-Tra quattro giorni sarà Natale e quest’anno cade di Lunedì- pensò il direttore Soldini dopo essere tornato in taxi, a causa della pesante ed imprevista nevicata, nella sede principale della banca da lui diretta.
Seduto in poltrona, appena finito di fare il consueto incontro con il suo vice nella filiale a lui più lontana, si mise subito al lavoro per verificare 1’ organizzazione del piccolo rinfresco che tutti gli anni si teneva alla vigilia delle feste di Natale tra gli impiegati di questa piccola banca molto legata al territorio. L’appuntamento quest’anno fu previsto per Sabato mattina alle ore 9 nella sala delle conferenze in maniera da permettere a tutti di ritirarsi in tempo utile per le varie spese e gli impegni familiari. Rilesse il proprio discorso dell’anno precedente e pensò di trascrivere alcuni nuovi periodi.
-Faccio bene ad aggiungere queste cose importanti- commentò nel rileggere le due frasi che aveva precedentemente annotato con cura su un foglietto -anche se non ci sono state particolari novità rispetto all’anno scorso sarebbe sconveniente riproporlo uguale- precisò dopo averlo riletto ad alta voce nella sua stanza.
Fece recapitare il testo alla segretaria che in brevissimo tempo glielo riconsegnò dattiloscritto.
A questo punto fece due note da leggere a parte e le inserì nel portafoglio al fine di dimostrare che il discorso, qualora qualcuno lo avesse fatto uscire sulla stampa anzitempo, non potesse risultare fedele rispetto a quanto avrebbe detto il giorno dopo.
-È sempre bene cautelarsi…non si sa mai anche se in fondo questo è un momento di amicizia pur con la differenza dei ruoli- aggiunse quasi a scusarsi per questo atto di sfiducia.
La poltrona ultimo regalo di Natale dell’azienda, giaceva in un angolo e dato che non c’era nessuno nella sua stanza, cominciò a togliere l’imballaggio e la esaminò minuziosamente guardandosi bene dal delegare al suo factotum questa mansione. Nella stanza si percepì l’odore del nuovo ed una volta seduto provò tutte le inclinazioni, i comandi e stabilì anche l’altezza giusta facendo attenzione a non porre tanta differenza tra le suole delle scarpe ed il pavimento. Il tavolo, con le fotografie dei suoi genitori, della sua famiglia, dell’azienda e del suo cane lupo, era già stato preparato il mattino a cui si aggiunse all’ultimo minuto un computer nuovo con tanto di stampante. Una volta seduto suonò il campanello e quando l’usciere arrivò non poté che esternare il suo apprezzamento.
-Veramente splendida, direttore Soldini, e poi così assume proprio una postura da uomo di comando- .
-Portami un bicchiere d’acqua con una scorza di limone, togli la vecchia poltrona e fai entrare il fotografo- .
-Sarà fatto immediatamente- rispose con deferenza l’usciere che gli era molto affezionato.
Avevano una passione comune per l’alpinismo, le grandi passeggiate in montagna ed un passato nella stessa azienda, ma non si erano mai frequentati; buongiorno e buonasera e niente più. Sempre disponibile per qualsiasi incarico, nei primi anni dell’azienda aveva svolto varie mansioni anche grazie alla sua manualità, frutto di un passato di elettricista.
Ma la cosa che aveva cementato questo rapporto fu la solidarietà sentita quando in occasione di un grave incidente a Soldini, gli fu vicino senza chiedere niente a lui che era un modestissimo impiegato di una ditta locale e con il quale aveva sì e no scambiato tre parole la Domenica mattina nella pasticceria preferita.
Fatte le fotografie separatamente alla sua scrivania ed a lui sulla poltrona, Soldini volle la conferma che sarebbero state pronte il giorno successivo per la cerimonia e la conferenza stampa. Si trattenne oltre la chiusura e verificò che tutto fosse a posto.
La mattina seguente alla spicciolata arrivarono gli impiegati, i dirigenti della banca e si accomodarono nella sala dove ai lati erano sistemati dei tavoli con bevande pasticcini, salati, opportunamente co perti. La stampa venne lasciata fuori e fu lui stesso che comunicò le motivazioni di questa scelta:
-Questo è un momento di familiarità ben diverso da un incontro aziendale per cui alle ore 11 sarò a vostra disposizione. Vi spiegherò come procede il processo di informatizzazione della nostra banca e vi illustrerò il bilancio. Domani è Domenica, giorno di maggior interesse per i vostri giornali; torna tutto alla perfezione- .
Chiarita questa scelta, Soldini iniziò a parlare leggendo il suo testo ed anche le due frasi aggiuntive mentre il suo segretario di fiducia annotò, ignorato dai presenti, le varie presenze filiale per filiale. Terminò dopo venti minuti e chiuse quasi inchinandosi:
-Ho finito. Con tutto cuore un abbraccio a tutti e vi auguro un felice Natale a voi ed ai vostri cari- .
Un applauso caloroso e qualche sospiro di sollievo accolsero queste parole, perché a seguire ci sarebbe stata la consegna delle strenne e delle medaglie di riconoscimento vero clou dell’incontro.
A giudicare dai comportamenti e dalle espressioni il direttore aveva contentato quasi tutti perché gli impiegati si scambiarono a loro volta sorrisi, strette di mano e baci anche se in molti casi senza sfiorarsi le guance. A nessuno venne in mente però di ricordare il povero Giacomo defunto alla vigilia della pensione, né pensò alla sua moglie gravemente inferma.
Il ricevimento, offerto dalla banca, fu di ottimo gradimento tanto più che ci fu chi si mise anche i biscotti in tasca o preparò un sacchettino per i propri familiari e nella stanza rimasero solo vassoi e bottiglie vuote, qualche macchia sul pavimento per delle bevande incautamente rovesciate nel corso del brindisi.
Soddisfatto il direttore Soldini, dopo l’incontro con la stampa, rientrò a casa per l’ora di pranzo e parlò con i familiari esclusivamente di come preparare l’albero di Natale che ancora non era stato comprato.
-Sapete niente dell’inquilino accanto?- . -In che senso?-. -Se ha qualche sorpresa, che dimensioni ha l’albero- spiegò Soldini. -Credo che gli arriverà nel primo pomeriggio- rispose la moglie. -Mi raccomando se avete qualche notizia fatemelo sapere…siamo tra i primi ad avere il telefono cellulare- . -D’accordo, stai tranquillo- . -Papà hai qualche sorpresa per noi?- . -Certo! Vedrete, vederete che sorpresa vi farò- promise ripulendosi la bocca prima di bere un gotto di vino.
Non aveva ancora preso il caffè che il piccolo si precipitò alla finestra e con il volto spiaccicato sul vetro annunciò:
-Papà è arrivato l’albero del vicino- .
Subito anche la sorellina si affiancò al fratello. Prese una sedia ed una volta salita sopra cominciò ad indicare fuori; anche il cane cominciò ad abbaiare. Soldini accorse e vide delle persone che adagiarono l’albero nella fossa già pronta. Con una pala cominciarono a riempirla e dopo un quarto d’ora l’albero era già dritto pronto per essere addobbato. Soldini andò al primo piano per osservare meglio senza essere visto e notò come l’albero del vicino rasentasse lo spigolo inferiore del tetto della propria villetta e così ebbe subito un ragguaglio sulla cosa per lui più importante e cioè l’altezza. Ridiscese subito in salotto e sicuro del fatto suo, commissionò misure e trasporto ad un camionista suo cliente dopo che la famiglia aveva stabilito il punto dove sarebbe stato messo e la coppia di domestici lasciando indietro altre faccende, si mise alacremente al lavoro con pala e carriola, per preparare la buca.
La moglie che aveva fissato un appuntamento con la parrucchiera insieme alla madre, fu costretta a rimandarlo ed anche i bambini che pregustavano una serata diversa, a passeggio nelle vie principali della città, sbuffarono domandando in continuazione quando sarebbe arrivato l’albero.
-Vi chiedo questo favore; per una volta aspettate. C’è anche domani per andare in città- redarguì seccato Soldini che consultò l’orologio.
Alla fine nel tardo pomeriggio arrivò l’albero.
Insieme ai due domestici ed al camionista sistemarono 1’ albero nel punto già predisposto tra il cancelletto d’ingresso e la porta. La cima sfiorava il colmo del tetto della sua villetta di due piani dai tetti spioventi sulla cui facciata spiccava una scritta in gotico.
La neve cadeva copiosa.
-Quest’anno voglio fare le cose in grande- promise a tutti che domandarono cosa sarà mai la sorpresa ma lui ostinato rispose solo con un “vedrete”.
Per guadagnare tempo vennero tirati fuori dalla cantina scatoloni di festoni, lampadine, palline colorate, il magnifico puntale ma sciaguratamente la figlia, baloccandosi con questo, lo fece cadere mandandolo in mille pezzi.
-Ah maledetta guarda che cosa hai fatto!- le gridò livido in volto- ed ora cosa faccio?-. -Dai, vai in paese e ne compri un altro- intervenne la moglie che abbracciò la bimba piangente. -Continuate voi che ora devo riparare a questo guaio- borbottò prima di uscire. -Scusa non mi dai un bacetto?- domandò la moglie. -Ehi ricordati che tra poco è Natale, pensa anche a me- interferì la suocera. -Sì, sì hai ragione; scusa- rispose sfiorandole una gota mentre il suo volto rotondo e glabro mostrò la prima ruga della sua vita.
Chiamò un taxi e dopo si fece accompagnare alla più grande cartoleria della zona perché nei grandi magazzini c’erano cose tutte uguali ed il rischio di usare un prodotto che avevano anche altri era reale.
-Il mio deve essere il più bello!- chiarì alla proprietaria della cartoleria anch’essa sua correntista. -Stia tranquillo direttore Soldini che la accontenterò…sono anche sua cliente- . -La tratterò bene- promise lui soddisfatto pulendosi gli occhiali.
Un breve tic gli contrasse un labbro quando gli furono mostrati oggetti di non gradimento ma non riuscì a trovare un puntale uguale per cui la signora gli propose a quel punto un oggetto straordinario: un angelo a pile che muoveva le ali.
-Geniale!- gridò Soldini facendo brillare i minuscoli occhi. -Ha visto che l’ho contentata signor direttore!- . -Quanti ne ha in negozio?- domandò ansioso. -Altri due perché al momento è un prodotto sperimentale e costa molto- . -Me li dia subito- comandò in un attimo di eccitazione.
Nel retrobottega li provò tutti e tre e dopo aver pagato rientrò trionfante a casa pensando che “nessuno potrà averlo uguale”. Si fece aiutare dal domestico nel trasportare dal taxi in casa gli scatoloni e li fece depositare in un angolo accanto al pianoforte, subito annusati con sospetto dal bellissimo cane lupo.
-Abbiamo da fare molte cose domani che è la vigilia di Natale pertanto mettetevi a lavorare per decorare l’albero- intimò Soldini dopo aver visto il vicino che con lo scaleo ed il metro cominciava a prendere le misure per posizionare tutti gli addobbi. La cena fu abbastanza frugale ed i discorsi caddero sull’albero ed il pranzo di Natale nonché sugli ultimi impegni dal parrucchiere, dall’estetista ed alla confezione dei regali per i propri familiari. Il suocero, che abitava un po’ distante, sarebbe giunto solo all’ora di pranzo di Domenica mattina.
La mattina seguente Soldini si svegliò prima degli altri e nonostante che la neve cadesse copiosa, si portò subito in giardino. Dopo la colazione a ritmi e tempi da caserma, fu un brulichio di persone attorno all’albero, suocera esclusa. Lei sedendosi in poltrona all’interno della casa con la finestra aperta dispensava consigli a ripetizione tra una sigaretta e l’altra in compagnia del cane che di tanto in tanto sdraiato, sbadigliava.
Moglie, figli, camerieri lavorarono con alacrità insieme a lui all’addobbo ed a tarda mattinata la moglie di Soldini insieme alla madre andarono ai loro appuntamenti. Appena uscite, con un pretesto banale, Soldini abbandonò questo impegno delegandolo ai camerieri come l’anno scorso per un altro albero anche se molto più piccolo.
Fuori da occhi indiscreti si chiuse in una stanzina in mansarda, accese il computer ed estrasse da un cassetto di cui lui solo aveva la chiave, dei tabulati analizzandone i diagrammi corredati da note riservate sulle quotazioni in borsa. Con la scusa degli auguri contattò colleghi di altri istituti di credito più importanti del suo e cercò di carpire qualche soffiata ma non tutti gli dettero relazione.
Anzi si sentì bonariamente rimproverare per il suo eccessivo zelo in questo frangente natalizio ed allora non convinto chiamò anche all’estero sfruttando la sua conoscenza della lingua tedesca. Ebbe qualche accenno vago chiudendo sempre le conversazioni con i canonici auguri.
-Martedì pomeriggio combinerò una riunione tra i miei clienti più facoltosi…sono questi i giorni atti per spostare i capitali approfittando del rilassamento generale. Un clic di mouse e si decidono le sorti del mondo!- esclamò enfaticamente.
Erano quasi le due quando sentì bussare alla porta e nascose i documenti nel cassetto. -Avanti-. -Ciao papà che fai?- domandò la figlia che indossava una bella tonaca rosa ed una vistosa fascia azzurra intorno alla testa. -Sono al computer, non mi funziona bene-. -Vieni giù che la mamma e la nonna sono tornate perché ora mangiamo- . -Devi dire che scendo subito; in fondo facciamo stasera il cenone anche se si mangia più tardi va bene- .
La bimba riferì. In attesa del pranzo in casa fu un susseguirsi di telefonate di auguri ed ebbe la visita di una collega della moglie con i suoi due figli che subito familiarizzarono con i bambini giocando in salotto. La domestica nel preparare la tavola, fece presente che mancava il suocero di Soldini.
-Oh, Madonna- esclamò lui -ma non hai pensato a tuo padre?- proseguì rimproverando la moglie. -Mi avevi detto che ci avresti pensato tu- si scusò la moglie. -Il padre è tuo non mio, vergognati! Di andare dal parrucchiere non ti sei dimenticata! Ed anche tua madre dall’estetista… vorrei sapere che cosa ci va a fare quella là alla sua età, ma fatemi il piacere! Ora prendete la macchina ed andate a prenderlo!- ordinò visibilmente arrabbiato. -Ci vuole più di mezzora e ha ripreso a nevicare; ora lo chiamo- promise la moglie. Detto, fatto ma il telefono non dette alcun segnale. -Mettiamoci a mangiare ci penserò io alla fine del pranzo- promise la suocera che si guardò nello specchio -mi ha fatto un buon lavoro quella ragazza che ne dici?- proseguì rivolgendosi alla figlia che esternò il suo compiacimento per l’acconciatura della madre mentre Soldini in disparte non commentò visibilmente contrariato.
Non che ci fosse una particolare predilezione per lui che in un primo tempo aveva osteggiato il matrimonio perché sua figlia doveva aspirare a ben altro dato che lui non aveva ancora una situazione solida, ma sapeva bene che era un personaggio influente per il suo passato di sindaco per nove anni, prima che venisse sostituito senza attendere la fine del mandato. Chiacchierato, riuscì a rientrare in un grande istituto bancario dove successivamente gettò le basi per la carriera del genero. Soldini memore di ciò gli doveva gratitudine e non poteva venir meno a questo impegno morale ben diverso da un affetto genuino e disinteressato.
A pranzo ancora una volta i discorsi caddero sull’addobbo dell’albero da perfezionare nel pomeriggio.
Giunti quasi alla fine del pranzo sentirono suonare alla porta. -Chi sarà?- chiese la bimba pettinandosi con le mani i lunghi capelli biondi. -Forse il vicino che ha visto il mio albero- sogghignò Soldini.
La curiosità venne presto soddisfatta. Il suocero imprecando fece il suo ingresso nella sala da pranzo e senza salutare i presenti, si mise a tavola abbastanza seccato, tra l’imbarazzo generale.
-Nonno ti hanno dimenticato- sottolineò ingenuamente il nipotino baciandolo su una guancia. -Ehhh, si è risparmiato il lavoro dell’addobbo- commentò la figlia. -Scusami papà ma nella concitazione che stiamo vivendo abbiamo… – si scusò Soldini avvampando. -Scusa un cazzo; non accetto scuse. In fondo tu sei mio genero e non mi chiamare papà. Io lo sono solo di quella stronza là- rimbeccò indicando la figlia con una serie di bestemmie.
I bambini sorridendo di nascosto, si guardarono mettendosi le
mani sulle orecchie.
-O papà, perché ti arrabbi? Domani è Natale!- esclamò la figlia che cercò di riparare all’incredibile dimenticanza.
L’uomo non rispose e mangiò con ingordigia visto che a causa del trasferimento di sua moglie a casa del genero, da due giorni aveva dovuto arrangiarsi con affettati e formaggi anche a causa della neve.
Alla fine circondato dai nipotini si recò dietro le loro insistenze, ad osservare l’albero mentre il cane annoiato restò sdraiato.
-Ti piace papà?- domandò Soldini quando lo vide rientrare in casa tenendo i nipotini uno per mano.
-Tutto qui? Dov’è la sorpresa che mi hai detto per telefono?- rispose rifiutando con uno sguardo pieno di rancore, un bicchierino di liquore che sua figlia gentilmente gli stava per offrire.
Nel primo pomeriggio comunque l’albero fu stracarico di cordoni argentati e luci multicolori che si accendevano in sequenza e Soldini uscendo in strada passò davanti a quello del vicino. Visibilmente soddisfatto borbottò:
-Come misure ci siamo. Il mio è più grande-.
Non fece in tempo a compiacersi di ciò, perché udì una musica sacra spezzare il silenzio e constatò che aumentava di intensità man mano che si avvicinava alla rete di confine del vicino. A pelo con la recinzione scrutò all’interno dell’abitazione del vicino ma a soddisfare la sua curiosità ci pensò proprio lui che uscì di casa carico di scatole e scatoline.
-Le piace la musica?- . -Bella…ma ha le casse acustiche?- chiese Soldini. -È un segreto; non glielo posso dire- rispose sorridendo beffardamente. -Ognuno ha i suoi- controbatté Soldini. -Va a messa stasera?- insisté il vicino sorridente nel porre il primo festone. -No; vado a quella di domani a mezzogiorno proprio perché ho una sorpresa da fare. Inoltre ci vogliamo avvantaggiare per finire di decorare l’albero anche se mancano solo alcuni particolari perché abbiamo deciso di fare il pranzo di Natale stasera molto tardi- . -Tantissimi auguri a lei e famiglia. Io, come vede, comincio adesso ad addobbarlo. Sono solo e non ho domestici- . -Contraccambio gli auguri e buon lavoro- .
Appena giunse in casa la moglie lo vide un po’ turbato.
-Che c’è?- . -Quel bottegaio con un’azienduccia che vende cacciaviti martelli e tasselli fa lo spiritoso. Ho visto che ha un impianto stereo mimetizzato sull’albero; io me ne intendo perché era il mio lavoro- . -Veramente non è un’azienduccia. Ha dieci operai e due impiegate di cui una molto carina e…- obbiettò la moglie. -E cosa?- . -Disponibile così si dice in giro- arguì la moglie guardandolo maliziosamente. -Per forza ha una moglie che è un mostriciattolo. Io però ho una sorpresa che lo farà impallidire- mugugnò passandosi un fazzoletto sulla fronte sudata.
Chiamò subito il domestico e gli ordinò di issare sulla cima dell’albero, l’angelo. Tutti obbligati ad uscire in giardino, cane compreso dopo un calcio nel sedere, stettero a guardare con il naso all’insù. Appena il domestico scese dallo scaleo e lo riportò in casa, Soldini con il telecomando in mano richiamò l’attenzione di tutta la famiglia facendo poi muovere le ali al ritmo di Stille Nacht.
-E voilà; che ne dite eh?- . -Papà è questa lo sorpresa che ci volevi fare?- . -No, no mio caro vedrai a mezzanotte in punto- rispose Soldini accarezzandolo.
Nel tardo pomeriggio di Domenica finalmente tutto perfettamente decorato con l’angelo come puntale che continuava a muovere le ali a tempo di musica e tantissime luci che si alternavano, l’albero campeggiava davanti alla sua casa.
La neve caduta copiosamente nella nottata precedente e che a sprazzi continuava a cadere ancora, rendeva molto suggestiva questa rappresentazione. Soldini provò addirittura a spegnere le luci di casa e nonostante questo, l’albero trasmise dei bagliori anche all’interno di essa.
-Verrebbe voglia di cenare a lume d’albero- commentò veramente soddisfatto.
Moglie, suocera, figli furono adesso tutti liberi di ultimare le compere mentre il suocero appesantito dal pranzo stava facendo la sua pennichella.
A tarda sera la famiglia, tranne il nonno, prima di iniziare il cenone si riunì per l’unica volta in tutto l’anno davanti all’albero provando a circondarlo, dandosi la mano ai rami più bassi ma era troppo grande.
-Chiama i domestici- suggerì il figlioletto -così facciamo il girotondo- . -Ma come ti viene in mente, eh? I domestici sono domestici e poi hanno da fare- brontolò Soldini. -Me se dici sempre che sono di famiglia che male c’è- obbiettò il figlioletto contrariato.
Infine anche per l’insistenza della moglie, Soldini li chiamò e loro furono ben contenti di unirsi in girotondo che finì presto perché le donne in abito lungo, come se dovessero andare ad un pranzo di gala, si muovevano impacciate.
Rientrarono tutti quasi subito in casa tranne il cane che approfittò per orinare ripetutamente sul tronco dell’albero ed abbaiò a lungo verso l’angelo che muoveva le ali. Dopo aver annusato l’albero vi scavò una piccola buca e si lasciò andare ad altri bisogni prima di ricoprirla furiosamente facendo schizzare la neve che colpì le palline colorate.
-Ma che fa quella bestia?- sbraitò Soldini. -Quello che fanno anche gli essere umani- ridacchiò il suocero comparso sulla porta. -Ora lo lascio fuori- mugugnò Soldini.
Gli adulti si dettero gli ultimi tocchi all’abbigliamento mentre i domestici celarono in attesa della mezzanotte, i regali in uno sgabuzzino chiuso a chiave.
La suocera di Soldini indossava una camicia di seta color prugna ed i gioielli che metteva solo per le occasioni migliori mentre il suocero con un gessato blu a righina fine non perdeva occasione per sganciarsi la giacca e mostrare un panciotto argentato con una catenella a cui era appeso un piccolo orologio d’oro. Inoltre indossava una perfetta camicia con il collo inamidato chiusa ai polsi con dei gemelli di oro raffiguranti il suo segno zodiacale.
I bimbi in abbigliamento sportivo, con tute e scarpe firmate, giocavano ad acchiappino intorno al pianoforte mentre la moglie addirittura si presentò con un abito lungo turchese come le scarpe, un golf bianco ed una borsetta subito appoggiata sul pianoforte che da almeno un anno aspettava di rendersi utile dato che nessuno in quella casa sapeva suonarlo.
Soldini volle invece cambiarsi ed indossò una giacca doppiopetto blu, pantaloni grigi con la risvolta, scarpe nere, camicia bianca e cravatta gialla e blu a strisce oblique. Prima di iniziare il cenone tutti si alzarono in piedi e dissero, come solo nei giorni di festa la solita preghiera al termine della quale in silenzio iniziarono a mangiare.
La tavola era apparecchiata in maniera sfarzosa a cominciare dalle posate, fino al tovagliato e ridondante di ogni genere di cibo. Come tutte le strade portano a Roma, così tutti i discorsi portarono inevitabilmente al paragone con l’albero del vicino ed alla sorpresa che di tanto in tanto riaffiorava anche se nessuno volle nominarla più dopo l’ennesima puntualizzazione di Soldini. A metà del cenone, sua moglie che nella caduta di loquacità del maritò individuò non solo stanchezza, lo invitò a fare un discorso.
Restio, Soldini declinò l’invitò ma quando si associò a questa richiesta tutta la famiglia, fu costretto ad alzarsi. Si abbottonò la giacca, e, dandosi un tono professionale, iniziò il suo sermone ma non avendo preparato niente per l’occasione, allora pensò bene di andare sul sicuro:
-Ascoltatemi bene, tutti anche tu Cristiano. Io sono un bancario e per me al primo posto viene l’interesse della banca che, implicitamente, è l’interesse della mia famiglia. Se la banca va bene io stabilisco rapporti importanti con persone che contano ed esse a loro volta mi aiuteranno a sistemare i miei figli in posti rispettabili; noi acquistiamo potere e prestigio. Se la banca va male, tutto questo non lo posso avere; il resto gli aspetti sociali, i poveri, gli operai è roba di cui è bene che si occupino chiesa e sindacati. Viva il Natale ed auguri a tutti. Chiaro? Ragazzi che ne pensate?- .
Silenzio sepolcrale; la suocera sbadigliò, il suocero ridacchiò e la moglie abbassò la testa. Il cane da fuori abbaiando insistentemente, riuscì a vivacizzare l’ambiente e venne fatto rientrare in casa dalla piccola.
-Sentiamo Samanta che è la voce dell’innocenza. Cosa ne dici del discorso di papà?- .
La bambina per niente imbarazzata, arrotolandosi un ciuffo di capelli intorno ad un dito, raccolse l’invito:
-Allora se viene un povero a bussare alla porta tu che fai? Chiami il prete o il sindacato? Oppure tutti e due?- domandò con una vocina incantevole prima di appoggiare la faccia sul palmo della mano nel guardare il padre con un sorriso impertinente.
Attese la risposta che invece le venne dal fratellino il più trepidante per la sorpresa:
-No; papà deve chiamare la polizia; l’ho visto in un film- . -Smettiamola con questi discorsi e facciamo un brindisi- borbottò la suocera. -Mamma sono bambini; non puoi pretendere che stiano zitti- . -Falli parlare! Mi sembra che abbiano le idee chiare; bravi nipotini- insisté il nonno unica persona che mangiava ancora.
L’orologio a pendolo scandì le ventitré e trenta ed i rintocchi ebbero l’effetto di risvegliare i piccoli che si sforzarono, dilatando gli occhi, di restare svegli.
-I regali quando li porta Babbo Natale?- chiese impaziente la bimba. -Stanotte vai a letto e domani quando ti sveglierai, li troverai sotto l’albero- . -No; io voglio testare sveglia e ringraziarlo- . -Ci penso io a ringraziarlo- propose Soldini anche lui preoccupato di qualcosa.
Si alzò, prese un sigaro speciale e si portò alla finestra.
-Nevica e tira vento; è un tempo da lupi- constatò cercando di sbrinare il vetro appannato.
Aggrottò la fronte ed invitò a far silenzio perché un rumore sempre più distinto si trasformò in suono sempre più nitido. Non si sbagliò quando avvertì che per la strada c’erano gli zampognari e tutti corsero, al suo richiamo, alla finestra, tranne il suocero.
Le figure, sferzate dalla neve, sembravano uscire dal nulla ed il suono insieme all’abbigliamento tipico, catturarono l’attenzione della famiglia che con i nasi appiccicati al vetro, guardò con stupore. Non rispondere sarebbe stato scortese ed oltretutto impossibile visto che l’abitazione era tutta illuminata a giorno e suo malgrado Soldini si mise la giacca prima di uscire con la macchina fotografica.
-Buonasera mettetevi qui sotto l’albero che ci facciamo una foto- propose sorridente.
Gli zampognari furono restii, ma di fronte ad un paio di fogli da mille lire accettarono di farsi immortalare mentre il vicino anch’esso attratto dal suono fece la comparsa dietro il cancelletto. In piedi su uno sgabello, osservò la scena e batté le mani.
-Venite anche da me; venite- disse invitandoli in casa con ampi gesti.
Gli zampognari non se lo fecero ripetere e per loro, la conclusione imprevista della giornata, fu di fronte ad una tavola imbandita.
Soldini rientrò con la sua Polaroid e mise la foto sul tavolo:
-E non si dica che io non accolgo gli extracomunitari- . -Ma papà gli zampognari sono italiani- precisò la figlioletta. -Sicura?- . -Come no!- esclamò la moglie mentre il suocero scosse la testa ridacchiando. -Comunque io accolgo tutti e non si dica che io non sono cristiano e non rispetto il Natale- . -Era questa la sorpresa? Ora è mezzanotte- si lamentò il piccolo figlio deluso. -Non penso che il mio vicino l’abbia fatto a sommo studio ma ho parato il colpo- pensò Soldini mostrando la fotografia ancora umidiccia. -Ma gli zampognari non stanno nel presepe? È la prima volta che vedo degli zampognari sotto un albero di Natale- arguì il suocero. -Bisogna modernizzarsi, papà- . -Non mi chiamare papà, te l’ho già detto. Io sono papà solo di quella…- volle precisare il suocero che non fece in tempo a terminare la frase perché sua moglie gli tappò la bocca con la mano.
In realtà la neve aveva complicato i piani di Soldini che ingaggiando una coppia di clienti in difficoltà a cui aveva fatto un favore, si sarebbero dovuti presentare su una slitta trainata da un pony tutto agghindato con pennacchi e sonagli; uno vestito da Babbo Natale e l’altra da angelo con le ali posticce ed una tunica. La nevicata però impedì loro di arrivare puntuali.
Il tutto per la modica cifra di ottantamila lire, foraggio per il pony compreso. Nei piani avrebbero dovuto passare prima dal dietro dell’abitazione e qui d’accordo con il domestico che aveva la chiave del ripostiglio avrebbero caricato i regali sulla slitta e sarebbero comparsi davanti alla villetta scampanando fragorosamente.
Soldini alla stregua dei figli rimase attaccato ai vetri ma dopo circa mezzora dalla mezzanotte, uscì sulla porta. Faceva freddo e non era consigliabile aspettare lì ascoltando, oltretutto involontariamente, il baccano dei vicini che si sbizzarrivano in canti, applausi, grida e brindisi a ripetizione per la gioia anche degli zampognari che gli accompagnavano con i loro strumenti.
Finalmente intravide sul fondo della strada una sagoma che lentamente prendeva le sembianze di qualcosa di agognato. Un pony arrancava e nonostante una serie di frustate, che schioccavano con fragore stava per arrivare a casa sua. Le figure si materializzarono e come pattuito si diressero verso il retro della villa. Soldini infreddolito rientrò in fretta in casa e chiamò il domestico cercando di non farsi accorgere dai presenti di questo movimento.
-Eccoci carichiamo in silenzio sulla slitta i regali- sussurrò Soldini impugnando i pacchi. -Un momento; prima i soldi- . -Ora ce l’ho nella giacca- . -No, no prima i soldi o si torna indietro- minacciò il Babbo Natale. -Va bene, va bene; come siete venali anche nel giorno di Natale- . -Senti chi parla!- reagì la donna che calzava dei sandali e batteva i piedi sulla slitta.
Il Soldini prese la busta, contò velocemente i soldi senza distenderli, prima di consegnarla all’uomo che caricò come pattuito tutto sulla slitta. Subito corse alla poltrona mentre i suoi figli, annoiati e stanchi, iniziarono a giocare al monopoli regalato dalla banca sbadigliando nel gettare i dadi.
I genitori della moglie insieme alla figlia si erano trasferiti su un tavolo rotondo ed iniziarono a giocare a ramino quando i sonagli appesi alla slitta tintinnarono davanti alla villetta e ciò richiamò l’attenzione di tutti; grandi e piccini. Chi giocava a carte si fermò, mentre i bimbi si precipitarono alla finestra.
-Babbo Natale, evviva- urlò la piccola battendo le mani. -Hai i regali per noi, vieni nonno vieni a guardare- gridò eccitato il piccolo Cristiano.
Tutti si alzarono dal tavolo e si portarono nei pressi dell’ingresso mentre dalla slitta una cassetta diffondeva le note di Jingle Bells. Il Babbo Natale bussò e venne accolto trionfalmente mentre il cane cominciò ad annusarlo ed in un gesto di confidenza gli pose le zampe sulle spalle, prima di essere trascinato via a forza dal Soldini. Dietro a lui stava l’angelo che aprendo e chiudendo i bracci, riusciva a far muovere le ali.
I regali vennero consegnati e Babbo Natale con l’angelo si congedarono dopo aver posato per le fotografie di rito ma nessuno pensò bene di offrire un liquore per rinfrancarli dai rigori del freddo. Mentre in casa tutti mostravano con gioia quanto è stato portato loro, Babbo Natale ricontrollò la busta insieme all’angelo:
-Mancano ventimila lire di quanto pattuito!- sbraitò.
Nonostante avessero fatto già paio di chilometri invertì il cammino, tolse i bubboli ed i sonagli al pony ed infuriato tornò indietro sobillato dall’angelo livido e raffreddato che lo invitava ad usare le maniere forti.
La famiglia stava finendo di festeggiare quando si sentirono dei colpi alla porta e tutti si guardarono un po’ sorpresi.
-Non aprire- consigliò la moglie di Soldini.
-Non si sa mai; potrebbero essere degli extracomunitari in cerca di rogne- ammonì sua madre.
Soldini restò al suo posto fino a che una voce cavernosa lo fece sobbalzare:
-Imbroglione! Vieni fuori, mascalzone! Mancano ventimila lire- . -Ventimila lire di cosa?- chiese il suocero che aveva udito chiaramente. -Niente, niente papà; lascia fare a me- chiosò Soldini che voleva tranquillizzare tutti ma sudava freddo.
Si passò una mano sulla fronte ed infine aprì la porta.
Entrarono subito in casa l’angelo avanti e Babbo Natale dietro. Soldini voleva spiegare il frainteso ma prima che aprisse bocca la donna già abbastanza infreddolita e poco riparata con quella tunica sganciando le ali ed appoggiandole per terra sbottò:
-Fuori la grana direttore, questa è la busta! Mancano ventimila lire, altrimenti da qui non ce ne andiamo- . -Non ci faccia del male, angelo- supplicò la suocera di Soldini. -Macché male e male; ora risolvo io- tranquillizzò Soldini con gesti eloquenti.
Si frugò in tasca ed estrasse ventimila lire precise; nuove come quelle consegnate prima.
-Scusate, mi devono essere rimaste in tasca scivolando dalla busta- . -Ma guarda caso, eh! Che combinazione!- controbatté Babbo Natale. -Quale busta papà?- domandò Samanta. -Zitta te lo spiego dopo-. -Scusi angelo ma lei per caso non è la moglie del fabbro?-domandò il suocero andandole vicino per osservarla meglio. -Sì perché?- rispose perentoriamente la donna. -C’ho visto bene allora nonostante gli anni. Mi saluti suo marito- disse il vecchio sorseggiando della grappa dopo l’ennesimo pasticcino. -Sono io suo marito- interferì Babbo Natale levandosi il cappello e gettandolo sul pavimento -un’altra volta a te imbroglione, non ti porterò rispetto- gridò rivolgendosi a Soldini prima che nella fretta di uscire urtasse un carrello pieno di liquori. -Ma lui è il papà di Samuele!- indicò Cristiano. -Grazie ed a nonrivederci- mugugnò Babbo Natale che lasciò il cappello sul pavimento.
La porta sbatté fragorosamente e tutti restarono un po’ imbarazzati con i regali tra le mani.
-In fondo è stata una bella giornata con tanti bei regali per tutti- sghignazzò il suocero di Soldini. -Sì; sì; hai ragione- confermò sua moglie. -C’è stata questa sorpresa- affermò Soldini rinfrancato da una pacca della suocera e soprattutto dal parere lusinghiero della moglie. -Davvero è stata proprio una bella sorpresa- commentò a bassa voce il figlioletto- . -Quello non è Babbo Natale; ci hai ingannati. Vergogna dire le bugie per Natale- rimproverò la piccola. -E qui sta la sorpresa; hai capito sorellina! Andiamo a dormire?- . -Ma perché c’è ancora qualcuno che crede davvero a Babbo Natale?- domandò sbuffando Soldini dopo che i bambini indispettiti si erano allontananti lasciando i regali per terra.
Gino Benvenuti
Il racconto è tratto dal volume
Giorno per giorno : racconti / Gino Benvenuti ; prefazione di Raffaele K. Salinari. – Milano : Punto rosso, 2018. – 508 p. ; 21 cm. – [ISBN] 978-88-8351-209-4.