenti non avessero voluto contrarre una seconda ferma, anche allora la guerra non ci sarebbe stata. Cosi pure la guerra non ci sarebbe stata senza gl’intrighi dell’Inghilterra e se non fosse esistito il duca di Oldemburgo, e se Alessandro non si fosse sentito offeso, se non ci fosse stato il governo autocratico in Russia, se non ci fosse stata la rivoluzione francese c successivamente la dittatura e l’Impero, e tutto ciò che produsse la rivoluzione francese, e cosi via. Senza una di queste cause nulla sarebbe potuto accadere. Dunque tutte queste cause — miliardi di cause — hanno concorso a produrre ciò che è stato. E per conseguenza non ci fu una causa esclusiva del fatto, ma il fatto doveva avvenire soltanto perché doveva avvenire. Milioni di uomini, abdicando ai loro sentimenti di umanità e alla loro ragione, dovevano andare da occidente a oriente e uccidere i loro simili, cosi come alcuni secoli indietro erano andate da oriente a occidente valanghe di uomini a uccidere i loro simili.

Gli atti di Napoleone o di Alessandro, dalle parole dei quali pareva dipendere che il fatto avvenisse o non avvenisse, erano cosi poco liberi quanto gli atti di un qualsiasi soldato che andasse alla guerra designato dalla sorte o reclutato. Ciò non poteva essere diversamente, poiché, per adempiere la volontà di Napoleone o di Alessandro (le persone dalle quali sembravano dipendere gli avvenimenti) era necessaria la concomitanza di innumerevoli circostanze, senza una sola delle quali i fatti non potevano avvenire. Era necessario che milioni di uomini, nelle mani dei quali era la forza effettiva — soldati che sparavano, trasportavano le vettovaglie e i cannoni — acconsentissero ad adempiere quella volontà di uomini isolati e deboli, e fossero condotti a ciò da un infinito numero di cause complicate e diverse.

Il fatalismo nella storia è indispensabile per spiegare le manifestazioni irrazionali (cioè quelle delle quali non comprendiamo la razionalità). Quanto piu ci sforziamo di spiegare razionalmente questi fenomeni storici, tanto piu irragionevoli e incomprensibili essi divengono per noi.

Ogni uomo vive per sé, gode della libertà per raggiungere i suoi fini personali e sente con tutto l’essere suo che può immediatamente fare o non fare una data azione; ma non appena egli l’ha fatta, quest’azione, compiuta in un dato momento di tempo, diventa irreparabile, viene a far parte della storia, nella quale essa non ha piu un significato libero, ma un significato predeterminato.

In ogni uomo vi sono due aspetti della vita: la vita personale, che è tanto piu libera quanto piu astratti sono i suoi interessi, e la vita elementare, la vita di sciame, dove l’uomo obbedisce inevitabilmente a leggi che gli sono prescritte.

L’uomo vive consciamente per sé, ma’ serve come strumento inconscio per il conseguimento dei fini storici dell’umanità in generale. L’atto compiuto è irreparabile e il suo effetto, coincidendo nel tempo con quello degli atti di milioni di uomini, assume un significato storico. Quanto più in alto sta l’uomo sulla scala sociale, a quante più persone egli è più legato, quanto più potere ha su altri uomini, tanto più evidenti sono la predeterminazione e la necessità di ogni suo atto.

“Il cuore del re è nella mano di Dio”

Il re è schiavo della storia.

La storia, cioè la vita incosciente e comune, la vita di sciame dell’umanità, si avvantaggia per sé di ogni momento della vita dei re, come di un mezzo per raggiungere i propri fini.

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