Ricordo di Sergio Mugnai

Alcuni mesi fa ci ha lasciati Sergio Mugnai.
Ricordiamolo (ed in particolare ricordiamo il suo impegno nel sindacato).
Agli inizi degli anni ‘70 vi era la CGIL Statali (a Firenze, nella Camera del Lavoro di Borgo dei Greci, era in uno stanzino all’ultimo piano), suddivisa a sua volta in varie articolazioni.
Sergio, che si occupava di restauro (aveva il laboratorio nel Giardino di Boboli), era impegnato nel settore Belle Arti e Biblioteche.
Andavamo insieme alle riunioni a Roma partendo alle 5 di mattina (allora ci volevano più di 4 ore per raggiungere in treno la capitale), provvisti di panini preparati da Marcella, la moglie di Sergio.

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Non mollare (mb)

Un impegno indispensabile di fronte alla prevista avanzata delle destre

Ad un mese di distanza dalle elezioni del 25 settembre i giochi sembrano fatti.

I sondaggi hanno già stabilito quali saranno i risultati.

L’unica incertezza riguarda la possibilità per la destra di avere una maggioranza in grado di cambiare la Costituzione senza che tale cambiamento debba essere confermato da un referendum – perché in effetti anche questa disastrosa eventualità sembra essere a portata di mano di Meloni e soci -.

Un accordo tecnico, e non programmatico, fra tutti i soggetti che si oppongono alla destra, avrebbe impedito, o comunque ridimensionato, il quasi sicuro successo, nei collegi uninominali, dell’unico rappresentante della destra, a cui si contrappongono più candidati – quelli del centro, del centro-sinistra, della sinistra -.

Costituzionalisti come Azzariti e politologi come Floridia avevano sollecitato in più occasioni un accordo del genere, ma il PD ha scelto di muoversi in maniera schizofrenica,

da un lato andando alla ricerca di un accordo programmatico con Calenda su posizioni indigeribili per altri possibili alleati – vedi Sinistra Italiana e Verdi -, ma anche per il PD medesimo, se non rinnegando in parte le sue posizioni sull’ambiente e sulle questioni sociali, un accordo rifiutato invece da Calenda stesso un secondo dopo averlo sottoscritto,

dall’altro proponendo alleanze a difesa della Costituzione contro la minaccia Meloni, con l’esclusione però dei Cinque Stelle, colpevoli di lesa maestà nei confronti di Draghi, da tale arco costituzionale.

Il PD probabilmente pensa di ricorrere all’appello al voto utile, usato già in altre occasioni, per convogliare più voti possibili sui suoi candidati.

Ma può darsi che si riveli un’arma spuntata e che vi sia un forte aumento delle astensioni.

Va ribadito che risulta assolutamente suicida il rifiuto piddiino di un accordo con i Cinque Stelle, assieme ai quali il PD è stato al Governo e che risultano essenziali, anche dopo la forte riduzione dei consensi di quest’ultimo periodo – sempre secondo i sondaggi -, per un forte schieramento anti-destre.

Il contrasto alle destre – destre di cui è ormai capofila riconosciuta Giorgia Meloni – ma anche ai centristi di Calenda e Renzi, probabili alleati delle destre perlomeno su alcune scelte, non va condotto solo per un sacrosanto rifiuto del fascismo, come da Costituzione, ma per le scelte devastanti contenute nei loro programmi, e cioè, in primo luogo,

– il rilancio delle grandi opere, compreso il ponte sullo stretto, il contrario di ciò che andrebbe fatto per opporsi alla crisi climatica e ambientale,

– la riproposta del nucleare, nonostante la bocciatura espressa attraverso un referendum, per far fronte alla crisi energetica – invece di impegnarsi a fondo sul terreno delle rinnovabili -,

– la riduzione delle tasse attraverso la flat tax, che in effetti riduce le tasse ai redditi medio-alti, attaccando la progressività della tassazione prevista dalla Costituzione, con conseguenze gravi nella erogazione, già pericolosamente ridotta, dei servizi sociali da parte delle istituzioni,

– politiche inumane contro i migranti,

– il presidenzialismo, cioè l’elezione diretta del presidente della repubblica

da parte dei cittadini-delle cittadine e non più ad opera del Parlamento, una misura populista che intacca il sistema parlamentare su cui si basa il nostro ordinamento,

– l’autonomia differenziata, che aumenta il divario fra le regioni più ricche di risorse e quelle più svantaggiate,

– la propensione a criminalizzare il dissenso e ad adoperare la forza per reprimerlo, con un uso di classe del carcere ed una visione per cui l’istituzione deve essere debole con i forti e forte con i deboli,

– l’opposizione ai diritti civili secondo una visione bigotta e reazionaria della società, ostacolando il cammino dei movimenti delle donne e lgbtq,

– l’intreccio fra populismo e neo-liberismo, che produce governi come quello di Orban in Ungheria,

– la disponibilità a seguire le indicazioni della NATO, anche quando producono situazioni di guerra, senza la ricerca ostinata e continua di soluzioni pacifiche ai conflitti,

– l’impegno a potenziare le forze armate per renderle più efficienti, senza provvedimenti che limitino invece la produzione ed il commercio delle armi.

Ce n’è abbastanza per essere decisamente contrari a quanto le destre propongono – e che, in alcuni casi, si ritrova anche nei programmi del centro-sinistra. E ce n’è anche abbastanza per non dare per scontato il loro prevalere alle prossime elezioni.

Abbiamo argomenti forti da mettere in campo per motivare al voto anche coloro che, sfiduciati, si sono rifugiati nell’astensione o nella scheda bianca.

Occorre cercare con convinzione di ricollegare le rilevanti attività in campo sociale sul terreno della solidarietà e della difesa dei diritti con l’impegno elettorale, in modo che vi sia una loro rappresentanza parlamentare.

All’interno di questa opera di contrasto alle destre è necessario anche la ricerca di una presenza di sinistra, non subalterna al PD, nel prossimo Parlamento.

Seppure per la costruzione di una sinistra visibile ed efficace nel nostro Paese occorrano tempi lunghi, una presenza del genere può costituire un punto di riferimento per l’indispensabile processo di rifondazione..

Perciò voterò convinto Unione Popolare, di cui va sollecitato un ancor più forte impegno programmatico sul tema della pace – contro l’acquisto degli F35, per l’adesione dell’Italia al TPNA, per il sostegno a sistemi di difesa non armata e nonviolenta etc. -, nella speranza di una condivisione diffusa di tale convinzione da parte di molte persone che avvertono la mancanza di una sinistra e che sono disponibili a sostenere l’inizio di un cammino comune.

E’ evidente che il gioco si sta facendo sempre più duro e che il pericolo del predominio delle destre – destre in cui è centrale la componente fascista – è altissimo.

Ma non dobbiamo comunque dimenticare ciò che dice John Belushi nel film Blues Brothers – E’ quando il gioco si fa duro che i duri cominciano a giocare.

Perciò ribadiamo, senza alcun cedimento alla rassegnazione, al disimpegno, all’indifferenza, il motto conclusivo dell’epigrafe – L’avrai camerata Kesselring il tuo monumento … –

ORA E SEMPRE RESISTENZA.

Moreno Biagioni, 29 agosto 2022

Vent’anni dopo (mb)

Nel ventennale del Social Forum del 2002

di Moreno Biagioni 5-06-2002

Nel romanzo di Dumas intitolato ‘Vent’anni dopo’ i prodi moschettieri, a distanza di un ventennio dalle loro imprese giovanili, proseguivano nel loro impegno per le buone cause. Similmente, nel ventennale del Social Forum occorre ribadire la volontà di molti-e, in varie parti del mondo, a battersi per ‘un altro mondo possibile’.
E’ indubbio, infatti, che le iniziative a Firenze per il ventennale del Social Forum del 2002 avranno un una ruolo significativo se riusciranno a ricostruire legami, collegamenti, tensioni verso obiettivi comuni fra le esperienze ed i movimenti, che continuano ad esistere, nei vari paesi, ma vanno avanti in modo del tutto scollegato, riducendo così la loro efficacia, la loro capacità di incidere e di procedere verso cambiamenti reali.
Sarà quindi questo il tema centrale degli incontri e delle assemblee che si susseguiranno il 10-11-12-13 novembre.

Ma avrà la sua importanza anche la ricostruzione di ciò che accadde vent’anni fa, ricordandolo a chi lo visse allora, e magari se n’è dimenticato, e facendone memoria storica per chi è arrivato dopo all’impegno solidale, sociale e politico.
Si veniva dalle drammatiche giornate di Genova dell’anno prima, in cui vi era stato il tentativo di annullare con la violenza poliziesca le analisi, le elaborazioni, le proposte che provenivano dall’incontro fra realtà molto diverse fra loro, accomunate però dall’idea di cambiare il mondo – nel nome di principi essenziali quali la pace, la solidarietà, la cooperazione -.

Il ricordo della Genova del 2001 determinava un clima di paura, alimentato dalla stampa cittadina, con una campagna terroristica partita da lontano, che prospettava il ripetersi a Firenze di quanto era avvenuto nella città ligure, e cioè il susseguirsi di violenze – provocate, secondo una vulgata diffusa, da chi partecipava al Social Forum – che avrebbero messo a soqquadro la città.
Ignoravano, o fingevano di ignorare, i ‘benpensanti’ di turno, che le azioni violente genovesi, come sa bene chi fu presente alle manifestazioni di quei giorni, chi si trovò alla Scuola Diaz, chi venne rinchiuso a Bolzaneto, erano state opera delle forze di polizia, quelle che avrebbero dovuto garantire l’ordine. E tutto ciò è stato ampiamente dimostrato anche in sede giudiziaria.
Molti negozi provvidero, anche con notevoli spese, a dotarsi di strutture per difendersi dai temuti, e temibili, assalitori.
Un buon numero di persone sostenne che quel ‘matrimonio’, fra Firenze e il Social Forum, non si sarebbe dovuto fare perché metteva a rischio la sicurezza di tutte e di tutti.

Fortunatamente, dopo un primo sbandamento iniziale, vennero fuori gli anticorpi, volti a contrastare la paura e le campagne terroristiche.
Le istituzioni, a cominciare dal Presidente della Regione Claudio Martini, seguito poi dal Sindaco di Firenze Leonardo Domenici, sostennero le ragioni del Social Forum e dell’opportunità di farlo a Firenze.
L’ARCI si adoprò perché, a partire dalle sue strutture, ci fosse piena disponibilità all’accoglienza, tanto che diverse case del popolo si dissero disponibili ad ospitare i partecipanti che sarebbero arrivati da tutta Europa, e non solo – anche quelli che la campagna terroristica indicava come pericolosi, tipo le ‘tute bianche’ di Casarini -.

Sempre l’ARCI, insieme alla Comunità dell’Isolotto, alla FIOM-CGIL, alla Fondazione Michelucci, con la collaborazione della Consulta per l’Immigrazione dell’ANCI Toscana, dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana e con il sostegno della Regione stessa – anche finanziario -, della Provincia di Firenze, del Consiglio di Quartiere 4 del Comune di Firenze, produsse una pubblicazione, in italiano ed in inglese, intitolata ‘Tracce di un’altra storia’, in cui si presentavano, come si scrisse nell’introduzione al fascicolo ‘… pezzi di storia, tante volte dimenticati, rimossi o negati e altrettante volte riscoperti, ricuciti e integrati in nuovi cicli di lotta e speranza di cambiamento’.
Stampata in 20.000 copie, fu usata per comunicare ai-alle partecipanti al Social Forum che esisteva una Firenze solidale disponibile ad accoglierli-le – contrariamente a quanto risultava dagli organi d’informazione che andavano per la maggiore, con ‘La Nazione’ in prima linea -.

Il fascicolo fu successivamente ampliato e trasformato in un libro che prese il titolo di ‘Firenze crocevia di culture’ e che fu distribuito essenzialmente nelle scuole.

La sera prima dell’avvio dei lavori alla Fortezza da Basso, Enzo Mazzi, della Comunità dell’Isolotto, dette il benvenuto in piazza Santa Croce a quanti-e arrivavano a Firenze da tutto il mondo.
Lo fece a nome, appunto, della Firenze solidale ed accogliente, che si stava impegnando per ospitare le migliaia di partecipanti, nei Circoli e nelle Case del Popolo, come s’è già accennato, ed in strutture come le Baracche Verdi della Comunità dell’Isolotto, ma anche nelle abitazioni private.

In pochi giorni si riuscì a rovesciare l’impostazione che aveva prevalso fino ad allora. Progressivamente, accoglienza e solidarietà divennero egemoni nel panorama cittadino – si può dire che in questo caso, in contrasto con i principi dell’economia, la ‘moneta buona’ scacciò la ‘cattiva’ -, come fu dimostrato da una eccezionale partecipazione di fiorentine-i alle giornate alla Fortezza da

Basso, dove furono presenti, fra l’altro, intere scolaresche, e dalla straordinaria manifestazione conclusiva per la pace, che vide centinaia di migliaia di persone sfilare per i viali – dalla Fortezza a Campo di Marte – benevolmente sostenute dalle-dagli abitanti delle case circostanti, che in molti casi applaudivano e fornivano l’acqua da bere ai-alle manifestanti.
Unica nota in sintonia con il clima precedente di paura, i molti negozi chiusi -alcuni dei quali blindati, come s’è accennato in precedenza -, che si ritrovarono davanti i cartelli con scritto ‘chiuso per ignoranza’.
Il che, comunque, fece la fortuna dei pochi aperti, che ebbero una affluenza altissima.

E’ bene ricordare il percorso che portò al Social Forum del 2002 ed il suo svolgimento perché dimostrano come sia possibile, con azioni incisive e coerenti, sul piano culturale, sociale, politico, determinare cambiamenti sostanziali, nel clima diffuso, nell’orientamento complessivo, nell’opinione pubblica. Oggi, probabilmente, vi è da contrastare, più che un clima di paura, una situazione generale d’indifferenza e di chiusura, dovuta anche alla pandemia in corso, dei singoli nel proprio guscio.
Occorre allora, anche localmente, partire dalle esperienze esistenti. Tanto per fare alcuni esempi, in campi diversi, penso ai lavoratori ed alle lavoratrici della GKN, alla ‘fattoria senza padroni’ di Mondeggi ed a ‘contadino clandestino’, alle pratiche sportive alternative del Lebowski. Più in generale, a ‘Fridays for future’, a ‘Non una di meno’, alle realtà lgbtq+, a iniziative per la convergenza delle diverse esperienze come la Società della Cura e la Costituente della Terra,
cioè a movimenti in grado di portare nel Social Forum le tematiche ambientali, femministe etc. non sufficientemente presenti in passato.

E’ soltanto in un’ottica del genere che il Social Forum del ventennale può costituire davvero una tappa importante nel processo di ricostruzione di un fronte unitario e composito di soggetti che lottano ‘per un altro mondo possibile – e sempre più urgentemente necessario -’.
Avendo chiaro che in una situazione di guerre diffuse e di rischi di conflagrazioni atomiche la pace costituisce un obiettivo prioritario. E’ l’indispensabile premessa dell’altrettanto indispensabile riconversione ecologica.

 Moreno Biagioni 5-06-2002

PER RIPRENDERE L’INIZIATIVA

di Moreno Biagioni 6/03/2022

La pace prima di tutto

La pace è oggi il primo obiettivo per tutte le persone di buona volontà, per tutte/i coloro cioè che vorrebbero assicurare un avvenire al mondo ed all’umanità.
E’ vero che di guerre ce ne sono state, e continuano ad essercene, parecchie nel mondo, senza che questo abbia turbato, e turbi, più di tanto la coscienza di quanti/e vivono in Europa, specialmente dei suoi governanti
L’allarme, per molti/e, è scattato, secondo una visione euro-centrica dei problemi che continua ad essere prevalente, quando la guerra ha messo piede sul suolo europeo.
Si è allora sentito affermare che veniva sconvolto il clima pacifico che durava da oltre 70 anni in Europa, dimenticando così i conflitti armati sviluppatisi ripetutamente nei Balcani, sui territori della ex Jugoslavia.

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Mediterraneo frontiera di pace?

Lettera ai Vescovi e ai Sindaci delle città del Mediterraneo

In vista degli incontri dei vescovi e dei sindaci delle città del Mediterraneo che si terranno a Firenze dal 23 al 27 febbraio abbiamo condiviso la necessità di far sentire la voce di chi si interroga sulle cause delle migrazioni e sull’accoglienza troppo spesso negatail Mediterraneo è davvero una frontiera di pace?

LEGGI IL DOCUMENTO QUI:
https://tinyurl.com/mediterraneodipace

versione INGLESE: https://tinyurl.com/mediterranean22
versione FRANCESE: https://tinyurl.com/mediterranee22

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Anelli mancanti
Assemblea permanente antirazzista antifascista Vicofaro Pistoia
Associazione casa Simonetta ODV
Assopace Palestina
Biblioteca Riccardo Torregiani
Città Visibili APS
Comitato fermiamo la guerra
Comunità Cristiane di Base Italiane
Comunità Cristiana di base San Paolo – Roma
Comunità dell’Isolotto
Comunità di base delle Piagge
Consiglio pastorale parrocchia di S. Maria a Ricorboli
CO.R.P.I.
Firenze città aperta
Firenze per Mimmo Lucano
Florence Must Act
Misericordia di Barberino Tavarnelle ODV
Palazzuolo strada aperta
Refugees Welcome Italia – Firenze
Rete antirazzista fiorentina
Umani per R-esistere
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UN 4 NOVEMBRE CONTRO LA GUERRA

Come ogni anno dal 2012 (abbiamo saltato il 2020 causa covid) l’Istituto Ernesto De Martino ed il Comitato “Fermiamo la guerra” di Firenze, con il sostegno di altre realtà, promuovono l’iniziativa “Canzoni contro la guerra” (vedi il programma qui di seguito ed in allegato) con l’intento di presentare un’alternativa alla celebrazione della guerra ’15-’18 e della ” vittoria” (vittoria come? perché? per chi) che la concluse.
Si trattò di un’ “inutile strage”, come pure fu definita, che costò la vita a centinaia di migliaia di uomini (quasi 700.000 le vittime italiane, a cui vanno aggiunte quelle del fronte opposto, su cui va riversata ugualmente la nostra “pietas”), causò ferite e mutilazioni a un numero altissimo di persone, provocò immense sofferenze a coloro che condussero per mesi ed anni la vita di trincea e furono costretti ad andare all’attacco, sotto il fuoco delle mitragliatrici, per conquistare pochi metri di terra.
Andrebbero riprese altre iniziative contro la guerra, iniziative portate avanti nel passato, ma oggi abbastanza trascurate, e cioè:
– l’obiezione fiscale alle spese militari, che abbiamo praticato per qualche anno nel secolo scorso;
– i volantinaggi, con le ragioni del “ripudio della guerra”, così com’è affermato nella Costituzione, da attuare il 4 novembre (laddove si celebra “la vittoria”);
– le campagne per cambiare il nome di strade e piazze intitolate al generale Cadorna, che ordinò le fucilazioni dei soldati che si ribellavano alla guerra (ed a personaggi simili a lui);
– le mobilitazioni contro le guerre in atto oggi (mobilitazioni che vi sono state, a livello di massa, all’inizio degli anni 2000 – vedi, fra le altre, la straordinaria manifestazione che concluse nel 2002 il Forum Sociale Europeo di Firenze -, quando il movimento pacifista era divenuto, a detta del”New York Times”, la “seconda potenza mondiale” -);
– l’opposizione contro ogni aumento delle spese militari, in Italia ed in Europa (con l’obiettivo, per usare le parole di Sandro Pertini “di trasformare gli arsenali in granai”);
– la ripresa di iniziative perchè l’Italia aderisca al TPAN (Trattato per l’abolizione delle Armi Nucleari), e di conseguenza non permetta che vi siano ordigni atomici sul suo territorio, e perché si conosca, e si sostenga, il sistema di difesa “non armata e nonviolenta” che persone del Movimento di Azione Nonviolenta (cito per tutti Aldo Capitini e Alberto L’Abate) hanno indicato come l’unica valida in un Paese che, costituzionalmente, “ripudia la guerra”;
– lo sviluppo di movimenti per l’occupazione, contro il precariato, contro le delocalizzazioni, per una svolta ecologica nel sistema produttivo, contro le grandi, e piccole, opere inutili e dannose – per l’ambiente e la qualità della vita delle persone -, tipo l’ampliamento dell’aeroporto di Peretola a Firenze, su cui si vorrebbe investire anche parte dei fondi del PNRR – …, considerato che occorre un profondo intreccio tra mobilitazioni pacifiste e mobilitazioni sociali (a partire dalla lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della GKN e dalla piena solidarietà a Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace).
Occorre riprendere le analisi e le proposte che furono avanzate nel periodo dei Social Forum, che avevano al centro, accanto ad altri obiettivi, il NO ALLA GUERRA SENZA SE E SENZA MA.
Per avviare una nuova stagione di IMPEGNO PACIFISTA.

Moreno Biagioni, 3 novembre

Lanterne verdi

(ovvero la necessità urgente di un forte impegno antirazzista)

In un periodo in cui, per impedire l’accesso sul suolo europeo a richiedenti asilo, profughi/e, migranti, sorgono muri e non si soccorre chi naufraga in mare, diviene ancora più necessario impegnarsi sul terreno dell’accoglienza solidale e dell’antirazzismo.
Tanto più che adesso è messa sotto accusa l’idea stessa di solidarietà (si veda la condanna di Mimmo Lucano e l’incriminazione, poi rientrata, delle persone che a Trieste davano rifugio e sostegno ai migranti provenienti dalla rotta balcanica) ed occorre quindi riaffermarla come principio basilare della convivenza umana.

Per questo vorremmo qui riproporre le iniziative della Rete Antirazzista che da oltre un ventennio si batte in città, a Firenze, contro ogni tipo di discriminazione, sia nella società che a livello delle istituzioni, e di “Umani per r/esistere”, un soggetto nato, sempre a Firenze, al tempo dei Decreti Salvini al fine di unire all’azione di denuncia e di contrasto nei confronti di tali decreti un’attività pratica volta a dare ospitalità a coloro che venivano messi fuori, sulla base appunto delle nuove norme, dai centri di accoglienza istituzionali.

Da un lato, quindi, si raccoglievano firme su un appello elaborato dall’ex Magistrato Beniamino Deidda – che, alla luce dei principi costituzionali “demoliva” i decreti Salvini -, dall’altra si cominciava a costruire una rete di interventi concreti di accoglienza.
Com’era avvenuto in altre occasioni, al pensiero ed all’azione razzista si contrapponevano il pensiero e l’azione solidale e antirazzista (penso al tempo delle campagne contro i Rom ed alle iniziative che le contrastarono, riuscendo ad incidere positivamente sulla cittadinanza).

Come sta avvenendo oggi ai confini della Polonia con la Bielorussia, dove ai proclami delle autorità che negano ogni possibilità di aiuto a chi cerca di varcare il confine, condannando a morte certa nel gelo uomini, donne e bambini, spuntano le “lanterne verdi”, cioè i segnali messi sull’uscio della propria casa da quanti/e sono disponibili, rischiando i rigori della legge, a dare sostegno a chi cerca di andare verso ovest per trovare una vita migliore.
In tutto questo ci sono due idee diverse ed opposte di Europa che si contrappongono:

  • Una, che ha il sostegno delle leggi e intende costruire muri, è quella dell’ “Europa fortezza”, da preservare nei confronti di tutte/i coloro che intendono raggiungerla e che vanno considerati come dei potenziali “invasori”;
  • l’altra, che invece stabilisce ponti e canali al fine di aprirsi ai nuovi cittadini/alle nuove cittadine e di crescere così attraverso l’incontro ed il confronto interculturale, secondo lo spirito che aveva animato il “Manifesto di Ventotene” (cioè l’idea di Europa di Spinelli, Rossi, Colorni, che l’avevano appunto lanciata dall’isola in cui erano stati confinati dal fascismo).

Se c’è una possibilità di sopravvivenza per l’umanità, oltre ad un’inversione decisa nei rapporti con l’ambiente, è quella di andare incontro ad un processo di meticciato che superi davvero barriere e confini.

L’intreccio, il “metissage”, la “mescolanza” di persone e culture sono l’unico futuro possibile dell’umanità, in una prospettiva che realizzi davvero l’ideale per cui “nostra patria è il mondo intero”.

  • il sostegno finanziario alle navi che operano per raccogliere i naufraghi, spesso ostacolate e boicottate,
  • la richiesta che vengano sospesi i brevetti sui vaccini anti-covid (e si possano quindi estendere le vaccinazioni in Africa e nelle altre zone dove, fino ad oggi, sono state vaccinate precentuali bassissime di popolazione),
  • l’impegno per ampliare la rete di accoglienza a coloro che riescono a raggiungere le nostre città,
  • la mobilitazione perché vengano risolte alcune questioni che si trascinano ormai da molto tempo (ad esempio, l’approvazione di una legge che realizzi finalmente lo “jus soli”),
  • la solidarietà a chi è messo sotto accusa per il suo impegno solidale (innanzitutto a Mimmo Lucano, che aveva portato avanti una esperienza esemplare a Riace – un’esperienza che coniugava l’impegno ad accogliere i/le migranti con la rivitalizzazione di un paese in via di abbandono, un’esperienza attaccata e distrutta dai poteri forti e da gran parte dei soggetti politici – e che è stato condannato in prima istanza, con una sentenza assurda, a 13 anni di carcere ed al versamento di una somma notevole).

A quanto affermava Ernesto Balducci – “l’uomo del futuro o sarà un uomo di pace o non sarà” – si potrebbe aggiungere “le persone del futuro o saranno meticce o non saranno” (perché si si isoleranno, chiudendosi ciascuno nella propria “piccola patria”, e correranno il rischio di distruggersi a vicenda tramite i possibili scontri tra le diverse realtà identitarie).

Per questi motivi bisogna rimettere al centro del nostro agire, in un tempo di pandemia in cui altri temi stanno prendendo il sopravvento, l’antirazzismo, l’accoglienza, la solidarietà con chi arriva in Italia dal Mediterraneo o dalla “rotta balcanica”.
Molti sono i modi per dare concretezza a queste azioni – per mettere, anche noi, sulle nostre case delle “lanterne verdi” -, e cioè:

Di fronte ad una società basata sulla ricerca del profitto è stata proposta negli ultimi tempi la Società della Cura, che si basa invece sul prendersi cura dell’ambiente, delle altre persone, di noi stessi.
Ebbene, senza una pratica coerente e decisa sui terreni dell’antirazzismo – contro il razzismo odierno, che si collega spesso alle forme, vecchie e nuove, con cui si manifesta il fascismo -, della solidarietà, dell’accoglienza non può esistere la Società della Cura.

Ed è per questo che riproponiamo come prioritari tali terreni d’azione e riprononiamo la Rete Antirazzista e “Umani per r/esistere” come strumenti importanti per portarli avanti.

Moreno Biagioni, 28 gennaio 2022

Multinazionali, poteri forti locali, movimenti alternativi territoriali

(ovvero come liberarsi dall’abbraccio soffocante delle multinazionali)

di Moreno Biagioni

L’influenza delle multinazionali in Toscana

In Toscana, in particolare nell’area Firenze/Pisa, si sta verificando sempre più spesso quanto sia nefasta l’influenza, il potere, la possibilità di incidere sulla vita delle persone che abitano un determinato territorio, da parte delle multinazionali, cioè di questi modernissimi “padroni del vapore” che risultano lontani e inafferabili – in quanto privi di quella “corporeità” che caratterizzava in buona parte le controparti padronali di un tempo.
Soffermiamoci, a titolo esemplificativo, su alcuni casi.

La vertenza GKN innanzitutto

Le sue maestranze hanno come avversaria la finanziaria Mellrose, che ha licenziato con una mail, dalla sua sede inglese, senza alcun confronto preventivo, oltre 400 lavoratori (soltanto una dura lotta, che ha coinvolto l’intera società, non solo fiorentina, e su cui torneremo in seguito, ha impedito i licenziamenti immediati).
La ragione di questo comportamento è che Mellrose ritiene opportuno delocalizzare la produzione in un paese in cui le retribuzioni e i diritti di chi lavora sono minori. E’ necessario quindi opporsi alle delocalizzazioni (e nel contempo, con una visione “internazionalista”, sempre più necessaria, sostenere l’impegno dei lavoratori del paese in cui si vuole delocalizzare per maggiori retribuzioni e diritti).

La Corporation America Italia e gli aeroporti di Peretola e Pisa

Un secondo esempio ci viene dai lavoratori e dalle lavoratrici degli aeroporti di Peretola e di Pisa: si trovano di fronte, nelle loro vertenze, la Corporation America Italia, che, in effetti, è il socio di maggioranza della Toscana Aeroporti, con oltre il 62% delle azioni (mentre le istituzioni, che pure sono presenti all’interno del Consiglio di Amministrazione, sono nettamente minoritarie e quindi non in grado di determinarne le scelte, ammesso che abbiano davvero la volontà di condizionare quelle della multinazionale), e manifesta in pieno, con i suoi comportamenti, la sua cultura predatoria e intollerante.
Certo, il potere forte lontano (la Corporation America Italia) ha come alleati ed emissari i poteri forti locali (imprenditori, banche, finanza), un mix che costituisce il nucleo essenziale del Consiglio di Amministrazione della Toscana Aeroporti e che ha assunto questo ruolo con la complicità della politica.

L’arroganza della multinazionale

Attualmente la Corporation America Italia intende ridurre ulteriormente la rappresentanza pubblica, modificare lo statuto, investire sull’aeroporto di Pisa e sulla nuova pista di Peretola, svendere l’handling (su questo i lavoratori e le lavoratrici aeroportuali stanno conducendo una dura lotta, nonostante i ripetuti tentativi di intimidazione ad opera della controparte).
Va sottolineata, inoltre, l’incredibile arroganza di Corporation America Italia, che ha querelato per diffamazione Ciccio Auletta comunale a Pisa e Diego Petrucci, consigliere regionale, e Massimo Torelli, di “Firenze città aperta” – avevano osato criticare le scelte della multinazionale – ed hanno insistito per procedere nell’azione giudiziaria anche dopo che il magistrato aveva affermato trattarsi di posizioni legittimamente espresse nell’ambito del dibattito politico. Un’arroganza che ricorda quella ottocentesca dei “padroni delle ferriere” (o del Marchese del Grillo, nel film omonimo, quando dice “Io so’ io e voi non siete un cazzo”).
Un’arroganza che ha determinato nel 2020 l’attacco di Toscana Aeroporti al Consiglio Comunale di Pisa, che aveva approvato una mozione in cui si dichiarava contrario all’ampliamento dell’aeroporto di Peretola.
Si rileva, peraltro, che Toscana Aeroporti, a cui la Regione Toscana ha dato un contributo di 10 milioni di euro senza porre condizioni collegate a serie indicazioni programmatiche, intende svolgere anche il ruolo di immobiliarista – in quanto sostiene a Pisa una variante per la cittadella aeroportuale che permetta di realizzare residenze, centri commerciali, alberghi -.

Il Consiglio di Amministrazione dei 2 aeroporti

Nel Consiglio, oltre le figure introdotte direttamente da Renzi, ve ne sono altre comunque legate a lui – in quanto hanno sostenuto la Fondazione Big Bang, che è stata finanziatrice della sua campagna elettorale e della “kermesse”annuale alla Leopolda.
Si tratta di un esempio significativo di “malapolitica”, dell’intreccio stretto cioè tra poteri forti, multinazionali e locali, e personaggi politici, da cui consegue la subordinazione della politica agli interessi privati.

Le multinazionali e l’emergenza covid

Tutto questo viene fuori con grande evidenza anche dall’attuale emergenza covid, dove sono le multinazionali farmaceutiche a dettare legge, imponendo che non venga fatta la sospensione dei brevetti dei vaccini, come richiesto da India e Sudafrica, e ricavando ingenti profitti dalla vendita delle dosi vaccinali ai paesi “ricchi” (e pensare che le grandi industrie farmaceutiche si sono avvalse, per le loro produzioni, della ricerca effettuata nelle istituzioni a ciò preposte ed hanno pure usufruito dei contributi pubblici per quella fatta in proprio!).
Si può dire che vengano inoltre favorite – perché continuino a produrre sempre più vaccini e quindi più profitti per i propri azionisti -, in quanto non vengono avviate, da parte in primo luogo dell’Europa e degli Stati Uniti, politiche efficaci per porre fine, prima che sia troppo tardi (cioè prima che si vada verso il suicidio dell’umanità in nome del mercato e del profitto), alle crisi climatiche e ambientali, cause prime della pandemia. Ed è talmente forte l’ideologia imperante – con al centro dell’esistenza il mercato ed il profitto, appunto – che si prospetta di quotare in borsa un bene comune primario come l’acqua, essenziale per la vita delle persone e per la cura dell’ambiente, un bene comune di cui buona parte dell’umanità è carente, senza che questa prospettiva di estrema privatizzazione (forme di privatizzazione “soft”, che sottraggono comunque la gestione dell’acqua agli enti locali a cui dovrebbe competere, sono in atto da tempo e saranno ulteriormente ampliate se va in porto la normativa sulla concorrenza attualmente in gestazione) susciti lo scandalo e l’opposizione che dovrebbe scatenare, anche perché in Italia vi è stato un referendum che ha definito l’acqua un bene comune (un referendum di cui si è tenuto ben poco conto successivamente e che oggi sembra completamente dimenticato).
Va sottolineato, fra l’altro, che, in proposito, l’ENEL, un soggetto forte italiano che si muove a livello internazionale, ha un ruolo negativo in vari paesi, con la realizzazione di dighe e simili, relativamente all’accesso all’acqua ed alla sua utilizzazione da parte della popolazione locale (in nome della modernizzazione si sottrae alle persone un bene primario, o se ne limita il suo utilizzo).

Urgenti cambiamenti di rotta per le politiche energetiche e ambientali

Sarebbe estremamente, e urgentemente, necessario cambiare radicalmente rotta per quanto riguarda le politiche energetiche (non più quelle basate sui fossili, sui gas, sul nucleare, ma quelle rinnovabili, su cui andrebbero fatti investimenti adeguati – mentre invece si cerca, anche da parte del cosiddetto Ministro della Transizione Ecologica Cingolani, di rimettere in pista l’energia atomica, nonostante i referendum che l’hanno sonoramente bocciata -) e quelle ambientali, il che comporterebbe un deciso rilancio del trasporto pubblico, un drastico ridimensionamento dell’uso dell’auto – anche di quella a trazione elettrica -, il porre fine ai disboscamenti ed alla cementificazione diffusa di ogni spazio disponibile, una revisione profonda degli stili di vita, a partire da quanto riguarda l’alimentazione (anche in questo campo vi sono precise responsabilità delle multinazionali per quanto riguarda il passaggio dalle diete tradizionali a quelle basate su cibi confezionati e su bevande zuccherate e gassate), lo sviluppo di luoghi di incontro e di socializzazione che permettano di organizzarsi nei diversi territori per far fronte alle crisi incombenti.

Il rilancio della sanità e della scuola pubbliche

Ciò andrebbe immediatamente accompagnato da un rilancio della sanità pubblica, ponendo fine al processo di privatizzazione in atto e incrementando i presidi sanitari sul territorio – gli unici che possano attivare misure di prevenzione – e della scuola, anch’essa pubblica, naturalmente, per cui occorrerebbe una sollecita individuazione di nuovi locali ed il reclutamento massiccio di personale scolastico, con la possibilità, quindi, di procedere allo sdoppiamento delle classi, un’innovazione che dovrebbe rimanere anche nel post covid (perché permetterebbe di “fare scuola” in modo diverso).

La vertenza GKN

E’ possibile, comunque, anzi estremamente necessario, anche in assenza delle necessarie azioni a livello nazionale, opporsi territorialmente allo strapotere delle multinazionali.
La vertenza GKN manifesta con grande evidenza la possibilità di “insorgere” contro quel potere lontano e “invisibile” (“insorgiamo” è stata la parola d’ordine con cui i lavoratori di quell’azienda hanno caratterizzato la loro lotta, una parola d’ordine che hanno ripreso dalla Resistenza – con “insorgiamo” si dette il via, nel 1944, alla battaglia per la liberazione di Firenze dai nazifascisti –, volendo con ciò significare che è con quello spirito e con quella determinazione “resistenziali” che bisogna condurre l’azione contro le multinazionali che ci “invadono” sui nostri territori).

Le esperienze fiorentine degli anni ‘50

Diventa essenziale a tal fine non rimanere nella logica della vertenza aziendale, ma coinvolgere nell’azione altri soggetti, la società civile, l’intero territorio, riprendendo, in questo senso, le esperienze fiorentine degli anni ‘50, quando a difesa dell’occupazione si mobilitò l’intera città – oltre ai sindacati, ovviamente, ed alle forze politiche, si mossero tutti/e, dai livelli istituzionali (il sindaco La Pira in prima fila) alle case del popolo alle parrocchie all’associazionismo alle organizzazioni degli artigiani e dei commercianti alle singole persone -.

Una capacità creativa di relazionarsi

E’ questo il modo oggi per rispondere alle multinazionali: un’ampia opera di coinvolgimento che sappia intrecciare la difesa dell’occupazione alla lotta per l’ambiente ed alla proposta di nuovi modelli produttivi.
Infatti la lotta a questi poteri forti, che agiscono in ambito internazionale ed hanno alleati locali, può essere condotta soltanto con una capacità originale e creativa di relazionarsi a livello territoriale fra tutte le realtà che non si adattano all’esistente e vorrebbero cambiarlo nella direzione che indica la Costituzione, in parte ancora inattuata (il che vale anche per produrre i cambiamenti necessari per far fronte alla crisi climatica ed a quella energetica – strettamente collegate fra loro -).

Nuovi movimenti ed esperienze

C’è da tener conto anche dei nuovi movimenti che si sono sviluppati negli ultimi anni (mi riferisco in particolare a “Fridays for future”, a “Extinction rebellion”) e della necessità, per un’azione efficace sul territorio, che si relazionino con i soggetti di più lunga tradizione – i sindacati innanzitutto – , con le realtà di base, con esperienze solidali e alternative – qui a Firenze mi vengono in mente la “fattoria senza padroni” di Mondeggi e il Lebowski, un progetto sportivo alternativo basato sull’esigenza centrale della socializzazione -, con quanto si muove nella società sul terreno dell’antirazzismo, dell’antisessismo, dell’antifascismo.

Il movimento delle donne e le esperienze lgbt

Il movimento delle donne riesce ad essere presente in città con iniziative pubbliche relative ai diritti civili anche in un periodo difficile come questo.

Le donne in effetti sono le più penalizzate pure in ambito sociale, a causa della pandemia, e le più colpite dagli atti violenti maschili, che sono in crescita e giungono spesso al femminicidio.
Occorre una profonda riflessione degli uomini sul loro ruolo, sulla loro capacità di relazioni, sull’urgenza di una profonda inversione di rotta in una società impostata sul patriarcato e sul dominio maschile in ogni campo, una riflessione che tarda a venire avanti in maniera ampia e diffusa e rimane racchiusa, anche se condotta con passione, in piccoli circoli.

Si è verificata recentemente la nascita di nuove esperienze associative lgbtq, anche giovanili, ed è indubbiamente un segnale positivo.
Importante sarebbe riuscire a connettere gli impegni su obiettivi di carattere civile con quelli di carattere sociale.

La capacità di relazionarsi e di “meticciarsi”

Anche questo intreccio sarebbe un passo in avanti per contrastare dal basso i poteri forti multinazionali e locali. Perché è appunto dalla capacità delle diverse energie volte al cambiamento di relazionarsi, di confrontarsi, di produrre scambi, di influenzarsi a vicenda, di “meticciarsi”, in qualche modo, che può nascere una massa critica locale in grado di misurarsi con quanto cala dall’alto (ad opera appunto, delle multinazionali, ma non solo).

Sono da mettere insieme saperi, accademici e sociali, realtà associative e istituzionali, movimenti.
Anni fa ci fu un tentativo del genere con l’Associazione del Nuovo Municipio, che cercò appunto, di promuovere una tale unità d’intenti a livello territoriale.
Vi furono alcune interessanti esperienze concrete, ma poi l’iniziativa, nata nel clima dei Social Forum e della democrazia partecipativa, man mano si spense. Oggi non ne rimane più traccia.

Libera circolazione per merci e danaro, ma non per le persone

Rischiano di scomparire quasi del tutto, soffocati dalla crisi pandemica, o di passare comunque in secondo piano, gli interventi per e con i/le migranti, per la loro accoglienza e inclusione, per l’affermazione dei loro diritti, contro le varie forme d’intolleranza e di razzismo presenti nelle istituzioni e nella società (quelle che portano a costruire muri ed a negare i soccorsi a quanti/e naufragano in mare nel tentativo di raggiungere le coste italiane).
Sappiamo infatti che fra i dogmi sostenuti dalle multinazionali vi è quello della libera circolazione ovunque nel mondo delle merci, del denaro, e la negazione di passare le frontiere per chi fugge dal proprio paese in cerca di un futuro migliore. O, meglio, coloro che arrivano da lontano devono comunque rimanere in una situazione di irregolarità (i cosiddetti “clandestini”) perché li si possa far lavorare in condizioni di semi-schiavitù.

In nome del profitto immediato

I poteri forti esterni che attaccano l’occupazione – per esempio, con le delocalizzazioni – sono gli stessi che impediscono i mutamenti necessari relativi all’energia (alla sostituzione dei fossili etc. con le energie rinnovabili) e continuano a “violentare” l’ambiente (con le deforestazioni, con nuove cementificazioni, con gli allevamenti intensivi, con continui interventi inquinanti …), in nome, naturalmente, del profitto immediato per una cerchia limitatissima di “potenti” – con una visione miope che non tiene conto della prevedibile fine delle risorse naturali – a danno della stragrande maggioranza della popolazione, che subisce, e subirà sempre di più, le conseguenze disastrose delle scelte e dei comportamenti dei pochi “eletti”.

La politica complice, o succube, dei potenti

La politica, in gran parte, diviene complice, o succube, dei potenti (del “mercato”, delle multinazionali etc.), perché in questo consisterebbe la modernità, secondo alcuni “rottamatori” delle vecchie modalità e forme della politica (fra i “teorici” di un pensiero del genere troviamo indubbiamente “innovatori” qualificatisi “di sinistra” come l’inglese Tony Blair e personaggi come il “guastatore” Matteo Renzi, che soltanto per un abbaglio quasi collettivo è stato per un certo periodo considerato “di sinistra” – non a caso ammiratore di Tony Blair -).
Sulla base di tale pensiero non solo vengono messe al bando le ideologie, ma vengono eliminati il conflitto e l’idea stessa di poter trasformare la società.

La politica per uscire insieme dai problemi

Mentre invece la politica dovrebbe essere un momento alto dell’attività umana che permetta, attraverso il confronto, e se necessario lo scontro – il conflitto, appunto, – di “uscire insieme dai problemi” (così veniva definita la politica, con grande semplicità ed anche precisione, in “Lettera a una professoressa” della Scuola di Barbiana … “ il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia …”).

L’importanza della partecipazione

Essenziale per ogni iniziativa sul territorio, volta a contrastare l’azione nefasta delle multinazionali, ad affermare nuove politiche energetiche e ambientali, a progettare un diverso modello di sviluppo, è la partecipazione – dei diversi soggetti associativi, delle varie esperienze, delle singole persone – (“la libertà – come diceva Giorgio Gaber in una sua canzone – è partecipazione”).

Restituire senso e ruolo alla politica

Cambiamenti incisivi nei vari campi indicati non si ottengono soltanto con provvedimenti di carattere nazionale, regionale, comunale, ma con l’impegno diretto nelle varie realtà territoriali – che portino, oltre alla rivendicazione di normative adeguate, all’adozione di nuovi comportamenti e stili di vita, non vissuti singolarmente ma messi in comune e socializzati in ambiti precisi (il villaggio, il piccolo paese, il quartiere, la zona …) con il coinvolgimento del maggior numero possibile di saperi, energie, realtà associative e produttive, singoli individui -.
La possibilità di far fronte alle multinazionali dipende quindi dall’azione sul territorio che si è cercato qui di delineare e dalla capacità di collegare fra loro alcuni obiettivi – quelli per la difesa, lo sviluppo, la qualificazione dell’occupazione con quelli per la difesa dell’ambiente, ad esempio -, il che, in altre parole, significa restituire senso e ruolo alla politica (e, per chi ritiene ancora necessaria una trasformazione radicale dell’esistente, alla sinistra).

Territori solidali “se non ora quando?”

(per sostenere Mimmo Lucano)

Nel 2011, con l’iniziativa “Territori solidali” promossa da alcune realtà associative e di movimento fiorentine con il sostegno della Regione Toscana, incontrammo Domenico Lucano, Sindaco di Riace, e Ilario Ammendola, Sindaco di Caulonia, perché ci raccontassero le loro esperienze di accoglienza e d’inclusione dei/delle migranti (con l’intento di riproporle e portarle avanti sul nostro territorio).Intervennero, fra gli altri, il Presidente dell’Associazione toscana delle Comunità Montane Oreste Giurlani, Nicola Solimano della Fondazione Michelucci, Rosaria Bortolone del Coordinamento Antimafia di Firenze, Mercedes Frias dell’Associazione “Punto di Partenza”, Fabio Salbitano dell’Università di Firenze, l’Assessore regionale Salvatore Allocca.

Riproponiamo l’introduzione di quella iniziativa, che ne spiegava il senso, convinti che le motivazioni rimangano valide e che per dare un sostegno a Lucano, oltre ad esprimergli piena solidarietà e dargli un contributo economico,  occorra anche rilanciare il progetto da lui attuato a Riace – e poi smantellato e messo sotto accusa -, cercando di realizzarlo qui da noi. E’ evidente che vi erano problemi, e che poi non si proseguì sul percorso prospettato in quell’occasione, ma sarebbe utile prendere in considerazione le riflessioni di allora e ripartire oggi dal punto a cui eravamo giunti. Saluti antirazzisti.
Moreno Biagioni, 22/10/2021

Per sostenere Mimmo Lucano :
A Buon Diritto Onlus IBAN IT55E0101503200000070333347
Causale : per Mimmo

Territori solidali, 2011 se non ora quando?

C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria … diceva una poesia (di Giovanni Pascoli, se ben ricordo) che nel secolo scorso imparavamo a memoria a scuola. E’ un verso che si può fare nostro dopo gli straordinari risultati del referendum [sull’acqua bene comune]. sembrerebbe questa una divagazione, eppure penso che c’entri molto con il tema di cui parleremo qui. A Teano, l’anno scorso, l’Italia delle tantissime esperienze di base – solidali, a tutela dei diritti, dell’ambiente, dei beni comuni – si è incontrata per avviare la ricostruzione di un’unità del Paese che avesse il collante proprio in quelle esperienze, così profondamente in sintonia con i principi della nostra Costituzione antifascista.

Il punto 2 della Carta stilata a conclusione dell’incontro di Teanom afferma: “L’Italia che che sogniamo e che vogliamo .. è l’Italia che accoglie il profugo, lo straniero perseguitato, disperato, costretto all’emigrazione da guerre e disastri ambientali, da un’economia globale escludente e punitiva con i più deboli. Un paese aperto al mondo, accogliente, multiculturale”. Ed era stato proprio quanto era accaduto a Riace ed a Caulonia – ce ne parleranno fra poco i sindaci di quei comuni – a dare concretezza – la concretezza delle cose che è giusto, opportuno, possibile fare – a tale affermazione (nonché all’articolo 10 della Costituzione): questo vale anche per gli altri temi resi concretamente “visibili” a Teano da varie altre esperienze concrete . L’Italia riunita nel luogo dello storico incontro fra Garibaldi e Vittorio Emanuele II era un’Italia sotto traccia, oscurata dai media, considerata irrilevante rispetto ai poteri forti ed alla politica istituzionale, un’Italia fatta da persone apprezzabili, di buona volontà, ma che non contavano e non avrebbero mai contato nulla.

Questo pensavano politici “professionali” e media che avevano ignorato l’incontro. Ebbene, i risultati del referendum dimostrano che non è poi così vero che quell’Italia, fatta da una società civile attiva, impegnata, solidale, risulti minoritaria e faccia solo atti esemplari e di testimonianza. Vi è una gran voglia, da parte di una fetta sempre più ampia di popolazione (giovani, donne, anziane/i, lavoratori e lavoratrici, precari/e, disoccupati/e etc.) di partecipare, di risolvere insieme i problemi, di ridare senso così alla politica, rinchiusa per troppo tempo all’interno dei palazzi e riservata agli addetti ai lavori, al seguito molto spesso di ciò che impongono il mercato, le grandi multinazionali, i poteri finanziari. Soffia un vento nuovo, alla paura ed al rinchiudersi in se stessi (l’egoismo contrapposto alla politica, quella vera, secondo la felice definizione di don Milani e dei ragazzi della scuola di Barbiana) si va sostituendo la coscienza che insieme è possibile lottare, incidere, cambiare lo stato delle cose esistente.

Ciò risulta particolarmente vero riguardo ai temi dell’accoglienza, dell’inserimento sociale, dell’inclusione. In questo campo la paura e le ansie securitarie hanno prevalso in larga parte del Paese, alimentando per molto tempo le politiche nei confronti di migranti, richiedenti asilo, profughi/e. E non solo nei provvedimenti del Governo, ispirati dal razzismo della Lega (punta avanzata di un sentire più diffuso), ma anche nelle misure adottate a livello locale (le famose ordinanze dei Sindaci, in cui Firenze ha un triste primato, che la corte Costituzionale ha messo in gran parte in mora) e nel diffondersi di atteggiamenti ostili verso gli stranieri fra la popolazione.
Certo, vi sono atti  in controtendenza (fra gli altri, la legge regionale sull’immigrazione della Regione Toscana, approvata nel 2009), ma la sicurezza è rimasta a lungo la preoccupazione dominante, che ha influenzato e condizionato anche chi, a livello istituzionale, si proponeva politiche di accoglienza.

Oggi il circolo vizioso “paura, richiesta di maggiore sicurezza, aumento della paura e delle misure securitarie” si è cominciato a rompere – i risultati delle recenti elezioni amministrative lo dimostrano, in quanto l’allarmismo contro i Rom e gli immigrati (contro le “zingaropoli” e le moschee) non ha pagato -. E’ estremamente urgente che se ne rendano finalmente conto quegli amministratori toscani che si attardano ancora ad inseguire le paure, in genere presunte, dei loro amministrati. Per andare in un’altra direzione, partendo da altri presupposti – essenzialmente dai diritti delle persone, dalla loro realtà di esseri umani, dalle iniziative che favoriscono l’inclusione e la convivenza -, non bastano le enunciazioni, ma occorre un impegno notevole – nello sforzo di impostare e realizzare progetti concreti, nel dare voce a chi non è rappresentato, nel far divenire realtà, nei vari territori, la legge approvata nel 2009 e rimasta, in qualche modo, nel cassetto -.

Indubbiamente, di fronte a tutto questo, ricorrerà l’accusa di “buonismo“, ma, premesso che comunque il “buonismo” è sempre meglio del “cattivismo” di chi vorrebbe sparare sui barconi dei/delle migranti (nello stesso modo per cui la tolleranza, benché largamente insufficiente, è pur meglio dell’intolleranza), va sottolineato “buonismo” è fatto di enunciazioni e di parole generiche di principio, che non si misurano con i fatti da cui non seguono provvedimenti concreti, mentre ciò che prospettiamo è un insieme di atti, di progetti, di misure, di interventi politico/culturali volti ad affermare diritti, a promuovere pari opportunità, a sostenere rapporti di convivenza.
E’ su questa lunghezza di onde che si pongono iniziative come quella di oggi (e quella di domani l’altro, a Pisa, e cioè gli Stati Generali sull’Immigrazione). Dalle esperienze di Riace e Caulonia, di paesi cioè che la presenza dei/delle migranti – essenzialmente profughi/e del Nord Africa – ha rivitalizzato, possono venire indicazioni valide anche per la nostra Regione.

Dalle esperienze in questione è nata una legge regionale calabrese volta a promuovere e far sviluppare l’inclusione di profughi/e e richiedenti asilo. Particolarmente importante è il fatto che in quanto è stato pazientemente costruito in quelle realtà si sono intrecciati aspetti diversi: la tutela dell’ambiente, la cura di zone agricole e boschive, il restauro e la ristrutturazione di agglomerati in via di abbandono, il recupero di mestieri tradizionali, lo sviluppo di percorsi che, attraverso il confronto, hanno coinvolto insieme nativi/e e migranti. Non si tratta, quindi, di interventi soltanto di accoglienza, spesso puramente assistenziali e destinati a concludersi in periodi più o meno brevi, ma di progetti complessivi che impegnano l’ente locale e l’intera comunità (e che proseguono nel tempo).

Qualche piccolo esempio di un simile modo di procedere lo abbiamo anche qui in Toscana. E’ necessario però andare oltre, e cioè far sì che, di fronte all’arrivo ricorrente di profughi/e e richiedenti asilo, o comunque alla presenza di persone emarginate, non vi sia un’indifferenza istituzionale, quando non addirittura un’ostilità (spesso si è proceduto allo sgombero da un territorio all’altro di quelli/e che vengono considerati “esuberi” rispetto alle capacità di accoglienza della propria realtà comunale). A Firenze, ad esempio, a dare un tetto a profughi/e e richiedenti asilo, in prevalenza somali ed eritrei, è stata da lungo tempo l’iniziativa “privata” (fra virgolette) del Movimento di Lotta Popolare per la Casa.

Anche provvedimenti corretti e sensati come quello adottato dalla Giunta regionale toscana di fronte ai profughi/alle profughe dal Nord Africa (che prevede l’accoglienza in strutture di piccole dimensioni diffuse sul territorio) hanno bisogno di ulteriori sviluppi. L’obiettivo che ci dobbiamo porre, istituzioni e società civile attiva insieme, è quello di giungere ad un sistema regionale in grado di fornire una prima accoglienza a coloro che ne hanno bisogno, siano essi richiedenti asilo, profughi/e, Rom scacciati da un territorio ad un altro, persone rimaste comunque prive di abitazione in seguito a calamità naturali o altro. Per passare poi, subito dopo, a processi di inclusione sulla base di progetti integrati, che prendano spunto anche dalle esperienze di cui discutiamo oggi (e che potranno avere un clima più favorevole, nelle istituzioni e nella società, grazie a quel vento nuovo che spira oggi nel nostro Paese).

Con questo incontro intendiamo avviare un percorso che metta insieme, nell’elaborazione di progetti,, enti locali, associazionismo e società civile attiva, “saperi” prodotti dalle realtà sociali e di movimento, dai luoghi di studio e di ricerca, da singole competenze, in settori diversi, che devono interagire fra loro (dell’accoglienza e dell’inclusione, del recupero abitativo, dell’assetto urbanistico, del ripristino e del mantenimento delle aree boschive ed agricole, del recupero dei vecchi mestieri artigianali, dello sviluppo di un turismo “spalmato” sull’intera regione, della tutela dell’ambiente e del territorio, della formazione e dell’interculturalità). Perchè, come hanno detto le donne con le grandi manifestazioni del 13 febbraio scorso, “se non ora quando?”.

Ricordando Enzo

Enzo Mazzi non è stato solamente il principale animatore della comunità parrocchiale, divenuta poi comunità di base, dell’Isolotto e quello che più di altri/e l’ha rappresentata all’esterno, in Italia e nel mondo, con i suoi scritti.
In diverse occasioni ha avuto un ruolo importante nel dare visibilità e parola alla Firenze dell’accoglienza e della solidarietà, ai soggetti discriminati ed emarginati, alle realtà impegnate a costruire “un altro mondo possibile”.
Ricordo che durante una delle ricorrenti campagne contro la popolazione Rom fu organizzata dalle associazioni antirazziste un’iniziativa pubblica che rendesse evidente l’esistenza di una città diversa, disponibile a contrastare i sentimenti di rifiuto e di ostilità alla base di tali campagne.

Alcune centinaia di cittadini/e si ritrovarono in piazza Strozzi per dare questo segnale in controtendenza rispetto ad un senso comune che stava divenendo sempre più diffuso.
Ad un certo punto, insieme ad Enzo Mazzi, arrivò un nutrito gruppo di donne ed uomini Rom del campo del Poderaccio, situato in zona Isolotto, e questo rese ancora più valida la manifestazione, in quanto condivisa da quanti/e erano discriminati/e e da chi si mostrava solidale con loro.

Il rapporto di Enzo con il popolo Rom del Poderaccio non era nato improvvisamente in tale occasione, ma aveva le sue radici in un susseguirsi di incontri, di presenze Rom alle assemblee/messe domenicali in piazza, di partecipazione a vertenze con l’Amministrazione comunale perchè si uscisse finalmente dalla logica dei cosiddetti “campi nomadi”.
Gli organizzatori della manifestazione in piazza Strozzi (Piero Colacicchi dell’ADM – Associazione per la Difesa delle Minoranze – e Riccardo Torregiani – della Rete Antirazzista -) non nascosero la loro soddisfazione per quell’arrivo inaspettato e per quell’incontro in piazza della Firenze solidale con i Rom.

Certo, non fu così eliminata l’ostilità nei loro confronti, ma si dette un piccolo contributo a creare degli anticorpi nei confronti del clima di intolleranza alimentato dalla stampa cittadina (in questa direzione andò anche il bel libro di Antonio Tabucchi “Gli zingari e il Rinascimento”, che uscì in quel periodo).
In occasione del Social Forum Europeo che si svolse a Firenze nel 2002 – e che dette un segnale di ripresa e di rilancio dei movimenti solidali e pacifisti dopo le tremende giornate dell’anno precedente a Genova (quando il potere aveva cercato di annientare con la violenza le molteplici realtà che si battevano per “un altro mondo possibile (e sempre più necessario)”) – fu dato ad Enzo Mazzi l’incarico di dare il benvenuto in città alle persone provenienti da tanti paesi europei, e non solo, portatrici di esperienze diversissime, ma accomunate dalla comune volontà di volere profondi cambiamenti.

Enzo parlò in piazza Santa Croce e le sue parole fecero uscire Firenze dalla nebbia che l’aveva avvolta nelle settimane precedenti a causa di un’indegna campagna che prospettava violenze e saccheggi a causa del Social Forum (tanto che molti negozianti commissionarono lavori straordinari per proteggere le loro botteghe, che tennero rigorosamente chiuse durante la manifestazione conclusiva del Forum– su diverse di loro i manifestanti appesero dei cartelli che dicevano “Chiuso per ignoranza -).

Enzo e la Comunità dell’Isolotto avevano preso parte, in precedenza, alla stesura di un libretto, in italiano ed in inglese, che cercava di contrastare il clima ostile al Forum presente in città, presentando a chi arrivava da fuori il volto solidale ed accogliente di Firenze – le molte esperienze che in tempi diversi l’avevano caratterizzata in tal senso, dalla Società di Mutuo Soccorso agli organismi di autogestione sorti durante l’alluvione ai movimenti sviluppatisi successivamente nei quartieri – (un libretto stampato in 20.000 copie su finanziamento della Regione).

Il Social Forum fu un grande successo: si protrasse per alcuni giorni, invadendo la Fortezza da Basso, lo spazio in cui si svolsero i molti suoi seminari, gruppi di lavoro, assemblee. I partecipanti, complessivamente, furono circa 70.000 e la manifestazione conclusiva, contro la guerra, vide la presenza in piazza di centinaia di migliaia di persone.

Le istituzioni locali, Comune e Regione, avevano dato un sostegno all’iniziativa (anche se successivamente non avrebbero tenuto granché conto delle indicazioni che dal Forum erano uscite)
Fu uno dei momenti più alti e significativi del movimento pacifista (che il “New York Times” definì “la seconda potenza mondiale”).
Ma la guerra contro l’Irak scoppiò ugualmente, pochi mesi dopo, e ciò causò la progressiva sparizione di tale movimento.

In uno dei momenti più alti e partecipati dell’esperienza dei Social Forum era stato Enzo Mazzi a rappresentare Firenze, l’altra Firenze, quella non racchiusa nelle cartoline turistiche e nelle logiche mercantili.
E’ opportuno ricordarlo in un momento in cui questa seconda sta prevalendo in modo netto.
La memoria di Enzo ci sia di stimolo a cambiare rotta.

Moreno Biagioni, 15/10/2021