La casa

Tornare a casa è atroce
che i cani ti spalmino la lingua sulla faccia oppure no
che tu abbia una moglie oppure no
che tu abbia una solitudine a forma di moglie che ti aspetta
oppure no.

Tornare a casa è atroce e si è soli
così, con tenerezza, pensi alla pressione barometrica
percepita nel posto da cui provieni,
perché una volta fatto ritorno a casa
tutto è atroce, ogni cosa.

Pensi ai vermi
attaccati alle foglie d’erba,
ore interminabili passate a guidare,
lungo la strada officine e gelatai
e peculiari forme di nuvole e silenzi
e desiderio di non voler tornare.

Perché tornare a casa
è semplicemente atroce.
E le nuvole e i silenzi fatti in casa
non servono a molto
se non a ingrandire l’inquietudine.

Le nuvole, così come sono,
sono sospette,
e fatte di una diversa sostanza
di quelle lasciate lì, da dove vieni.

Qualcuno ha rivestito anche te
di un diverso tessuto di nuvola,
hai fatto ritorno,
hai resettato la mente,
infettato dalla luce della luna,
non sei felice di essere a casa
non hai voglia, sei fuori posto
negli stracci logori che hai addosso.

Fai ritorno a casa
vieni dalla luna, da un paese straniero;
la forza gravitazionale terrestre
ha raddoppiato la sua intensità,
allenta i lacci delle scarpe
le tue spalle cadono
le rughe dell’ansia sono ben incise sulla fronte,

Fai ritorno a casa sprofondato
prosciugato, connesso al domani
da una stanca ciocca di…
Va così…

Sei sotto le bombe, respiri nei giorni tutti uguali.
Può darsi che almeno un giorno, tra i tanti…
Bene…
Va così…

Fai ritorno a casa.
Il sole fa su e giù
come una puttana stanca,
il meteo rimane fermo
come un ramo spezzato
e tu ti ostini a invecchiare, poco altro.

Niente si muove
se non le correnti e le maree del tuo corpo.
Non riesci più a vedere.
Ti porti dietro la tempesta,
una grande balena blu,
oscurità da ingrassare.

Fai ritorno a casa,
ringrazia i raggi x.
I tuoi occhi sono una carestia.
Fai ritorno a casa

fornito dei tuoi doni di mutante
da regalare a una casa di ossa.

Alberto Brasca, ottobre 2021

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