Un’eredità di avorio e ambra

Una recensione di Enrico Tendi

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Edmund de Waal
Un eredità di avorio e ambra
Bollati Boringhieri 2022
ISBN 978-88-339-4041-0

Non c’è una trama vera, eppure hai difficoltà a smettere di leggere, non è un libro di storia, ma la storia di molte vite; legate insieme da un vincolo di sangue e dalla fede religiosa, seppur separate nel tempo e nei luoghi.

Il filo conduttore è la ricerca, a ritroso nel tempo, della provenienza di un insolita eredità che passa di mano in mano, da paese a paese ed arriva a un lontano pronipote, nei nostri tempi: una collezione di minuscole statuine provenienti dal Giappone, intagliate nel legno o d’avorio, rappresentanti animali o persone, vere e proprie opere d’arte, che divengono oggetti ricercati, anche se mai capiti a fondo, nell’ Europa di fine ottocento. Sono i “netzuko”.

Si dipana così un quadro della società, della cultura, dell’arte e della politica dei tempi narrati, che vanno da poco prima della guerra franco prussiana, attraversano la belle époque, e le due guerre, arrivando alla fine del ‘900. Gran parte della storia si svolge tra Parigi e Vienna, ma inizia a Odessa e finisce a Londra passando anche per Tokio, città del Messico e New York. Sono le città e la vita della società ad essere descritte, così come sono narrate le singole persone, ma lo sfondo del tempo è palpabile. Sfilano, nel contorno, grandi personaggi: da Proust a Renoir, da Degas a Monet, da Freud ad Adler da Rilke a Musil.

Il tema di sottofondo del romanzo è l’antisemitismo, che prima appare nelle pagine parigine con l’affaire Dreyfus, poi emerge a Vienna sul finire della grande guerra ed esplode poi, ancora a Vienna, con la popolazione festante per l’annessione alla Germania di Hitler; ma si guarda anche alla condizione femminile del tempo, confinata nei ruoli frivoli o domestici, con la difficoltà di intraprendere studi universitari e carriere professionali anche nelle classi più fortunate. Poi la grande guerra, la dissoluzione dell’impero Austrico e la conseguente crisi economica, che introducono le pagine dedicate ai giorni dell’annessione alla Germania ed all’arrivo di Hitler accolto in trionfo, dove si dipinge una Vienna rovesciata, ormai non più ordine, tranquillità, sicurezza, ma arroganza, violenza, rancore, ignoranza culturale che diviene la cifra della città, e si percepisce il clima di smarrimento e la paura degli israeliti, cui rimane l’unica speranza di poter fuggire.

Il tono all’inizio neutrale, da storico, si fa emotivo; l’autore racconta con affanno, emozione, coinvolgimento i maltrattamenti, gli abusi, le inutili angherie, le spoliazioni, legalizzate, di tutti i beni, che non solo le truppe naziste, ma anche parte della popolazione, infligge ad altri uomini, agli antenati dell’autore; maltrattamenti ed angherie ripetute. Poi il tono da disperato diviene rassegnato: al posto degli occupanti nazisti ci sono gli alleati liberatori agli Asburgo si sostituisce la Repubblica; ma non è cambiato niente anche se tutto è cambiato.

Un lenzuolo bianco copre le colpe di chi ha sostenuto la svastica, ed i diritti di chi quella svastica l’ha subita. Todos caballeros nell’Austria del 1945: la nazione Austriaca si presenta come la prima vittima del nazismo, perché rivangare il passato? chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Comincia una nuova era con nuovi valori, quelli che l’America esporta in Europa, in Giappone, nel resto del mondo. Il tono torna pacato, e malinconico: la grande famiglia, dispersa in tante e diverse nazioni e città, ha cercato ovunque di integrarsi, ma non sembra mai riuscirci del tutto; c’è bisogno, sempre, di un altro luogo, di una via d’uscita.

Enrico Tendi

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