Basta con le fiabe!

Biancaneve è stata veramente sfortunata perché, come dice la fiaba, quando nacque le morì contemporaneamente la mamma. Come incipit suadente ed accattivante, in grado di accompagnare gli innocenti ed infantili sogni di molte creature non è male. Immaginate un po’ una di esse se ascoltasse questa fiaba: come minimo le viene il dubbio che la sua mamma sia quella adottiva.

Andiamo avanti. Appena dopo un anno, il babbo, incosciente di quale dramma fosse costretta a vivere la piccola Biancaneve, si risposa, mentre lei non avendo ancora elaborato il suo lutto per la madre naturale entra subito in conflitto con la matrigna che passava tutto il giorno tra cosmetici, istituti di bellezza e cliniche chirurgiche per rifarsi il seno, bocca ed i glutei, oppure stava ore davanti allo specchio solo per farsi sentir dire che era la più bella del reame.
Come passaggio educativo non c’è male!
Nonostante queste premesse Biancaneve riuscì a crescere bella e serena ed un giorno lo specchio sentenziò che era diventata la fanciulla più bella di tutto il reame; non l’avesse mai detto!

Inviperita, la matrigna ordinò ad un cacciatore: “conduci la bambina nella foresta selvaggia, non voglio più vederla. Uccidila e portami i polmoni ed il fegato come prova della sua morte”.

Biancaneve era troppo bella ed oltretutto la sua situazione l’aveva resa più scaltra, per sopravvivere alle nefandezze perpetrate nei suoi confronti dalla nuova madre, e quindi giunto il momento in cui l’uomo avrebbe dovuto ucciderla, prima di essere colpita con il coltello, disse con fare civettuolo:
-Non ci potremo trovare d’accordo?- .
-E come?- domandò il crudele cacciatore, repellente per le tracce del vaiolo sul viso, la mancanza di alcuni denti ed abbrutito oltretutto dalla solitudine.
-Tu non hai una moglie, vero?- domandò tirandosi su la gonna fino alle ginocchia.
A quella vista il cacciatore lasciò cadere il coltello e nella sua mente pensò di calarsi i pantaloni, ma lei gli si portò vicino facendogli una carezza, mentre la lingua spuntava tra le labbra.
-Se tu mi uccidi non mi vedrai più e così potrai perdere la possibilità di incontrarmi nel bosco quando sarò più grande- argomentò con un tono ammaliante e vezzoso- ora ho solo sette anni- .
-Eeeh- cominciò ad ansimare il cacciatore che, abbacinato da quella visione, mutò il suo sguardo truce -hai ragione. Allora facciamo così- propose l’uomo.
-Dimmi tesoro- rispose Biancaneve che gli prese una mano.
-Uuhh- mugulò il tangano mentre delle gocce di sudore gli rigavano il viso -io ti accompagnerò ai confini della boscaglia perché ci sono tanti animali.
Lei restò un attimo in silenzio e poi chiarì:
-Va bene, però “non farò mai più ritorno a casa”- .
-Meglio così altrimenti la regina mi farebbe uccidere- precisò tentando di abbracciare la fanciulla.
-Non lo fare ora sono ancora piccolina- .
-Scusami, ma sai sei bellissima- disse l’uomo mettendosi contrito in ginocchio.

Presero a camminare insieme mano nella mano ed il cacciatore, una volta accompagnata la fanciulla ai confini del bosco, le chiese il numero di cellulare.
-Non l’ho preso perché era in carica- rispose mentendo Biancaneve.

La fiaba narra al momento del congedo di Biancaneve dal cacciatore che “proprio in quel momento, arrivò di corsa un cinghialetto, e lui “lo sgozzò, gli tolse i polmoni ed il fegato e li portò alla regina come prova. Ella, nella sua bramosia,li fece cucinare sotto sale e li divorò credendo di mangiare i polmoni ed il fegato di Biancaneve” ; tanto per gradire la regina è pure cannibale nelle sue convinzioni! .

La bimba cominciò a vagare per tutto il bosco, con il permesso di soggiorno in tasca, ed alla fine stanchissima ed affamata vide una piccola casetta e vi entrò. Lì, come dice la fiaba “ogni cosa era minuscola, ma straordinariamente linda ed aggraziata. C’era una tavola apparecchiata con sette piattini: ogni piattino col suo cucchiaino, e sette coltellini, sette forchettine e sette bicchierini.
Lungo la parete, l’uno accanto all’altro, c’erano sette lettini, coperti di candide lenzuola ”.

Si accorse subito che quella casa era abitata da sette persone, ma affamata pensò prima di tutto a rifocillarsi, salvo addormentarsi immediatamente dopo.

A sera inoltrata tornarono i padroni di casa: erano sette nani minatori che avevano fondato una cooperativa ed estraevano i minerali dai monti con un contratto di lavoro finanziato dal reame. Stanchi e stravolti, quando entrarono in casa, si accorsero che qualcuno l’aveva violata. Ognuno di loro era stato toccato nei suoi oggetti e subito dettero la colpa ad una famiglia molto numerosa di elfi, che essendo nella zona di confine del reame, facevano ripetute incursioni nelle case altrui.

-Ora faremo una vibrata protesta- dissero in coro i nanetti.
-Bisogna porre fine a queste razzie!- .
-Giusto! Organizziamoci con delle squadre di vigilanza-
-Siamo troppo pochi- .
-Se il reame non ci difende ci difenderemo da soli!- .
-Piccone libero per tutti!- .

Dopo commenti ed incazzature, pensarono di scioperare il giorno seguente per dare un avvertimento ai regnanti che non li proteggevano da “queste invasioni di abusivi extra-reame”.
Non avevano finito di dire l’ultima parola che uno di loro indicando un letto “vi scorse Biancaneve addormentata” .
Subito avvicinandosele tutti esclamarono “Ah, Dio mio! ah, Dio mio! Che bella bambina! ”- .
A qualcuno si illuminarono gli occhi di commozione ad altri vennero in mente pensieri libidinosi perché, cosa comprensibile, per sette uomini tutti “lavoro ed ordine”, avere una bella fanciulla era un evento irripetibile.

La mattina seguente, Biancaneve si trovò circondata da costoro a cui raccontò la sua storia triste e così si accorsero che l’invasore era una giovane fanciulla del reame, quindi di buona famiglia, e furono costretti a rimangiarsi i loro propositi xenofobi e bellicosi.

I nani dopo essersi consultati appartandosi fuori di casa le fecero una proposta: “se vuoi provvedere alla nostra casa, cucinare, fare i letti, lavare, cucire e fare la calza, e tenere tutto in ordine e ben pulito, puoi rimanere con noi e non ti mancherà nulla”, come ebbe a sentenziare il saggio Dotto che volle sottolineare, “non ti mancherà nulla”, mentre Gongolo a quella sottolineatura, cominciò a stropicciarsi le mani.

Biancaneve, dal canto suo, promise che avrebbe fatto tutto ciò; non l’avesse mai detto! Immaginatevi sette maschietti maniaci dell’ordine e della perfezione, sicuramente esigentissimi, e probabilmente misogini, con una bimbetta bellissima. Dopo averla allertata sull’arrivo della regina che “farà in fretta a sapere che tu sei qui; non aprire a nessuno”, le domandarono se avesse il cellulare e tutti presero il suo numero.

-Se hai bisogno di noi chiamaci: questi sono i numeri- propose Dotto -il problema è che a volte non c’è campo ed allora dato che noi siamo dispersi sul territorio, se avrai bisogno, prova a chiamare tutti e qualcuno ti risponderà- .

Uscirono di casa cantando, baldanzosi e fieri, con il loro piccone appoggiato sulle spalle, e lei ebbe una carezza per tutti; quando Cucciolo venne sfiorato dalla mano di lei per poco non svenne.

Dopo alcune settimane però cominciarono ad affiorare i primi screzi, perché i nani si dimostrarono sempre più esigenti e lei senza gli elettrodomestici doveva faticare non poco per sbrigare tutte le faccende di casa lavorando come mai aveva fatto, perché era la figlia del re. I nanetti quando rientravano dal lavoro cominciavano in coro a chiedere:
-È pronta le cena?- .
-Sì miei cari- rispondeva dolcemente Biancaneve.
-Non ho fame- sbadigliò Pisolo allontanando da sé il piatto.
-Questa minestra è salata- esclamò Brontolo.
-No; è insipida- contraddisse Eolo sempre alle prese con raffreddori terribili che gli occultavano il gusto e per questo protestava sempre sulla dose del sale.
-Amore che mi hai preparato?- domandò Gongolo facendo sbattere le palpebre.
-Quello che hanno gli altri- rispose lei candidamente.

Questa sequenza di rimostranze per qualsiasi pretesto provocarono, giorno dopo giorno, del risentimento reciproco a cui si sottrassero Pisolo perché essendo sempre stanco faceva appena in tempo a mangiare prima di coricarsi e Mammolo, il più remissivo del gruppo.

Biancaneve alla fine si pentì di avere fatto questa scelta, ma il peggio doveva ancora arrivare perché la regina venne informata dal solito “specchio”, che la figliastra era ancora viva ed ebbe anche la localizzazione precisa.
Si cambiò le sembianze e si presentò come una “vu cumprà” alla dimora della figlia adottiva.
Riuscì a farsi aprire fingendosi una merciaia e dopo cercò di strangolarla con una stringa, ma non ci riuscì; Biancaneve rimase svenuta solo per qualche minuto.

Dopo arrivarono i sette nani che capirono come la responsabile di questo misfatto fosse stata la regina. Dal cannibalismo presunto al tentato omicidio; bello come spunto per una favola!
-Te lo avevamo detto di non aprire la porta!- .
-Ci devi dare retta altrimenti non si va d’accordo- .
-È pronta le cena?- .
-No; perché mi sono sentita male. Un po’ di rispetto anche per me- .
Qualcuno sbuffò.
-Anche stasera senza cena immagino- inveì Brontolo.
-È meglio che vada a letto- commentò Pisolo.

Questo episodio ebbe una replica una volta appurato tramite lo specchio, che Biancaneve era rimasta in vita ed ancora una volta, la fanciulla si lasciò irretire quando si fece pettinare dalla regina travestita da donna miserabile. Quando il veleno cominciò ad avere il suo effetto i nanetti, ancora una volta, si trovarono di fronte alla solita scena con Biancaneve svenuta e rintracciando nelle vicinanze il pettine avvelenato, prova del gesto esecrabile, si infuriarono:
-Ora basta o fai quello che ti diciamo oppure vai fuori dai coglioni- gridò Dotto ascoltato dagli altri sempre con rispetto.
-Non lo fare più Biancaneve altrimenti ti licenzieremo e senza preavviso perché ci sarebbe una giusta causa, ma da parte nostra, e non mettere di mezzo i sindacati perché siamo meno di quindici addetti- .

Per la prima volta lei pianse, consolata solo da Mammolo. Quando la terza volta la Regina attentò alla vita di Biancaneve con la mela avvelenata, a fronte della morte apparente, i sette nani ebbero un grande sconforto e per renderle il dovuto tributo, dopo averla schiavizzata per mesi e mesi, pensarono di “farle fare una bara di cristallo in maniera che la si potesse vedere da ogni lato; ve la deposero, vi misero sopra il suo nome, a caratteri d’oro, e scrissero che era figlia di un re”.

Addirittura uno di loro a turno fece la guardia alla bara in cima al monte. Il resto lo sapete. Il passaggio di un principe (da non confondere con quello della Bella Addormentata nel bosco che risvegliò la creatura amata con un bacio perché era un grande ed avido mangiatore di aglio), che si innamorò di lei, sentimento incomprensibile di una persona viva rispetto ad un’ altra considerata defunta), il suo risveglio, che coincise con l’espulsione dalla bocca di un pezzo di mela avvelenata, e lo sposalizio con il principe a cui nessuno ebbe a contestargli l’accusa di pedofilia, dato che Biancaneve non aveva ancora raggiunta la pubertà. Infine l’atroce morte della regina costretta a calzare scarpe roventi. Messaggi veramente idilliaci per l’infanzia.

Gino Benvenuti Settembre 1997

Il racconto è tratto dal volume

Border line : racconti / Gino Benevenuti ; prefazione di Roberto Mapelli. – Milano : Punto rosso, ©2019. – 292 p. ; 21 cm. – [ISBN] 978-88-8351-233-9.

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