Ieri sera, per cena, ho preparato una deliziosa zuppa della cucina tradizionale ligure, lo Zemin a base di bietole, ceci e funghi secchi. Da noi in Toscana è conosciuto come Zimino ed è considerato un piatto della cucina “povera”, con quello che può significare oggi una simile denominazione. Zemin deriva dall’arabo e vuol dire “cottura lenta in acqua” (per altri, invece, cibo grasso). Molte delle nostre ricette derivano dalla continua contaminazione tra diverse culture; centinaia di anni di contatti, guerre e scambi commerciali hanno fatto del Mediterraneo un bacino di confronto continuo tra differenti originalità. E anche nel diritto ci sono state parecchie contaminazioni. In fondo, siamo tutti figli di Sem e Iafet, la discendenza di Abramo.
Oggi arabo è sinonimo di islamico, senza dubbio con ottime ragioni. Il diritto dell’Islam, però, è anche molto interessante. Le fonti immutabili del diritto musulmano sono il Corano, la legge divina, la Sunna, la condotta tradizionale di Maometto, l’Iǵmā, l’accordo unanime dei sapienti, e il Qiyas, il ragionamento per analogia. Per i riti giuridici ortodossi o sunniti hanafita, malikita, shafita e hambalita, l’Iǵmā di riferimento è quella dell’Università del Cairo. Ci sono, poi, i riti eretici o sciiti, dominanti in Iran (Paese non arabo) e in Iraq. E, infine, i riti minori: wahhabita e agirita. I riti sono tanti e si differenziano in molti particolari, ma i principi del diritto seguiti sono comuni. Le interpretazioni della legge divina si modulano sul taqlid, il riconoscimento dell’autorità dei dottori delle generazioni passate. Insomma, il fiqh, la scienza del diritto musulmano, è una sorta di commistione tra Common law e Civil law con una forte predisposizione al principio dello Stare decisis.
Molti giuristi occidentali si sono chiesti quale fosse il livello di adesione spontanea delle popolazioni al millenario fiqh. Non c’è una risposta precisa, però si è portati a credere che l’Iǵmā, la dottrina giuridica per capirsi, sia la base sociale delle mutazioni di gradimento nei diversi ordinamenti dove il fiqh è applicato. In alcuni Paesi, come il Marocco, la dottrina è sensibile ai lenti cambiamenti sociali mentre in altri, come l’Afganistan, l’applicazione del Corano, e in particolare della Sunna, è molto rigida. Il velo islamico per le donne è un metro di valutazione utile a capire come l’interpretazione del diritto musulmano cambi da paese a paese. Altri studiosi hanno operato perfino una comparazione tra il diritto canonico della Chiesa Cattolica e il diritto musulmano riscontrando parecchie analogie nell’applicazione del metodo interpretativo.
Chiudendo questa disamina mattutina, è doveroso fare un riferimento alla dhimmitudine. Con questo termine s’intende l’attitudine, o l’avversione, di cristiani ed ebrei a sottomettersi al diritto musulmano.
Ecco, pensate: tutta ‘sta roba è partita con lo Zemin ligure! Beh, stasera per cena una bella spaghettata alla carrettiera non me la toglie proprio nessuno…
Augh!
Lo Zemin
Massimo Lensi da Facebook