Una querelle tra Paolo Flores d’Arcais e Massimo Cacciari. A proposito di vaccini e Green Pass. Un approccio argomentato, non come quelli dei politichini che impestano media e comunicazione istituzionale
Paolo Flores d’Arcais a Massimo Cacciari su Micromega
Ecco perché dico no al Green Pass e alla logica del sorvegliare e punire. Massimo Cacciari su La Stampa 28/7/2021
Sull’ampio fronte del capital globale, ove libertà è gridata, equità calpestata e giustizia non cale, s’appresta una ciurma d’Occidente, a muover contro il mandarin d’Oriente.
Lo yankee in testa, altri con aria un po’ dimessa, far fronte occorre a celebrar la messa. Tutti uniti al grido: noi soli siam nel giusto che altri non s’azzardino, che non ci prendan gusto!.
È molto dolce il frutto del capitale, per cui il pan d’altrui mai sa di sale, in particolar quando ti costa il giusto cioè niente: basta arraffar l’altrui, e proprio qui sta il gusto.
Nostra del Kapital è l’invenzione, tutto il resto è mala imitazione. Socialismo di mercato, ma quando mai c’è stato? Son cineserie, robe dozzinali… comunismo confuciano? ma non suona davvero troppo strano?
Per non parlare dell’intervento dello Stato, quel welfare, quel riformismo, quella socialdemocrazia… che vorrebber spianar il dislivello, mitigar la natural diseguaglianza, tra questo e quello, che invece è il toccasana della panza.
Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, chi ha avuto avrà e chi ha dato darà, questa è la giusta equazione, l’asimmetrica porzione del natural rapporto tra il povero e il riccone.
Non c’è gocciolamento, né invisibil manina santa che tenga, son teorie… sol vale l’aurea legge del Menga, per cui: chi l’ha preso nel culo se lo tenga. In conclusion: idea assai barlaccia sarebbe di pretender una qualche piccola equità tra chi proprio tutto e chi proprio niente ha.
Non è nella natura nelle cose: il forte mangia, il debol vien mangiato e così sia, con buona pace d’ogni idealistica utopia. Partiamo dunque alla conquista dell’intero mondo, benché arso e inquinato, almen fintantoché ancora è tondo.
Sull’altro fronte, con analogo ardore, s’appresta alla tenzone il dorato imperatore; grande la forza, saldo il suo intelletto per cui, a nessuno andrà bene, ci scommetto.
C è uno che si piglia a martellate i testicoli. Passa un altro e gli fa: o te?! Un senti male? E quello: SI. Ma tu sapessi come godo quando sbaglio. Quell’altro lo guarda e gli fa: Scommetti che indovino per chi voti?
C’è uno che gira sempre il mondo appena pole. E va in America e lì fucilate come i fochi a San Giovanni. Poi va a Cuba e lì cignate come se piovesse. Poi va in Cina e lì botte da orbi. Poi torna a casa, accende la televisione, vede le stragi di stato, Bolzaneto, la mattanza nelle carceri… “se lo sapevo prima sai quanti quattrini risparmiavo.”
C’è uno che accende la televisione e vede una faccia di culo che vomita stronzate. Allora accende la Radio e sente uno che spara minchiate. Va su Facebook … un l’avesse mai fatto! Allora va al bar e trova uno che dice cazzate. Lo piglia a cazzotti e lo butta fori a calci in culo. Dubbio: ma che c’entrava quello del bar?
C’è uno che passeggia tranquillo per i fatti suoi con una pistola carica in tasca. Arriva un balordo extracomunitario un po’ sonato che s’incazza e lo spinge. Il tizio nel risollevarsi da terra inciampa e gli parte un colpo che va al cuore del balordo. Preterintenzionale. Il tizio è un personaggio politico locale: il suo capo nazionale dice subito che è legittima difesa, quindi ha fatto bene. Massimo massimo eccesso di legittima difesa.
Il tizio è agli arresti domiciliari in attesa degli eventi. Dubbio uno: di chi è la colpa? Del balordo o della pistola? Dubbio due: il tizio è una vittima delle circostanze o un eroe? Dubbio tre: il tizio è stato in polizia ed è avvocato. Chi gli ha dato la laurea? chi l’ha congedato? chi lo ha lasciato circolare finora? Dubbio quattro: quanto tempo passerà prima che tizio diventi parlamentare? E di quale banda? Dubbio cinque: chi dei due è il balordo? Anzi chi dei tre?
de apis senectute – de apictute – l’ape stronza che ronza
Inebriante è il profumo del fiore, rutilante la tavolozza dei colori, appetitosa la turgida corolla, dolce il miele ch’essa raccoglie: di languore si strugge l’ape già stanca, vano è il ronzare, stanco il suo volo, non più frenetico il battito d’ali… vorrebbe, ma non può.
Il pungiglione è consunto ormai per le antiche battaglie: anche se il cuore batte e la voglia strugge appeso è al chiodo il brando del vecchio soldato. Ronza e pigramente circonvola, non più è l’alveare a conforto, non più il piacere del polline con dovizia profuso, sacra giustificazione d’ogni profana pulsione, generoso e compassionevole è il fiore a suo conforto, ma l’ape è ormai vecchia e inutile e stronza… ma ronza e ronza, vanamente ronza…
Si fan sempre men bambini, sarà la colpa dei pompini? Questa è l’arte mai negletta che permette il sesso in fretta. Pochi bimbi? … è la tabe del futuro! alla faccia di chi dice: ce l’ho duro! e che per questa sua ragione caccia l’altro a profusione. Soluzione, manco a dirla, chi lo dice è una gran pirla
Mosaico : racconti / Gino Benvenuti. Ed Punto Rosso, 2019
edizioni@puntorosso.it; www.puntorosso.it
In una stazione molto affollata, durante una giornata di Agosto, un giovane lestofante di mezza età, in maglietta, blues jeans, scarpe sportive ed un giubbottino di cotone stretto in vita, stava seduto nelle vicinanze delle macchinette automatiche per i biglietti di lunga percorrenza, osservando la folla che intorno a lui, indaffaratissima, si muoveva freneticamente davanti ai pannelli che indicavano in successione le partenze e gli arrivi dei treni.