Il diritto serve se cambia davvero il mondo Papa Francesco

LA LETTERA DEL PAPA. Il diritto è una pratica e uno strumento. Incorpora valori che, è chiaro, possono ben corrispondere ai nostri sentimenti. Ma esso serve veramente soltanto nella misura in cui è effettivo […]
Il Manifesto 20240522

Francesco

Il diritto è una pratica e uno strumento. Incorpora valori che, è chiaro, possono ben corrispondere ai nostri sentimenti. Ma esso serve veramente soltanto nella misura in cui è effettivo e genera cambiamenti nella realtà del mondo.

Le catastrofi descritte dal professor Ferrajoli, sulle quali tante volte abbiamo espresso il nostro allarme, ci dicono che non c’è più tempo e che è necessario impegnarsi in azioni concrete.

Per fronteggiare i pericoli di carattere globale, che l’azione stessa degli uomini ha generato e continua a generare, sono necessari accordi effettivamente vincolanti di mutuo soccorso. Nessuno deve sentirsi estraneo a ciò che succede nella nostra casa comune.

È così che il diritto deve attuarsi e rendersi effettivo, differenziandosi dalle mere dichiarazioni di principio. «Al pari dell’amore – abbiamo detto – anche la giustizia e la solidarietà non si raggiungono una volta per sempre ma vanno conquistate giorno per giorno».

Mi fa piacere che si stia lavorando al progetto di una Costituzione della Terra e che si stia pensando alla sua efficacia, sempre più drammaticamente necessaria per assicurare il bene comune. È doveroso pervenire a «organismi mondiali più efficaci, dotati dell’autorità necessaria per garantire il bene comune mondiale, lo sradicamento della fame e della miseria e l’effettiva difesa dei diritti umani elementari».

Il diritto romano trasmise al mondo il principio alterum non laedere. Vi invito a completarlo con il principio agire a favore degli altri, affinché tutti insieme possiamo realizzare il sogno mondiale della fraternità.

Non è un’utopia. Pensiamo alla periferia del mondo, perché «quando la società – locale o nazionale o globale – abbandona nella periferia una parte di se stessa, non ci saranno programmi politici né misure di polizia che possano garantire a lungo la sicurezza».

Imperi e monopoli

Quando l’intelligenza artificiale dimostra un equilibrio d’analisi che molti blogger non hanno.
Le domande rivolte a DeepAI fanno parte di una serie di test sulla intelligenza artificiale.

Gian Luigi Betti

DOMANDA
Il mondo unipolare è finito, si stanno formando aree regionali con caratteristiche analoghe ai vecchi imperi. Questi saranno in grado di controllare l’economia capitalista globalizzata dei monopoli oligopoli?

DEEPAI
La questione delle aree regionali emergenti e del loro potenziale impatto sulla globalizzazione e sull’economia mondiale è un tema molto attuale e dibattuto.

La globalizzazione ha creato un’economia capitalista che si è caratterizzata per la libera circolazione di capitali, servizi, merci e idee tra i paesi. Tuttavia, negli ultimi anni si stanno formando aree regionali economiche e politiche che si stanno caratterizzando per una maggiore interazione economica e politica tra i paesi membri, come ad esempio l’ASEAN (Associazione degli Stati dell’ASEAN), l’Unione Europea, il Mercosur (Mercado Común del Sur) e l’Unione Africana.

Queste aree regionali possono essere viste come una forma di “regionalizzazione” dell’economia globale, che può avere diversi effetti sulla globalizzazione e sull’economia mondiale. Alcuni degli effetti potrebbero essere:

1. **Rafforzamento delle economie regionali**: L’integrazione economica tra i paesi membri di un’area regionale può aumentare la competitività economica, promuovere lo sviluppo economico e migliorare la qualità della vita dei cittadini.
2. **Riduzione della dipendenza dalle economie globali**: Le aree regionali possono creare una maggiore autarchia economica, riducendo la dipendenza dalle economie globali e aumentando la capacità di controllo sulle proprie politiche economiche.
3. **Maggiore protezione dei mercati**: Le aree regionali possono stabilire regole comuni per il commercio e gli investimenti, proteggendo meglio i mercati interni dai rischi derivanti da politiche economiche errate o da flussi di capitali speculativi.
4. **Inibizione della globalizzazione**: Tuttavia, le aree regionali potrebbero anche ridurre la globalizzazione, limitando la libera circolazione di capitali, servizi e merci tra i paesi membri non appartenenti all’area regionale.

In merito alla possibilità che queste aree regionali siano in grado di controllare l’economia capitalista globalizzata dei monopoli oligopoli, è importante notare che:

1. **Le multinazionali hanno già una forte presenza regionale**: Moltissime multinazionali hanno già una forte presenza regionale e sono in grado di operare efficacemente all’interno delle aree regionali.
2. **Le aree regionali possono creare nuovi monopoli**: Le aree regionali possono creare nuovi monopoli a livello regionale, che potrebbero compromettere la concorrenza e la libera circolazione di capitali e merci.
3. **Il controllo dei flussi di capitale**: Le aree regionali potrebbero stabilire regole più severe per il controllo dei flussi di capitale, riducendo il potere dei monopoli oligopoli a livello globale.

In sintesi, le aree regionali emergenti possono avere sia positive che negative implicazioni sull’economia capitalista globalizzata. mentre possono favorire lo sviluppo economico e la stabilità regionale, potrebbero anche creare nuovi monopoli e compromettere la libera circolazione di capitali e merci.

La cassa 1

I racconti di Gino. Da Border Line

Border line : racconti / Gino Benvenuti ; prefazione di Roberto Mapelli
Milano : Punto rosso, ©2019 [ISBN] : 978-88-8351-233-9

Era un giorno piovoso e freddo di fine Novembre quando Irene, tornata anticipatamente dal lavoro, entrando nella camera della suocera le comunicò: -Beatrice ora comincio a prepararti e così tra un’ora quando rientrerà Berardo andremo fuori- .
Gli occhi della donna anziana, quasi inferma da tre mesi per una grave fattura al femore a seguito di una caduta provocata da uno scippo, si illuminarono e su quel visto triste e rassegnato, spuntò un sorriso radioso.

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G7: COMMEDIA COL MORTO

Da Facebook questa interessante analisi di Pierluigi Fagan

G7: COMMEDIA COL MORTO
Pierluigi Fagan – Da Facebook

Volevo titolare il post “La realtà non è come ci appare” bel titolo di un libro tra quelli iniziali di Carlo Rovelli, vale in fisica come in politica, anzi forse in politica vale anche di più. Ma il fatto ci sia un morto reclama la nostra attenzione. Vi consiglio di arrivare fino in fondo, anche il post non è così come vi apparirà all’inizio.
E così siamo passati in una settimana dalla Terza guerra mondiale EU vs Russia, alla Meloni che rassicura Mosca sulla questione degli asset finanziari dicendo rincuorante: “non si tratta di una confisca ma di profitti che maturano”.

Spieghiamo.
All’indomani dell’inizio del conflitto ucraino, l’Occidente ha congelato tutti i depositi russi presso le proprie banche, circa 300 mld US$. Biden annuncia più volte che saranno sequestrati e dati a Kiev per ripagare i costi della guerra. Fisicamente stanno per lo più in banche europee, in Belgio per lo più. Mosca spiega che ne ha altrettanti di imprese europee a casa propria e farà pan per focaccia. Gli europei, quindi, dicono a Biden di darsi una regolata. Biden abbozza ma poi torna alla carica dicendo di usare almeno gli interessi che i depositi hanno creato, già perché hanno lavorato i depositi russi come fossero di un normale correntista, li hanno investiti e quindi hanno generato profitti finanziari, interessi. Questo Biden aveva annunciato voleva si decidesse al G7 sequestrare almeno gli interessi. I cinesi hanno fatto sapere che a quel punto Europa sarebbe stato ritenuto un soggetto finanziariamente pirata ed avrebbero riconsiderato le loro posizioni. Così ieri i G7 hanno deciso che fare dicendo che era una mossa unitaria storica. Già, fare cosa?

Hanno deciso che daranno a babbo morto (negli anni) fino a 50 mld di prestito a Kiev, cacciando i soldi ognuno di tasca propria. È un prestito, quindi formalmente non è una passività, ci si aspetta tornino. Siccome ovviamente non torneranno mai, si prendono a garanzia gli interessi maturati dai depositi congelati, qualcosa come 3-5 mld anno, se Kiev non pagherà (ovvio che non pagherà) pescheranno da lì. Ma poiché questo avverrebbe tra qualche anno, se non un decennio, a quel punto la faccenda del blocco sarà stata risolta, Mosca riavrà i suoi soldi e probabilmente anche gli interessi maturati, quindi niente garanzia. Per questo i più avveduti hanno commentato: “si è raggiunta una intesa politica, adesso ci sarà quella tecnica”. Ma non c’è alcuna intesa tecnica possibile, o i G7 si svenano e danno i 50 mld a Kiev di tasca e rischio proprio o tutto diventa flatus voci. Per cui Giorgia ha potuto rassicurare Mosca “tranquilli ragazzi, nessun sequestro e che qui si fa un po’ di teatro, comprenderete no?”. Solo l’uomo in mimetica ha fatto finta di crederci in favore di telecamere ucraine “non ci abbandonano, continuiamo fino alla morte, vinceremo!”.
Al G7 che doveva deliberare la guerra a Mosca, non si è parlato neanche di cartucce, non una singola parola su armi, NATO, eserciti, missili, bombe ed esplosioni punitive, niente. Una miccetta? un mortaretto? Tris-e-trac magari? Niente.

Si è parlato di questa buffonata degli interessi bancari e si è promesso un Piano Marshall per ricostruire l’Ucraina. Da qualche giorno, anche nella visita dell’uomo in mimetica in Germania, si parla solo di ricostruzione, del dopo, non si parla più di guerra. Ma come?
Come ha notato Politico.eu, (sito americano ritenuto semplicemente il miglior commentatore politico mondiale) ieri c’erano sei anatre zoppe e Miss Meloni. “Anatra zoppa” è una espressione del lessico politico americano, quando un presidente è in carica ma non ha poteri perché non controlla il potere legislativo. Macron va ad elezioni e dovrebbe perderle. Scholz ci andrà e le perderà senz’altro. Sunak ci va ai primi di luglio e sta 20 punti sotto i laburisti. Trudeau ci andrà a fine anno e perderà di certo contro l’avversario conservatore, cosa nota da tempo. Kishida pare stia messo altrettanto male. Von der Lyen e Michels si aggiravano come personaggi in cerca di autore visto che hanno di colpo perso tutti gli sponsor. Biden è un ricordo che cammina, anzi non cammina poi tanto visto che sembra uscito dal frigorifero dove lo tengono per conservarlo almeno fino a novembre quando arriva Capitan Fracassa.
L’unica legittima lì era la regina di Garbatella, negli ultimi giorni molto charmant (secondo me ha un nuovo fidanzato), che ha avuto gioco facile a schivare anche la questione dell’aborto stante il surrealismo del fatto che i G7 parlino al mondo di aborto che ad occhio non pare la questione centrale dell’ordine mondiale.

Ma aspettate perché in questa commedia scritta male c’è anche un fatto clamoroso di cui però nessuno ha dato notizia, c’è un morto.
Alla kermesse pugliese era invitato Muhammad bin Salman, Arabia Saudita. MBS all’ultimo minuto si è ricordato che doveva fare il pellegrinaggio a Medina e quindi chiedeva scusa ma non poteva partecipare, che disdetta! Poiché l’8 giugno è scaduto l’accordo promosso cinquanta anni fa da Kissinger (Nixon) ovvero 1974-2024 sul fatto che il petrolio si pagava in dollari, dando così al dollaro lo statuto di riserva mondiale di valore e quindi di scambio, i sauditi hanno deciso di non rinnovarlo. Sorpresa!

Da oggi i sauditi e tutto l’OPEC ed OPEC+ con loro, venderanno gas e petrolio e prenderanno in controvalore qualsiasi valuta e quindi il morto è niente-po’-po’-di-meno-che: il dollaro! Accipicchia che colpo di scena, qui però fuoriscena poiché il pubblico deve guardare la commedia per coerenza narrativa dopo mesi di imbambolamento in cui qualcuno aveva pure creduto che gli stava per piovere un Kinzal atomico nel giardino di casa. Per questo MBS non è venuto, pareva brutto dover stringere la mano a Biden mentre con l’altra lo aveva strangolato.

Nasdaq punto com, la testata on line del primo mercato borsistico elettronico del pianeta commenta: “Mentre le implicazioni complete di questo cambiamento devono ancora essere viste, gli investitori dovrebbero almeno essere consapevoli che a livello macro, l’ordine finanziario globale sta entrando in una nuova era. Il predominio del dollaro USA non è più garantito”. Detto da Nasdaq c’è da fare sonni tranquilli no?
E così in una calda notte di inizio estate mediterranea è crollata l’impalcatura principale del dominio mondiale americano degli ultimi cinquanta anni con sei leader occidentali accompagnati tristemente fuoriscena in attesa che la regina degli elfi di Garbatella (si sa della sua passione per Tolkien) incontri Sauron-Putin per trattare il finale di partita.

Gioite? Non ve lo consiglio, i prossimi anni saranno molto poco divertenti, però saranno vivaci, questo sì. Stay tuned!

Elementare Watson

Quando l’intelligenza artificiale si dimostra più sensata di quella naturale.
Le domande rivolte a DeepAI fanno parte di una serie di test sulla intelligenza artificiale.

ovvero dello scontro di civiltà e delle competizioni geopolitiche
di Gian Luigi Betti
ciao, sai fare una esposizione della recente politica americana nei confronti dell’Europa?

La politica americana nei confronti dell’Europa negli ultimi anni è stata caratterizzata da un cambio di approccio. Under Trump, gli Stati Uniti hanno abbracciato una visione più protezionista e nazionalista, attaccando le politiche commerciali dell’Unione Europea e criticando l’approccio multilaterale sulla globalizzazione. Inoltre, Trump ha annunciato la sua intenzione di ridurre il sostegno finanziario alle Nazioni Unite e alle organizzazioni internazionali, tra cui l’UE. Tuttavia, con l’avvento di Biden alla Casa Bianca, la politica americana nei confronti dell’Europa sembra essersi evoluta in direzione di un approccio più collaborativo e costruttivo, con enfasi sulla cooperazione sulla sicurezza, la tecnologia e la giustizia globale.

Ritieni che l’Unione Europa abbia di che temere dalla competizione con la Cina? e da quella con gli Usa?

L’Unione Europea deve essere consapevole delle sfide poste dalla competizione economica e tecnologica con la Cina e gli Stati Uniti, ma non necessariamente deve temerla. La Cina rappresenta una minaccia reale per l’UE in termini di concorrenza economica, soprattutto nel settore manifatturiero e delle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale e il 5G. Tuttavia, l’UE ha già implementato strategie per affrontare questa sfida, come la strategia industriale europea e la creazione di un’Economia Unita. Riguardo agli Stati Uniti, la competizione tecnologica e digitale è più accesa, ma l’UE ha le sue stesse forze competitive come la tecnologia di punta, la ricerca e lo sviluppo. Inoltre, l’UE può beneficiare della cooperazione con gli Stati Uniti in alcuni settori strategici come la sicurezza e la difesa. Quindi, anziché temere la competizione, l’UE deve concentrarsi su strategie di innovazione, investimenti nella formazione e nell’economia sostenibile per mantenere la propria competitività.

Ritieni che sia possibile per l’Europa sostenere il confronto con i competitor internazionali Usa e Cina continuando ad adottare il liberismo economico e rinunciando ad una politica di interventi pubblici, nazionali e comunitari in favore delle aziende europee?

No, non credo che sia possibile per l’Europa sostenere il confronto con i competitor internazionali USA e Cina continuando ad adottare un liberismo economico e rinunciando ad una politica di interventi pubblici, nazionali e comunitari in favore delle aziende europee. Il liberismo economico può essere efficace in condizioni di equilibrio economico globale, ma in un contesto di intensificarsi della competizione economica e tecnologica, l’UE deve essere pronta a intervenire per proteggere le proprie industrie e lavoratori. La competitività dipende anche da fattori come la qualità dell’istruzione, la formazione professionale, la ricerca e lo sviluppo, nonché dalla protezione dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.

Inoltre, una politica di laissez-faire non consente all’UE di rispondere alle esigenze specifiche del suo contesto economico e sociale, come la creazione di posti di lavoro stabili, la tutela delle piccole e medie imprese e la mitigazione delle disuguaglianze economiche. È necessario un equilibrio tra liberalizzazione e interventismo pubblico per sostenere la crescita sostenibile e inclusiva.

Ritieni che una politica di welfare, atta a tutelare i cittadini europei anche sul piano dei diritti quali l’assistenza sanitaria, il salario minimo, il reddito di cittadinanza, la piena occupazione, l’istruzione, la formazione permanente sia una condizione necessaria per l’attuazione di piani di intervento pubblico a sostegno delle imprese?

Sì, credo che una politica di welfare atta a tutelare i cittadini europei sia una condizione necessaria per l’attuazione di piani di intervento pubblico a sostegno delle imprese. Un sistema di welfare robusto e equo può aiutare a creare un’atmosfera di stabilità e sicurezza per i cittadini, che a loro volta possono essere più produttivi e innovativi, aumentando la competitività delle imprese europee.

Inoltre, un sistema di welfare può anche aiutare a ridurre le disuguaglianze economiche e sociali, aumentando la solidarietà e la coesione sociale. Ciò può a sua volta contribuire alla crescita economica sostenibile e alla creazione di posti di lavoro stabili.

Specificamente, misure come l’assistenza sanitaria, il salario minimo, il reddito di cittadinanza e la piena occupazione possono aiutare a garantire che i cittadini europei abbiano le condizioni per lavorare e consumare in modo sostenibile, aumentando la domanda interna e il consumo delle merci europee. L’istruzione e la formazione permanente sono altrettanto importanti per assicurare che le imprese possano trovare le competenze necessarie per innovare e competitive.

In generale, una politica di welfare equa e solida può essere un fondamento solido per l’economia europea, permettendo alle imprese di prosperare in un contesto stabile e sociale equo.

Europa si Europa no

Ci viene suggerito questo articolo di Marco Mayer apparso su Il Riformista. Lo pubblichiamo con le annotazioni di Gian Luigi Betti (sono i paragrafi con allineamento al centro). Chi volesse partecipare alla discussione può scrivere una mail a obizzo2000@gmail.com

Un articolo di Marco Mayer commentato da Gian Luigi Betti

Stati Uniti d’Europa, da lista elettorale a prospettiva di riforma bipartisan: il fallimento nel voto non deve cancellare il federalismo europeo

di Marco Mayer

La bruciante sconfitta della lista “Stati Uniti d’Europa rischia di cancellare il tema del federalismo europeo dall’agenda politica italiana. Ma senza Europa politica (soprattutto se Trump dovesse vincere le elezioni), il nostro futuro immediato rischia di essere sempre più in balia di Russia, Cina ed Iran.

e gli Usa  (anche se Trump non vincesse le elezioni)

In un mondo dominato da grandi potenze politiche, tecnologiche e finanziarie, il federalismo è un imperativo per il nostro continente. Le sfide globali in materia di politica estera, difesa, intelligenza artificiale, energia e ambiente impongono che la Ue possa agire con gli strumenti propri di una grande potenza.

Francamente il peso della lista “Stati uniti d’Europa” mi pare sopravvalutato. Rispetto a quello che sta succedendo in Francia e Germania e soprattutto rispetto alla prospettiva realistica di qualche cambio di fronte e quindi disfacimento dell’Unione stessa se si dovesse proseguire nella corsa alle armi contro la Russia, forse avrebbe avuto più successo se avesse assunto il nome di “Il regno che non c’è”, tanto per citare un’espressione gramsciana.

Per questo è auspicabile che la formula “Stati Uniti d’Europa” da lista elettorale si trasformi in una prospettiva di riforma istituzionale bipartisan. Il federalismo è un assetto in cui si struttura il potere; in quanto tale di per sé non è né di sinistra né di destra. Il federalismo non cancella, anzi, valorizza le identità nazionali così come le diverse tradizioni linguistiche, religiose e culturale. Il federalismo tutela i diritti di tutti i popoli e di tutte le minoranze. Dopo le elezioni europee la politica dovrebbe rilanciare il dibattito sulle diverse forme di federalismo con lo sguardo rivolto non solo agli Stati Uniti, ma anche all’India, al Canada nonché ad altre grandi democrazie. Oltre alla formula ricorrente degli “Stati Uniti d’Europa” si può considerare anche l’ipotesi una Federazione delle Nazioni d’Europa”. Quello che conta è la sostanza.

Federazione o Stati Uniti d’Europa non sono la stessa cosa e comunque nessuna di queste ipotesi è al momento minimamente contemplata de jure. De facto e politicamente la cosa è del tutto improbabile soprattutto dopo che il pesante intervento americano contro le forniture energetiche russe ha compromesso fortemente il potenziale produttivo europeo, facendo esplodere le contrapposizioni tra i vari paesi.

Su questo argomento consiglio la lettura di Matteo Bortolon: Incubo UE: dal “pilota automatico” europeista a quello atlantista (sinistrainrete.info) , non è un saggio lungo e l’esposizione è piana ma accurata facilmente accessibile anche ai non specialisti.

Quando la Russia invade l’Ucraina deve esserci chi il giorno dopo (e in nome di tutta l’Europa) ha il potere di spedire in Ucraina i più efficienti sistemi di difesa aerea in grado di intercettare missili e droni prima che colpiscano i bersagli.

Quando la Nato effettua un colpo di Stato in Ucraina per provocare la Russia, ci deve essere qualcuno che il giorno prima glielo impedisca.

Quando la Cina punta ad invadere con le sue auto elettriche il nostro continente a Bruxelles deve esserci chi ha il potere di rallentare le importazioni e difendere i nostri posti di lavoro, come accade negli Stati Uniti. 

Quando sul mercato appaiono prodotti e tecnologie avanzate come il 5G, l’auto elettrica, pannelli solari ad alto rendimento … deve esserci una sola autorità che contrasti i veti Usa che non sono competitivi in questi settori e che impongono un fermo in attesa di sviluppare essi stessi questi prodotti.

Il bel libro di Vittorio Parsi Madre patria. Un’idea per una nazione di orfani”, dovrebbe ricordare anche ai sovranisti più miopi che l’Europa federale è l’unico scudo in grado di difendere sul serio e non a parole il futuro della nazione.

Quello di Parsi è un tentativo di rivalutare il concetto di Patria Italia spogliandola dai cascami nazionalisti ma rinvigorendola con i richiami ad una passata grandeur da spendere nelle nuove sfide della globalizzazione. Resta difficile pensare come questo modello italocentrico si possa conciliare in una Europa dove ogni paese pensa lo stesso di sé.