L’ASSASSINO E’ IL PROFITTO

Luca Ribechini su Facebook commenta il dramma di Calenzano

A distanza di pochi chilometri da Calenzano c’è la fabbrica in cui Luana d’Orazio è stata divorata da un orditoio, manomesso per accelerare la tessitura.
E c’è il cantiere dell’Esselunga, in cui altri cinque operai hanno perso la vita nel febbraio scorso, sempre a causa della “insufficienza” delle misure di sicurezza.
Ma la lista sarebbe ben più lunga, come quella delle vittime di un serial killer ben noto che nessuno vuole fermare: il Profitto.
Perché a ben vedere, se come sembra emergerà che anche nell’ENI di Calenzano sono state consapevolmente trascurate le procedure volte a proteggere la vita umana, non è solo nei confronti degli addetti ai lavori che bisogna intervenire.
Aziende spesso in subappalto e sub-subappalto, ingaggiate dal committente proprio per realizzare maggiori economie, a beneficio dell’utile economico.
O più semplicemente addetti pagati per accelerare a tutti i costi la produzione, e pazienza per i rischi in più a carico delle persone.
Secondo la teoria liberista, il Profitto è stata ed è tuttora la molla dello “sviluppo”, perché premiando la libera iniziativa individuale e la ricerca di guadagno aziendale faciliterebbe il benessere di tutta la collettività.
C’è chi addirittura ha detto che l’affermazione definitiva del modello capitalista va letta come “la fine della storia”, perché non esisterebbero ormai alternative di sorta per l’umanità.
In nome del Profitto si massacrano gli operai, si devasta l’ambiente, si scatenano guerre terribili per depredare le risorse naturali e sostenere le quotazioni di borsa del comparto bellico.
E non si tratta di cercare di mitigare il capitalismo, che ha in sé, nel proprio genoma e nel codice genetico della crescita continua e senza limiti, i cromosomi responsabili della progressiva distruzione del nostro mondo.
Chiedere un capitalismo dal volto umano sarebbe come chiedere a un leone di farsi vegetariano. Non c’entra la cattiveria, c’entra l’essenza stessa della sua natura predatoria.
Giusto, sacrosanto, inevitabile indignarsi contro l’ennesima strage di queste ore.
Purché si abbia il coraggio di fare un passo avanti e mettere in discussione il vero responsabile delle nostre sciagure.

Luca Ribechini 12-12-24

il Buon Natale di Ilario Poggesi

FONTE Facebook 16-12-24
Ilario Poggesi

“Buonasera! Non voglio derubarla, vorrei solo chiederle – per cortesia – se ha una moneta. Sa, è da questa mattina che non mangio.”
Anche io non avevo mangiato dalla mattina, ma perché sono a dieta, e così ho guardato le sue mani vecchie e gli ho fatto cenno verso la porta di uno di quei locali da stazione che puzzano di fritto vecchio e odorano di caffè, di quelli dove “si fanno” gli/di aperitivi. Lo sapevo che avrebbe voluto dissetarsi con un cartone di Tavernello, e quindi gli ho sorriso quando probabilmente nulla di quello che vedeva esposto riuscì a placare il suo senso di nausea.
L’ha preso poi il panino, uno di quelli di gomma, e una birra per farsi compagnia. Io ho bevuto un caffè e ho continuato a girare, ignorando colpevolmente tutti coloro che, dopo il terzo, vedendomi fumare mezzo sigaro, mi si facevano incontro con lo sguardo umiliato e le dita pronte a chiederne. Avevo già elemosinato ad una signora che conservava i tratti gentili che dovevano averla accompagnata fino al principiare della fine della vita. Piccola, indossava un giubbino rosa, che mi è parso profumare, e che ho pensato fosse stato lasciato indietro da una bimba. Non so perché, ma quel colore me l’ha persino fatta immaginare mentre allegra dondolava su un’altalena in un parco della città.
C’era freddo, quel freddo tipico delle stazioni, dove l’aria si intrufola e si sbatte incontrandosi a metà, proprio dove la gente sostava col naso all’insù e le spalle irrigidite a proteggere il collo guardando gli orari cambiare e diventare da verdi a rossi, e c’erano i mormorii che ai sibili dell’aria spostata dai pochi treni in arrivo, si univano in un sol coro.
L’uomo del Tavernello, dietro me, salutava una donna che rassicurata sul fatto di non dover essere derubata, frugava dentro una borsa grande e piena di cose, cercava alla rinfusa fino a trovare qualcosa che le ha fatto meritare un ringraziamento. La donna piccola, col viso lucido di crema e il giubbottino da bimba, fumava una sigaretta, con le spalle poggiate al pilastro dove di solito la gente si ferma a guardare gli orari dei treni che non corrispondono mai.
C’era quel freddo che paralizzava i piedi, che non faceva più sentir le mani, quello che alla fine non sai più se siano solo lacrime di gelo o pianto, che asciughi subito per la paura che ti si possano fermare là, irrigidite sul viso, eppure, a una certa ora iniziavano a girare le generose scollature e le gambe ricoperte da stivali lunghi, lunghi. E qualche uomo si voltava a guardare, distogliendo finalmente lo sguardo dal tabellone che non proponeva nessuna buona novità.
Più la notte si inoltrava più il traffico diventava surreale, di persone con i carrelli dei supermercati, spinti tenendo lo sguardo per terra, di ragazzi sudamericani dai capelli incollati dal gel, poco più che bambini, e dell’uomo del Tavernello, che recitava la sua parte a memoria, e della signora piccola e rosa che ora aveva una sporta e a passo lento andava oltre il primo binario, probabilmente a dormire.
Ma c’era un albero di Natale, che sembrava davvero bianco di ghiaccio, e alto che per guardarlo tutto, ancora dovevi volgere il naso all’insù e che man mano che si spegnevano le luci dei negozi, e dei locali che puzzano di fritto e odorano di caffè (di quelli dove “si fanno” gli/di aperitivi insomma), sembrava proprio brillare di più.
Ilario Poggesi, 16-12-24

La trebisonda di Mauro Banchini

FONTE Facebook
Mauro Bianchini su Pistoia la solidarietà la politica e le tasse

Colpisce davvero la notizia delle dimissioni, da direttore Agenzia Entrate, di un “uomo retto” (parole usate da Romano Prodi) come Ernesto Maria Ruffini.
In quel posto lui è stato su nomina di governi assai diversi. Ha cercato di contrastare lo scandalo dell’evasione fiscale. E qualche risultato lo ha raggiunto.
Adesso si è dimesso denunciando ciò che è sotto gli occhi di tutti (contrastare l’evasione fiscale – ha detto con amarezza – pare diventata “una colpa”).
A metà novembre abbiamo avuto modo, a Pistoia, come gruppo “Pistoia nessuno si salva da solo”, di presentare la nostra piccola esperienza – di solidarietà e giustizia – in un convegno organizzato dal LAFIS (Laboratorio Fiscale) di Vieri Ceriani.
Un convegno seguito, dall’inizio alla fine, proprio da un attentissimo Ruffini.
Nel suo intervento, riferendosi all’evasione fiscale, Ruffini usò la metafora del ramo segato da chi su quel ramo comunque siede e, segandolo, si fa male, molto male, da solo.
Perchè chi evade le tasse (che se tutti le pagassero secondo Costituzione potrebbero essere più lievi per tutti) non partecipa alla raccolta dei soldi necessari per mandare avanti sanità e scuola, strade e ponti, sociale e sicurezza … Uccidendo, così, le ragioni di una Costituzione basata su diritti e doveri.
E chi strizza gli occhi agli evasori, anche con continui condoni in favore dei soliti noti, fa una politica che piano piano distrugge lo Stato come raffigurato dalla Costituzione.
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Non so quale sarà il futuro di Ruffini, se ci saranno per lui occasioni di impegno politico, diretto o meno. Se sarà lui il frontman di una nuova aggregazione politica capace di attirare chi, deluso da tutto, non ha ancora perso la speranza che qualcosa si muova.
So però che in Italia, in un momento grave come questo, il bisogno di fare qualcosa per – insieme ad altri di altrettanta buona volontà – far tornare maiuscola la “p” di “politica” è urgente. Eccome se lo è.
Mauro Banchini

Geni precoci in libreria

TITOLO REDAZIONALE
Cinzia Zanfini, la nostra cara libraia, è rientrata al lavoro dopo la malattia e viene messa a dura prova
FONTE Facebook 14-12-24

GC* arriva in libreria spingendo un passeggino con un bimbo di circa un anno e mezzo. Indicandomi il bambino mi chiede un puzzle adatto a lui.
Il padre, che assomiglia a Furio Zoccani, pedante fino a ogni limite, ci tiene a precisare che l’infante ha esattamente 15 mesi.
Comincio a mostrare dei puzzle di legno quelli da 2/4 pezzi. No mi dice “Furio”. Sono troppo facili suo figlio quella fase l’ha superata da un bel pezzo. Comincio a tirare fuori quelli da 8 pezzi a forma di campana, di pecora, di ambulanza. Non ci siamo. Il 15 pezzi della fattoria? O quello di Bambi? Nemmeno quelli sono adatti. Ormai il pupo è andato oltre. Il 2×24 Disney? Il 48 pezzi dell’Uomo ragno? Il 100 pezzi de La Carica dei 101?
200 pezzi con Peppa Pig?
Nessuno va bene.
Furio mi dice: – No, mio figlio fa dei puzzle molto più impegnativi e poi i personaggi dei cartoni animati sono da bambini piccoli. –
Mi viene da rispondere che un bambino di 15 mesi è un bambino piccolo. Ma, ligia alla regola che non si deve contraddire il cliente, mi taccio. Furio continua a descrivere le abilità del figlio, io sempre più disperata continuo a mostrare puzzle che non accontentano il GC. Il piccolo Einstein intanto è crollato sul passeggino e se la dorme. Alla fine sfodero la frasetta di salvataggio: “Ho quello che fa al caso suo.”
Puzzle Ravensburger 1000 pezzi che riproduce la carta geografica della Germania.
Il GC si illumina : – Questo sì che va bene! –
E va alla cassa a pagare. Io faccio gli esercizi di respirazione. Il bambino continua a dormire beatamente. E il GC, una volta rincasato, inizierà un nuovo puzzle.
*GC = Gentile Cliente.

Cinzia Zanfini 14-12-24 #vitadalibraia

COMMENTI


Maria Milani Genio in erba
Gherardo Del Lungo Hai fatto bene, forse è il nuovo Federico Barbarossa.
Svetlana Živković Anche da queste parti son tutti geni: parlano già perlomeno tre lingue…
Giorgia Zangrossi Se io non lavorassi in un Servizio Clienti, penso che non riuscirei mai a credere a storie come questa… Ma visto che di GC ne sento tutti i giorni, non mi stupisco più di niente!😅😂
Mariangela Caprara Dovevi chiamare la polizia secondo me
Antonio Pirolo Cmq per me ti sbagli, GC non sta per Gentile cliente ma per Gentile Coxxione
Lara Fantoni Secondo me Furio, prima che finisca la post adolescenza del figlio, fa una pessima fine.
Mario Salvaderi Corro su Google a vedere chi è il sig. Zoccani
Maria Luisa La Gamba Complimenti per la tua pazienza Cinzia! 👏👏
Un forte abbraccio! ❤️
Elisabetta Maestrini Povero bimbo, privato del diritto al gioco.
Andrea Semplici Se mi riveli (in privato) quale è la tua libreria, vengo a trovarti come GC…abbraccio
Giancarlo Piani E poi ti viene da pensare: come si stava bene a casa in malattia… Comunque sei stata anche troppo buona…dovevi rifilargli un puzzle da 5.000 pezzi da impazzire, tipo quelli “tutto cielo”.
Lucia Mascalchi Son quelli che a 12 anni diventano dipendenti da sostanze…e ci credo, con quell’ansia da prestazione che si portano dietro da un decennio o si suicidano o si drogano.

TORNA “LA VOIE ROYALE” DI MALRAUX NEL MYANMAR

Franco Bortolotti sul Myanmar
FONTE Facebook 13-12-24
Post della sezione Notizie

Ho letto diversi articoli sul sito della BBC che descrivono la situazione instabile del Myanmar (che “ai miei tempi” si chiamava Birmania). Sono storie degne del “cuore di tenebra” di Conrad, o se volete di Malraux.
Un articolo del 2023 racconta la storia della remota città di Lauakking, verso il confine cinese. Storicamente la presenza etnica cinese è forte nella regione, e il controllo politico centrale debole. Dopo la rivoluzione in Cina era in corso una lunga guerriglia dei comunisti birmani, cui nel 1989 la Cina tagliò i rifornimenti, a seguito dell’evoluzione del contesto internazionale (e dello scontro politico fra militari al potere e Aung San Suu Kyi, ma questa è un’altra storia). La guerriglia si frantumò, e un volenteroso comandante, Peng Juasheng, si organizzò per conto suo, allestendo una organizzazione criminale di un certo peso nella regione periferica e povera dello Shan, la cui unica risorsa era l’oppio. I capi militari locali vennero a patti con Peng, non riuscendo a eliminarlo, e vissero tutti felici e contenti. Laukkaing si trasformò in una sorta di villaggio del selvaggio west, però in grande, dove tutto si può comprare. Fra le altre cose, da Laukkaing si gestiva il traffico di oppio, ma Peng ebbe l’intelligenza di diversificare, concentrandosi sui casinò (“scam centres”), fra l’altro divenuti poi centri di lucrose truffe online in tutto il mondo. Nel 2009 il vicecomandante di Peng, si rivoltò contro il capo e il controllo delle case fu assunto da quattro famiglie mafiose, che ottennero protezione dai rappresentanti governativi, in primis il futuro uomo forte del Myanmar; la politica governativa era di assegnare loro il ruolo di una sorta di milizia ausiliaria di frontiera. Min Aung Hlaing, che in seguito è divenuto il capo della giunta militare che governa la Birmania fu il regista dell’operazione di accomodamento con le quattro famiglie. L’attività delle famiglie si è evoluta in campo energetico, infrastrutturale, commerciale, e ha avviato relazioni con atticità analoghe in Cina, a macao, in Cambogia, etc.

Peng, fuggito in Cina, ha rimesso in piedi il suo esercito guerrigliero, MNDAA in Myanmar, ed è morto un paio d’anni fa, con un funerale sontuoso degno di un vero padrino, cui hanno reso omaggio anche i rivali e le autorità militari birmane.
Le case da gioco, vietate in Cina, ma attraenti per i cinesi, fatturavano miliardi di dollari, e hanno richiesto una manodpera imponente; si dice che centomila immigrati (anche dalla Cina) lavorino in condizioni di schiavitù, nelle case di Laukkaing. Nel settembre 2023 la Cina ha chiesto però che la attività delle case fosse impedita. La famiglia più potente, quella di Ming Xuechang (lui stesso ricopriva cariche nella stessa polizia locale, facente funzione di una sua personale milizia), un mese dopo, è incappata in un incidente: mentre era in corso un trasferimento della sua casa da gioco (probabilmente dopo una soffiata) 50 o 100 dipendenti hanno tentato la fuga, c’è stata una sparatoria con molti morti, fra cui probabilmente alcuni agenti della polizia cinese sotto copertura. Questo ha portato ad una richiesta di estradizione da parte dei cinesi, che hanno masso le mani su centinaia (!) di membri delle “famiglie”, adesso processati in Cina, e forse a un cambio di strategia verso il Myanmar; da quel momento le guerriglie locali si sono intensificate (la Cina afferma di non aver cambiato la sua politica di neutralità e non ingerenza), in particolare quella dell’”Alleanza dei tre fratelli” (tre diversi eserciti guerriglieri), che si sospetta abbia l’appoggio cinese.

Però, non traete conclusioni affrettate: questo è solo uno dei conflitti etnici che attraversano Myanmar, e neanche il più importante. Uno dei più noti è quello dei Karen (a sud dello stato shan, di cui si parla sopra). Poi c’è quello dei Rakhin, al confine con il Bangladesh; secondoo le ultime notizie, il fronte AA controlla ora tutto il confine fra i due paesi. Da quelle parti ci sono anche i Rohingya (islamici) il cui esodo per mare ha attirato una certa attenzione; uno dei numerosi punti di attrito e guerriglia fra mondo buddista e mondo islamico. Tutti contro i militari? non è così semplice. I rapporti fra Rohingya e Rakhin sono tutt’altro che buoni, e dopo averli ben perseguitati la giunta militare sta ora corteggiando i Rohingya perché gli facciano da milizia ausiliaria. L’esercito guerrigliero AA fa(ceva?) parte della “Alleanza dei tre fratelli” (vedi sopra), ma gli altri due sembrano più inclini ad accettare le tregue proposta su mediazione cinese. I cinesi preferirrebbero in generale un paese pacificato e tranquillo, che lasci passare i loro convogli di merci, e si trovano a che fare con una molteplicità di guerre etniche, di scontri sociali, con un esercito con cui hanno buoni rapporti, ma che è convinto di avere una missione divina per governare il paese. A proposito, aggornamento della nota rpecedente: tutti i tre signori della guerra superstiti di Laukkaing sono stati estradati in Cina (il quarto sembra sia stato suicidato), non si sa bene come si rimetterà l’economia della regione ora che le case da gioco sono chiuse e i dipendenti sono stati rimpatriati in vari paesi, annche con un “ponte aereo”, il capo della Giunta è stato ben accolto a Pechino.

Franco Bortolotti 13-12-24

Competenze poco competitive

TITOLO REDAZIONALE
FONTE Facebook 12.12.24
Michele Arena su una indagine OCSE

L’OCSE tra il 2022 e il 2023 ha svolto un’indagine sulle competenze di 160mila adulti di 31 paesi. Come scrivono sul Post, “sono solo un campione, i cui risultati non servono a dare valutazioni di rilevanza assoluta, ma sono un’approssimazione di tendenze più generali.”
Gli adulti italiani coinvolti hanno ottenuto in media 245 punti in comprensione del testo (contro una media OCSE di 260), 244 in abilità di calcolo (media OCSE 263), e 231 nella capacità di risolvere i problemi (contro 250 di media OCSE).
Tra i paesi con i risultati considerati migliori ci sono Svezia e Finlandia, al di là del fatto che probabilmente ogni sistema scolastico deve fare i conti con il contesto in cui è calato e quindi i paragoni rischiano di essere semplicistici, nei vari articoli e ricerche che riguardano i due sistemi ci sono alcuni spunti che potrebbero far pensare che un “ritorno” alla scuola di una volta fatta di sacrificio, competizione e obbedienza possa non essere la soluzione.
“In Finlandia la metodologia di apprendimento è l’imparare facendo (learning by doing) e fino a 13 anni non ci sono voti.”
“ln Finlandia il focus è centrato sullo studente e sulle relazioni: si dà più im­por­tan­za al­la re­spon­sa­bi­li­tà e al­la fi­du­cia che al­le ve­ri­fi­che o agli esa­mi.”
“In Svezia quasi tutte le scuole hanno una biblioteca.”
“Gli in­se­gnan­ti in Fin­lan­dia ten­do­no a non da­re va­lu­ta­zio­ni ne­ga­ti­ve agli al­lie­vi. San­no che que­sto ri­schia di di­mi­nui­re la lo­ro mo­ti­va­zio­ne e in­di­ret­ta­men­te di au­men­ta­re la di­su­gua­glian­za so­cia­le.”
“In Finlandia i compiti vengono prevalentemente svolti a scuola. L’obiettivo è quello di mantenere il tempo libero a casa per attività extrascolastiche, promuovendo così un equilibrio tra studio e vita personale.”
“In Svezia non ci sono esami di passaggio tra un ciclo di studi e l’altro.”
“Sia in Finlandia che in Svezia si sceglie la scuola superiore a 16 anni e non 14 anni.”
“Il voto in condotta in Svezia non esiste.”

Michele Arena 12-12-24

Blitz siriano

FONTE Facebook 10-12-24
Post della sezione Notizie
Franco Bortolotti

Una ricostruzione piuttosto precisa degli avvenimenti di Siria (nel primo post sotto). Sembrerebbe essersi trattato di una sorta di “operazione speciale” ben riuscita (anche perché ben finanziata a differenza di quella sventurata di Putin in Ucraina, che sulla sua strada ha trovato finanziatori con altri mezzi). A me sembrerebbe che quello di Damasco sia stato più un “25 luglio” che un “25 aprile”, comunque meglio così, piuttosto che la pugna “fino alla fine”. Con paarticolari esilaranti, come quello dei giornalisti che continuano a condurre i programmi di sempre e dicono “finora vi abbiamo raccontato solo bugie. Però non è colpa nostra”. I turchi sarebbero i grandi tessitori della trama, che alla fine avrebbe visto un unanimismo da operetta: “I ministri di Qatar, Arabia Saudita, Giordania, Egitto Iraq, Iran, Turchia e un rappresentante della Federazione Russa hanno sottolineato, in una dichiarazione congiunta, che la crisi siriana costituisce uno “sviluppo pericoloso per la sicurezza del Paese e per la sicurezza regionale e internazionale”, che richiede che tutte le parti “si sforzino di trovare una soluzione politica che porti a fermare le operazioni militari e a proteggere i civili dalle ripercussioni”.” Bene. Gli americani ovviamente erano della partita, anche se ora sono un po’ in imbarazzo (ma passerà) di fronte a una organizzazione definita terrorista per legge con un capo su cui hanno messo una taglia di 10 milioni di dollari, che ora prendono in mano un paese. Chi sarà di troppo, fra le basi americane, quelle russe e gli occupanti israeliani ? (com’era quella che un paese deve potersi scegliere gli alleati?). Forse potranno continuare a coesistere, forse rimarranno col cerino acceso i soliti curdi, che tanto ci sono abituati.

Franco Bortolotti 10-12-24

Il treno dei bambini

Mauro Imbimbo segnala un episodio del primo dopoguerra italiano documentato da un libro e da una serie televisiva

Io e mia moglie abbiamo visto, su Netflix, ‘Il treno dei bambini’. Ho cercato di vederlo mettendo da parte quanto già sapevo del romanzo da cui è tratto, autrice Ardone, anno 2019, e soprattutto delle ricerche di chi per primo aveva riscoperto una ‘grande storia italiana’- il mio amico Giovanni Rinaldi. Il film, come è noto, descrive solo un episodio della storia iniziata a Milano, da Teresa Noce, Pci, e che si può così riassumere: facciamo qualcosa, noi Udi, noi Pci, per salvare quanti più bambini possibile dalla miseria, dalla malattie, dalla fame, a partire proprio da Milano, e facciamolo chiedendo ai nostri compagni, alle loro famiglie, di ospitare quest bambini per qualche tempo in casa loro. I protagonisti del film, come del libro della Ardone, sono due mamme, una permanente, l’altra temporanea, e un bambino. Come ha chiarito Rinaldi sono effettivamente esistiti solo due di questi tre: la madre temporanea, Derna, che però viveva ad Ancona e non a Modena, come nel film e nel libro, ed il bambino, che si chiamava Americo, non Amerigo, e veniva da San Severo, non da Napoli, come nel libro e nel film. Ciò premesso, il film si vede con interesse. Ben girato, con attori davvero in gamba, sopra tutti Serena Rossi, Barbara Ronchi e il piccolo Christian Cervone. La genesi etico-politica della storia, il ruolo del Pci, c’è ma non è trattata molto: la regista, immagino sulla scorta del romanzo, si concentra sui bambini, tutto comincia a Napoli, sul trauma del trasferimento in famiglie sconosciute, i sentimenti contrastanti della madre naturale e di quella affidataria, i diversi contesti, i dialetti, insomma il grande dramma umano, tra paura e speranza. Impressionante, per l’Italia odierna, quello che furono capaci di fare quelle persone allora, 1946 e anni successivi, fino al 52-’53: organizzare un gigantesco salvataggio, ospitare in case modeste, spesso piene di altri bambini, i bambini e le bambine provenienti dalla miseria più dura. Una lezione morale che spicca di fronte alla miseria morale odierna- di una parte, non di tutti- che si manifesta in particolar modo di fronte alla ‘questione degli immigrati’. Il film è da vedere ma vi conisglio anche di leggere, se non lo avete ancora fatto, ‘ Treni della felicità’ 2009 e ‘ C’ero anch’io su quel treno’ 2021, entrambi di Giovanni Rinaldi, che ricostruiscono l’intera storia del ‘treni dei bambini’ attraverso le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti. Un ottimo lavoro da antropologo e da studioso di storia orale, come è stato ed è Rinaldi.

Mauro Imbimbo

IL LIBRO

C’ero anch’io su quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l’Italia di Giovanni Rinaldi (Autore) Solferino, 2021 EAN 9788828206569
Descrizione editore
Libro vincitore del Premio Benedetto Croce 2022 – Letteratura giornalistica

«I bambini affamati erano tanti. Cominciava il tempo umido e freddo e non c’era carbone. I casi pietosi erano molti, moltissimi. Bambini che dormivano in casse di segatura per avere meno freddo, senza lenzuola e senza coperte. Bambini rimasti soli o con parenti anziani che non avevano la forza e i mezzi per curarsi di loro.» Così scrisse Teresa Noce, dirigente dell’Udi, Unione donne italiane, che fu l’anima del grande sforzo collettivo avviato all’indomani della Seconda guerra mondiale per salvare i piccoli del Sud condannati dalla povertà. Li accolsero famiglie del Centro-Nord, spesso a loro volta povere ma disposte a ospitarli per qualche mese e dividere quel che c’era. Un’incredibile espressione di solidarietà che richiese un intenso lavoro logistico, con il coinvolgimento di medici e insegnanti. E che non fu priva di ostacoli, tra cui la diffidenza della Chiesa timorosa dell’indottrinamento filosovietico, con qualche parroco che avvertiva: «Se andate in Romagna i bimbi li ammazzano, se li mangiano al forno». Giovanni Rinaldi raccoglie queste storie da oltre vent’anni: partendo dalla sua terra, il Tavoliere delle Puglie, ha viaggiato in ogni regione d’Italia parlando con tanti ex bambini dei «treni della felicità». Franco che non aveva mai dormito in un letto pulito. Severino che non era mai andato in vacanza al mare. Dante che non sapeva cosa fosse una brioche. Rosanna che non voleva più togliere l’abito verde ricevuto in regalo, il primo con cui si sentiva bella. Con le loro voci e un’accurata ricostruzione storica disegna un mosaico di testimonianze di prima mano, divertenti e commoventi: il ritratto di un’Italia popolare eppure profondamente nobile.

e i curdi?

TITOLO REDAZIONALE
FONTE
Roberto Mapelli (editore de: Punto rosso)
Facebook 9-12-24

Una Siria in mano all’Islam politico sunnita alleata della Turchia e di fatto a Israele non credo che alla lunga si possa rappresentare come un progresso, infatti già oggi i droni turchi tornano a bombardare i curdi… La nostra bussola dev’essere la difesa del popolo curdo e del suo confederalismo democratico, che è la cosa più alternativa possibile a chi oggi sta comandando a Damasco… Tutti quelli che si riempiono la bocca con la retorica della democrazia e dell’occidente vedremo ora come si mobiliteranno per difendere le uniche esperienze realmente democratiche di quella parte di mondo…

Roberto Mapelli 9-12-24