La Siria e noi / flash

Sulla crisi un commento del nostro corrispondente

La Siria e i conflitti in Medio Oriente … l’Occidente e la campagna auto-promozionale di Meloni

Di ora in ora, di giorno in giorno la drammatica scena dei maggiori conflitti si complica sempre di più con l’entrata di nuovi attori, o il ritorno di quelli ‘storici’ con ambizioni crescenti. Leggiamo resoconti e valutazioni molto contrastanti. Dati i miei limiti faccio molta fatica a starci dietro, ma credo che sia molto difficile per tutti azzardare conclusioni e persino formulare valutazioni plausibili.

E’ chiaro che la caduta di Assad e la fine del regime di un macellaio sadico è già un fatto positivo, ma poi? Meno male che gli jihadisti (revisionisti) siriani sembrano cauti (almeno per ora, e si spera che poi non replichino i talebani) ma chi può azzardare cosa succederà nei prossimi giorni e poi nel futuro? Cosa faranno gli altri attori? Turchia (è il momento della grande opportunità per quella revanche ottomana che è in atto da anni dal Caucaso alla Libia); Iran (se non reagisce ora rischia di perdere completamente la partita, tanto più di fronte all’inarrestabile escalation israeliana); i Curdi (che hanno un’occasione eccezionale per realizzare la secolare aspirazione alla creazione del Kurdistan come stato autonomo e indipendente). Intanto gli americani tentano di estirpare l’Isis con bombardamenti aerei pesantissimi. Chi non ha esitato subito è Netanhyau che, forte della liberatoria dei governi americani (prima, durante e dopo) può attaccare la Siria in una guerra non dichiarata grazie alla disponibilità delle enormi risorse fornite dagli USA (centinaia di aerei modernissimi, carri, miliardi di dollari, quello che Zelensky non ha mai ottenuto su una scala paragonabile pur essendo coinvolto in uno scontro frontale con la Russia) con ambizioni territoriali che oggi sconvolgono l’equilibrio previsto da oltre 70 anni di accordi internazionali (con l’obbiettivo di ricostruire il biblico Regno d’Israele di David e di Salomone dei sionisti integralisti, ovvero la distruzione degli stati che confinano con l’attuala stato di Israele). La Russia smobiliterà le sue basi? Rinuncerà al vantaggio geopolitico che Assad gli assicurava nel Mediterraneo? Come utilizzerà ora Erdogan il suo controllo sul Bosforo sul passaggio delle navi russe, militari e mercantili?

Tutto questo in un paese, com’è la Siria, che ha un’estensione di meno di 2/3 dell’Italia. Dieci anni fa, dopo la primavera araba, aveva 23 milioni di abitanti. Ora sono per metà sfollati in condizioni indicibili, un quarto sono emigrati, mezzo milione sono morti. In questo scenario drammaticamente degradato e complesso, a partire dalla crisi umanitaria e dal totale disastro dell’economia nazionale la comunità internazionale dovrebbe sostenere la Siria facilitando immediatamente gli aiuti umanitari, promuovendo la stabilità e aiutando a ricostruire le istituzioni del paese secondo le aspirazioni dei cittadini. A cominciare dalle condizioni indispensabili per assicurare un rientro umanamente accettabile dei milioni di profughi. E invece la reazione immediata delle democrazie occidentali è stato l’annuncio preventivo del disimpegno degli USA da parte di Trump e il blocco immediato delle richieste di asilo da parte dei governi europei (Italia compresa in prima linea) nel timore di un nuovo disastro di fuga in massa, concreta manifestazione di sfiducia di un possibile riscatto della Siria nel prossimo futuro.

Ieri alla festa di Atreju la Meloni è zompata improvvisamente sul palco per annunciare che la tregua in Libano è il risultato della mediazione dell’Italia, cioè è merito suo, esibendo come testimonial il premier libanese Najib Mikati che era a Roma in visita di stato. Il magnate libanese dal 2000 è candidato perenne al ruolo di primo ministro libanese. Secondo L’Orient-Le Jour “Le retour de Mikati fait grincer des dents : se essere un miliardario è stato a lungo un vantaggio per imporsi sulla scena politica libanese, ora è percepito da una parte della strada come un simbolo del saccheggio delle risorse pubbliche da parte della classe politica”. (Un altro tassello del paziente fotomontaggio costruito da Giorgia come The Strongman europeo, vedi Politico.eu dei giorni scorsi. Gira come una trottola fra bilaterali e multilaterali con foto, sorrisi, baci e abbracci … ma quali risultati ha prodotto al di là di confermare solo quelli di Draghi nei suoi rarissimi viaggi per la coesione internazionale, l’Ucraina, l’alleanza atlantica e il gas dall’Algeria?).

Quando posso, guardo i servizi di Deutsche Welle la sera, prima del telegiornale. Mi pare che in Germania, dove l’immigrazione siriana ha un peso eccezionale che alimenta la tendenza a rilanciare l’espulsione approfittando della caduta del regime, sia presa molto più seriamente : Syrians in Germany: What are their plans for the future?

flash 15-12-24

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