Einstein l’ottimista

Il monito di Albert Einstein nel pieno della guerra fredda, quando il mondo viveva l’incubo dell’olocausto nucleare fu: “la quarta guerra mondiale si farà con pietre e bastoni”. Oggi riflette su questo concetto Gianfranco Apuzzo

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I libri che non ci saranno di Gianfranco Apuzzo
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I libri di storia che non ci saranno daranno la colpa a Vladimir Putin. Non scriveranno che molti paesi europei per prima l’Italia ha violato l’articolo 11 della sua costituzione. Non scriveranno che chiunque abbia tentato azioni diplomatiche per porre fine alla guerra in Ucraina è stato accusato del contrario. Non scriveranno neanche dei 10 km di bambini morti in Palestina. I libri di storia non spiegheranno che l’Ucraina doveva rimanere un paese neutrale, per garantire alla ex Unione Sovietica e poi alla Russia una zona franca. Non potranno argomentare sul fatto che il popolo era alla mercé di folli eugenisti, di orripilanti figure che facevano del transumanesimo la loro gloria, di ricchi talmente ricchi da essere annoiati anche dalla loro ricchezza, e quindi per sentirsi vivi dovevano porre fine alla vita degli altri, di quelli che loro stessi definivano i vuoti a perdere, i dormienti. I libri di storia non scriveranno che la causa dello scoppio della terza guerra mondiale era stata una guerra fortemente e stupidamente voluta dalla NATO. Non potranno scrivere che la NATO era una organizzazione nata per fabbricare guerre in nome della santa economia. Ciò che interessava non era più la ricchezza ma il potere. Il sentirsi dei creatori onnipotenti dei simil Dei.

Quando il primo fungo atomico si erse affascinante e potente, contemporaneamente nelle principali città del mondo, nessuno fece in tempo a immortalare il momento, un’onda virulenta spazzò via i campi da basket, gli alberi dalle strade, finestre e porte dalle case, parchi giochi pieni di fanciulli incollati ai loro smart phone, ogni corpo, ogni persona si sentirono attraversare da migliaia di microscopici pugnali. I più fortunati (non racconteranno i libri di storia) sparirono all’istante fusi insieme all’aria calda. I meno fortunati videro la loro pelle che scottava, cadere in pezzi a ogni mossa brusca, a ogni passo. Parlare era inutile, cosa si poteva dire? Mentre la luce accecava il cielo, qualcuno pensò: ora vado da Dio. Gli edifici si frantumarono in un attimo, riducendosi a scheletri di metallo e polvere, mentre un bagliore bianco, accecante, colorava i pensieri che immersi in una sorta di meditazione non uscivano.

Il cielo era un lampo innaturale. L’esplosione atomica devastava la città in un battito di ciglia, trasformandola in un inferno di fuoco e radiazioni. Qualcun’ altro se ne stava nel suo Bunker adeguatamente preparato, predisposto per avere due anni almeno di sopravvivenza, senza pensare che poi una semplice appendicite lo avrebbe ucciso, un semplice accesso a un dente sarebbe divenuto tragico. In quei due anni, il tempo sarebbe divenuto un nemico silenzioso e implacabile, mentre l’umanità sarebbe ridotta a un gruppo di esseri viventi sospesi tra la vita e la morte, tra la speranza e la disperazione, in attesa di un domani incerto che potrebbe, anzi non arriverebbe mai. Ottimisticamente un signore geniale dai capelli sconfusionati e bianchi un giorno disse: – “la quarta guerra mondiale si farà con pietre e bastoni” – ma lui si sa che era un inguaribile ottimista. Tutto questo i libri di storia non lo scriveranno, perché non ci saranno libri e la storia finirà. Gli esseri umani sono stati gli esseri viventi più saccenti che si siano mai visti sul pianeta terra. Si ritenevano più intelligenti di cani e gatti, più forti di ippopotami ed elefanti, più astuti di volpi e coccodrilli, ma erano soltanto esseri dannatamente senzienti. A un cane, a un gatto per vivere in serenità bastavano pochissime cose, a un coccodrillo ancora meno e così a un elefante o a una volpe.

Loro, gli umani avevano costruito/ distruggendo, case, strade, dighe, avevano ucciso il mare e fatto della plastica una religione, poi vertiginosi giri burocratici, convenzioni assurde come il danaro. Uccidevano per sport, si uccidevano tra loro per futili motivi, non certo per la sopravvivenza. La loro nicchia biologica era destinata a durare veramente poco, se confrontata con altri esseri viventi. Gli animali non avrebbero mai distrutto il pianeta, non avrebbero tentato di governare la natura, imbottire le nubi del cielo costringendole a fare quello che in quel momento non dovevano. La storia l’avrebbero scritta i vincenti, ma questa volta non avrebbe vinto nessuno e nessuno avrebbe mai scritto un libro di storia.

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