DAL CASO AL CAOS

di Anna Maria Guideri


Il caso Bruno Vespa e la funzione egualitaria delle virgole

Tutto potevo immaginare tranne che mi sarei ritrovata a difendere Bruno Vespa dalle accuse di subdolo razzismo mossegli da un’ondata di proteste politicamente corrette che questa volta non ho condiviso. Il fatto è noto. A seguito dell’ennesima, becera dichiarazione di Vannacci fatta sulla pelle – nera – di due pallavolistedella squadra vincitrice dell’oro olimpico,Bruno Vespa ha diffuso un post che qui testualmente riporto: Straordinaria la nazionale pallavolista femminile. Complimenti a Paola Egonu e a Maria Sylla: brave, nere, italiane. Esempio di integrazione vincente. Ne è nato un caso, anzi, un caos. Vespa, definendo nere le due atlete ha sollevato un tal vespaio da rischiare di essere considerato più razzista di Vannacci. Il furore iconoclasta di chi ambisce al politicamente perfetto può creare effetti boomerang con pericolosi scivoloni nel genere grottesco con buona pace delle rispettabili intenzioni di chi sposa con tanta foga la nobile causa dell’uso corretto del linguaggio che anch’io condivido, pur con i dovuti distinguo. Dico questo potendo rivendicare con orgoglio, una totale impermeabilità al fascino segreto di Bruno Vespa. Di fatto, cosa gli è stato contestato? Di avere definito nere le due atlete di colore e di aver parlato di integrazione vincente. Poiché non era ritenuto necessario alludere al colore della loro pelle, sarebbe stata, la sua, una sottolineatura di troppo atta a richiamare l’attenzione più sulla loro etnia che sulla loro prestazione sportiva. In quanto poi all’integrazione, Vespa, secondo i severi censori ipercorretti, avrebbe commesso un errore macroscopico visto che le due campionesse, essendo state sempre italiane a tutti gli effetti, non hanno dovuto fare niente per integrarsi. Osservo che l’accusa di gratuità nel definire nere le atlete vale per Vannacci, non per Vespa il quale, per rispondergli con efficacia non poteva fare altro che raccogliere la parola e rilanciargliela restaurata e riabilitata dall’uso corretto. Come ha fatto? Lo ha fatto con le virgole scrivendo: brave, nere, italiane. Non ha usato né una concessiva – brave, italiane anche se nere – né un’avversativa – nere, ma brave e italiane – . In tal caso lo scivolone discriminatorio sarebbe stato evidente. Ma Vespa non è uno sprovveduto e con le virgole ci sa fare. Con esse ha voluto evidenziare la pari dignità fra l’etnia, la bravura e l’italianità delle atlete spuntando le armi a quel cafone di Vannacci. Essere neri non è né un difetto né un pregio; è solo uno dei tanti modi di essere del reale. E’ giusto non fare di questo termine un uso inflazionato, ma è altrettanto giusto non avere paura di usarlo quando la difesa dei diritti umani e civili lo richiede. E a parer mio Vespa ha fatto questo: a tutto c’è un limite e a quanto pare Vannacci è troppo anche per lui! Avrebbe potuto fare di meglio scrivendo solo brave e italiane omettendo nere? Sarebbe stata senz’altro una risposta elegante e sottile, ma credo che sarebbe passata inosservata, visto lo standard medio di attenzione alle sottigliezze. L’italianità non è determinata dall’etnia e questo Vespa lo fa capire bene includendo nere tra brave e italianecome un dato di fatto perfettamente normale. Per quanto riguarda Vannacci, additare il colore della pelle di chicchessia, non è prova di coraggio nel dire la verità, come lui vuole far credere, ma di viltà, quella di spacciare per verità, il male oscuro del proprio fascismo endemico. In questo caso il re nudo non è chi è nero, ma chi lo indica discriminandolo, cioè, Vannacci. C’è in giro un iperrealismo puritano che sconfina nell’assurdo e nel proprio contrario. Fare di alcune parole dei tabù non aiuta a superare i pregiudizi, anzi. Essi restano come convitati di pietra, ingessati in artificiose limitazioni spesso contrarie al buon senso, che alimentano il bacino inconscio del politicamente scorretto. Le espressioni becere e fascistoidi si combattono affrontandole apertamente, non impedendo loro di esistere, Riguardo alla controversia sull’integrazione occorre distinguere il dato legale – la cittadinanza – dal dato culturale – la percezione che la società italiana ha delle persone di colore e non solo. Il razzismo esiste a prescindere dal certificato di cittadinanza e Vespa ha giustamente parlato di integrazione vincente. Forse verrà un giorno – ce lo auguriamo – in cui il colore della pelle delle persone sarà diventato un fatto irrilevante o, meglio ancora, normale, ma finché ci saranno individui come Vannacci che ne fanno uno strumento da usare per la propria fortuna politica, bisognerà reagire usando bene le virgole per dare chiarezza al proprio pensiero per far sì che parole come brave, nere, italiane possano convivere in modo pacifico, anzi, paritario!

Anna Maria Guideri 18-08-2024

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