Un articolo di Marco Mayer commentato da Gian Luigi Betti
Stati Uniti d’Europa, da lista elettorale a prospettiva di riforma bipartisan: il fallimento nel voto non deve cancellare il federalismo europeo
di Marco Mayer
La bruciante sconfitta della lista “Stati Uniti d’Europa” rischia di cancellare il tema del federalismo europeo dall’agenda politica italiana. Ma senza Europa politica (soprattutto se Trump dovesse vincere le elezioni), il nostro futuro immediato rischia di essere sempre più in balia di Russia, Cina ed Iran.
e gli Usa (anche se Trump non vincesse le elezioni)
In un mondo dominato da grandi potenze politiche, tecnologiche e finanziarie, il federalismo è un imperativo per il nostro continente. Le sfide globali in materia di politica estera, difesa, intelligenza artificiale, energia e ambiente impongono che la Ue possa agire con gli strumenti propri di una grande potenza.
Francamente il peso della lista “Stati uniti d’Europa” mi pare sopravvalutato. Rispetto a quello che sta succedendo in Francia e Germania e soprattutto rispetto alla prospettiva realistica di qualche cambio di fronte e quindi disfacimento dell’Unione stessa se si dovesse proseguire nella corsa alle armi contro la Russia, forse avrebbe avuto più successo se avesse assunto il nome di “Il regno che non c’è”, tanto per citare un’espressione gramsciana.
Per questo è auspicabile che la formula “Stati Uniti d’Europa” da lista elettorale si trasformi in una prospettiva di riforma istituzionale bipartisan. Il federalismo è un assetto in cui si struttura il potere; in quanto tale di per sé non è né di sinistra né di destra. Il federalismo non cancella, anzi, valorizza le identità nazionali così come le diverse tradizioni linguistiche, religiose e culturale. Il federalismo tutela i diritti di tutti i popoli e di tutte le minoranze. Dopo le elezioni europee la politica dovrebbe rilanciare il dibattito sulle diverse forme di federalismo con lo sguardo rivolto non solo agli Stati Uniti, ma anche all’India, al Canada nonché ad altre grandi democrazie. Oltre alla formula ricorrente degli “Stati Uniti d’Europa” si può considerare anche l’ipotesi una “Federazione delle Nazioni d’Europa”. Quello che conta è la sostanza.
Federazione o Stati Uniti d’Europa non sono la stessa cosa e comunque nessuna di queste ipotesi è al momento minimamente contemplata de jure. De facto e politicamente la cosa è del tutto improbabile soprattutto dopo che il pesante intervento americano contro le forniture energetiche russe ha compromesso fortemente il potenziale produttivo europeo, facendo esplodere le contrapposizioni tra i vari paesi.
Su questo argomento consiglio la lettura di Matteo Bortolon: Incubo UE: dal “pilota automatico” europeista a quello atlantista (sinistrainrete.info) , non è un saggio lungo e l’esposizione è piana ma accurata facilmente accessibile anche ai non specialisti.
Quando la Russia invade l’Ucraina deve esserci chi il giorno dopo (e in nome di tutta l’Europa) ha il potere di spedire in Ucraina i più efficienti sistemi di difesa aerea in grado di intercettare missili e droni prima che colpiscano i bersagli.
Quando la Cina punta ad invadere con le sue auto elettriche il nostro continente a Bruxelles deve esserci chi ha il potere di rallentare le importazioni e difendere i nostri posti di lavoro, come accade negli Stati Uniti.
Quando sul mercato appaiono prodotti e tecnologie avanzate come il 5G, l’auto elettrica, pannelli solari ad alto rendimento … deve esserci una sola autorità che contrasti i veti Usa che non sono competitivi in questi settori e che impongono un fermo in attesa di sviluppare essi stessi questi prodotti.
Il bel libro di Vittorio Parsi “Madre patria. Un’idea per una nazione di orfani”, dovrebbe ricordare anche ai sovranisti più miopi che l’Europa federale è l’unico scudo in grado di difendere sul serio e non a parole il futuro della nazione.
Quello di Parsi è un tentativo di rivalutare il concetto di Patria Italia spogliandola dai cascami nazionalisti ma rinvigorendola con i richiami ad una passata grandeur da spendere nelle nuove sfide della globalizzazione. Resta difficile pensare come questo modello italocentrico si possa conciliare in una Europa dove ogni paese pensa lo stesso di sé.