Un Mistero Svelato

da
Nero Bizzarro : Racconti / Gino Benvenuti. Il punto rosso, 2022

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Silvia, una signora di poco più trenta anni, di statura medio alta, carnagione chiara e capelli rossi, si era trasferita, a seguito del suo matrimonio, in un appartamento di recente costruzione nella media periferia della città e questo le comportò di attenuare progressivamente quei rapporti di amicizie, che avevano caratterizzato la sua infanzia e la sua prima gioventù nella vecchia residenza paesana, dove si era sposata.

La prospettiva di diventare madre tra non molto, in un’età non più giovanissima, l’assorbì totalmente e come le coppie giovani aveva pensato, insieme al marito, non solo all’arredo della nuova casa, ma anche a dotarsi di tutti gli oggetti necessari per la creatura in arrivo il cui sesso era stato appurato dopo gli esami medici. Girello, fasciatoio, biberon, carrozzina, corredo di indumenti adeguati ed anche il fiocco azzurro da appendere alla porta di casa. Nonostante che la sua pancia diventasse sempre più vistosa, situazione che poteva indurre curiosità chiunque avesse incontrato durante il giorno, pochissime persone del condominio avevano sentito lo stimolo di domandare, alla nuova arrivata, come stesse vivendo la sua condizione. I contatti con il nuovo vicinato quando si imbatteva con qualche persona nell’atrio o sul marciapiede non andavano al di là del canonico “buon giorno” e “buona sera” . Di questo si rammaricò con il marito, portando a paragone l’ambiente da cui proveniva, e la riprova l’aveva ogni qual volta era andata a trovare i suoi genitori, che vivevano in un paese limitrofo rispetto alla sua città di residenza. La sua trepidazione era visibile, mostrando la difficoltà nel vivere una situazione inedita e di grandissima importanza. Non palesava più quella giovialità, che si esprimeva sempre con ampi sorrisi e quel desiderio di colloquiare con qualcuno, quando ritornava dai suoi genitori, e diventò frequente l’appartarsi durante il giorno nella sua camera dove a volte scoppiava in lacrime che le scendevano copiose.

Il marito, impiegato in una multinazionale, faceva frequenti viaggi fuori sede e per questo lei chiese ai suoi genitori di convivere nella sua casa fino a che non si fosse realizzato il lieto evento. Un pomeriggio esso sembrò materializzarsi quando un’ambulanza arrivò davanti a casa sua a sirena spiegata e dopo pochissimo lei, adagiata su una lettiga, venne trasportata in ospedale. Qualcuno si affacciò alla finestra e si sentì solo un “auguri signora” però lei non rispose. Dopo una parentesi ospedaliera, tutte le mattine molto presto, lei usciva, con qualsiasi tempo, con una carrozzina dal design moderno, attrezzata con stoffa raffinata, dove la creatura veniva posta inclinata e protetta, in caso di pioggia, da uno schermo di plastica. Faceva solo due volte il giro dell’isolato durante il quale si soffermava dopo aver estratto il biberon dalla borsa e lo introduceva dentro l’abitacolo della carrozzina. In questo peregrinare seppur breve, per tre volte dovette stoppare una bonaria curiosità di altrettante donne desiderose di vedere la creatura, accampando scuse come il “bambino dorme”. Solo una signora, nel stringerle la mano due volte, lanciando uno sguardo dentro il passeggino al congedo, commentò “accipicchia come è fasciato” e Silvia, prima di riprendere immediatamente il cammino, spiegò “oggi fa freddo”.

Il fiocco azzurro fu lasciato a lungo sulla porta di casa e sul portone e quando rientrava nel vederlo sorrideva fino a che un giorno un condomino obbiettò: -Signora, non sarebbe l’ora di levarlo quel fiocco ? Tra poco suo figlio andrà alle elementari- . -Non importa che faccia lo spiritoso perché sono di nuovo incinta- annunciò lei seccamente mostrando un cipiglio inusuale. Con le colleghe di ufficio, seppure assente per l’utilizzo del congedo per maternità, era rimasta telefonicamente in contatto però ogni qual volta che esse manifestavano il desiderio di vedere il neonato, adduceva motivazioni e scuse varie tese a stoppare questa richiesta. -Tutte le mamme fanno vedere con orgoglio le proprie creature; veramente non la capisco- commentò un pomeriggio una collega di ufficio. –

Ricordati che prima del parto piangeva in continuazione- rimarcò un’altra. -Forse noi non le siamo state vicine abbastanza- concluse un’altra impiegata restringendosi nelle spalle. Tra loro maturò l’idea di farle una sorpresa e così le amiche, in un primo pomeriggio di un Sabato assolato, si presentarono sotto la casa di Silvia, individuata subito dal fiocco azzurro sul portone dello stabile, con una tutina azzurra, un giocattolo con una musichetta suadente ed una scatola di cioccolatini. Controllarono i cognomi sulla tastiera dei campanelli ma quello della collega non compariva e così aspettarono che uscisse una signora a cui chiesero quale campanello suonare per andare a farle visita. -Ho capito, sta al secondo piano quindi uno di questi due. Non so come si chiama perché non ho mai parlato con lei- volle precisare la donna. Dopo un paio di tentativi sentirono una voce maschile al citofono: -Buongiorno chi cercate? – . -Siamo le colleghe di Silvia venute per farle una visita- . -Avevate fissato? – . -No; doveva essere una sorpresa- . -Lei non c’è, ma già che siete qui salite! Vi farò vedere la cameretta e vi offrirò da bere- propose l’uomo e così loro acconsentendo, salirono con l’ascensore mentre Silvia era già scesa in garage e vi si era chiusa dentro con il carrozzino e la sua creatura, chiedendo al marito di telefonarle quando se ne fossero andate via. Una volta dentro casa le colleghe andarono in salotto bevvero e parlarono con il marito che spiegò la difficoltà vissute da sua moglie durante la gravidanza. -Non chiedetemi particolari del parto perché tutto è avvenuto in tempi non previsti ed io ero fuori per lavoro- . Le donne fecero ingresso nella cameretta ed osservarono tutti gli oggetti che la situazione imponeva, dai pannolini al fasciatoio in disordine, dal piccolo stipo per eventuali medicine ad un paio di biberon, la bilancina, il calendario con i vari appunti riguardanti il peso e l’entità delle poppate. -Non avete mica per caso delle fotografie- chiese una collega. -Sì ma le tiene in un cassetto ed io non ho la chiave. A me non servono perché lo vedo sempre- . Finite queste parole squillò il cellulare del marito che, scusandosi, chiese di potersi assentare.

Era la moglie che chiese notizie della visita e, terminando la conversazione, gli rinnovò in maniera isterica di mandare via le colleghe con un perentorio “non le voglio vedere, non si sono mai fatte vive quando ne avevo bisogno. Non ce la faccio a restare qui per diverso tempo”. Lui tornò nella cameretta e subito la più giovane collega di Silvia affermò: -Quindi Sirio non si può vedere! – .

In quel momento si aprì improvvisamente la porta della cameretta ed apparve Silvia con uno sguardo stranito che tirando fuori dalla carrozzina, una sagoma completamente fasciata, la gettò per terra lasciando attoniti i presenti. -Ma che fai Silvia!- gridò una collega mentre le altre sbiancarono inorridite. -Ecco il figlio Sirio ! – disse calpestandolo. Dopo infierì premendogli ripetutamente con il piede l’addome, facendo emettere al bambolotto di plastica un suono rauco mentre lei sconvolta si coprì il volto con le mani, subito abbracciata dal marito.

Gino Benvenuti

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