PAROLE, PAROLE, PAROLE …

di Anna Maria Guideri


(Parole uguali per idee disuguali)

A prima vista, anzi, a primo audience, si ha l’impressione che l’uso molto disinvolto e generico del linguaggio da parte delle varie forze politiche, non aiuti a comprendere di cosa veramente si parli, cioè, che cosa intendono i vari schieramenti quando discettano di democrazia, popolo, Stato, diritti, giustizia, libertà e quant’altro. Il qualunquismo del sono tutti uguali può dipendere anche dal ricorso frequente e sciatto a termini usati comunemente e indifferentemente per dire tutto e il suo contrario. Basta usare un lessico democratico per dirsi democratici? Tutti amano il popolo, la libertà, la giustizia, lo Stato … quindi tutti sono democratici … fino a prova contraria! Non sarà un gran problema se una volta si vota a sinistra e la volta dopo si vota a destra: nella casa della democrazia si può! Eppure, nonostante il lessico a reti unificate, il conflitto fra le parti si acuisce sempre più fino a diventare insanabile. Vediamo di capirci qualcosa. Parole uguali e idee disuguali? Pare proprio di sì. Le parole servono per capire o per confondere? Si usano in senso democratico o le si carica di un significato altro funzionale ai propri interessi di potere? Insomma, le parole che suonano bene, sono anche usate bene? Esprimono veramente la volontà di realizzare il bene del popolo rispettandone i diritti? Ad esempio il termine democrazia è un vasto campo semantico esposto a varie incursioni e saccheggi a seconda che la s’intenda in senso diretto o rappresentativo. Nonostante che la nostra democrazia sia, a tutti gli effetti, rappresentativa secondo il dettato costituzionale – divisione dei poteri, sovranità del Parlamento – il governo attuale di estrema destra mira a ridurre al minimo i rapporti con la stampa e con il Parlamento rivolgendosi direttamente al popolo attraverso i social. Questo contro il dettato costituzionale. Il governo, identificandosi totalmente nel popolo che ha eletto la propria coalizione e non nel Parlamento che rappresenta anche la minoranza, considera questo come un ostacolo da abbattere e non come un organo legittimato dal voto popolare a deliberare.
La parte che si oppone è vissuta come “illegittima” perché non avendo vinto non rappresenta il popolo. Il popolo è solo quello che ha vinto le elezioni, il loro popolo. Si scambia la parte per il tutto e ci si comporta come se si fosse investiti di pieni poteri. È la legge del potere, non il potere della legge. Ecco come la parola democrazia e il concetto di popolo possono essere democraticamente travisati e spacciati per il loro opposto. La destra usurpa il nome della democrazia per remarle contro e si avvale della vittoria elettorale per attribuire a tutto il popolo, anche a quello che non l’ha votata, le proprie intenzioni. Se non basta avere ragione per vincere , chi vince, secondo la destra populista, ha sempre ragione. E così, censurare, depotenziare la magistratura, manganellare chi protesta, deportare i migranti, contravvenire alle disposizioni della Commissione Internazionale Penale liberando un assassino, trafficante e stupratore di bambini … in nome del popolo, si può! Paradossalmente, una volta che il popolo si è democraticamente espresso … oplà … la democrazia svanisce ed appare la democratura.. Che fare, allora? Testardamente, pazientemente, frequentemente torniamo alla Costituzione. I principi in essa contenuti non si prestano facilmente ad essere rivisitati e stravolti. Il popolo, lo Stato, il potere, la patria, la famiglia, la libertà, il lavoro, la giustizia … dall’alto della nostra carta costituzionale ci parlano di democrazia in modo chiarissimo. E allora come è possibile spacciare per difesa del proprio Stato e della propria cultura, la discriminazione delle minoranze quando l’art. 3 le considera per dignità, pari alle maggioranze? La crescita numerica di soggetti ritenuti diversi per etnia, religione, orientamento sessuale, non indebolisce, anzi, rafforza il valore dell’uguaglianza. È la differenza che dà vita al principio di uguaglianza: più differenze ci sono, più l’uguaglianza è d’obbligo. Ce lo dice la Costituzione e, se l’ascoltiamo, la nostra coscienza.

Anna Maria Guideri 12-02-2025

a proposito di Foibe

FONTE Facebook 12-2-25 Sergio Staderini
AVVERTENZA. Tutto ciò che viene riportato dal Web è di esclusiva responsabilità degli autori che l’hanno pubblicato. I post che qui riportiamo sono stati ritenuti utili ad una riflessione ed auspicata discussione

Filastrocca che i fascisti insegnavano ai bambini istriani.
Correva l’anno 1925.
Compris?

BERSANI E LE DIPENDENZE

FONTE Facebook Pino Cabras 12-2-25
Curatore di Megachip.globalist.it. Ex deputato e Vicepresidente della Commissione. Affari esteri e comunitari.
AVVERTENZA. Tutto ciò che viene riportato dal Web è di esclusiva responsabilità degli autori che l’hanno pubblicato. I post che qui riportiamo sono stati ritenuti utili ad una riflessione ed auspicata discussione

Lo sveglissimo Pierluigi Bersani durante la trasmissione di Giovanni Floris ha detto di aver capito che il presidente degli Stati Uniti vuole arricchire l’America attraverso l’impoverimento dell’Europa. Ha perfino spiegato che se il presidente vuole, può farlo per tre motivi: ha le tecnologie (e noi non le abbiamo), ha il riarmo (e le armi le paghiamo a lui), ha l’energia (“e il gas glielo paghiamo sette volte quel che le paga lui”). Bersani, senza accorgersene, ha descritto in modo semplice cosa significa essere disperatamente e colonialmente dipendenti da una potenza che ci assoggetta in termini industriali e militari con intenti sostanzialmente predatori e ostili, per giunta con una prospettiva di netto peggioramento.
Il punto che Bersani non capisce è che questo è anche il suo capolavoro. Non solo suo, ovviamente, ma di tutta una classe dirigente italiana ed europea che si è prestata a questa dinamica per anni e ci ha consegnati mani e piedi ai padroni dell’Occidente, pronti a sudamericanizzare l’intera classe media europea.
Bersani è uno dei tanti che ancora sta lì a giustificare senza un ripensamento l’immenso trasferimento di centinaia di miliardi di dollari al buco nero ucraino per “non essere dipendenti dal gas di Putin”, che poi era un gas a buon prezzo che i russi non si sognavano di usare in modo ricattatorio. Il tutto per difendere l’indipendenza di Kiev. Bella “indipendenza”: un paese comandato a bacchetta da Londra e Washington, con quest’ultima che ormai dice: mi prendo tutti i vostri tesori minerari e voi non potete farci nulla, anzi ora mandate al fronte i diciottenni.
Ecco, Bersani viene invitato a recitare il ruolo del vecchio saggio, un farfugliatore di perle di buon senso da elargire durante interviste sdraiate fra i mesti applausi a comando della claque in studio. Non è un vecchio saggio. Qualcuno un giorno dovrà rivelarglielo.

Pino Cabras 11-2-25

Curatore di Megachip.globalist.it. Ex deputato e Vicepresidente della Commissione. Affari esteri e comunitari.

Tutti i libri sono rossi

Le biblioteche ed i libri sono focolai di sovversione comunista: Stalin leggeva molto, Mao Zedong ha fatto persino il bibliotecario come Li Dazhao fondatore del PCC. Ci associamo a questa sacrosanta crociata: non importa bruciare i libri, è sufficiente lasciarli marcire.

Il nesso cultura, biblioteche, spirito critico e sovvertimento dell’ordine costituito, è noto ed è una piaga che va estirpata senza tentennamenti se si vuole garantire la neo-democrazia. Finalmente, ora che è possibile per i governi gettare la maschera liberal-democratica ed esprimere la pienezza del potere, anche questa battaglia è stata intrapresa. Trump e Elon Musk in America, la Meloni in Italia sono i primi a distinguersi per la solerzia nel tagliare i fondi all’istruzione pubblica alle biblioteche pubbliche alla sanità pubblica … tutto ciò che è pubblico puzza di comunismo; ed hanno ragione. Il brano che presentiamo è una prova evidente che le biblioteche generano comunisti. E vanno chiuse.

Rivoluzionari cinesi

Estratto dalla recensione della biografia del fondatore del Partito Comunista Cinese Li Dazhao curata da Patrick Fuliang Shan


L’ottenimento della direzione della biblioteca e di un posto di insegnante ha permesso a Li di acquisire un reddito fisso e credenziali accademiche. Il quinto capitolo esplora il lavoro accademico di Li, in particolare il suo ruolo nella trasformazione della biblioteca, insieme alla sua “rapida marcia verso il comunismo” (131). Sebbene Li non fosse un bibliotecario professionista, le sue meticolose capacità organizzative, l’interesse per i concetti internazionali e la politica democratica hanno influenzato il modo in cui ha ripensato la funzione educativa della biblioteca. Tradizionalmente, le biblioteche cinesi servivano a proteggere i libri dall’uso pubblico. Adottando tecniche occidentali, Li ha reso la biblioteca più accessibile a docenti e studenti. Ha costruito sale di lettura, sviluppato sistemi di classificazione e catalogazione basati su ciò che aveva osservato in Giappone e ha effettuato acquisti significativi di pubblicazioni pubblicate all’estero per la collezione. Ha trasformato la biblioteca dell’Università di Pechino nella “destinazione di visitatori che la rispettavano come un importante centro per la diffusione di informazioni” (110). Attraverso la sua ricerca accademica e l’insegnamento, Li ha esplorato argomenti di storia, economia e politica.

Le attività accademiche non erano l’unico ambito della scrittura e del lavoro di Li. Organizzò e guidò le proteste degli studenti e dei docenti contro il Trattato di Versailles, che concedeva il territorio e la sovranità cinese all’imperialismo straniero. Gli uffici della biblioteca fungevano da quartier generale di quello che sarebbe stato chiamato il Movimento del Quattro Maggio. Lui e la sua coorte di seguaci, tra cui l’assistente bibliotecario Mao Zedong, organizzarono diverse organizzazioni critiche di studenti e docenti che sarebbero state fondamentali per il futuro attivismo di sinistra. Shan documenta anche le idee innovative di Li che collegavano strettamente il Movimento del Quattro Maggio con la Giovane Cina e il Nuovo Movimento Culturale. Del ruolo di Li come leader politico durante il Movimento del Quattro Maggio, Shan scrive: “Li ha partecipato, Li ha guidato e Li ha agito coraggiosamente” (125).


L’intero articolo è disponibile su 42rosso.it al LINK

Il mondo alla rovescia

della serie Pensierini oziosi di un ozioso di Gian Luigi Betti

Viviamo in tempi veramente interessanti. Il faro della democrazia e delle libertà del mondo occidentale che è gli Usa, è governato da una banda di malfattori pieni di soldi che calpestano bellamente ogni parvenza di bandiera che hanno sventolato finora. Il faro del comunismo (almeno sul piano formale) che è la Cina, la vediamo rivendicare il ruolo del libero mercato come la forma principe del buon governo a livello mondiale. Il faro del Socialismo reale è ora in mano ad un gruppo di plutocrati capitalisti che viene accusato di bieco comunismo e nel contempo gode della stima e dell’apprezzamento dei peggiori fascisti a livello internazionale. Il polo del buon capitalismo governato e difensore di uno stato sociale baluardo della vera democrazia, che si suicida senza che si intraveda una qualsiasi parvenza di ragione logica. E che dire dell’Italia, la culla della Cultura classica, della tradizione greco-romana innervata da quella giudaico-cristiana? Come si concilia col fatto di aver messo di file due Ministri alla Cultura uno più tonto dell’altro e che non sanno spiccicare un discorso che abbia anche solo un filo logico? E con gravi problemi nell’uso della lingua italiana.
Che dire … misteri incommensurabili: che abbia ragione Vannacci con il suo mondo alla rovescia?

Gian Luigi Betti 2-2-25

SAPERI E SOPORI

di Anna Maria Guideri


(saperi educanti, saperi alienanti)

Sabato 24 Gennaio ho potuto assistere ad un evento culturale di straordinario spessore indetto dall’AUSER – Pace, no guerra – una conferenza tenuta dall’Abate di San Miniato al Monte, Padre Bernardo Gianni. Il relatore ha affrontato il tema della violenza e della crisi valoriale della nostra società italiana e non solo, soffermandosi particolarmente sul dramma dell’assuefazione al degrado morale e civile; dell’anestesia delle coscienze – il sonno della ragione – che non permette agli individui, nemmeno a quelli in possesso di buoni strumenti culturali, di rendersi conto della gravità della crisi in cui stiamo precipitando. Una barbarie a cui stiamo assistendo impotenti perché indifferenti. Mentre l’esercizio della violenza si ripropone come nuova frontiera della politica, dominata dall’homo homini lupus, dai muscoli che subentrano alle cellule cerebrali pensanti, noi ce ne stiamo comodamente al riparo nelle nostre comfort-zone rassicurati dalla retorica della memoria… che non ci coinvolge più. Siamo ancora quelli del mito platoniano che scambiano le ombre della propria caverna per realtà.

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CHE COSA È UN “BOT”

FONTE: Facebook Claudio Del Lungo 31-1-25

CHE COSA È UN “BOT”: IL PROSSIMO INCUBO SEMI-INTELLIGENTE DELLA RETE

Un BOT è un programma per computer progettato per imitare o sostituire le azioni di un essere umano eseguendo attività automatizzate e ripetitive.
Abbreviazione di “robot”, un bot può svolgere le attività con una velocità e un’accuratezza decisamente maggiori rispetto a un utente umano.
Esistono molti tipi di bot che eseguono diversi tipi di attività, e i bot sono una parte sempre più crescente del traffico Internet.
I bot ricoprono una grande varietà di ruoli in Internet e generano più della metà del traffico in rete.
Si trovano correzioni su Wikipedia (quanto meno discutibili) effettuate da BOT che in automatico scansionano la rete e inseriscono parole o frasi che, la razionalità dell’IA considera logiche, ma che spesso sono solo distorsioni.
L’ultima che ho trovato attribuiva ad un re, la dinastia di re d’Italia fra il XIV e il XVI secolo, collegando stirpi reali europee senza senso.
Insomma, qualche finta intelligenza robotica, si sta sostituendo all’intelligenza umana e sta manipolando le informazioni in rete.
Preoccupatevi molto, perché di questo passo non distingueremo più le informazioni o le notizie dai falsi robotizzati.

Claudio Del Lungo, 31-1-25

Bellissimo Tango prendimi per mano

Caterina Betti
FONTE Facebook 26-1-25

Bellissimo Tango prendimi per mano
Bellissimo Tango, fino a che non mi fai ballare
Quanto può essere dolce se mi fai ballare?
Quanto durerà, baby se balliamo?
“Bellissimo tango” di Hindi Zahra

Caterina Betti illustratrice

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