I Viceré ieri e oggi

Rileggere i nostri classici
Enrico Tendi rilegge I Viceré di Federico De Roberto

La storia narrata è lunga vent’anni, dallo sbarco a Marsala fino ad Umberto 1°; e racconta come la Sicilia vive lo sbarco di Garibaldi e l’annessione al regno d’Italia. Ma il punto di vista è quello di una famiglia della grande nobiltà siciliana, gli Uzeda, di un viceré, uno di quelli che governarono a loro piacimento l’isola per conto dei re di Spagna dall’inizio del 1400 alla metà del ‘700. Un po’ la storia del Gattopardo, con cui, di fatto, ha molto in comune. Il racconto è molto dettagliato, sono tante storie singole, che hanno in comune la stretta parentela dei protagonisti, e la loro sostanziale affinità di vedute, anche nelle grandi differenze. Lo stile di De Roberto è molto diverso, meno fluido di Tommasi di Lampedusa; le singole storie spesso non aggiungono niente al filo logico del romanzo, inquadrano però il modo di pensare, non solo della famiglia nobile, ma anche del popolo che le sta intorno, siano i domestici che la borghesia. La lingua è da rimarcare. Parole inconsuete, come la grafia di talune, (I viceré sono del 1894, due anni prima della nascita di Tommasi di Lampedusa) modi di dire originali, ma perfettamente comprensibili. Ma la storia non è questa: la storia è il racconto di come la classe pesantemente dominante, insofferente anche dello statuto Albertino, che viene sconfitta dall’arrivo della monarchia Sabauda, si ritrovi poi, quasi naturalmente, a riprendersi tutto il potere. E non con azioni violente, ma semplicemente per “restituzione” legittima da parte del popolo. Viene in mente “la Libertà“ di Verga, la breve novella in cui si racconta di come il popolo non sappia usare la libertà, ma, senza “cani da guardia” trasforma in feroce vendetta il rancore per le angherie subite.

Avevo già letto i viceré quando ero più giovane; allora avevo pensato che tutto ciò non può esser vero, che prima o poi il “sol dell’avvenir” sarebbe spuntato, e senza rivoluzioni, almeno in Europa, solo per la maggior consapevolezza dei cittadini. Mi piacerebbe non ricredermi.

Enrico Tendi 15-2-25

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