MOTTI DA LEGARE 12 (amg)

1 – Prossime elezioni. “Renzi cerca il grande centro… “ c’entro o non c’entro?”
2 – L’inno del Parlamento sciolto: al voto al voto!
3 –“ Berlusconi è molto preoccupato per la denatalità …” soprattutto da quando non può più dare una … mano!
5 – La democrazia non è una questione di numeri, ma di idee.
6 – Uno stupido si riconosce perché è soddisfatto di sé senza averne motivo. Una persona intelligente si riconosce perché non è mai soddisfatta di sé pur avendone motivo. Vedete in giro politici insoddisfatti di sé?
7 – Siccità. “La nostra rete idrica fa acqua da tutte le parti …” Allora siamo fortunati!
8 – La mediocrità è forse il prezzo che la democrazia deve pagare per vincere?
9 – Dilemma M5S: o sfasciare o sfasciarsi.
10 – Draghi: l’aureola è diventata un cappio.
11 – Tutti intervistano Renzi: Renzi di qua, Renzi di là … il vuoto spinto.
12 – “Il problema è che oggi la gente non si guarda più dentro …” sennò si potrebbe spaventare!
13 –Sinistra divisa: Finalmente vinceranno Salvini e Meloni …. così ci si potrà sfogare!
14 – Le sfilate: a Conte, prima gli hanno sfilato la Presidenza del Consiglio, poi gli hanno sfilato la caduta del governo Draghi.
15 – Renzi al PD: “Se vi alleate con i grillini non potrete contare su di me …” Santa Alleanza subito!
16 – L’Italia è in grave crisi da molto tempo: centro di gravità permanente.
17 – Crisi di governo: siamo davanti a un bivio o a un trivio?
18 – I piccoli partiti sono più liberi perché pesano meno sulle decisioni: La sostenibile leggerezza del non essere.
19 – Renzi: “Bisogna fare una grande coalizione sennò vince la destra …” Renzi che fai, rinneghi gli amici?
20 – Vacanze virtuali: siamo andati in un POST bellissimo.
21 – Putin: è semplice, per non fare la guerra basta cambiarle nome!
22 – Troppi migranti: le stretture di accoglienza.
23 – Chi non ama i propri simili non ama nemmeno se stesso. Perché? Perché sono simili!
24 – Presto andremo a votare: Al vuoto al vuoto!
25 –Guerra, procacciatrice di fame e di eternità.
26 – Savoir faire. Se la Meloni vincerà le prossime elezioni le auguro, nell’interesse del Paese, di ottenere tutto il successo … che si merita!
27 – “Renzi corre da solo … “ “Perché nessuno gli sta dietro?” “No, perché nessuno gli va dietro!”
28 – “Berlusconi rischia di presiedere il Senato …” Rischia lui o il Senato?
29 – “La maggioranza ha i numeri?” Sì, e li dà!
30 – “Non c’è tempo da perdere …” Bisogna vedere … quello fascista è un tempo da perdere … ma non da dimenticare!

Anna Maria Guideri, 28 luglio 2922

IL 2 PER CENTO amg

Con la crisi di governo
misteriosa al proprio interno
– Draghi dà le dimissioni
senza aver molte ragioni –
della RAI le tre testate,
tutte a reti unificate,
mandan Renzi sempre in onda
con la sua facciona tonda,
la sua aria strafottente
ad imbambolar la gente.

Sempre in mezzo, sempre in vista,
sempre da protagonista:
con il solo 2 per cento
lui si crede un gran portento;
con la stampa genuflessa
di parlare mai non cessa.

Fanno a gara i giornalisti,
sia di destra ed anche misti
– per salvare Draghi Mario –
a rincorrere il sicario
che ha fatto fuori Conte
e il governo mandò a monte …

L’uomo senza qualità
bocca della verità?
Il signor del 2 per cento
dice sempre non mi pento
e da vero e proprio oracolo
vuol ripetere il miracolo
di salvare ancora Draghi:
il miglior di tutti i maghi.

Si dà arie da stratega
e dei voti se ne frega;
si può dir che è un vuoto spinto,
un pallone gonfio e finto …
ma gli appoggi li ha sicuri:
sono i poteri oscuri
che lui serve, da pupazzo,

per i giochi di palazzo
e per stare sempre al centro
solo con il 2 per cento!

Anna Maria Guideri, 20-07-2022

Miti e leggende da sfatare: la maggioranza (amg)

E’ dato per scontato che non si possa parlare di democrazia senza rispettare le decisioni della maggioranza, ma non è altrettanto scontato che tutte le maggioranze prendano decisioni democratiche. Nella generale – e spesso strumentale – semplificazione in atto, la maggioranza viene sventolata come vessillo della democrazia: una scusa buona per tutte le occasioni e per farsi, anche a torto, tutte le ragioni. Si tappa così la bocca a chi dissente, forti di una superiorità numerica che conferisce non solo il vantaggio della vittoria, ma anche quello di possedere la verità. E questo è in netta contraddizione con il concetto di quella democrazia che la maggioranza crede di incarnare. E’ usata come un passepartout per tutte le controversie: la carta vincente per sostenere argomenti perdenti. Ma la maggioranza non abita da sola, convive, non proprio pacificamente, ma inevitabilmente, con la minoranza. L’una non esiste senza l’altra: vivono e muoiono insieme. Entrambe possono affermare, a buon diritto, di appartenere al sistema democratico – anche se con un peso decisionale diverso – per un fatto di numeri, ma non di contenuti. La disponibilità superiore dei voti attiene alla maggioranza, le decisioni che per mezzo dei voti vengono prese, attengono alla democrazia. La quale è più riconoscibile dalla qualità dei provvedimenti che vengono votati che dalla quantità di voti che essi ricevono. Eppure, nella situazione socio-politica confusa che stiamo vivendo non sembra che queste idee siano ben percepite dalla maggioranza sia dei cittadini comuni che dei politici. La maggioranza è vissuta come una specie di elisir di eterna giovinezza della democrazia, tanto che si fa di tutto per mantenerla in forma ricorrendo ai restyling più all’avanguardia assemblando pezzi così male assortiti da dare vita, come nell’attuale maggioranza parlamentare, ad un vero e proprio ircocervo, ad un oggetto non meglio identificato che viene chiamato democrazia. L’importante è fare numero, poi, con chi e per che cosa, è secondario. Siamo nel caos? Nella stagnazione? C’è tutto e il suo contrario …? E’ la maggioranza, bellezza! E se così vuole la maggioranza, così vuole la democrazia! Questo è l’equivoco che induce coloro che dispongono della maggioranza dei voti a spacciare per democrazia tutte le cazzate che votano e tutte le buone leggi che non votano. La democrazia e la maggioranza non vanno confuse. La democrazia non può fare a meno della maggioranza, ma purtroppo la maggioranza può fare a meno della democrazia varando provvedimenti contrari allo spirito democratico. Così, paradossalmente, capita che le varie maggioranze, in virtù del potere decisionale conferitogli dalla democrazia, adottino provvedimenti poco democratici o non rimuovano, come recita l’articolo 3 della nostra Costituzione, gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini … Come quelli contro i migranti, contro la parità di genere, contro lo ius scholae, contro le coppie omosessuali, contro il trattamento di fine vita … Se il criterio di maggioranza è considerato un valore in sé tanto da oscurare il merito su cui si deve pronunciare, prevarrà la ragione della forza sulla forza della ragione con tanti saluti alla democrazia! Sembra strano, ma la democrazia ha il suo punto debole proprio nei suoi punti di forza: i valori. Il suo germe autodistruttivo nasce dall’elevatezza dei suoi ideali, dal riconoscimento dei diritti umani. Le sue regole garantiste le si possono ritorcere contro per eccesso di zelo,. Come nel caso dell’Assemblea delle Nazioni Unite dove vige il criterio del voto unanime che di fatto blocca spesso decisioni importantissime. Di democrazia si può morire? Forse sì, verrebbe da dire, sia per eccesso di zelo come nel caso dell’ONU, sia per averla fraintesa credendo che basti prendere qualche voto in più per definirsi democratici e avere ragione. Di democrazia si può morire? Noi no; è la democrazia che muore per mano nostra, cosa che succederà con il futuro governo italiano se vincerà – democraticamente – la destra di Meloni e Salvini.

Anna Maria Guideri, 16-07-2022

SENZA FINE (amg)

(Il tormentone del politicamente corretto)

Ritorno, dopo un po’ di tempo, sul luogo del delitto, quello del dibattito sul politicamente corretto che il dramma epocale della guerra avrebbe dovuto fortemente ridimensionare, ma che invece sta mostrando una insospettata vitalità forse degna di migliori occasioni. Già la definizione che Putin ha dato della sua feroce aggressione allo stato ucraino – operazione speciale – non osando pronunciare la parola guerra, ma osando invece infliggerla mietendo vittime innocenti fra la popolazione civile inerme, ripropone il tema annoso del linguaggio verbale e del suo ambivalente potere di informare o di manipolare i fatti a seconda di come, perché e da chi venga usato. La polemica esplosa fra le opposte fazioni dei cosiddetti pacifisti e guerrafondai – l’una contraria, l’altra favorevole all’invio delle armi all’Ucraina – ha riproposto, insieme al dilemma della scelta politica più opportuna da fare, il tema di come definire correttamente i sostenitori delle rispettive correnti di pensiero. Putiniani o antiputiniani?, Pacifisti o guerrafondai? E gli ucraini che non si arrendono, resistenti o combattenti non paragonabili ai nostri mai troppo rimpianti partigiani? Non mi interessa inoltrarmi in sottili disquisizioni, più degne dell’Accademia della Crusca che del conflitto armato in atto, ma di quanto questo approccio alla situazione serva più a confonderla che a chiarirla e quanto riveli l’inadeguatezza umana e culturale di chi se ne fa portavoce. Di quanto la radicalizzazione dello scontro verbale nei vari talk show costituisca una vera arma di distrazione di massa de-viando l’attenzione dei cittadini dalla guerra vera alla guerra finta, dalla guerra delle armi alla guerra delle parole, dal sangue alla salsa di pomodoro delle fiction. Inavvertitamente, le grandi calamità che da sempre hanno funestato il genere umano, grazie al magico potere della tecnologia digitale e della manipolazione verbale, non sono più quelle di una volta. Si trasformano prodigiosamente da mostri che erano, in topolini quasi inoffensivi dei quali si può parlare tranquillamente stando seduti sul divano davanti alla TV . Il reale e il virtuale vengono percepiti confusamente e assorbiti inconsciamente come un magma indistinto dal quale è difficile estrapolare sia la realtà dei fatti che la loro devastante ricaduta nella nostra vita. Che sia guerra, che sia fiction, la reazione emotiva è quasi la stessa, è più da telespettatori che da cittadini, anche perché la scatola che trasmette le immagini – sia reali che virtuali – è sempre la stessa. Insomma, se le bombe non ci cadono proprio addosso, è facile pensare che sia tutto un film! Per questo usiamo le parole per dire parole e non per dire cose.

Anna Maria Guideri, 11-06-2022

MOTTI DA LEGARE 11 (amg)

1 – Retropensiero: perché dobbiamo inviare le armi per salvare la democrazia, se la democrazia non fa niente per salvare noi?

2 – Per raggiungere l’uguaglianza, basta far mancare il necessario a tutti.

3 – Beato quel Paese che non ha bisogno di eroi … ma nemmeno di rei!

4 – Il politicamente corretto fa più scalpore del politicamente corrotto.

5 – Democrazia odierna: confondere la libertà di idee con la libertà di propaganda.

6 – Scaricabarili: c’è sempre qualcuno che delinque al posto nostro.

7 – La differenza non fa differenza, l’indifferenza invece, sì.

8 – Quanto più un danno è irreparabile, tanto più il responsabile si rende irreperibile.

9 – Progresso tecnologico: meglio sbagliare da esseri umani che non sbagliare da automi.

10 – Politica: ogni promessa è un dubito.

11 – Condizionamento mediatico: che ce ne facciamo della libertà se non sappiamo come usarla?

12 – Discriminazione: perché dovremmo amare i nostri dissimili?

13 – Non si vive di solo pane, ma c’è chi non ha nemmeno il pane per vivere.

14 – Un maestro è grande anche quando sbaglia? Soprattutto quando sbaglia, se lo riconosce!

15 – Vacanze: c’è chi va al mare, c’è chi va in montagna e c’è chi va nel deserto … televisivo!

16 – Coerente non è chi non cambia idea, ma chi, a non cambiarla, ci rimette.

17 – Deriva della sinistra: se siamo sempre dalla parte dei poveri … poveri noi!

18 – La democrazia richiede cultura civica ed etica … ecco perché è così difficile che venga rispettata.

19 – La diversità è accettata solo se è un di più, non un di meno.

20 – Verità o falsità? La gente non si fida del fantastico autentico, ma del falso spacciato per vero.

21 – Tutti invitano Putin a sedersi ad un tavolo, ma lui preferisce stare in piedi.

22 – Darwin rivisitato. Evoluzione della specie 2: da ominidi ad umani; da umani a cittadini; da cittadini a telespettatori; da telespettatori a digitali; da digitali a robot; da robot a codici …

23 – Dilemma. Se è così difficile distinguere gli scemi dagli intelligenti, chi potrà scegliere gli intelligenti per neutralizzare i danni compiuti dagli scemi?

24 – Il pregiudizio si spiega soprattutto con la pigrizia mentale.

25 – Gli esseri umani amano più la vittoria della verità, ma purtroppo, non si somigliano per gnente!

26 – Era digitale: libertà di divertirsi sempre di più e di capire sempre meno.

27 – Tutte le destre si somigliano, mentre ogni sinistra è sinistra a modo suo …

28 – Tempi moderni: tutto ciò che è virtuale è reale.

29 – Guerra: la verità è semplice, ma noi siamo molto complicati.

30 – Magra consolazione. Meglio che il mondo vada male, così ci dispiacerà meno lasciarlo!
31 – Flop della Lega & C. al referendum sulla giustizia: sbagliando non sempre s’impara, ma a volte ci s’azzecca!

Anna Maria Guideri, 15-06-2022

Amos Cecchi e Paul Sweezy

Cecchi, Amos
Paul M. Sweezy : monopolio e finanza nella crisi del capitalismo / Amos Cecchi. Firenze. University Press, 2022. (Studi e saggi ; 234)

L’edizione cartacea ò acquistabile tramite gli usuali canali. L’editore mette inoltre gratuitamente a disposizione il testo in formato pdf all’indirizzo: https://www.fupress.com/isbn/9788855185608

In coda alla presentazione

  • una storica foto: la prima volta che un gruppo di giovani comunisti fiorentini discute in un seminario estivo sui testi di Sweezy, Baran, Magdoff ed altri consultando l’edizione italiana della Montly Review
  • un articolo di Amos Cecchi del 24-8-2016 su Il capitale monopolistico

Presentazione di Gian Luigi Betti

Disegnare il percorso intellettuale e i contributi che Sweezy ha dato alla comprensione delle dinamiche che governano il capitalismo contemporaneo poteva risultare un’impresa destinata al fallimento. In altri tempi il tentativo avrebbe potuto essere intrapreso dal primo assistente di un potente luminare che avrebbe garantito il proprio appoggio alla di lui carriera in cambio di un servaggio pluriennale che sarebbe stato impiegato dal succube in parte per la ricerca e la stesura del testo atto a guadagnare la titolarità del ruolo e la relativa libertà. Opere così accurate, al di fuori dell’ambito accademico, in questo settore sono assai rare. Amos Cecchi ha fatto un lavoro che solo una passione disinteressata ed una certosina competenza potevano giustificare. La materia non è di quelle più allettanti: non è un caso che l’economia sia stata definita la scienza triste. Pur mantenendo il rigore che la materia richiede, il lavoro di Amos segue il metodo della migliore tradizione marxista: non c’è scienza economica senza visione storica e senza contestualizzazione sociale, culturale e politica. Ne risulta un’opera adatta allo specialista ma anche al curioso dei fatti del mondo.

Il trattato, ricchissimo di note e di riferimenti molto accurati, rappresenta una guida sicura alle tematiche attuali: la finanziarizzazione, il ruolo e l’evoluzione dei monopoli, le modalità di esplicazione delle catene del valore, l’interdipendenza tra politica ed economia, il ruolo degli stati e neo-imperialismi compresi.
Parte degli scritti sweeziani richiamati da Amos li abbiamo letti nell’edizione italiana della Monthly Review tanti anni fa, anzi li abbiamo bevuti con l’entusiasmo di chi scopriva l’attualità di quel gran romanzo ottocentesco che è il Capitale di Karl Marx e che veniva declinato in chiave moderna da Sweezy & Co. Questo non è un aspetto secondario; molti giovani comunisti, iscritti alla Fgci o appartenenti alle diverse sezioni del movimento sessantottino vi trovarono il conforto di una lettura critica della società contemporanea. La maggior parte di costoro aveva letto molto, dai testi di Marx, Engels ecc. alle dotte analisi di riviste serie della sinistra istituzionale.

Critica Marxista, ad esempio, ospitava il meglio del pensiero politico, filosofico e storico della cultura marxista. Scritti raffinatissimi che spesso celavano un dibattito interno al PCI che noi non riuscivamo a cogliere; un vero e proprio corpus esoterico accessibile solo ad affiliati molto attenti ed accorti.

Rinascita ospitava ovviamente sempre un livello alto anche se più divulgativo del pensiero di sinistra. Sì ma tutto rimaneva nell’ortodossia. Comprendiamo adesso che erano tutte espressioni di quella grande scuola che era il partito comunista, che aveva come compito primario la formazione di un intellettuale collettivo i cui membri fossero in grado di comprendere ed agire individualmente nella società ma nell’ambito di regole che ne disciplinavano l’azione all’interno di una organizzazione gerarchica strutturata per ruoli e competenze: il linguaggio iniziatico rappresentava una necessità ed una ottima pratica.

Ma il ‘68 tutto poteva essere ma non disciplina. In quella versione nostrana della campagna dei cento fiori la MR ha rappresentato un rigore non ortodosso. Un buon compromesso per i giovani comunisti, insofferenti della disciplina del partito ma accorti e restii al canto seduttore di troppo esotiche sirene: dalle nuove analisi traevamo il conforto dell’idea di nuovi orizzonti d’azione e sognavamo la fine dell’incubo di morire democristiani.

Il fatto era che il Pci (e tutto il sistema politico italiano) era ingabbiato nella logica della Guerra fredda: capitalismo Usa vs comunismo Urss. Per cui il passo obbligato era far di necessità virtù: il cappello americano a tutela dell’ordine democratico difeso con ogni mezzo, strategia della tensione, stragismi e quanto altro, senza possibilità alcuna di ricorrere all’aiuto dell’antagonista, stante gli accordi di Yalta. Il Capitale monopolistico di P.Baran e P.Sweezy, insieme ad altre pietre miliari come L’uomo a una dimensione di H.Marcuse ed agli scritti “terzomondisti” di Samir Amin allargano l’orizzonte cognitivo di un’intera generazione: il mondo non è del tutto bipolare: il modello capitalismo non è da una sola parte e non sarà necessariamente debellato con la vittoria dell’Urss, che anzi ne perpetua la vita nella forma di capitalismo di stato; il capitalismo è soggetto a crisi sistemiche, lo stato regola l’economia con le politiche monetarie ed industriali ma soprattutto con welfare e guerra, i monopoli … tanti tarli e tante cose da approfondire. Per apprezzare l’attualità di queste vecchie analisi basta pensare all’oggi: l’affermarsi ineluttabile di un policentrismo economico culturale e geopolitico contro il bipolarismo di allora ed il monopolismo di poi, il ruolo strategico e strutturale della guerra nella fase attuale del capitalismo.

Noi della Federazione Giovanile Comunista Fiorentina discutevamo del capitalismo monopolistico (e anche di quello di Stato), dei nuovi assetti del capitale finanziario, del ruolo del management che succedeva nella gestione del potere decisionale alla stessa proprietà … memorabile al riguardo il seminario di Campigno, in quel di Marradi sull’Appennino Tosco-Romagnolo, che è immortalato dalla foto che ci mostra, tra gli altri, anche il ns buon Amos Cecchi. Ovviamente non eravamo i soli a discutere sulle tesi “eretiche” degli economisti marxisti americani. Nel capitolo VI paragrafo 3. Monopoly Capital in Italia molto opportunamente Amos Cecchi riporta il dibattito che la pubblicazione de Il capitale monopolistico e la Montly Rewiew suscita all’interno del Pci e della sinistra “tradizionale”. Si rileva subito che la questione assume il ruolo di catalizzatore delle due principali anime del partito, quella della tradizione e l’altra più sensibile ai grandi mutamenti che si prospettano all’orizzonte: uno iato che si riflette anche a livello generazionale, coi “giovani” tutti tra gli eretici (definiti a seconda dei casi revisionisti o movimentisti).

Sulla questione del capitalismo dopo Das Kapital, MR è stato il nostro faro. Ed Amos Cecchi si era buttato a fondo fin da allora ad affrontare queste tematiche. Con gli studi di economia non ha mai abbandonato la passione di approfondire il pensiero degli “americani”: quando molti anni più tardi, oramai concluse le nostre vite produttive, l’ho trovato in quell’isola meravigliosa che è il suo studio, dove pazientemente aveva raccolto e tradotto tutti gli scritti della MR, anche quelli dell’edizione americana che aveva pazientemente raccolto con tenace e certosina passione, quasi non credevo ai miei occhi.

Oggi scorro l’indice del libro, leggo qualche brano qua e là, apprezzo il rigore delle note unito all’esposizione piana ma rigorosa di argomenti che sono di loro natura complessi e specialistici: in atteso di godermi appieno la lettura del testo e magari intervenire su qualcuna della numerose questioni ancora aperte in una teoria che sembra, come quella di Marx in generale, trovare nella contemporaneità la migliore verifica della sua lungimiranza e vitalità. Accenno queste poche note, con l’auspicio che contribuiscono a rinnovare e magari far rivivere almeno parte di quella antica comunanza di quei ex giovani curiosi e volenterosi.

Personalmente penso di utilizzare l’ottima sistematizzazione degli argomenti del libro come sistema di classificazione per una bibliografia degli studi più recenti sull’evoluzione del capitalismo contemporaneo. Chi fosse interessato a collaborare all’impresa mi può contattare.

Gian Luigi Betti 14 giugno 2022
gianluigibetti43@gmail.com 3396849025

Il primo seminario sulla Monthley Review della FGCI a Campigno

Amos Cecchi: futuro anteriore di un libro

PUCCIO (amg)

Un gatto unico? No, l’unico gatto!

di Anna Maria Guideri

L’incontro

Ci siamo incontrati in un lontano mattino di primavera del 2007. Eri un esserino minuscolo con dei baffi tanto lunghi e maestosi da sembrare posticci nel tuo musetto spaurito. Anche la coda si faceva notare , lunga e sottile come quella di un serpentello : una promessa della sua futura magnificenza. Le orecchie, due perfetti triangoli isosceli, lunghi e dritti, tesi a captare ogni segnale sospetto e gli occhi , due splendidi, grandi smeraldi indagatori e diffidenti, non infantili , malgrado i tuoi pochi mesi di vita. Tutto il resto era un mucchietto di ossicini ricoperti da un folto e lungo pelo screziato di nero, di bianco, ramato. La tua espressione risoluta lasciava intendere che volevi vivere e così è stato. Mi colpì, prima di tutto, una mascherina bianca intorno al puntino rosa del naso – antesignana delle future misure anti-covid – che sbucava da una fitta siepe. Ci siamo guardati e hai capito che ti potevi fidare; ti sei lasciato prendere docilmente in braccio e da allora non ci siamo più lasciati. All’epoca c’era ancora Remo con noi e tu gli hai subito voluto bene perché, nonostante i suoi modi un po’ spicci, era lui che si occupava dei generi alimentari, era lui che si alzava presto al mattino e ti riempiva la ciotola di croccantini. Hai mirato subito alla sostanza schierandoti decisamente dalla parte giusta!

Il capo sono io!

La nostra è una convivenza abbastanza pacifica ed armoniosa, soprattutto se sei tu a condurre il gioco. Quando ti sei messo in testa qualcosa non molli e, prima con le buone, poi con le cattive, mi vinci per sfinimento e cedo. Ti strofini, mugoli, lecchi, mi circuisci in mille modi, ma se io non collaboro, ti frapponi tra me e l’oggetto del mio momentaneo impegno, deciso a tutto, anche a ridurmi all’impotenza, pur di farmi crollare: e ci riesci! Ormai ci conosciamo bene e ci comprendiamo a meraviglia; non abbiamo segreti l’una per l’altro anche se tu trovi sempre il modo di vivacizzare il nostro rapporto giocandomi degli scherzetti da prete, macché, da gatto! Soprattutto quando, per motivi di rappresaglia, ti inabissi in misteriosi anfratti per farmi girare a vuoto per la casa alla disperata ricerca di te. Diavolo d’un felino domestico! Con te mi sono dovuta conquistare tutto: stima, fiducia, amore … niente mi è stato regalato! Accudendoti scrupolosamente, ma anche considerandoti, parlandoti, interrompendo la lettura, la scrittura, le faccende di casa, la visione di un programma televisivo … E a seconda di come rispondo alle tue dolci insistenze , tu adotti di volta in volta la strategia del bastone e della carota all’insegna del più equo scambio: non dai mai più di quanto ricevi: sei un gatto, perbacco, mica un cane!

Premi e castighi

Un esempio calzante di questa strategia del bastone e della carota si ha la sera, quando andiamo a dormire. Tu adotti provvedimenti premianti o sanzionatori a seconda di come ti ho trattato durante la giornata. Se sei rimasto molte ore da solo, se ti ho trascurato perché avevo da fare o da parlare con qualcuno, se insomma non ti sei sentito al centro della mia attenzione, mi ripaghi con la stessa moneta fingendo che io non esista. Invece di balzare sul letto per condividere con me il sonno e i sogni, ti ritrai nel soggiorno in gran dispitto, impermeabile ad ogni mia lusinga. Mai che tu dia segni di cedimento accogliendo subito le mie scuse. Devi salvare la faccia, pardon, il muso, facendo passare un po’ di tempo utile ad esprimere quell’indifferenza sorniona tipica della dignità felina offesa, prima di riapparire nel vano della porta. Invece, se la trascuratezza non è stata troppo grave, non mi fai attendere, ti sdrai in fondo al letto senza fare le fusa mantenendo una dignitosa ed accigliata distanza. Vuoi farmi capire che si può dare di più, ma non te ne vai. Quando invece mi comporto bene ti sdai e ti sdrai sulla mia pancia come su un feudo di tua esclusiva proprietà e tronfio e trionfante ti abbandoni alle fusa più sperticate : quello è il tuo 10 e lode per me.

Il risveglio

Che delizia essere svegliati al mattino da una leccatina sul naso con il sottofondo musicale delle tue gorgoglianti fusa! Quando eri piccolo non avevi ancora imparato le buone maniere e non avevi molto riguardo per il mio sonno. Pretendevi che mi alzassi alle prime luci del mattino e mi piombavi sulla pancia, venendo meno alla tua proverbiale grazia, deciso a buttarmi giù dal letto. Ho dovuto insegnarti l’educazione ricorrendo a metodi un po’ spartani chiudendoti in salotto: con le buone maniere si ottiene tutto! L’isolamento non ti piace; non ti piace essere messo fuori gioco e così sei addivenuto a più miti consigli diventando più docile, paziente, educato prendendo atto che la battaglia del sonno era una delle poche che non potevi vincere. Hai capito che, anche gli esseri superiori come i gatti, qualche volta devono venire a patti con la realtà. Sai essere anche diplomatico ; qualcuno direbbe – non io – ruffiano e opportunista, ma comunque hai imparato a stare al mondo più di tanti umani, compresa me, che credono di poter impartire lezioni di vita a voi felini: che pretese!

Il peso della cultura

Io e te condividiamo l’amore per la lettura e spesso ci contendiamo libri e giornali sui quali ti piace sdraiarti soprattutto quando mi distolgono dall’adorarti. Da piccolo sceglievi a colpo sicuro i tomi più voluminosi e ponderosi disposti negli scaffali. Il tuo preferito era un grosso volume la cui copertina mostrava il volto serio e un po’ accigliato di Palmiro Togliatti, lo storico Segretario dell’ex P.C.I. Per niente intimidito dall’illustre personaggio politico, ti appollaiavi su di esso con l’aria tipica di chi domina i contenuti della storia. Ora sei cresciuto e non puoi più permetterti di salire sugli scaffali alla conquista della cultura e ripieghi sui libri e sui giornali che io leggo sul tavolo. Mi sfidi con aria provocatoria costringendomi a scegliere te. Come posso leggere se ci sei tu? Come posso preferire Shakespeare a te? Non ti manca certo l’autostima! Sei davvero un esempio terapeutico per tutti coloro che dubitano di se stessi, me compresa!

La prova d’amore

Sei un gatto sentimentale e romantico e mi sottoponi sempre a prove d’amore la più importante delle quali è quella della ciotola. Pretendi insistentemente che io ti stia vicina e ti accarezzi mentre mangi; soprattutto se il piatto del giorno non è il tuo preferito, hai bisogno di essere consolato e risarcito. Ma a volte la tua richiesta non ha a che fare per niente con la fame, ma solo con il bisogno d’affetto. La ciotola è solo una scusa, una vera e propria messa in scena per impietosirmi ed indurmi a coccolarti quando sono in tutt’altre faccende affaccendata. Infatti, appena mi chino su di te, inarchi tutto contento il dorso e smetti di mangiare abbandonandoti alle carezze, dopodiché fai dietro-front lasciando la ciotola quasi intonsa.

Non passi lo straniero!

Quando arrivano persone, soprattutto se si trattengono troppo, non ti mostri molto ospitale: l’accoglienza non ti viene facile, in particolare verso gli stranieri. Non sarai mica un po’ leghista? La tua cosiddetta accoglienza si svolge in due fasi. La prima – soprattutto se gli ospiti non ti sono simpatici – è quella di sparire all’improvviso con la velocità degna di un illusionista, in attesa della liberazione dall’invasore: quello sarà il tuo 25 Aprile! Di solito ti mostri indifferente ai loro tentativi di seduzione e ti rendi irreperibile per tutto il tempo dell’occupazione, a meno che la sosta non superi il livello massimo della tua pazienza. In tal caso – e questa è la seconda fase dell’ accoglienza – fai il tuo trionfale e corrucciato ingresso nella sala, tenti di distrarmi con mille moine, ma, se si rivelano inutili, ti dirigi verso i malcapitati ospiti e cominci ad aggrapparti alle loro terga, senza un minimo di rispetto. Se poi, anche questa strategia risulta infruttuosa allora, come una sentinella, vai a presidiare la porta d’ingresso e non ti muovi di lì fino a quando non hanno tolto il disturbo. Allora ti abbandoni a fusa e a danze di gioia facendo piroette e capriole sul tappeto. Queste sono le occasioni in cui perdi il tuo proverbiale aplomb di aristogatto della progenie nordeuropea!

Il folletto che follia!

Non hai molta dimestichezza con il progresso tecnologico e con i suoi infernali derivati. Un esempio? Quello strano essere extraterrestre, rumoroso, invadente, dalla velocità supersonica che risponde al nome di folletto. E chi lo impugna bellicosamente tutti i lunedì alle 9 del mattino, mentre fai colazione o ti aggiri tranquillo fra le quiete stanze? La Simonetta! Entra con il suo sorriso più gentile, tenta un approccio affettuoso con te che, come al solito la ignori, poi … cos’è, cosa non è … imbraccia quella specie di mostruoso oggetto non identificato e senza nessun riguardo per la tua sensibilità, lo fa girare dappertutto radendo al suolo ogni cosa, anche i tuoi minuscoli ninnoli che nascondi di solito sotto il tappeto. Ma per la Simonetta non ci sono segreti e niente si salva: un vero Attila senza pietà, per i gatti! Il folletto è un vampiro che succhia tutto e tutto fa brillare … tranne il tuo umore!

Dr. Jekyll e Mr. Hyde
( La malattia)

Quando fosti operato perché non riuscivi più a fare la pipì, rivelasti inaspettatamente un altro aspetto della tua personalità, un lato aggressivo e ribelle, irriducibile che creò non pochi problemi al personale medico che ti aveva in cura. Eri diventato un vero Mr Hyde: irriconoscibile. Soffiavi, ti gonfiavi fino a diventare una palla di pelo, graffiavi, mordevi, ti divincolavi, eri una vera e propria furia. Non ti facevi toccare da nessuno, tranne che da me. Solo con me ti rabbonivi e ti facevi imboccare e tenere fermo durante la terapia. La tua ira funesta non risparmiava nessuno, nemmeno i tuoi malcapitati compagni di sventura, altri gatti ricoverati in gabbie di isolamento, alcuni sottoposti, come te, a terapia intensiva. Ma appena mi vedevi apparire in fondo al corridoio ti calmavi di botto, diventavi docile come un agnellino e ti affidavi a me in modo totale e commovente. Il veterinario, Dr Vincenzo, diceva: ma questo gatto appena la vede s’illumina d’immenso, è proprio innamorato di lei!

Psicosoma

Quando invece ad ammalarmi sono stata io, ho dovuto assentarmi, per il ricovero ospedaliero, per quasi due mesi. Sapevo, dalla buona Orietta, che si è presa amorevolmente cura di te senza però potermi sostituire, che soffrivi, che mi cercavi e che temevi non tornassi più. La conducevi in camera e le mostravi, con aria desolata, il letto vuoto. Quando finalmente sono tornata – per mia e per tua fortuna – sana e salva, non credevi ai tuoi occhi. La tua voce quasi umana era un misto di gioia, di domande e di dolci rimproveri. Eri spaesato e, prima di accendere il motorino delle fusa, hai dovuto convincerti che ero davvero io. Nel tempo dell’abbandono e della solitudine hai sofferto molto e ti sei riempito di bolle, soprattutto sul collo. Il Dr. Vincenzo, vedendoti così conciato, mi ha subito chiesto se avevi subito un trauma, visto che si trattava di una reazione psicosomatica. Fortunatamente sei guarito grazie alle cure, all’amore e al provvidenziale lockdown che mi ha costretta a stare in casa per un bel po’. Tutto sommato tutto il male non vien per nuocere, soprattutto per i gattumani come te, dotati di anima immortale!

La guerra delle poltrone

Decisamente abbiamo gli stessi gusti in fatto di arredo: la nostra è una vera e propria lotta per le poltrone. Appena mi sdraio mollemente su una poltrona pregustando il piacere di rilassarmi e di leggere in santa pace, eccoti apparire. Mi gironzoli intorno accerchiandomi e stringendomi d’assedio studiando la strategia più adatta per potermi defenestrare e sostituire tra i morbidi cuscini. All’inizio ti aggiri con una certa prudenza per non destare sospetti, per poi fare lo scatto fulmineo appena faccio la sciocchezza di alzarmi per pochi attimi lasciando sguarnito l’oggetto del contendere. Al mio ritorno trovo il posto occupato da una immobile ciambella pelosa del tutto sorda alle mie rimostranze fino a quando una zampa artigliata mi avverte che chi va via perde il posto all’osteria !

Quel che è tuo è mio!

La poltrona, si sa, è uno dei simboli del potere al quale, ogni felino che si rispetti – e ogni uomo che non si rispetti – aspira. Tuttavia non è l’unico oggetto che mi appartiene a cui miri, ingaggiando vere e proprie lotte per il suo, non sempre legittimo, possesso. Basta che io, in alcuni momenti, dedichi a taluni oggetti un’attenzione superiore a quella che dedico a te, per renderli attrattivi ai tuoi occhi: veri e propri irrinunciabili oggetti di desiderio. Molti sono i beni sui quali rivendichi un diritto di proprietà: penne e lapis che mi strappi di mano con la grazia e la fermezza delle tue zampatine; libri e giornali su cui ti sdrai coprendo completamente la superficie leggibile; cuscini, giubbotti, scarpe, borse e quant’altro mi appartenga e venga da me usato con una certa distraente frequenza. La proprietà privata esiste solo per te e sono io con tutto l’armamentario di cui dispongo. Sono io il tuo patrimonio immobiliare inalienabile, il tuo bene supremo. Sei un vero accaparratore di beni altrui. Non sei, ahimè, un gatto di sinistra!

Sei bello e lo sai.

Sembra tu abbia un istinto infallibile per trovare le location e le pose più adatte a mettere in risalto il tuo fascino. Vale la pena di scoprire a quali strategie ricorri, a come studi gli angoli, i punti di luce, gli sfondi più appropriati ad inquadrare la tua bellezza. Come il tuo corpo assuma le forme più leggiadre e seducenti per costringerci a capitolare e ad adorarti. Come quando ti sdrai supino offrendo voluttuosamente la pancia e la gola morbide e tiepide alle mie carezze e alle grattatine … o quando ti raggomitoli con la zampina posata sugli occhi in un gesto pudico, aggraziato e sornione mentre la coda – unica parte del corpo a dare segni di vita – si esprime con impercettibili fremiti di gioia. Si stenta a credere che tu non sia un abilissimo impresario di te stesso: vanitas vanitatis, il tuo nome è Puccio!

La coda fa la spia!

Quando qualcosa non ti torna, per farmelo capire mi punisci sparendo dalla circolazione e ti rifugi negli angoli più impensati. Mentre ti cerco dappertutto ti chiamo usando tutti i registri vocali possibili, dai toni acuti, sommessi, imploranti, impazienti, affettuosi, melodiosi, allettanti, ma … niente, non ci caschi! Tu, più forte dei marinai di Ulisse, non ti fai incantare dalle sirene, ammesso che io possa essere scambiata per una di loro! Per un po’ ti rendi irreperibile … fino a quando … fino a quando vedo spuntare da sotto la poltrona la punta fremente della tua coda che tradisce la tua presenza. Per qualche minuto la commedia continua con il gioco delle parti : tu che resti nascosto illudendoti di non essere stato scoperto, io che fingo di non averti visto e continuo a chiamarti con la voce più flautata possibile … Poi, tac, afferro la coda e la tiro suscitando le tue stizzite rimostranze a suon di soffi, miagolii, graffi: questa volta hai perduto, ma non lo vuoi proprio ammettere. Ah, se non fosse stato per la coda!

Il perdono

Capita a volte, quando meno me l’aspetto, che tu abbia delle reazioni aggressive. Questo succede soprattutto quando non vuoi che io esca di casa, evento paventato che tu deduci dai gesti che compio – indossare il giubbotto e la borsa, prendere le chiavi – … allora ti avventi fulmineo contro le mie gambe e mi mordi sul serio sperando di fermarmi. Io a quel punto, sentendomi così ingiustamente trattata, mi arrabbio e ti sgrido allungandoti anche qualche sonoro sculaccione. La tua reazione è alquanto imprevedibile. Ti allontani con l’aria più mortificata che impaurita e ti apparti silenzioso poco distante da me. Io continuo a brontolarti con un tono molto più calmo e persuasivo ma fermo, cercando di farti capire che così non si fa. E infatti tu capisci di esserti comportato male e lamentandoti sommessamente ti avvicini, ti strofini alle mie gambe e con l’aria più contrita del mondo mi chiedi perdono con accompagnamento di dolcissime fusa.

Sono andati, fingevo di dormire …”

Quanto ti piace fingere di dormire! Spesso ti acciambelli sul divano e te ne stai perfettamente immobile ad occhi chiusi. Mi avvicino in silenzio e mi chino dolcemente su di te baciandoti sul musino. Nessun segnale mi arriva che sei sveglio e che gradisci le mie effusioni, ma, considerando le antenne feline, la tua non può essere che una performance da grande attore. Te ne stai lì beato, fermo come una statua, non fai niente per respingermi né per trattenermi. Poi però, se io interrompo le coccole , apri prima un occhio, poi l’altro e cominci a mugolare sommessamente facendo le fusa più ruffiane che un gatto possa produrre per dirmi: Non te ne andare, resta, voglio ancora le coccole!

Il Conte Mugolino

Tu miagoli di rado, solo quando ti trovi costretto in una situazione senza via d’uscita, altrimenti prevale il desiderio di fare il misterioso, di renderti irreperibile: è la tua prova di forza , l’affermazione del tuo potere su di me. Preferisci mugolare. Il tuo, infatti, più che un miagolio, si può definire un mugolio sommesso, senz’altro più raffinato del comune miagolio , lingua del volgo felino non blasonato. E’ una melodia che varia dal mormorio, alla cantilena, al gorgoglio sensuale; insomma riesci ad esprimere con una poetica varietà di toni, tutta la gamma dei tuoi stati d’animo, delle tue emozioni. E’ come se tu seguissi, con scrupolosa attenzione, uno spartito musicale con lo stile e la classe che ti caratterizzano e che fanno di te un vero Conte Mugolino.

Spillover

Il nostro rapporto è così speciale che a volte ci capita di guardarci intensamente negli occhi e di percepire il profondo e misterioso legame che ci unisce. Ci sembra di essere sul punto di fare quel fatidico salto di specie, meglio conosciuto come spillover, e cioè il passaggio dal gattoall’essere umano o … viceversa! Verranno finalmente abbattute le barriere che ci destinano ad appartenere a due diverse specie animali? Chi dei due potrebbe trarre maggior vantaggio da questa mutazione genetica? In ogni caso non dovrebbe essere un gran trauma per nessuno dei due perché la nostra sintonia -macché sintonia, simbiosi! – è così perfetta che io già mi sento un poco te e forse tu ti senti un poco me!

Anna Maria Guideri, 15-05-2022

Vent’anni dopo (mb)

Nel ventennale del Social Forum del 2002

di Moreno Biagioni 5-06-2002

Nel romanzo di Dumas intitolato ‘Vent’anni dopo’ i prodi moschettieri, a distanza di un ventennio dalle loro imprese giovanili, proseguivano nel loro impegno per le buone cause. Similmente, nel ventennale del Social Forum occorre ribadire la volontà di molti-e, in varie parti del mondo, a battersi per ‘un altro mondo possibile’.
E’ indubbio, infatti, che le iniziative a Firenze per il ventennale del Social Forum del 2002 avranno un una ruolo significativo se riusciranno a ricostruire legami, collegamenti, tensioni verso obiettivi comuni fra le esperienze ed i movimenti, che continuano ad esistere, nei vari paesi, ma vanno avanti in modo del tutto scollegato, riducendo così la loro efficacia, la loro capacità di incidere e di procedere verso cambiamenti reali.
Sarà quindi questo il tema centrale degli incontri e delle assemblee che si susseguiranno il 10-11-12-13 novembre.

Ma avrà la sua importanza anche la ricostruzione di ciò che accadde vent’anni fa, ricordandolo a chi lo visse allora, e magari se n’è dimenticato, e facendone memoria storica per chi è arrivato dopo all’impegno solidale, sociale e politico.
Si veniva dalle drammatiche giornate di Genova dell’anno prima, in cui vi era stato il tentativo di annullare con la violenza poliziesca le analisi, le elaborazioni, le proposte che provenivano dall’incontro fra realtà molto diverse fra loro, accomunate però dall’idea di cambiare il mondo – nel nome di principi essenziali quali la pace, la solidarietà, la cooperazione -.

Il ricordo della Genova del 2001 determinava un clima di paura, alimentato dalla stampa cittadina, con una campagna terroristica partita da lontano, che prospettava il ripetersi a Firenze di quanto era avvenuto nella città ligure, e cioè il susseguirsi di violenze – provocate, secondo una vulgata diffusa, da chi partecipava al Social Forum – che avrebbero messo a soqquadro la città.
Ignoravano, o fingevano di ignorare, i ‘benpensanti’ di turno, che le azioni violente genovesi, come sa bene chi fu presente alle manifestazioni di quei giorni, chi si trovò alla Scuola Diaz, chi venne rinchiuso a Bolzaneto, erano state opera delle forze di polizia, quelle che avrebbero dovuto garantire l’ordine. E tutto ciò è stato ampiamente dimostrato anche in sede giudiziaria.
Molti negozi provvidero, anche con notevoli spese, a dotarsi di strutture per difendersi dai temuti, e temibili, assalitori.
Un buon numero di persone sostenne che quel ‘matrimonio’, fra Firenze e il Social Forum, non si sarebbe dovuto fare perché metteva a rischio la sicurezza di tutte e di tutti.

Fortunatamente, dopo un primo sbandamento iniziale, vennero fuori gli anticorpi, volti a contrastare la paura e le campagne terroristiche.
Le istituzioni, a cominciare dal Presidente della Regione Claudio Martini, seguito poi dal Sindaco di Firenze Leonardo Domenici, sostennero le ragioni del Social Forum e dell’opportunità di farlo a Firenze.
L’ARCI si adoprò perché, a partire dalle sue strutture, ci fosse piena disponibilità all’accoglienza, tanto che diverse case del popolo si dissero disponibili ad ospitare i partecipanti che sarebbero arrivati da tutta Europa, e non solo – anche quelli che la campagna terroristica indicava come pericolosi, tipo le ‘tute bianche’ di Casarini -.

Sempre l’ARCI, insieme alla Comunità dell’Isolotto, alla FIOM-CGIL, alla Fondazione Michelucci, con la collaborazione della Consulta per l’Immigrazione dell’ANCI Toscana, dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana e con il sostegno della Regione stessa – anche finanziario -, della Provincia di Firenze, del Consiglio di Quartiere 4 del Comune di Firenze, produsse una pubblicazione, in italiano ed in inglese, intitolata ‘Tracce di un’altra storia’, in cui si presentavano, come si scrisse nell’introduzione al fascicolo ‘… pezzi di storia, tante volte dimenticati, rimossi o negati e altrettante volte riscoperti, ricuciti e integrati in nuovi cicli di lotta e speranza di cambiamento’.
Stampata in 20.000 copie, fu usata per comunicare ai-alle partecipanti al Social Forum che esisteva una Firenze solidale disponibile ad accoglierli-le – contrariamente a quanto risultava dagli organi d’informazione che andavano per la maggiore, con ‘La Nazione’ in prima linea -.

Il fascicolo fu successivamente ampliato e trasformato in un libro che prese il titolo di ‘Firenze crocevia di culture’ e che fu distribuito essenzialmente nelle scuole.

La sera prima dell’avvio dei lavori alla Fortezza da Basso, Enzo Mazzi, della Comunità dell’Isolotto, dette il benvenuto in piazza Santa Croce a quanti-e arrivavano a Firenze da tutto il mondo.
Lo fece a nome, appunto, della Firenze solidale ed accogliente, che si stava impegnando per ospitare le migliaia di partecipanti, nei Circoli e nelle Case del Popolo, come s’è già accennato, ed in strutture come le Baracche Verdi della Comunità dell’Isolotto, ma anche nelle abitazioni private.

In pochi giorni si riuscì a rovesciare l’impostazione che aveva prevalso fino ad allora. Progressivamente, accoglienza e solidarietà divennero egemoni nel panorama cittadino – si può dire che in questo caso, in contrasto con i principi dell’economia, la ‘moneta buona’ scacciò la ‘cattiva’ -, come fu dimostrato da una eccezionale partecipazione di fiorentine-i alle giornate alla Fortezza da

Basso, dove furono presenti, fra l’altro, intere scolaresche, e dalla straordinaria manifestazione conclusiva per la pace, che vide centinaia di migliaia di persone sfilare per i viali – dalla Fortezza a Campo di Marte – benevolmente sostenute dalle-dagli abitanti delle case circostanti, che in molti casi applaudivano e fornivano l’acqua da bere ai-alle manifestanti.
Unica nota in sintonia con il clima precedente di paura, i molti negozi chiusi -alcuni dei quali blindati, come s’è accennato in precedenza -, che si ritrovarono davanti i cartelli con scritto ‘chiuso per ignoranza’.
Il che, comunque, fece la fortuna dei pochi aperti, che ebbero una affluenza altissima.

E’ bene ricordare il percorso che portò al Social Forum del 2002 ed il suo svolgimento perché dimostrano come sia possibile, con azioni incisive e coerenti, sul piano culturale, sociale, politico, determinare cambiamenti sostanziali, nel clima diffuso, nell’orientamento complessivo, nell’opinione pubblica. Oggi, probabilmente, vi è da contrastare, più che un clima di paura, una situazione generale d’indifferenza e di chiusura, dovuta anche alla pandemia in corso, dei singoli nel proprio guscio.
Occorre allora, anche localmente, partire dalle esperienze esistenti. Tanto per fare alcuni esempi, in campi diversi, penso ai lavoratori ed alle lavoratrici della GKN, alla ‘fattoria senza padroni’ di Mondeggi ed a ‘contadino clandestino’, alle pratiche sportive alternative del Lebowski. Più in generale, a ‘Fridays for future’, a ‘Non una di meno’, alle realtà lgbtq+, a iniziative per la convergenza delle diverse esperienze come la Società della Cura e la Costituente della Terra,
cioè a movimenti in grado di portare nel Social Forum le tematiche ambientali, femministe etc. non sufficientemente presenti in passato.

E’ soltanto in un’ottica del genere che il Social Forum del ventennale può costituire davvero una tappa importante nel processo di ricostruzione di un fronte unitario e composito di soggetti che lottano ‘per un altro mondo possibile – e sempre più urgentemente necessario -’.
Avendo chiaro che in una situazione di guerre diffuse e di rischi di conflagrazioni atomiche la pace costituisce un obiettivo prioritario. E’ l’indispensabile premessa dell’altrettanto indispensabile riconversione ecologica.

 Moreno Biagioni 5-06-2002

L’importanza di essere responsabile (amg)

responsabilità senza sogni e sogni senza responsabilità

Un luogo comune non è altro che una ex verità che il tempo e l’abuso hanno svuotato del suo significato originale rendendolo un involucro verbale generico e retorico, buono per tutte le occasioni. Questa breve riflessione ha tratto spunto dall’intervento di Ludovico Arte, Preside dell’Istituto tecnico per il turismo M. Polo di Scandicci, in occasione dell’iniziativa Più Campi tenutasi il 21 Maggio nella limonaia di Villa Montalvo indetta dal PD locale con la partecipazione dell’Amministrazione Comunale. Il Preside, interpretando il comune sentire, o meglio, un luogo comune molto sentito, ha imputato al PD la colpa di avere perso il contatto con le nuove generazioni perché troppo responsabile e di buon senso, mentre i giovani vogliono sognare … per finire, guarda caso, proprio tra le braccia dei più grandi sognatori di professione come la Lega e Fratelli d’Italia … loro sì che li fanno sognare i giovani! –. Stiamo attenti a non trasformare il legittimo auspicio di intercettare il mondo giovanile rivedendo in modo autocritico contenuti e forme comunicative della politica, con un approccio giovanilistico ruffiano e intriso di luoghi comuni di sicuro, ma anche di fuorviante, effetto. Il punto che mi preme qui sottolineare non è tanto la fondatezza dei rilievi fatti dal Preside, in parte condivisibili, ma quanto il PD sia superato perché troppo responsabile e, in quanto tale, vecchio. L’equazione La responsabilità sta ai vecchi come il sogno sta ai giovani è francamente forzata e stucchevole.

La responsabilità e il buon senso come fattori limitanti, cause di perdita di consenso, cascami della vecchiaia dai quali è bene guardarsi e soprattutto è bene tener lontani i giovani? Questo ricorso all’artificio di una contrapposizione – sogno/responsabilità – come a due categorie incompatibili ed endemiche al conflitto generazionale, lo trovo veramente – questo sì – superato, un vero luogo comune, un ferrovecchio meritevole di rottamazione. Come se il sogno per realizzarsi non avesse bisogno di essere supportato dal senso di responsabilità e questo non avesse bisogno, a sua volta, della spinta motivazionale – propulsiva? – del sogno; un tempo si chiamava utopia. Credo che la sana tensione rivoluzionaria che molti giovani coltivano non possa trovare spazio rinunciando al senso di responsabilità con il suo corredo indispensabile di conoscenze e di competenze adeguate. Quale antinomia può esserci per un pilota aeronautico tra il volare alto ed essere in possesso di tutte le qualità umane e le competenze tecniche necessarie a svolgere bene il suo lavoro? Più alta è la meta, più grande dovrà essere il senso di responsabilità per raggiungerla. I giovani hanno bisogno di volare, ma non come Icaro con le ali di cera.

Per ritornare al PD credo, contrariamente a quanto sostenuto dal Preside, che il suo limite non sia quello di essere troppo responsabile, ma semmai quello di non esserlo abbastanza in ordine al ruolo che ricopre e ai valori che dice di voler rappresentare: una responsabilità senza sogni? Questo è probabile. Se c’è un deficit – come pare – di convinzione, di coesione e di coraggio, il primo a risentirne sarà proprio il senso di responsabilità. Se la governabilità – da perseguire comunque, viste le alternative – in tempi tanto difficili, esige mediazioni anche al ribasso, è anche vero che l’impegno politico di un partito sedicente di sinistra dovrà spendersi molto sul piano culturale ed etico per sostenere e diffondere i suoi valori fondanti. Se la responsabilità, anziché essere un adattamento rassegnato o opportunistico alle logiche della governabilità, è il frutto di un convincimento difficile ma alto, come quello di salvare la democrazia minacciata dai rigurgiti fascistoidi, allora sarà resa credibile e attrattiva non solo per i giovani, ma per gente di ogni età. La passione e l’onestà intellettuale di chi se ne fa coerente portavoce, suggeriranno anche le forme comunicative più adeguate per arrivare al cuore dei più. Questo non è l’essere, ma il dover essere. Utopia? Forse, ma è certo che se non c’è senso di responsabilità, non c’è utopia che tenga!

Anna Maria Guideri, 25-05-2022