In ricordo del mio caro amico Franco, pittore per vocazione, poeta per diletto, che avrebbe ottanta anni, e che invece non ne ha visti nemmeno settanta.
Enrico Tendi
In ricordo del mio caro amico Franco, pittore per vocazione, poeta per diletto, che avrebbe ottanta anni, e che invece non ne ha visti nemmeno settanta.
Enrico Tendi
Foto da Cagliari di Renato Dicorato
intervento pubblicato su Facebook
La notizia di stamattina è che nel congresso americano sta aumentando il supporto per l’idea di boicottare in qualche forma i prossimi giochi olimpici, che saranno in Cina. Poche settimane fa, la NATO ha ufficialmente ri-orientato il suo obiettivo strategico: il nuovo nemico è ora ufficialmente la Cina. Biden non perde occasione per ripetere che fa quello che fa perché l’America ha un avversario: la Cina. L’essenziale per l’America è essere più forte della Cina. Perfino il grande investimento in infrastrutture, problema squisitamente interno, è stato venduto politicamente “per essere più forti della Cina”.
I media occidentali non perdono occasione per presentare la Cina come aggressiva e metterla in cattiva luce. Se I Cinesi mettono in prigione i dissidenti di Hong Kong, questa è la prova che la Cina è una feroce dittatura. Se gli spagnoli mettono i prigione i politici Catalani, queste sono le difficoltà di una complessa situazione politica: chi la vuole una Catalonia indipendente in Europa, in fondo? Se navi da guerra Cinesi incrociano nel South China See (non lontano dalle coste Cinesi), questa è la prova della sfrontata aggressività militare cinese. Se navi da guerra americane incrociano nello stesso mare (dall’altra parte del globo rispetto all’America) questa è la prova della generosità Americana nel difendere i deboli. Se i Cinesi hanno problemi con l’estremismo mussulmano nell’Est, questo mostra il loro spietato razzismo. Se gli Americani invadono l’Afghanistan e fanno duecentomila morti fra i mussulmani Afghani, questo mostra quanto gli Americani ci tengono all’educazione delle ragazze.
Se l’Occidente è più ricco, questo è una prova della superiorità del suo sistema politico: se l’economia della Cina cresce cinque volte più veloce di quella occidentale, questo è una prova di quanto la Cina imbrogli. Se gli Occidentali investono in Africa, è per aiutare lo sviluppo in Africa. Se i Cinesi investono in Africa, è per malvagie mire di dominio sul mondo. Se i Cinesi si entusiasmano per un film in cui si esalta l’eroismo dei soldati cinesi nella guerra in Corea, i media occidentali urlano contro la “ovvia” sporca propaganda nazionalistica cinese.
Se per decenni Hollywood ci ha sommerso di eroici e nobilissimi soldati Americani contro malvagi tedeschi, questa è libertà di espressione e simpatico patriottismo Yankee.
Tutti i paesi stanno aumentando la spesa per gli armamenti. Di una possibile guerra per il controllo di Taiwan si parla sempre di più. L’Occidente è in frenesia, preda di una nuova ossessione anti-cinese.
Fermiamo, vi prego, questa ennesima follia dell’umanità.
L’umanità ha problemi seri: il riscaldamento climatico, le pandemie, la povertà estrema che attanaglia ancora buona parte degli umani (l’unico paese che è ha combattuto efficientemente la povertà estrema negli ultimi decenni è stata la Cina: la povertà estrema è diminuita nel mondo, ma se si leva la Cina dal conto, è aumentata).
L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è continuare questi giochi di chi è il galletto più galletto del pollaio. Giochi che per secoli non hanno portato che devastazione e infinito dolore.
Possiamo avere sistemi politici diversi, ideologie diverse, possiamo non desiderare di vivere in un sistema politico o ideologico diverso dal nostro a cui siamo abituati (dati di ricercatori americani indicano che la Cina è uno dei paesi la cui popolazione è maggiormente soddisfatta del proprio governo.) Possiamo essere diversi, e lo stesso convivere su questo pianeta, senza doverci considerare nemici e senza nutrire ostilità. Ciascuna parte del mondo ha sufficienti problemi interni: che risolva quelli, invece costruire armi per dare lezioni agli altri, per imporre la propria pelosa ‘moralità’….
Prendiamo atto che la gloriosa global-liberalizzazione che doveva contraddistinguere la fine della storia e diffondere urbi et orbi i valori della società occidentale, libertà e democrazia in assoluto e universale libero mercato (in versione Coca Cola & Co) è finita quando la Cina ha giocato lo stesso gioco, ed ha vinto.
Nella competizione internazionale gli Usa hanno perso e cercano di correre ai ripari alzando barriere e minacciando guerre, abbandonando l’ideologia del liberismo e rispolverando le bandiere della crociata per la libertà e la democrazia contro le barbarie (comuniste, mussulmane, marziane …).
È in atto sul piano geopolitico una riaggregazione per aree geografiche, sulla base di interessi politici regionali e teso al controllo diretto delle sempre più scarse risorse, alla faccia della precedente conclamata universalità.
Nello scontro USA-CINA occorre vedere da che parte stanno gli interessi europei: gli americani li abbiamo provati e li stiamo subendo: da loro ne abbiamo ricavato una subordinazione patologica in tutti i campi, in primis in quello politico, basti pensare alla loro ostilità all’idea stessa di Europa unita, all’imposizione della Nato, al ruolo della finanza (esportazione delle bolle) e a quello delle commesse industriali…
I cinesi sembra che operino sul piano dei rapporti commerciali e che culturalmente non siano interessati ad esportare i loro valori culturali e relativa visione del mondo. Occhio al fattore “per ora”, ma certamente sarebbero meno invasivi degli yankee.
È quindi meglio pensare in termini di autonomia. Gli stati nazionali sono palesemente fuori da ogni gioco per cui il soggetto Europa è un passo obbligato. Occorre considerare il fatto che la rivalutazione della politica sull’economia è comunque una condizione che può favorire la democrazia: i governi sono sempre più visibili e quindi controllabili della finanza internazionale.
Per l’Europa potrebbe essere l’occasione per definire una propria identità politica ed un ruolo adeguati ai compiti che il momento storico richiede.
Tra i due giganti in lizza (e anche altri come l’India, un nascente asse sud americano, un blocco africano, ipercaliffato …) l’Europa non à un nano, non lo è nei numeri: popolazione, reddito, istruzione, … ma sopratutto ha molti numeri sul piano culturale e quello della visione politica, basti pensare al welfare, ai diritti, al ruolo del Terzo settore, alla pratica dell’economia mista non del tutto rovinata dalla sciagurata adesione alla filosofia reagan-teacheriana degli anni post dissoluzione dell’Urss.
È ovvio che deve trattarsi di un’altra Europa, diversa da quella che vediamo. Basta al principio dell’unanimità, al ricatto negoziale delle pulci, basta ai sovranismi che in nome delle radici cristiane dell’Europa attivano politiche ed atti barbarici e disumani che di cristiano non hanno proprio niente.
Anche in questo caso val la pena di richiamare il principio che ogni crisi è anche un’occasione.
Speriamo che in Europa si affermino personaggi politici all’altezza della bisogna, le masse da sole … lasciamo perdere.
Noi vaccinati, di sinistra, di destra, di centro, di sopra, di sotto, di sbieco e di diritto, piacenti e spiacenti, convinti e non convinti, spavaldi o impauriti, sicuri o dubbiosi, … noi vaccinati non siamo succubi di Big Pharma, né dei Poteri Forti, né del Diavolo, né di Putin, né imparentati con Burioni o Bassetti, nemmeno parenti di Draghi e draghetti.
Noi vaccinati abbiamo un’anima, certo diversa da chi rifiuta il vaccino, abbiamo in testa un’idea, l’idea di non essere meritevoli di vivere al mondo “solo” noi..
Ci siamo vaccinati per difendere “anche” la nostra vita, ma spesso ci siamo vaccinati per difendere quella dei figli, dei padri, dei nonni, ma anche la vita della cassiera della Coop, del fruttivendolo, del giornalaio, del parrucchiere, dello sconosciuto che ci sta accanto sul bus.
Noi vaccinati non ci siamo vaccinati per caso, abbiamo riflettuto su quante persone sono vive e sane grazie ai vaccini precedenti, abbiamo ascoltato e dato retta a chi ha passato giorni e notti a cercare una soluzione, ovvero il vaccino, così come i farmaci che stanno per essere immessi nel mercato, abbiamo valutato il rapporto tra il rischio e il beneficio (oh, quanto è stupido questo rapporto, come se ogni volta che entro in autostrada dovessi valutare il rapporto tra il beneficio della mia guida e il rischio di trovare un ubriaco o un demente che sbaglia la corsia e mi viene incontro facendomi secco, non sapete quanta gente conosco che s’è trovata in ospedale col femore rotto, attraversando sulle strisce, forse dovevano valutare il rapporto rischio beneficio ? eppure i più prudenti continuano ad attraversare la strada sulle strisce).
Noi vaccinati non abbiamo pensato che i vaccinatori erano nazisti, forse perché ci ricordiamo qual’erano le “attenzioni” che nazisti e fascisti riservavano alle persone per bene, specialmente se ebrei.
Noi vaccinati abbiamo pensato a far morire meno persone, a liberare le strutture sanitarie dai malati di Covid, consentendo agli ammalati di tumori, di cardiopatia, di malattia gravi di potere entrare in ospedale senza paura e curarsi anche loro perché ne hanno diritto.
Noi vaccinati abbiamo dato il nostro piccolo ma indispensabile contributo alla ripartenza dell’economia e non siamo andati per le vie a declamare la “nostra” libertà, perché per noi la libertà dalla malattia è una cosa che non si discute, e la libertà di evitare la malattia al nostro prossimo è un gran segno di civiltà.
Noi vaccinati ci siamo vaccinati non perché ce l’ha suggerito un partito o un ‘ideologia. E’ bastato il nostro istinto di specie, l’istinto di vita, a farci prendere la decisione.
Noi vaccinati non sopportiamo di passare da fessi, permettendo ai non vaccinati di sfruttare la minor probabilità di ammalarsi grazie alla nostra vaccinazione e pagando i loro tamponi per permettere loro di non vaccinarsi in eterno.
Noi vaccinati cominciamo ad arrabbiarci.
Una minoranza non può sopraffare una maggioranza.
E la maggioranza sta cominciando a perdere la pazienza.
Barbara D’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale… io vi accuso.
Vi accuso di essere tra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi.
Voi, con la vostra televisione trash, i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito in prima persona e senza scrupoli al Decadentismo del terzo millennio che stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.
Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di sé stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.
Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano con il vostro consenso di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.
Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi frustrato abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.
Parlo da insegnante,
che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione;
che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima;
che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che invece non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.
Ho visto nei miei anni di insegnamento prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. E provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.
Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.
Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.”
Marco Galice, 2020
Come disse Petrolini al disturbatore del Loggione: io mica ce l’ho con te … ma con quelli che non ti buttano di sotto
Romoletto
Tutto condivisibile, ma cerchiamo anche i mandanti
Cioccolatino
Speriamo almeno che i cori di queste prèfiche accompagnino il corteo funebre dei sovranisti/populisti/qualunfascisti che hanno sostenuto nel loro vacuo e petulante chioccio. Solo allora Requiscant in pace.
Asocial 1
“Uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più schiavo, ma uomo libero.” Con le parole di Lenin per ricordare la Rivoluzione Russa, 7 novembre 1917.
Coro dell’Armata Rossa. Inno dell’Unione Sovietica https://www.youtube.com/watch?v=knzDT7-7HEg
Perdere a Varese
Quando si fa sera
Quando al ballottaggio
La sinistra ti scolora
Rischi di impazzire
Può scoppiarti il cuore
Perdere a Varese
E avere voglia di morire…
(By l_aforista on Twitter)
“Usa. Con la pandemia, la crisi ambientale e la disfatta afghana è cresciuta nel mondo la consapevolezza dell’insufficienza e della inadeguatezza delle ricette neoliberiste”
La collocazione del Partito Repubblicano all’estrema destra liberista e illiberale e i tentativi dei democratici di contrapporre il social liberalism.
E’ la sfida posta da Trump e dai suoi sostenitori. I liberal e i democratici dovrebbe distinguerla nella loro battaglia contro le politiche dei repubblicani. A poco servono le salvaguardie dei Fondatori
Crisi politica e istituzionale alle porte negli Stati Uniti. Donald Trump sarà il candidato repubblicano alle presidenziali del 2024 e si sta preparando per assicurarsi la vittoria con qualsiasi mezzo. Anatomia di una deriva antidemocratica, con qualche idea per porvi argine.
È uscito il nuovo libro di Gino Benvenuti. Su sua concessione e quella dell’editore abbiamo pubblicato due racconti: Carosello e la Cambiale. Ne proponiamo oggi la prefazione
I racconti di Gino hanno sempre un aggancio autobiografico. Ma dentro una trama fantastica e allegorica. Questi no.
Ci portano dentro episodi veri della vita di Gino, e in un preciso lasso di tempo, dal 1957 al 1968, dal primo lavoro (non a caso) fino alla soglia di un profondo cambiamento, che ancora non c’è, ma che è segnato da una progressiva estraneità con tutto il precedente, con chi lo liquida dicendogli, arrabbiato e deluso, “parli sempre di politica; cambia disco!”.
E’ la vita di Gino dai quattordici ai ventisei anni: gli anni più belli e più importanti. Si entra davvero nella vita con il lavoro (la coscienza dello sfruttamento e insieme la propria indipendenza) e si costruisce davvero se stessi con la trasformazione morale e politica, abbandonando inevitabilmente la sicurezza dei percorsi conosciuti e dovuti della tradizione abituale, rompendo con la famiglia e la società che ci ha cresciuti, nella protezione ma anche nella prigione.
Fin qui nulla di nuovo, né di eccezionale. Ma Gino ci mette l’arte del legame narrativo ed emotivo. Non si tratta solo del nesso tra la storia personale e quella con la maiuscola, ma dell’empatia tra la propria intimità e quello che erroneamente viene chiamato “costume”. E allora Gino salta, o meglio, saltella, tra gli eventi, accompagnato in primo luogo da una colonna sonora e visiva, dallo sconvolgente arrivo del rock and roll (e del ballo “proibito”) fino alle immagini incredibilmente efficaci e emozionanti del cinema, vero e proprio luogo fisico e spirituale di presa di coscienza e di sintesi tra personale e politico. E prende e “assaggia” tutto, senza quella distinzione profondamente reazionaria tra alta e bassa cultura, tra musica colta e canzonette, tra cinema d’autore e commedia.
Ed esce l’Italia, o meglio l’ascesa alla dignità di una parte delle classi popolari dell’Italia, di cui Gino, non solo fa parte, ma di cui rappresenta davvero e anche simbolicamente il quotidiano lavoro di vivere che, attraverso la lotta (che è anche vitalità di libertà), si sedimenta in coscienza, via via sempre più irreversibile e sempre più radicata nella volontà e capacità di padroneggiare la propria vita, appunto resa dignitosa anche dal conflitto con la prigione della contingenza della propria condizione subalterna.
E il lettore come sempre si diverte, ma non può fare a meno di emozionarsi e pensare, in una sorta di immedesimazione, ovviamente più forte in chi può anche “storicamente” ritrovarsi, ma che funziona in tutti, perché la narrazione di Gino ha la forza di intrecciare il minuto quotidiano (compreso in questo il personale più intimo e l’evento storico unico) e “l’universale plurale” che sbircia in ogni particolare.
Avventuratevi nella lettura (questa volta vi consiglio però di andare di seguito) di questa serie di racconti, che compongono per certi versi un’unica storia, che è insieme l’epopea di una formazione che sfocia nella coscienza politica matura e la descrizione critica della Grande Narrazione del Novecento, che della politica, appunto , ha fatto contemporaneamente la tragedia e la commedia.
Roberto Mapelli Milano, 9 settembre 2021
Anni cruciali 1957-1968 – Racconti / Gino Benvenuti. Edizioni Punto Rosso 2021
http://www.puntorosso.it/