IL PELO DI LA RUSSA

Antonio Gibelli su Il Secolo XIX

Il lupo perde il pelo ma non il vizio: si potrebbe liquidare così l’ultima incursione di Ignazio La Russa sul “proprio” passato. Ma non basta. Vietato minimizzare. Occorre dire qualche parola chiara mentre si leva il polverone in cui il neofascismo preferisce muoversi e spera di prosperare, reso spavaldo dall’occupazione del governo.

La prima è questa. Non è un incidente, è una rivincita a lungo covata. Non è un diversivo, è una strategia. La strategia consiste nel somministrare il veleno a piccole dosi sapientemente distillate perché il corpo si abitui, ossia modificare la narrazione pubblica della storia italiana così come è scritta indelebilmente nella Costituzione: depotenziare la discriminante tra fascismo e antifascismo, il primo macchia pesante, autentico macigno nella storia italiana, il secondo (tutti compresi) artefice della rinascita democratica. Significa attenuare le responsabilità del fascismo riducendolo a una categoria amplissima come totalitarismo, o a un singolo aspetto su cui converge l’esecrazione universale: le leggi razziali e la shoah. La parte non come coerente col tutto, ma come aspetto estremo e perciò inconfrontabile e inafferrabile del male.

Male decontestualizzato.
Chiamerei tutto questo revisionismo subdolo. Leggeri ritocchi progressivi che cambiano la fisionomia dell’insieme, come nelle maschere: qualcosa rimane ma l’identità cambia. L’arte del neofascista mascherato e trasformista consiste nel nascondere il ghigno satanico sotto il mazzo di fiori candidi a Liliana Segre. Consiste nel commuoversi nella Sinagoga senza ricostruire il percorso attraverso cui la razzia nel ghetto è stata organizzata. Come ha ricordato un testimone, i nazisti andarono a cercare gli ebrei in tutta Roma guidati dai fascisti.

Nel caso specifico la sequenza narrativa – evidentemente concordata con Meloni – è la seguente.
1) le Fosse Ardeatine furono un’orrenda strage di italiani;
2) la strage fu una rappresaglia contro l’attentato comunista di via Rasella;
3) quello di via Rasella fu un attentato criminale e inutile, non contro un reparto al servizio dell’occupante nazista, ma contro un’innocua banda musicale alto-atesina. In sintesi:
4) un attentato inutile dei comunisti provocò una vergognosa strage di italiani;
5) quella fu una pagina poco nobile (diciamola tutta: ignobile) della Resistenza antifascista;
6) la Resistenza non è una bella pagina della storia italiana;
7) sui rapporti tra fascismo e antifascismo c’è ancora molto da discutere.

La condanna delle Fosse Ardeatine ribadita da La Russa dopo aver lanciato il sasso non smentisce ma conferma. La ripulsa sdegnata, la mezza verità, la maschera dell’italianità allestita da Meloni hanno riportato a galla un falso che gli storici (primo fra tutti Sandro Portelli nel suo mirabile racconto corale L’ordine è già stato eseguito, Donzelli 2019) hanno definitivamente smontato: quello secondo cui gli autori dell’attentato vilmente non risposero all’intimazione di costituirsi se volevano evitare la rappresaglia.

Quell’intimazione non è mai esistita. Il manifesto fu affisso dai nazisti a strage consumata: “l’ordine è già stato eseguito” appunto. Il che mostra che anche il paragone evocato da La Russa con Salvo D’acquisto, l’eroico carabiniere che fu giustiziato dai nazisti per aver coperto gli autori di un attentato contro di loro, non è un omaggio alla verità ma è parte della menzogna: responsabili i comunisti, autori i nazisti, vittime gli italiani (i fascisti spariti).

La revisione avanza a passi regolari, riprendendo una tradizione che ha radici lontane e profonde (il qualunquismo di Guglielmo Giannini, l’anti-antifascismo di Montanelli e non solo, l’antipolitica di Berlusconi secondo la quale l’antifascismo era ferrovecchio, l’anticomunismo al contrario attualissimo). Ma che oggi si fa più audace e pericolosa perché si insedia nelle massime cariche dello stato: emana da coloro che hanno giurato sulla Carta e che dovrebbero incarnarne la lettera e lo spirito. La Russa non è uno scapestrato, ma l’esploratore incaricato da tutti i compari di saggiare il terreno con le sue incursioni, per spostare l’argine a poco a poco. Occorre fermarlo, perché l’argine non ceda.

Tratto da Facebook

via Rasella, la storia

In merito alle dichiarazioni del Presidente del Senato Ignazio La Russa l’Istituto nazionale Ferruccio Parri – Rete degli istituti storici della Resistenza e dell’Età contemporanea -, per rispetto alla verità storica, dichiara:

L’ attacco partigiano di via Rasella fu un legittimo atto di guerra condotto contro una pattuglia di poliziotti altoatesini appartenenti al terzo battaglione Bozen

Il Polizeiregiment Bozen comprendeva tre battaglioni, si era formato nel settembre 1943, subito dopo che i Tedeschi, a seguito dell’armistizio, avevano costituito l’Operationszone Alpenvorland, (Zona di Operazione delle Prealpi), che comprendeva le province di Belluno, Trento e Bolzano

La maggior parte dei suoi membri nel 1939, avevano optato per la cittadinanza tedesca

Il Bozen non era una banda musicale ma un battaglione di polizia armato di pistole mitragliatrici e bombe a mano, che stava ultimando il suo addestramento

L’età media dei componenti era sui 35 anni (avevano un’età dai 26 ai 42 anni), quindi certamente non delle giovani reclute ma neppure dei semi pensionati

È bene ricordare che gli altri due battaglioni del reggimento Bozen erano stati subito impiegati in funzione anti partigiana in Istria e nel Bellunese, dove si erano resi autori di stragi

Il battaglione oggetto dell’attacco di via Rasella è stato successivamente impiegato in Italia in funzione antipartigiana

A seguito dell’attacco i Tedeschi fucilarono alle Fosse Ardeatine 335 fra antifascisti, partigiani, ebrei, detenuti comuni. Le liste furono compilate con l’aiuto della Questura di Roma. L’ordine di fucilazione fu eseguito prima della pubblicazione del comunicato emanato dal comando tedesco della città occupata di Roma alle 22,55 del 24 marzo 1944

Per tale atto il Questore di Roma, Pietro Caruso, fu condannato a morte dall’Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il fascismo. La sentenza fu eseguita il 22 settembre 1944.

Segnalato da Stefano Gallerini su Facebook

Il fascismo che è in loro

Quello che ha levato il busto di Mussolini si vuole rifare
Ignazio La Russa, Presidente del Senato, la seconda carica dello Stato dopo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
di Gian Luigi Betti

Sono sempre più numerose le manifestazioni di più o meno aperta apologia fascista da parte di esponenti del maggior partito di governo. Si accompagnano allo svilupparsi di tesi negazioniste quando non si assiste a tentativi di falsificazione storica.

Si tratta solo di rigurgiti fascisti o é qualcosa di più?

La discussione tra i non fascisti verte sulla dicotomia tra fascismo come periodo storico e fascismo come categoria politico-culturale. Per citare la querelle più recente vedasi tra tutti Umberto Eco che ha scritto un memorabile saggio sulla questione Il fascismo eterno, e Renzo De Felice (con annessi connessi) con le sue monumentali revisioni del fenomeno. Per tacere dei vari Volpe, Croce, Salvemini fino ai più moderni.

Prima di dare del fascista a qualcuno, anche quando magari se lo merita, abbiamo ritenuto di fare un supplemento di indagine.

Abbiamo cercato un interlocutore “neutro”, ma come? L’intelligenza umana dibatte ed essendo critica presenta troppe opzioni, l’intelligenza animale è di parte e quindi poco credibile come dimostrano diversi suoi rappresentanti, ci siamo quindi rivolti all’Intelligenza Artificiale.

Ad OpenAi ChatGPT abbiamo posto la domanda : il fascismo in Italia è ancora una categoria attuale?

Riportiamo La risposta del noto ChatGPT

La questione se il fascismo in Italia sia ancora una categoria attuale è complessa e soggetta a diverse interpretazioni.

Da un lato, il fascismo come movimento politico e ideologia è stato sconfitto nel 1945 con la fine della Seconda Guerra Mondiale e la caduta del regime di Mussolini. In questo senso, il fascismo può essere considerato come un fenomeno storico che appartiene al passato.

D’altra parte, il fascismo ha lasciato un’impronta indelebile sulla società e la politica italiana, e molte delle questioni e delle sfide che il paese affronta oggi hanno radici nel periodo fascista. Ad esempio, la questione del rapporto tra stato e società civile, la lotta per i diritti dei lavoratori e la questione della sicurezza nazionale sono temi che hanno una storia complessa e che possono essere collegati all’esperienza del fascismo.

Inoltre, il fascismo ha avuto una forte influenza sulla cultura politica italiana, e molte delle sue idee e simboli sono ancora presenti nella cultura politica contemporanea. Ad esempio, il dibattito sulla centralità dello stato, il ruolo della nazione e la questione dell’immigrazione sono argomenti che spesso richiamano l’eredità del fascismo.

In generale, quindi, si può dire che il fascismo in Italia sia ancora una categoria attuale, anche se in un modo complesso e sfaccettato che richiede un’analisi attenta e approfondita.

Sul piano della interpretazione storica ho le mie opinioni, ma le ritengo irrilevanti sul piano scientifico; sul piano del giudizio politico ci tengo ad affermare:
I FASCISTI CI SONO E SONO TRA NOI, SI TRAVESTONO, MA COME I SAURIANI VERDI DI VISITORS, NON E’ DIFFICILE RICONOSCERLI, IL LORO SIMBOLO NON E’ LA V MA LA M E BASTA GRATTARE UN PO’ CHE GLI SI VEDE LE SQUAME.

E POI C’HANNO I’ CATTIVO ADDOSSO E LA M NI’ CCAPO

Gian Luigi Betti 1 aprile 2023

Nota : il pezzo è stato scritto il 31 marzo come l’intervista a ChatGPT. Il sito è stato chiuso, ed oggi appare il messaggio ChatGPT disabled for users in Italy.

UN BUSTO DI TROPPO

Ad Ignazio che ha rinunciato al busto di Mussolini

di Anna Maria Guideri

Del ventennio, il prode Ignazio,
non si mostra ancora sazio
ed espone in bella vista
i cimeli del fascista.

C’è il gerarca, nel ritratto,
che par molto soddisfatto …
manifesti di Salò,
fez e stemmi sul comò.

Anche il busto c’è del duce
col cipiglio fiero e truce.
Lui ci tiene proprio tanto:
è motivo di gran vanto.

Quel cimelio assai vetusto
è del tutto di suo gusto;
è un regalo del papà,
mai se ne separerà!

Gli riporta alla memoria
i bei tempi della gloria
e col cuore ancora infranto
li ricorda con rimpianto.

Ma la Giorgia, fa sperare
ch’essi possano tornare;
si risveglia la memoria:
dietro-front della storia!

Però Giorgia lo minaccia,
deve – ahimè – salvar la faccia
ed alzando voce e dito
dice: butta via Benito!

Nascondiam la nostalgia
e fingiam democrazia …
prima o poi verrà il momento
di far fuori il parlamento!

Obbedisco – dice Ignazio –
ma per lui è un vero strazio;
con terribile tormento
vive un doppio tradimento:

contro il duce e il suo papà
che non lo perdonerà.
Per lo scranno del Senato
a Benito ha rinunciato.

Della sorte l’ironia,
Mussolini butta via,
salva è la … democrazia?!

Era lui il predestinato
che dovea salvar lo Stato
dalla sindrome razzista
dell’Italia postfascista?

Tolto un busto se ne mette un altro

Anna Maria Guideri, 30-03-2023

Guerra e Pace

Enrico Tendi propone un brando di Guerra e Pace

Non è difficile riconoscere la terribile attualità di queste pagine, e l’ancora più terribile sensazione di ineluttabilità che le pervade. Doveva andare così. Eppure sarebbe bastato che……..Napoleone, Alessandro, Metternich, …..basterebbe che Zelens’kyj, Biden, Putin, Stoltenberg, Xi Jinping……….Basterebbe che cosa ? che ascoltassero il popolo ? Nelle pagini precedenti Tolstoj passa nell’accampamento francese. Lo so che non è lui che ci passa, ma la descrizione è così nitida che non può che essere vera. Lo trova in uno stato di ordinata esaltazione, e tutti, semplici fanti, ufficialetti ed ufficiali superiori, si muovono con sicurezza e precisione, sentendo l’odore della battaglia, e sono impazienti che cominci. Mi domando, perché si ammirano gli uomini in uniforme? E perché le uniformi brillano di medaglie, orpelli e pennacchi? Perché nei giorni “sacri” della nazione si sfila in parata e si mostra la forza di guerra? E perché tutti battono le mani? E’ l’umanità intera che aspira allo scontro, ed alla immancabile gloriosa vittoria, o sono solo i governanti che vogliono la guerra, sia i tiranni, re o imperatori, sia gli eletti democraticamente?

Tolstoj ci dice che doveva andare così, perché a questo l’umanità è predeterminata.

Enrico Tendi, 26/03/2023

di seguito le pagine di Tolstoj tratte da Guerra e Pace

Leggi tutto “Guerra e Pace”

felloni di casa nostra

di Corrado Cirio su facebook

Credo che la Von der layen debba essere incriminata x crimini contro l’umanità e per tradimento. Quando, senza nessun tipo di mandato popolare né titolo, un paio di giorni dopo l’invasione russa in Ucraina, decise e disse che l’Europa si dava come obbiettivo la sconfitta della Russia, (badate, non il ritiro dei russi sulle posizioni preinvasione) di fatto si assunse la responsabilità di un delirante salto di qualità nello scontro tra due paesi che non facevano parte dell’Europa, coinvolgendo irrimediabilmente tutti i paesi europei in una guerra non dichiarata. Cosa assolutamente non prevista dal suo mandato.
Che poi abbia continuato ad agire seguendo pedissequamente le posizioni della Nato, anche evidentemente contro gli interessi europei, è un clamoroso tradimento del suo mandato, che non è il controllo del mondo, ma la difesa della pace e del benessere nei paesi dell’EU.

Corrado Cirio, 20/3/2023