PICCOLI HITLER CRESCONO (amg)

E’ da un po’ che il fantasma di Hitler si aggira per l’Europa – di fatto non se n’è mai andato del tutto – ma l’attuale guerra russo-ucraina lo ha rilanciato alla grande ponendolo al centro del contendere fra le due parti che si rinfacciano reciprocamente ascendenze dinastiche riconducibili all’illustre predecessore e capostipite della progenie nazionalsocialista. Nei salotti buoni televisivi si fa un gran parlare di Hitler e di chi, fra i due nemici– Putin e Zelensky – ne sia il legittimo erede. Siamo forse invasi da una moltitudine di ectoplasmi hitleriani, oppure siamo un po’ a corto di argomenti per poter valutare ed eventualmente attribuire con una certa fondatezza la responsabilità di tanta violenza a chi se lo merita? La caccia all’Hitler di turno è diventata una specie di gioco di società, un diversivo semplificatore e, paradossalmente, dirottatore dell’attenzione generale dalla tragedia che il popolo ucraino sta vivendo. Una specie di antidoto che ci aiuta ad espellere quel poco o quel tanto di pulsioni hitleriane che a nostra insaputa abitano dentro di noi. C’è sempre un Hitler da qualche parte – Saddam Hussein, Milosevic, Bin Laden, Putin, Zelensky … – sui quali scaricare il nostro bisogno di odio e di riscatto a buon mercato e ai quali attribuire tutte le colpe dei nostri guai e dei nostri errori passati, presenti e futuri. Hitler è sempre l’altro, è il mostro che si reincarna all’infinito, è il male assoluto che ci fa sentire buoni, che ci restituisce l’innocenza perduta, che ci riconcilia con noi stessi. Lui, a differenza di noi, ha avuto il coraggio di manifestarle apertamente le sue spaventose pulsioni, tanto da costituire, nell’immaginario collettivo, l’astrazione metafisica di ciò che di più terrificante si può annidare nel cuore umano … degli altri, non nel nostro! Il male del mondo dipende da Hitler e dai suoi cloni, mica da noi! Il nostro istinto ci guida verso il truce estinto che compie, in nostra vece, le azioni più efferate deturpando, come nel Dorian Gray , il ritratto della nostra opaca coscienza. Al suo confronto tutti gli altri colpevoli,– compresi noi – impallidiscono e le nostre cattiverie personali non sono che balbettamenti da dilettanti allo sbaraglio. Finché c’è Hitler c’è speranza! Concludo con un neo-verbo che a mio parere, riassume grammaticalmente ciò che ho voluto dire.

Verbo HITLERARE, indicativo presente, prima coniugazione
Io Hitler
Tu Hitler
Egli Hitler
Noi Hitler-iamo
Voi Hitler-ate
Essi Hitler-ano

Anna Maria Guideri, 13-05-2022

Una persona qualunque che parla della guerra (et)

Da ragazzino, quando Trieste fu ricongiunta al resto del paese, andammo a visitare quella città. Non mi ricordo un granché di Trieste. Mi ricordo invece della sosta che facemmo a Redipuglia. Quelle enormi gradinate segnate dalle lapidi con i nomi, quell’ossessiva scritta PRESENTE mi impressionarono molto. Il babbo mi disse che c’erano più di centomila morti, presenti in quel cimitero. Presente voleva dire allora che erano li, dentro quelle gradinate. I miei nonni erano stati costretti a quella guerra, e poi il mio babbo di nuovo in guerra. Fu mandato in Albania, dove rimase per circa due anni. A casa portò una scheggia di bomba che, raccontava, si era conficcata, poco sopra la sua testa, con lui ed i suoi compagni sdraiati a terra, conficcata in un albero. La conservo ancora. Io pensavo che, al massimo tra dieci, quindici anni, sarei dovuto partire anch’io per l’inevitabile conflitto che sarebbe scoppiato. Invece non è stato così. E m’è andata bene, perché il babbo aveva avuto, qualche anno prima di quel viaggio a Trieste, una buonissima offerta di lavoro in America, e magari un viaggio in Vietnam mi sarebbe toccato, ed avrei visto da vicino vicino, quella guerra contro cui ho potuto solo urlare. Piano piano le tensioni tra i due vincitori si placavano, si stava sempre meglio, si diceva mai più, si visitavano i luoghi degli orrori, si diceva anche che solo un pazzo come Hitler poteva aver scatenato una guerra così. A tener ben presente che cosa fosse davvero la guerra, i cimiteri a noi vicini: quelli americani, nella via per Pontassieve ed ai Falciani, e quello tedesco, sulla strada per la Futa. Ma anche le immagini, ancora chiare, dei ponti distrutti, il suono dei passi su quello di legno costruito dove è ritornato il bel ponte a Santa Trinita; Por Santa Maria e Borgo San Jacopo piena di macerie. E poi Livorno, dove stavano gli zii e dove passavo gran parte dell’estate, e dove le case a terra erano di più di quelle in piedi.

E ora ritorna questa storia che solo un pazzo, etc. Sarebbe bene rendersi conto che questa consolante menzogna serve solo a giustificare i conflitti. Noi non avremmo voluto, ma, purtroppo, quel pazzo ci ha costretto. O lui o noi. Ci siamo solo difesi. E si riparla di eroi. Tutti quegli eroi che, a prezzo (o a disprezzo) della vita, sono morti per la nostra libertà. Le guerre sono straordinarie fabbriche di eroi; tutti morti, nessuno che possa dire che preferirebbe esser vivo che un eroe, quasi sempre involontario. Parlano di eroi quelli che la guerra l’hanno cercata e trovata, quei pazzi li, che poi sono quelli che guidano i paesi. Per dirla in breve, quelli che comandano. E sono sia quelli che al comando ci sono andati senza il permesso del popolo che guidano, sia quelli che ci sono andati con il beneplacito dei cittadini. Disquisire sulle colpe e le ragioni dell’uno o dell’altro, è assolutamente inutile. Discutiamo su come metter fine a questa guerra che diventa ogni giorno più feroce. Dicono: qual è l’alternativa a mandare armi all’Ucraina? I corni reali del problema sono: vuoi che la guerra continui e arrivi una guerra totale nucleare o fai di tutto perché finisca?

Sono una persona qualunque, scrivo queste parole perché mi sembrano di buon senso, ma a cosa possono, potrebbero, servire? Probabilmente a nulla. Però mi accorgo che parlando in giro con la gente comune sono sempre meno quelli che caldeggiano la guerra, quelli che sfoderano grandi ideali, parlano di dignità dell’uomo, di difesa dei diritti inviolabili della libertà e di fatto fanno gli eroi con la pelle degli altri. “Difenderemo la libertà fino all’ultimo ucraino.” Dice Stoltenberg, che ucraino non è.

E allora penso che ogni voce in più, anche la più piccina, sia una voce di protesta, e un voto di meno per i duri e puri. E invito tutti a far sentire, in ogni ambiente, la propria voce di dissenso. Chissà…

Enrico Tendi, 8 maggio 2022

COSI’VICINE, COSI’ LONTANE … (amg)

(la guerra e la TV)

Ogni giorno appare più evidente la discrasia venutasi a creare fra i toni educati, civili e raziocinanti dei salotti televisivi dove si discute dell’attuale guerra in Ucraina e le immagini agghiaccianti che ci giungono dai luoghi del massacro. Si viene colti da un senso di smarrimento, di incredulità come se fra i dibattiti televisivi e ciò che accade in Ucraina non ci fosse uno stretto rapporto; come se non si trattasse della stessa materia, della stessa tragedia. Mai, il parlare della guerra e la guerra in carne e ossa sono apparse così fuori sincrono, così lontane tra loro. Forse perché gli altri conflitti disseminati nel mondo non hanno goduto della stessa attenzione dei media, forse perché questa guerra ci sta col fiato sul collo , forse perché davvero non abbiamo le parole per dirlo. Ci vorrebbe il linguaggio dei poeti per dar voce alla sofferenza cosmica che ogni guerra porta con sé, per strappare all’indifferenza chi non ne è direttamente coinvolto. Un linguaggio alto e sintonico che oltrepassi i limiti della razionalità asettica e ci faccia vibrare all’unisono con chi è così duramente colpito. Questo flagello ci coglie emotivamente impreparati ed in parte, distaccati, incapaci di renderci conto fino in fondo che ciò che vediamo sullo schermo televisivo non è una fiction e ci riguarda molto da vicino. I toni asettici ci rassicurano. Se della guerra si può parlare con tanto self-control soppesando equamente i pro e i contro, anche se non vengono taciuti i rischi a cui stiamo andando incontro, ciò può significare che, tutto sommato, la situazione è sotto controllo. Un controllo che viene puntualmente smentito dalle immagini delle città distrutte, dei corpi abbandonati per le strade, dei missili e dei carri armati che si spartiscono brutalmente il cielo e la terra. Fra l’ordine formale dei dibattiti e il disordine reale dei combattimenti sembra non esserci un vero contatto. Questa falsa vicinanza, o meglio, questa sostanziale lontananza fra il dire e l’accadere fotografa l’incolmabile distanza che c’è fra chi la guerra la subisce e chi ne parla dal suo confortevole salotto televisivo. Certamente il distacco emotivo è necessario per poter dipanare una matassa tanto ingarbugliata eppure, la dismisura di questo evento bellico richiederebbe, oltre alla lucidità dell’analisi politica e storica, il pathos che non siamo più in grado di provare stando al riparo della nostra collaudata estraneità al dolore umano. In Europa, un così lungo periodo di pace riempito in gran parte da un eccesso di consumi materiali, svuotato dei valori culturali ed etici, frastornato dall’invasione della tecnologia digitale, è culminato nella diminuzione dell’umano sentire, in una vera e propria anestesia dell’anima. Se il percorso della storia, come sostengono gli studiosi, è lineare perché indietro non si torna, forse allora è il caso di dire che indietro non si torna perché non siamo mai andati avanti! La natura umana sembra obbedire alla legge astrale del moto apparente di alcuni corpi celesti, in perfetta sintonia con il principio gattopardesco del tutto cambia perché niente cambi. L’essere umano è sempre quello della pietra e della fionda e paga la sua fortunata conquista del benessere materiale e della lunga pace – poco meditata – di questi anni, con una progressiva disumanizzazione e con il ritorno alla barbarie. Si vive con un vago senso di vuoto attutito da una overdose di riempitivi fasulli per simulare una pienezza che non c’è. Percepiamo il nostro status attuale come l’unico possibile, come il solo paradigma del tutto, e non invece, del nostro niente.

Anna Maria Guideri, 16-04-2022

ODIO GLI EQUIDISTANTI di amg

Odio gli equidistanti, odio i nénéisti.
Credo che vivere voglia dire schierarsi, rischiare di sbagliare, ma anche di avere ragione: bisogna scegliere.
L’equidistanza, anche se dolorosa e conflittuale, è assenza di partecipazione, è fuga dalle responsabilità. E’ lavarsi le mani come fece Pilato che, per non decidere, fece decidere al popolo che condannò a morte Gesù.
L’equidistanza è non scegliere perché tutti fanno schifo salvo poi far scegliere a coloro che fanno più schifo di tutti.
L’equidistanza è non aiutare chi soffre perché c’è sempre qualcuno che soffre di più da qualche parte del mondo.
L’equidistanza è una maschera che serve a coprire la paura di compromettersi.
L’equidistanza si nutre di benaltrismo e di palloni in tribuna perché il problema è sempre un altro.
L’equidistanza è trattare in modo uguale situazioni disuguali.
L’equidistanza è usare il passato per non affrontare il presente.
L’equidistanza è il tentativo di acquistare l’abito immacolato dell’innocenza approfittando dei saldi di fine stagione.
L’equidistanza è trattare allo stesso modo il lupo e l’agnello.
L’equidistanza è il rifiuto di rivelare agli altri e a se stessi chi siamo veramente.
L’equidistanza è spacciare per eccesso di scrupolo l’incapacità di decidere.
L’equidistanza portò l’asino di Buridano a morire di fame.
L’equidistanza non è mai una non scelta: è la scelta degli altri.
L’equi-distanza non è mai equa, è solo distanza.

Anna Maria Guideri, 28-03-2022

Onu neonazismi e votazioni

Gino Benvenuti ci propone la rilettura di un articolo di Manlio Dinucci – Il Manifesto 24.11.2020

Il Terzo Comitato delle Nazioni Unite – incaricato delle questioni sociali, umanitarie e culturali – ha approvato il 18 novembre la Risoluzione «Combattere la glorificazione del nazismo, neonazismo e altre pratiche che contribuiscono ad alimentare le contemporanee forme di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza». La Risoluzione, ricordando che «la vittoria sul nazismo nella Seconda guerra mondiale contribuì alla creazione delle Nazioni Unite, al fine di salvare le future generazioni dal flagello della guerra», lancia l’allarme per la diffusione di movimenti neonazisti, razzisti e xenofobi in molte parti del mondo. Esprime «profonda preoccupazione per la glorificazione, in qualsiasi forma, del nazismo, del neonazismo e degli ex membri delle Waffen-SS».

Sottolinea quindi che «il neonazismo è qualcosa di più della glorificazione di un movimento del passato: è un fenomeno contemporaneo». I movimenti neonazisti e altri analoghi «alimentano le attuali forme di razzismo, discriminazione razziale, antisemitismo, islamofobia, cristianofobia e relativa intolleranza». La Risoluzione chiama quindi gli Stati delle Nazioni Unite a intraprendere una serie di misure per contrastare tale fenomeno. La Risoluzione, già adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2019, è stata approvata dal Terzo Comitato con 122 voti a favore, tra cui quelli di due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, Russia e Cina. Due soli membri delle Nazioni Unite hanno votato contro: Stati uniti (membro permanente del Consiglio di Sicurezza) e Ucraina.

Sicuramente per una direttiva interna, gli altri 29 membri della Nato, tra cui l’Italia, si sono astenuti. Lo stesso hanno fatto i 27 membri dell’Unione europea, 21 dei quali appartengono alla Nato. Tra i 53 astenuti vi sono anche Australia, Giappone e altri partner della Nato. Il significato politico di tale votazione è chiaro: i membri e partner della Nato hanno boicottato la Risoluzione che, pur senza nominarla, chiama in causa anzitutto l’Ucraina, i cui movimenti neonazisti sono stati e sono usati dalla Nato a fini strategici. Vi sono ampie prove che squadre neonaziste sono state addestrate e impiegate, sotto regia Usa/Nato, nel putsch di piazza Maidan nel 2014 e nell’attacco ai russi di Ucraina per provocare, con il distacco della Crimea e il suo ritorno alla Russia, un nuovo confronto in Europa analogo a quello della guerra fredda. Emblematico il ruolo del battaglione Azov, fondato nel 2014 da Andriy Biletsky, il «Führer bianco» sostenitore della «purezza razziale della nazione ucraina, che non deve mischiarsi a razze inferiori».

Dopo essersi distinto per la sua ferocia, l’Azov è stato trasformato in reggimento della Guardia nazionale ucraina, dotato di carri armati e artiglieria. Ciò che ha conservato è l’emblema, ricalcato da quello delle SS Das Reich, e la formazione ideologica delle reclute modellata su quella nazista. Il reggimento Azov è addestrato da istruttori Usa, trasferiti da Vicenza in Ucraina, affiancati da altri della Nato.. L’Azov è non solo una unità militare, ma un movimento ideologico e politico. Biletsky resta il capo carismatico in particolare per l’organizzazione giovanile, educata all’odio contro i russi e addestrata militarmente. Contemporaneamente, vengono reclutati a Kiev neonazisti da tutta Europa, Italia compresa. L’Ucraina è così divenuta il «vivaio» del rinascente nazismo nel cuore dell’Europa. In tale quadro si inserisce l’astensione dell’Italia, anche nella votazione della Risoluzione all’Assemblea Generale.

Il Parlamento acconsente, come quando nel 2017 ha firmato un memorandum d’intesa col presidente del parlamento ucraino Andriy Parubiy, fondatore del Partito nazionalsociale ucraino, sul modello nazionalsocialista hitleriano, capo delle squadre neonaziste responsabili di assassini e feroci pestaggi di oppositori politici. Sarà lui a complimentarsi col governo italiano sul non-voto della Risoluzione Onu sul nazismo, in linea con quanto ha dichiarato in televisione: «Il più grande uomo che ha praticato la democrazia diretta è stato Adolf Hitler».

Manlio Dinucci

DOLORE NUDO

(ovvero: l’essenziale umano)

Niente più protegge la tua carne viva, uomo.
cadono le bombe,
cadono le maschere:
il dolore è nudo.

Invano cercherai consolazione
nelle false seduzioni,
nelle stupide aspirazioni,
negl’idoli di cartapesta.

Non ti aiuterà inseguire l’effimero,
cancellare il tempo,
credere che un momento vincente
duri all’infinito.

Non ti aiuterà scambiare
la tua fragilità per sicurezza,
il tuo rifiuto della verità,
per coraggio.

Non ti basterà
affidarti al nulla
travestito di bellezza …
alla leggerezza del vuoto
all’eccesso truccato
da successo …

Forse non sarai più
né vittima né complice
della contraffazione informatica,
promessa mancata
di verità.

Né sarai più attratto
da falsi modelli di felicità.

Il dolore nudo
sostituirà la rabbia urlante
impigliata tra veli opachi
e parlerà con la voce sommessa
e chiara dell’anima.

Lo sentirai, il nudo dolore,
nel profondo del tuo essere.
Lo sentirai nella tua carne,
nella tua mente, nel tuo cuore,
nelle tue vane parole …

Il dolore spezzerà le reni
alle tue difese,
alle tue sciocche pretese,
ai calcoli meschini
di chi crede che il suo cortile
sia il mondo.

E sarà un bene.
Da lì potrai rinascere
come creatura nuova,
privata di tutto l’inutile,
dotata solo di ciò che conta:
l’essenziale umano.

Anna Maria Guideri, 18-03-2022

Il tavolo della pace

Enrico Tendi.
In occasione della Manifestazione per la pace indetta dal Comune di Firenze il 13 marzo 2022

Si doveva andare, e siamo andati. C’era la manifestazione per L’Ucraina a Santa Croce. Tutto il centro a piedi, da Santa Maria Novella tanta gente anche con bandiere, che sono sempre di più, al duomo, a palazzo vecchio, in piazza S. Firenze, e poi si disperdono tra Borgo de’ Greci, via della Vigna vecchia, via dell’Anguillara per arrivare tutti a S. Croce. Anche qui tanta gente, tante bandiere. Rimbombano parole in inglese. È difficile capire perché, prima di tutto, è inglese, e poi l’altoparlante rimbomba parecchio. Per fortuna inizia la traduzione, pressoché simultanea. È Zelinsky. Pronuncia parole forti: grazie per l’aiuto ma dovete fare di più, noi siamo Europa, combattiamo per la libertà e la vita, non ci arrenderemo mai, vinceremo. La piazza non risponde con un eccitato boato, ma applaude calorosamente. Direi doverosamente. Poi tanti sindaci, in rappresentanza di tantissime città d’Europa. Il tono e le parole sono più o meno omogenee. La libertà, i principi non trattabili, la brutalità dell’attacco, la sacralità della vita. Non vorrei dare un’impressione sbagliata: sono parole e sentimenti che sottoscrivo con tutto il cuore; le scene dell’esodo degli Ucraini sono toccanti, ed ho grande ammirazione per questo popolo. Una nazione tutto sommato piccola, con pochi milioni di abitanti, contro un gigante, sia per dimensioni che per potenza militare.

Appunto: un gigante. Il nostro David deve essere stato l’ultimo che ha vinto contro un gigante, molto più forte e potente di lui. E l’averlo come simbolo non ha salvato la repubblica da Giovanni de’ Medici, al seguito del più potente esercito spagnolo. Da ragazzo, ragazzino, ci parlavano di onore, e del sacrificio per la patria. “dulce et decorum est, pro patria mori “, scrive Orazio. Ma ora, da vecchio, diciamocelo, io ricordo con più piacere l’Omero dell’Odissea, che fa dire ad Achille, nell’Ade: “vorrei piuttosto essere l’ultimo dei servi, vivo, che regnare qui, sui morti”. Ed è lo stesso Achille che l’altro Omero, quello dell’Iliade, descrive tracotante e baldanzoso. Mussolini voleva qualche migliaio di morti, per sedere al tavolo della pace. Ne ebbe, fra militari e civili, oltre 400.000. E al tavolo della pace De Gasperi ci andò con il cappello in mano. Quanti ne servono adesso, ai Russi per “debellare superbos”, agli Ucraini per conservare l’onore?

Enrico Tendi, 13 marzo 2022

PER RIPRENDERE L’INIZIATIVA

di Moreno Biagioni 6/03/2022

La pace prima di tutto

La pace è oggi il primo obiettivo per tutte le persone di buona volontà, per tutte/i coloro cioè che vorrebbero assicurare un avvenire al mondo ed all’umanità.
E’ vero che di guerre ce ne sono state, e continuano ad essercene, parecchie nel mondo, senza che questo abbia turbato, e turbi, più di tanto la coscienza di quanti/e vivono in Europa, specialmente dei suoi governanti
L’allarme, per molti/e, è scattato, secondo una visione euro-centrica dei problemi che continua ad essere prevalente, quando la guerra ha messo piede sul suolo europeo.
Si è allora sentito affermare che veniva sconvolto il clima pacifico che durava da oltre 70 anni in Europa, dimenticando così i conflitti armati sviluppatisi ripetutamente nei Balcani, sui territori della ex Jugoslavia.

Leggi tutto “PER RIPRENDERE L’INIZIATIVA”

piccolo mondo antico

Sono alla coop a comprare i giornali. Prendo La Repubblica, Domani, Il Fatto e non trovo Il Manifesto. Frugo e trovo due copie ben rimpiattate sotto Il Giornale. Mi scappa detto: “ma proprio sotto questo giornale di merda dovevate nasconderlo?”
S’avvicina un tipetto inviperito che afferra la copia de Il Giornale e mi fa stizzoso: “io prendo Il Giornale, il migliore che ci sia”. Ribatto: “nella categoria carta igienica non c’è dubbio”. Cresce la sua rabbia, torna alla pila e mi sfida: “e prendo anche Libero”. E io: “Libero di dire cazzate, se prendi anche La Verità puoi tirare lo sciacquone e cominciare bene la giornata”. Il vile s’allontana rapido. Peccato, ai vecchi tempi poteva finire in una bella rissa a ciaffate e calci in culo.

Il Baffo Aretino, 6 marzo 2022