il dito e l’ombrello

Noterelle propedeutiche alle ricerche per gli studi di antropologia culturale comparata nell’ambito del frame relativo alle tradizioni occidentali. A cura di Gian Luigi Betti

Pranzo in famiglia. La nipotina, nella sua esuberanza giovanile ed istrionica, ad un certo punto ha pensato bene di mostrare il medio alla orribile moda americana. Riprovazione generale di tutta la famiglia, gesto volgare, anche per me che sono di bocca buona. Considero il gesto  odioso perché esprime il peggio della (in)cultura americana: volgarità allo stato puro, esaltazione della sopraffazione e sadismo del prepotente sullo “sfigato”, simbolo perfetto di una società che ammette solo una piramide con al vertice i vincenti, i primi, che tutto possono sugli altri, fino alla soggiogazione tramite la derisione e la vessazione condita di cattiveria gratuita. La elementarità di un epos omerico senza eroi, ne’ dei e semidei ma popolata da bellimbusti decerebrati, personaggi effimeri (a differenza di quelli epici non passeranno alla storia) funzionali alla ideologia di una maggioranza che diviene dittatura e sopraffazione secondo canoni condizionanti,  imposti da e funzionali a, chi detiene veramente il potere. La plebe romana ai giochi del Circo in piena decadenza imperiale.

Consapevole che il divieto è la peggior soluzione educativa ho suggerito alla piccola un modo alternativo di esprimere lo stesso stato d’animo. Invece di usare il modello americano, recuperare la tradizione nazionale, adeguata ai tempi moderni, adottando ed adattando il gesto dell’ombrello.

Il gesto dell’ombrello non sempre è ostile, come lo è sempre quello del dito; in certe subculture pop talvolta è addirittura conviviale, comunitario ed identitario. Anche negli altri casi esprime, più che la prepotenza della forza, il predominio dell’astuzia, magari della furbizia o anche della “metis” sulla forza bruta e sull’autorità. E’ il David che sconfigge il gigante Golia con la superiorità della “techne” e l’abilità nell’arte della fionda, è  il gesto liberatorio dello scampato pericolo, è il furbo cuoco Chichibio che ruba per amore la coscia della gru e non paga pegno al suo signore con l’arguto sberleffo di una narrazione fantasiosa…

La sequenza corretta da me suggerita è la seguente:

  1. alzare il braccio destro col dito indice e gli occhi rivolti al cielo e dire:
    Piove?
  2. quindi, con rapida ed aggraziata mossa, piegare il braccio ad angolo retto e colpirne  l’interno del gomito con la mano sinistra esclamando, con fare entusiasta:
    Umbrella!!
    pronunciata con l’accento inglese appreso a scuola

Sul piano della semantica l’espressione risulterà inappuntabile mentre su quello della semiotica l’ambiguità con il riferimento meteorologico potrà evidenziare l’elegante arguzia e mettere in secondo piano il resto.

Devo dire che la nipotina ha accolto con entusiasmo la lezione, cogliendone lo spirito ed esercitandosi subito nella sua esecuzione scenica. Mi si è sciolto il cuore: sono fiero di lei e soddisfatto di aver ben svolto il mio dovere di nonno.

Gian Luigi Betti, 7 maggio 2023

grande Poldo

da Facebook una simpatica testimonianza di Sandra Vegni

“Ma questo è Poldo!”
La voce mi coglie sul cancello di casa, io ancora all’interno, Poldo mi precede sul marciapiede.
Una signora sorridente, capelli bianchi e corti, in mano le borse della spesa. Non sono una brava fisionomista ma questa signora, sono sicura, non la conosco davvero.
Non tento giri di parole e “Ci conosciamo?” Chiedo direttamente.
La signora gentile mi segue su Facebook, le piacciono i miei racconti e – non dice proprio così ma si capisce – il mio cazzeggio.
Mi ha fatto piacere. Conoscerla di persona, intendo. Non accetto contatti sconosciuti a meno che non siano amici di persone che conosco davvero, questo è il mio modo di procedere. Difficilmente ho avuto brutte sorprese. Ma incontrarla, essere riconosciuta, sia pure per merito di Poldo, mi ha fatto davvero piacere. Ci si ritrova a chiacchierare come vecchie amiche. E la signora è carina, simpatica, sperta. Significa che il mio sistema funziona.
Insomma, è stato un bel modo di iniziare la giornata e anche di riconciliarmi con questo mezzo che certi giorni mi fa paura perché ci passo troppo tempo.
Ora aspetto che qualcun altro riconosca Poldo, il mio biglietto da visita.
Intanto, grazie

TOH, I FASCISTI!?

(Chi l’avrebbe detto?)

Per onestà intellettuale dobbiamo ammettere che se questa destra postfascista oggi al potere, non desse frequentemente segnali inquietanti di voler contrapporre la propria sostituzione identitaria a quella etnica paventata, ad opera dei migranti, non ci sarebbe questa levata di scudi, anche se tardiva, del mondo intellettuale fino ad oggi assiso fra le braccia di Morfeo. Da tanto tempo i nostalgici del regime fanno di tutto per farsi notare e riconoscere, ma i loro tentativi di affermare la propria identità sono stati fraintesi ed in gran parte –e con loro grande scorno – sottovalutati. Sia i gesti rituali, i cimeli esibiti, i pellegrinaggi a Predappio … dei reduci di Salò, sia la xenofobia, l’attacco ai diritti civili, l’uso evocativo del lessico famigliare inequivocabile dei dirigenti di F.lli d’Italia, per molto tempo non hanno destato sospetti. Anzi, sono stati liquidati alla svelta con la supponenza tipica di chi si sente democraticamente al sicuro dentro la botte di ferro della nostra Costituzione, al riparo dalle intemperanze di qualche facinoroso (o fascinoroso?) dilettante allo sbaraglio. Insomma, nonostante i loro sforzi per convincerci che sono fascisti e per farci paura, non sono stati creduti e sono stati trattati con la più mortificante indifferenza che un cattivo doc possa paventare. Come Il fantasma di Canterville del celebre racconto di O. Wilde che, per quanto si desse da fare per terrorizzare gli scettici abitanti del castello, ne veniva regolarmente ridicolizzato. Questo è stato fino a quando i postfascisti non hanno vinto – nel generale stupore degli indifferenti – le elezioni, fatto forse attribuibile alla sottovalutazione del pericolo da parte degli elettori o forse ad una loro consapevole e convinta adesione. Fatto sta che – finalmente! – sono stati presi sul serio: la gente si è accorta di loro e li ha votati . Anche gli opinion leader si sono accorti di loro prendendo atto che fanno sul serio e ora provano – vivaddio! – a rimediare quando ormai i buoi sono entrati nella stalla con poche probabilità di uscirne presto. Le varie esternazioni in fascistese dei rappresentanti del governo sulle Fosse Ardeatine( Meloni), su via Rasella (La Russa), sul merito scolastico (Valditara), su Dante fondatore della destra (Sangiuliano), sulle colpe dei migranti (Piantedosi) e i vari provvedimenti di carattere chiaramente classista e in ultimo la querelle sul 25 Aprile e sull’ antifascismo, hanno finito per risvegliare la sopita coscienza democratica del Paese in generale e della classe intellettuale progressista in particolare. Ora si dichiara da più parti ed in modo esplicito che il pericolo fascista c’è e che i fascisti sono al governo. Al governo di un Paese che vanta una bella Costituzione antifascista. E ci si aspetta che alla sostituzione etnica perpetrata dai migranti, loro risponderanno con la sostituzione identitaria di stampo fascistoide attaccando la Resistenza e la Costituzione. Affermando che l’uso del termine antifascismo è obsoleto perché il fascismo non c’è, ma intendendo implicitamente che, proprio perché c’è non consentirà nessun anti. Basta togliere la parola antifascismo per resuscitare il fascismo, senza destare sospetti?

Anna Maria Guideri, 29-04-2023

Cardini e il Nodo Borromeo

Fascismo ieri ed oggi di Gian Luigi Betti

Franco Cardini è noto per il libero pensiero che non teme l’impopolarità. Le sue posizioni sulla guerra Ucraina, che mettevano in risalto le responsabilità Usa e Nato, non sono state apprezzate dalla maggioranza della classe politica italiana (ma condivise dall’opinione pubblica). Così come non sono stati apprezzati i suoi distinguo sulle ragioni, storiche ed attuali, dell’Islam nei cfr dell’Occidente cristiano e soprattutto le incongruenze della politica dei paesi occidentali nei riguardi dei paesi mediorientali.
Recentemente si è rapportato con il fenomeno dell’ascesa politica del partito della Meloni affrontando una serie di questioni cruciali, sul piano storico, politico e culturale. In sintesi i punti affrontati vertono tutti sulle questioni relative alla eredità fascista del suo partito nell’Italia contemporanea.
Il professore, pur manifestando un rispetto formale per il personaggio, non manca di bacchettare la Meloni per il fatto di essere a capo di un partito confuso, con uno staff inadeguato, costituito da militanti ed attivisti tra il rancoroso e il grottesco, di aver proseguito nell’azione trasformista che ha portato dal vecchio MSI all’attuale FdI (scialba copia della vecchia DC), di essere succube di un antifascismo che definisce confuso non essendo in grado di fare i conti con la tradizione storica del fascismo. E le raccomanda di rimettere la fiamma nel simbolo e di non dichiararsi antifascista.
Nel Cardini “politico” talvolta avverti il rigore dello studioso, altre volte l’astuta dialettica del retore, altre volte ancora l’abile faziosità del polemista. Mai le banali cialtronaggini della maggior parte dei politici e dei corifei della destra e del centro.
Considerato che non è facile dimostrare l’esistenza in Italia di un Nodo Borromeo costituito da Cultura- Intelligenza-Fascismo, Franco Cardini potrebbe rappresentare l’eccezione; vale la pena di approfondire l’argomento in un successivo momento.
Per il momento apprezziamo la bella testimonianza di Andrea Montagni, ripromettendoci di riprendere in discorso a breve.

Gian Luigi Betti 1 maggio 2023

Il fascista iscritto alla CGIL di Andrea Montagni

Leggevo alcuni commenti di compagni delusi per la comparsata del professor Franco Cardini, insigne medievalista e profondo conoscitore della cultura e del mondo arabo e islamico, in una qualche trasmissione televisiva nella quale aveva penosamente difeso con argomentazioni risibili, la Meloni e è il suo partito sulla querelle fascismo e antifascismo di lei e dei suoi sodali.
Cardini è persona gradevole nell’eloquio ed esponente di quel vasto ambiente intellettuale che si oppone alla omologazione bellicista del mondo dell’informazione e accademico italiano e non da oggi. Per questo, nella rottura degli argini ideologici che ha caratterizzaro gli ultimi 30 anni, molti hanno iniziato a considerarlo punto di riferimento sulle questioni internazionali.
Questo mi ha richiamato alla mente i miei inizi di dirgente sindacale nel Sindacato università della CGIL fiorentina di cui divenni nel 1988 Segretario Generale.
Il Sindacato università aveva allora nell’ateneo fiorentino poco meno di 300 iscritti tra personale tecnico-amministrativo e ricercatori. Organizzava anche una pattuglia di professori ordinari, quasi tutti socialisti di area lombardiana (i docenti comunisti erano iscritti all’USPUR, sindacato autonomo dei cattedratici). Come segretario feci una verifica degli iscritti e scoprii tra i nominativi dei docenti quello di Franco Cardini. Gli scrissi una lettera molto cortese nella quale gli segnalavo che per un qualche errore amministrativo risultava versare le quote sindacali alla CGIL.
Mi rispose cortesemente che non si trattava di un errore. Allora gli riscrissi invitandolo a revocare la delega, poiché le sue posizioni politiche (era dichiaratamente fascista) erano incompatibili con l’appartenza alla CGIL, dicendogli che in caso contario avrei provveduto ad espellerlo.
Le sue assistenti (tutte ricercatrici iscritte alla CGIL) vennero da me a perorare la sua causa. ma fui irremovibile. Lo Statuto della CGIL era (ed è) fin troppo chiaro.
Tuttavia, il mo gesto fu nell’insieme più subito che condiviso tra molti iscritti ricercatori e associati (con l’esclusione della piccola pattuglia di ordinari socialisti).
Il profesor Cardini mi scirsse una lettera molto dura – forse nell’archivio della CGIL Università seppellito chissà dove ci sarà ancora il carteggio- nella quale in sostanza mi diceva che per lui la CGIL era il sindacato di classe dei lavoratori e io uno prigioniero di schemi passati e superati dalla storia su fascisti e antifascisti, ma che per evitare uno scontro pubblico avrebbe provveduto a revocare la delega. Confermò così la sua intelligenza politica, la sua educazione, ma anche di essere un fascista.
Chi è deluso dalle sue dichiarazioni odierne gli manca di rispetto, ma soprattutto senza volerlo ha, verso i fascisti, la stessa attitudine di Violante….

Andrea Montagni, 30 aprile 2023 (da Facebook)

Il sor Matteo l’attivista

Il sor Matteo al Ministero
mai lo vedon per davvero
Che ci sia ognun lo dice
ove sia nessun lo sa,
come l’Araba Fenice,
che sedeva sul sofà,
il sor Matteo lo paghiamo
per restare sul divano.
Va in TV, scende in piazza,
manco lui sa ove ramazza;
solo conta l’apparire,
poco importa cosa dire:
è un continuo chiaccherare,
lui lo chiama lavorare,
gli altri dicon blaterare.
Ma il sor Matteo al Ministero
è Ministro per davvero?

Il Baffo Aretino, aprile 2023

Renzi e Calenda solo una merenda

Renzi e Calenda
un amore durato
appena quanto una merenda.
Come quelle del Pacciani
che di compagni ne aveva di ben strani,
come il bieco Iago e il moro Otello,
che di Desdemona,
per via di un pìcciol tovagliolo,
fecero gran flagello.
Renzi e Calenda, un amorazzo,
come quello della bella Elena spartana
che da sposa di Menelao,
sol per del bel Paride il sollazzo,
partì da Sparta e finì figliol’ di Troia,
tanto per non dire gran puttana,
che infiniti addusse lutti,
agli Achei, ai Greci ed ai troiani tutti,
ma anche a questo italico cazzo,
esattamente come il duo dell’intrallazzo.
E qui speriam che la storia sia finita
ché altrimenti non c’è più la partita.

Il Baffo Aretino, aprile 2023

Salvini a Campi Bisenzio

da Memorie di Cacania di Gian Luigi Betti: Salvini a Campi Bisenzio ovvero 4 gatti e un cane

4 gatti e un cane anzi 2

Vinco la mia senile ritrosia per le perdite di tempo in stronzate e mi accingo ad osservare con lo spirito e le tecniche dell’etologo il comportamento rituale di un gregge leghista. L’occasione è ghiotta: in quel di Campi Bisenzio officerà la cerimonia il maschio alfa e capo supremo: l’onorevole, si fa per dire, Matteo Salvini. Il grande capo l’ho osservato alla televisione, come riuscire ad evitarlo? Mi è sempre parso odioso per quel che dice e antipatico a pelle, ma non privo di un certo carisma e di una furba abilità politichese: un capetto insomma in grado di fidelizzare e trascinare il proprio gregge, di facile palato, ma ce ne sono di tipo diverso?
Il ritrovo è nella piazza Dante, quella del Comune che si vuole espugnare, alle 10 del sabato 22 aprile 2023. Alle 10,10 arrivo nella piazza: a quanto pare la mobilitazione esterna, dei fan in gita permanente effettiva a supporto del capobranco, pronti ad osannarne qualsiasi stravaganza, a partire dai costumi istrioneschi, è ridotta ai minimi termini. I locali sono ancor meno: in tutto non si arriva a cento capi. Alcuni oratori tra cui il candidato sindaco si avvicendano al microfono spiegando agli astanti come sarà bello il comune strappato ai comunisti (annoto le affermazioni e mi riprometto di chiedere loro dove hanno visto i comunisti, così, tanto per avere un po’ di compagnia). I cordoni delle forze dell’ordine e le troupe televisive soverchiano il pubblico: arriva il capo ed il gregge si divide: più della metà dei presenti si affolla attorno a Salvini con lo stesso eccitato accorrere della anatre quando getti loro del pane nello stagno. Salvini impavido rilascia interviste, dirige le telecamere, esorta, con cenni della mano, gli oratori a continuare a parlare al solo fine di garantire un sottofondo sonoro realistico ad uso del futuro telespettatore. Poi finalmente sale sul palco: sono attento a cogliere i segreti del capo: le frasi ad effetto, la postura, i toni enfatici, insomma tutto il repertorio del buon oratore. Grande delusione: dal vivo la sciarada delle banalità mostra la scarsa convinzione di chi le pronuncia, il tono non è quello di un capo, piuttosto quello di un avventore del bar di paese e di quelli piuttosto scarsi, la postura è rassegnata, tesa più a confondersi che a imporsi. Se qualcuno si fosse aspettato un epigono della grande tradizione oratoria occidentale, nata nelle assemblee dell’antica Grecia e perseguita nel corso dei secoli dai grandi personaggi che hanno occupato un posto nella Storia, si sarebbe facilmente accorto che Salvini non è di quella stoffa. Semplicemente non esiste un personaggio Salvini capo-popolo: esiste il suo avatar mediatico frutto di un demiurgo che ritaglia e cuce in maniera sapiente espressioni e frasi che, se seguite in sequenza naturale e dal vivo, mostrerebbero la loro vacua futilità ed inefficacia comunicativa.
Anche il gregge sembra cogliere la stanchezza della diretta, reagisce appena e senza convinzione, agli ordini dei capi claque.
Ai margini, appoggiati al muro delle case prospicienti il comune, ben distanziati per non essere confusi con i leghisti, una siepe di pensionati si gode il sole ed osserva compunta e silente. Molti sono usciti col cane. Ad un appello più vigoroso del Salvini, risponde uno dei cani con un ululato lamentoso e prolungato. L’intero pensionato si agita e dà segni di approvazione, anche da parte del gregge si avverte un qualche apprezzamento per il diversivo. Poi, concluso l’ululato, l’altro cane prosegue nel suo uggiolio lamentoso e la colonia felina torna al suo pacato ronfare.

Gian Luigi Betti, Campi Bisenzio, 22 aprile 2023

SE VEDO NON CREDO

(ovvero, il pensiero magico del nostro tempo…)
di Anna Maria Guideri

Un carattere distintivo della nostra odierna società è la tendenza a non credere all’evidenza. Nego dunque sono, è la rivisitazione attualizzata del noto assunto cartesiano di fronte alla irriducibile negazione dei fatti più ovvi. Perché, se è lecito e pure auspicabile interpretare i fatti alla luce della nostra personale visione del mondo, secondo il diritto democratico alla libertà di pensiero, non lo è altrettanto negarli e stravolgerli di sana pianta. Si dice che oggi manca la visione, ma non manca certo la visionarietà intesa come attitudine ad inventarsi un mondo a misura delle proprie frustrazioni, farneticazioni, deliranti ambizioni. La prova regina di questa commedia – o tragedia? – dell’assurdo si è vista con il covid quando in presenza di migliaia di morti e di camion carichi di bare – ma forse trasportavano sassi … -si gridava insensatamente e con buoni indici di ascolto, che era tutta un’invenzione di un non meglio identificato complotto internazionale che non aspettava altro che i pipistrelli per far fuori la specie umana. In un mondo alla rovescia non si crede all’evidenza né alla logica, ma all’assurdo. Viene ribaltato il pensiero scettico – e sensato – di San Tommaso del se non vedo non credo in se vedo non credo. Vedere è la conditio sine qua non per negare ciò che è sotto gli occhi di tutti. Più si vede, meno si crede; più si sa, meno si vuol sapere … Come si spiega questo fenomeno? Come è possibile che i cervelli corrano all’ammasso per suicidarsi come i famosi lemming siberiani? Rifiuto della realtà che contraddice le nostre aspettative? Saturazione nei confronti di una strabordante quantità di imput spesso confusi e contraddittori che ci tempesta e ci sovrasta oltre ogni umana sopportazione e ci spinge a rifugiarci nei paradisi artificiali del complottismo e del nemico immaginario? Un nemico potentissimo e invincibile costruito a misura del nostro senso di impotenza e di inutilità per giustificare il nostro odio, la nostra follia, la nostra fuga dal reale? Un nemico inesistente per evitare accuratamente di affrontare l’esistente? Paradossalmente, il culto dell’immagine che domina la nostra società, finisce per condurci al culto dell’immaginario. Ci si ferma all’apparenza per sfumare nell’inconsistenza e nell’assenza. C’è una specie di masochismo nel credere in ciò che non si vede, quasi una forma fanatica di fede religiosa all’incontrario che ci riporta ai tempi dell’oscurantismo medioevale e a Galileo bypassando – in un’epoca a conduzione tecnologica – il pensiero razionale negando l’evidenza e usando la farneticazione come espressione dell’ideologia del complotto. Una ricetta per tutte le occasioni ove convenga dimostrare che la realtà scomoda, proprio perché si vede, non esiste. Infatti solo gli ingenui possono credere a ciò che vedono; i furbi invece, dotati dell’ultravista, riescono a vedere ciò che gli altri non vedono. L’immaginario ha da sempre costituito una consolatoria via di fuga dalla dura realtà della vita, ma non ha mai preteso di sostituirla. Realtà e fantasia, pur avendo molti punti di contatto, appartenevano a piani diversi e distinti, non confusi. Oggi non è più così. Il trionfo della realtà virtuale, pur essendo un prodotto della più avanzata tecnologia moderna, favorisce il ritorno del pensiero magico sostitutivo della realtà effettiva e promuove la fiction a verità rappresentativa del nostro tempo. E così, in virtù di questa nuova professione di fede, di questa sostituzione del reale con i suoi fantomatici ultracorpi, assistiamo allo smantellamento del pensiero razionale. Qualche esempio:
– poche migliaia di migranti minacciano di sostituire sessanta milioni di italiani; (sostituzione etnica);

-i ricchi sono vittime dei poveri;
– i migranti morti affogati minacciano i vivi sulla terraferma;
– i poveri sono colpevoli della loro povertà;
– gli aggressori sono vittime degli aggrediti;
– chi offende è vittima dell’offeso;
– chi uccide le donne è vittima delle donne che ha ucciso;
– gli omosessuali – accertata minoranza – minacciano di estinzione la specie umana;
– i figli delle coppie omogenitoriali non hanno gli stessi diritti dei figli delle coppie eterosessuali;
– chi sfrutta è vittima dello sfruttato;
– i delinquenti sono vittime dei magistrati;
– i morti di covid sono un’invenzione;
– i vaccini sono veleni usati per sterminare la specie umana;
– gli scienziati sono sicari al soldo di potenti lobby;
– i nazifascisti caduti in via Rasella erano innocui musicisti (vedi La Russa).
CONCLUDENDO:
I carnefici sono vittime delle loro vittime. La Meloni non è fascista. Questa destra fa anche cose buone …

Anna Maria Guideri, 20-04-2023