TU VO’ FA’ L’AMERICANA …

di Anna Maria Guideri


(Meloni, una romana in America)

Fin dai tempi di Albertone
che faceva lo spaccone,
sotto sotto ogni italiano
si sentiva americano.

Si sentiva un po’ cow boy,
tale e quale a quegli eroi
che sognavan la frontiera:
inseguiva una chimera.

Era un’impresa omerica
fare parte dell’ America:
si sentiva tutelato
nientemen che dalla NATO!

Mamma NATO lo allattava,
dolcemente lo cullava,
carri armati poi schierava
e la pace assicurava.

Poi cos’è cosa non è
tutto passa alfine, ahimè,
e al di fuor di ogni programma
lo abbandona la sua mamma!

E lo lascia in mezzo al guado
gnudo ed allo stato brado:
un crudele voltafaccia ….
con i dazi lo minaccia!

Or l’Italia è ripudiata
da una scelta insensata:
non si premia in verità
obbedienza e fedeltà.

Certo, era molto bello
della NATO il grande ombrello;
con la pioggia o con il vento
NATO era un paravento

E di fronte ad ogni dramma
c’era lei, la grande mamma!
Giorgia resta assai confusa
dalla mossa degli U.S.A.

e s’inventa mille diavoli
per salvare capra e cavoli.
Si dichiara europeista,
ma il suo cuore è trumpista …

Tergiversa come può …
e si chiede:” Ma ‘n do’ vo?”
È l’istinto primordiale,
Trump è l’attrazion fatale.

Alla Giorgia cosa resta?
Il richiam della foresta!
Se la mamma l’abbandona,
se la mamma non è buona …

Giorgia il fascio non tradisce
e alla fine obbedisce.
S’inginocchia e supplicando
or si piega al suo comando.

Trump non mi abbandonare,
io con te voglio restare,
fallo in nome di Benito,
il tuo sosia preferito!

Ma la mamma è assai crudele,
le risponde con il fiele:
Cosa vuoi tu piccoletta?
Levati di mezzo, ho fretta!”

La Meloni tanto grande
alla fin resta in mutande
e l’America e l’Europa
gliele danno con la scopa!

Anna Maria Guideri 26-03-2025


VA’ PENSIERO …

di Anna Maria Guideri
Immagine : Quadro Elisabetta Nannini L’albero delle parole


(Parole:
Alla ricerca del senso perduto)

E pensare che c’era il pensiero è il titolo di un noto spettacolo di Giorgio Gaber degli anni ’90 sul tema della crisi del pensiero nella società odierna. Ne descriveva la parabola discendente nel passaggio da collettivo a massificato, da individuale a individualista, da consapevole a ignaro e inconsistente. Un’analisi tanto centrata e profetica come era difficile immaginare e temere. È forse utile riflettere che il pensiero collettivo, a differenza di quello massificato, implica consapevolezza individuale e plurale e capacità di elaborare una visione organica della società in senso lato. Il pensiero di massa – o non pensiero – al contrario, risponde ai criteri dei diktat mediatici per conseguire scopi abilmente mistificati e generalmente ignorati. Il pensiero include – come ci insegna il logos – la parola. Pensiero e parola formano una unità inscindibile, astratta e concreta , invisibile e visibile, sostanziale e formale. L’uno non esiste senza l’altra. Se il pensiero viene meno, fatalmente trascina con sé anche la parola che non gli può sopravvivere se non come suono disconnesso, incomprensibile, fuorviante. È quello a cui stiamo assistendo nell’indifferenza generale: la scissione del LOGOS. La qualità delle parole usate è inversamente proporzionale alla loro quantità: meno si pensa più si parla in modo piatto, generico, conformista. Prevale lo stile sloganistico, buono per tutte le occasioni, per dire tutto e niente. Al logos dobbiamo la nostra appartenenza al genere umano (Don Milani). Gli dobbiamo la nostra evoluzione morale e civile , la cultura, la democrazia, il superamento di conflitti insanabili, la ricerca instancabile della verità … Le parole come logos, usate cioè in senso dialettico, sono temute perché hanno il potere di fare e disfare i mondi senza darli mai per scontati. Le parole pensate e pensanti, parlano alle menti, alle coscienze, aprono finestre, indicano orizzonti, costruiscono ponti, ribaltano ordini superati per crearne di nuovi … Per questo sono combattute, oserei dire, perseguitate. Ci stiamo avviando lungo una china che, dal vero, passando per il falso, ci spinge verso il nulla. Assistiamo proprio in questi giorni alla dichiarazione di guerra alle parole delle comunità gay e al ripristino di quelle riferite alle disabilità da parte del presidente argentino Milei con intenti chiaramente oltraggiosi. Stigmatizzanti, o ambigue … Le parole sono ormai contenitori deformabili e adattabili a ricevere tutte le possibili esternazioni prive di senso e di valore. O meglio, il senso che viene loro attribuito è provvisorio, arbitrario, intercambiabile a seconda delle circostanze e delle convenienze: parole usa e getta del tutto conformi al consumismo imperante. Il fenomeno è quasi surreale: a fronte del rischio estinzione delle parole pensate proliferano, infestanti come i virus pandemici, le parole gettate al vento, prive di senso, come esche per le malcapitate prede. Non per dialogare, ma per prevaricare, non per convincere, ma per imbonire, non per chiarire, ma per confondere, non per rispettare, ma per offendere. Se la parola significante perde il suo significato e il suo potere di interlocuzione, cosa ci resta? Quali armi abbiamo per lottare contro l’indifferenza, l’ignoranza, la violenza, l’ingiustizia? Di quali mezzi possiamo disporre per arrivare alla coscienza degli esseri umani se gli esseri umani non hanno più coscienza? Cosa possiamo inventarci per rivolgerci a Trump e a tutti gli oligarchi assetati di potere totalmente refrattari al pensiero? Se non c’è condivisione sul codice d’accesso, l’accesso è impossibile; si precipita rovinosamente dal logos al caos! È ciò che sta accadendo. Se si parla di democrazia , ma ognuno degli interlocutori la intende a modo suo, poche sono le possibilità di dialogare. Se parlando di libertà, c’è chi la intende come libero arbitrio che non prevede limiti di sorta e chi invece ne riconosce i limiti posti dal diritto altrui, non c’è dialogo possibile. Democrazia, libertà, diritti, pace, guerra … le parole sono le stesse, ma i significati sono opposti a seconda di chi le usa; sono incompatibili fra loro. La stessa incompatibilità che c’è fra la forza e la ragione. C’è chi parla di ragione, ma intende forza ragione della forza – e chi parla di ragione come logos, come capacità di accedere ad una verità mediante il ragionamento basato su capisaldi etici, come quelli della nostra Costituzione dove le parole hanno un significato inequivocabile … per chi non ha interesse ad equivocarlo! Se la forza diventa ragione, la ragione cessa di esistere sia come valore che come parola pensata e pensante. È la morte della parola che ci rende afoni, disarmati, soli, privi d’identità. Un lutto difficile da elaborare. Chi siamo, in che mondo viviamo, quali sono i nostri riferimenti, i nostri ideali, il nostro senso? La nostra facoltà più preziosa, il pensiero, che ci permette di comprendere, elaborare, creare, comunicare usando la parola, a volte per colpire, altre per aiutare, ma sempre all’interno di un codice condiviso, sta diventando irrilevante e con essa quanti vi si riconoscono . La nostra forza è diventata debolezza; siamo dei sansoni a cui hanno tagliato i capelli. Le parole vuote fluttuano disordinatamente nello spazio, indistinguibili, incapaci di farsi “carne”, di consistere, d’interpretare la realtà nel suo essere e nel suo divenire. Parole anonime, sbatacchiate qua e là, costrette ad indossare abiti prestati dai simulatori di professione per capovolgere il senso delle cose e seminare il caos propiziatore di denaro e di potere. Se il potere non è più appannaggio degli esseri pensanti, ma di coloro che usano i bicipiti, non ci resta che usare i bicipiti – se li abbiamo – rimettendoci la nostra identità umana e culturale. Si può vincere perdendo se stessi? Ne vale la pena? In principio era il verbo … E il pensiero? Non pervenuto!

Anna Maria Guideri 17-03-2025

SON DAZZI AMARI

SEGNALAZIONI
Il mercante Trump: «O i dazi o la vita!» di Luca Serafini su Clarissa.it
FONTE Sinistrainrete
TITOLO E IMMAGINE REDAZIONALI

Sintesi del breve saggio di Luca Serafini “Il mercante Trump: «O i dazi o la vita!»”

Critica all’approccio di Trump sui dazi

Economisti e osservatori contestano la politica dei dazi di Donald Trump, affermando che si tratta di una tassa sulle importazioni che ricade sui consumatori. Si denuncia anche l’uso della dichiarazione di emergenza nazionale da parte di Trump come un abuso di potere.

Sfondo economico

Dietro le scelte di Trump si cela un problema profondo: il crescente deficit pubblico federale degli Stati Uniti. Questo deficit obbliga il governo a cercare compratori per titoli di Stato per miliardi di dollari ogni anno, imponendo tale necessità su altri paesi.

Strategia di intimidazione

Trump usa la minaccia dei dazi come una leva per costringere altri paesi a comprare debito americano, proponendo un’alternativa brutale: accettare di finanziare il debito americano in cambio della protezione militare degli Stati Uniti.

Piano economico di Trump

Un saggio di Stephen Miran consuelente ascoltato di Trump suggerisce un accordo (Mar-a-Lago Accord) per ripensare il sistema finanziario globale in cui gli alleati dovrebbero finanziare le “zone di sicurezza” americane comprando titoli di Stato a lungo termine. Queste zone sono presentate come un bene pubblico, e il non acquisto di titoli porterebbe a dazi che allontanerebbero i paesi dall’ombrello protettivo americano.

Ricatto duale su Europa

Gli europei sono messi di fronte alla necessità di finanziare il debito americano e di affrontare il costo della sicurezza in Ucraina, demandando così anche oneri di spesa per la difesa agli Stati Uniti.

Riferimenti storici

Serafini menziona precedenti storici simili, come l’approccio di Lyndon Johnson, dove gli Stati Uniti chiesero ai loro alleati di finanziare il loro deficit in cambio di protezione militare, stabilendo una connessione tra debito e difesa.

In conclusione

il saggio esplora come Trump stia utilizzando una strategia di ricatto per rafforzare la posizione economica e finanziaria degli Stati Uniti a spese degli alleati, proponendo un’analisi che esamina i movimenti strategici del presidente in un quadro più ampio di politica economica e relazioni internazionali.

LEGGI L’ARTICOLO

Grid America

IERI
Una stampa americana del 1876
Titolo
Riformatori democratici in cerca di una testa
Sommario
Una leggera parodia dei conflitti e della corruzione all’interno del Partito Democratico di New York. Nel 1876 il leader di Tammany “Honest John” Kelly usò il suo potere sui democratici di base per opporsi alla candidatura presidenziale del governatore di New York Samuel Tilden alla convention nazionale di St. Louis. Qui un’impenetrabile nuvola di fumo è stata sollevata da una mischia tra le fazioni. I democratici di Tammany (a sinistra) e i tildeniti (a destra) della classe operaia sono identificati dalle scarpe sotto e dalle armi sopra. I primi indossano pesanti scarpe da lavoro e stivali da pompiere e brandiscono mazze, bottiglie e mobili rotti. I Tildeniti, al contrario, indossano scarpe più sottili e sono armati di ombrelli, bastoni e pistole. La “Legge” è calpestata dai piedi di Tammany, un’allusione alla corruzione associata al controllo della società sul governo di New York. Uno dei piedi dei signori calpesta le “Regole dell’Ordine”. A terra ci sono anche dadi, carte, una bottiglia di liquore e una bottiglia di inchiostro versata.
Deposito
Biblioteca del Congresso Divisione Stampe e Fotografie Washington, D.C. 20540 USA http://hdl.loc.gov/loc.pnp/pp.print
OGGI
Il discorso di Bernie Sanders al senato degli Stati Uniti.

Discorso di Bernie Sanders al senato degli Stati Uniti

Siamo in tanti a non volere un mondo come il loro.
“Non mi capita spesso di ringraziare Elon Musk, ma ha fatto un lavoro eccezionale nel dimostrare un punto che sosteniamo da anni: viviamo in una società oligarchica in cui i miliardari non solo dominano la politica e le informazioni che consumiamo, ma anche il nostro governo e le nostre vite economiche.
E oggi questo è più evidente che mai. Ma dato il clamore e l’attenzione che il signor Musk sta ricevendo nelle ultime settimane mentre smantella illegalmente e incostituzionalmente le agenzie governative, mi sembra il momento giusto per porre una domanda che i media e la maggior parte dei politici evitano: cosa vogliono davvero lui e gli altri multimiliardari? Qual è il loro obiettivo finale?


A mio avviso, ciò per cui Musk e chi gli sta attorno stanno lottando con tanta aggressività non è qualcosa di nuovo, né di complesso. È ciò che le classi dominanti hanno sempre desiderato e creduto fosse loro di diritto: più potere, più controllo, più ricchezza. E non vogliono che le persone comuni e la democrazia intralcino il loro cammino.
Elon Musk e i suoi colleghi oligarchi vedono il governo e le leggi semplicemente come ostacoli ai loro interessi e a ciò che ritengono di meritare.

Leggi tutto “Grid America”

Come si costruisce la bolla

FONTE Facebook Alessandro Volpi 12-3-25

Come si costruisce la bolla. Per finanziare il piano ReArm Europe Enrico Letta ha proposto di creare – naturalmente ad opera dei grandi fondi – un “prodotto finanziario accessibile al risparmio retail e “fiscalmente incentivato”. Una ipotesi non troppo dissimile è stata espressa dal ministro Giorgetti, incontrando il favore di vari governi europei: in altre parole i titoli delle società che producono armi, in particolare quelle europee, dovrebbero essere le destinatarie dei risparmiatori, anche di quelli piccoli, che beneficeranno di sgravi fiscali e di rendimenti sicuri. Naturalmente gli sgravi fiscali peseranno sui conti pubblici e magari penalizzeranno quelli stessi risparmiatori sul versante della copertura sanitaria e pensionistica, per le quali dunque dovranno nuovamente ricorrere a polizze private, magari di nuovo premiate fiscalmente, in una continua erosione del gettito tributario. Per rendere questi titoli armati più attrattivi, l’Unione Europa ha deciso di rispondere ai pesanti dazi Usa sull’alluminio e sull’acciaio, già attivi con un’aliquota del 25%, non subito, come hanno fatto i cinesi, ma da aprile, mostrando così la debolezza della propria replica destinata a scoraggiare impieghi del risparmio diversi dagli armamenti. In altre parole, la debolezza della difesa degli altri settori produttivi facilita la “monocultura” delle armi, che si struttura prima di tutto in termini finanziari. Si scrive riarmo, ma si legge privatizzazione finanziarizzata.

Alessandro Volpi, 12-3-25

NOTA

Alessandro Volpi docente a Scienze Politiche della Università di Pisa e autore di numerosi saggi sulla politica economica tra cui:

–Storia del debito pubblico in Italia. Dall’Unità a oggi, con Leonida Tedoldi, Laterza Editore, 2021. Pisa, Pisa University Press, 2022.
–Crisi energetica: le ragioni di un’emergenza, Viareggio, La Vela, 2022.
–Prezzi alle stelle. Non è inflazione, è speculazione Gius. Laterza & Figli spa, Tempi nuovi, 2023
–Padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia, Roma-Bari, Laterza, 2024
–L’America secondo Trump. Prospettive economiche e scenari globali La Vela (Viareggio), 2024
–Note di storia sindacale. Una traccia di lettura Pisa University Press, 2025

VEDI Alessandro Volpi – Wikipedia

CESSATE IL FUOCO IN UCRAINA?

FONTE Facebook Daniele Dell’Orco 11-3-26

Al termine del vertice di Gedda di oggi tra delegazioni di Stati Uniti e Ucraina, Kiev ha accettato la proposta statunitense di un cessate il fuoco di 30 giorni nella zona di conflitto. In cambio, gli Stati Uniti hanno accettato di riprendere la condivisione di informazioni di intelligence e la fornitura di aiuti militari all’Ucraina.
Washington e Kiev hanno concordato inoltre l’elaborazione di un accordo per lo sviluppo delle risorse minerarie ucraine, al fine di “espandere l’economia dell’Ucraina” e “compensare il costo dell’assistenza americana”. Le parti hanno concordato di “nominare le loro squadre di negoziatori” e di iniziare i negoziati “verso una pace duratura”.
Kiev ha infine insistito affinché vengano inclusi di “partner europei” nel processo di pace.
Ora la palla passa alla Russia, che dovrà accettare o rifiutare il cessate il fuoco.
Donald Trump e Vladimir Putin discuteranno di questa eventualità VENERDÌ.
Ora, se da un lato l’incontro di Gedda rappresenta la fine dell’epopea di Volodymyr Zelensky come irriducibile leader capace di andare a dettar legge alla Casa Bianca, allorché l’Ucraina è scesa a patti com gli Stati Uniti accettando condizioni forse peggiori a quelle sul tavolo nel momento in cui Zelensky disse a Vance “di quale diplomazia parli, JD”, il fatto che Kiev abbia accettato il cessate il fuoco chiarisce anche una volta per tutte due cose:
1) Che senza gli Usa l’Ucraina sa di essere finita;
2) Che chi accetta per primo un cessate il fuoco è anche quello che ammette implicitamente le proprie difficoltà.
Cosa farà Putin?
Senza più i territori del Kursk da offrire come contropartita e con la possibilità di avanzare ancora nel Donbass, la Russia NON ACCETTERÀ una sorta di Minsk-3 e stilerà direttamente le proprie condizioni per l’inizio dei negoziati veri e propri:
1) Zelensky presto o tardi sarà sostituito da Ruslan Stefancuk, capo della Verkhovna Rada e attualmente l’unico in grado di firmare un accordo di pace Costituzione alla mano, previa la successiva approvazione del Parlamento. Anche perché per le concessioni territoriali inevitabili e le stesse trattative di pace la Costituzione che ad oggi impedisce tutto ciò deve essere cambiata. Dopodiché l’Ucraina andrà ad elezioni;
2) La nuova leadership politica ucraina, quale che sia, non dovrà ricomprendere elementi che derivano dai partiti cosiddetti “nazisti” come li chiama Mosca e dovranno certamente essere allentate le maglie delle restrizioni all’uso della lingua russa, alla “cancel culture” russofoba e a qualsiasi provvedimento di Stato che possa essere considerato veicolo di antirussismo;
3) Le regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzia verranno concesse alla Russia che le ha annesse, COMPRESI i centri urbani e decisionali (i capoluoghi di Kherson e Zaporizhzia) attualmente sotto controllo ucraino. La Crimea non è nemmeno sul piatto;
4) L’Ucraina non dovrà aderire alla Nato e il suo esercito privato delle possibilità di colpire il territorio russo se non addirittura smilitarizzato del tutto. Resta da capire che ruolo svolgeranno gli eserciti europei nella fase post-bellica e chi verrà eventualmente accettato come contingente di mantenimento della pace.
Queste condizioni di partenza, se ottenute in toto, rappresenterebbero per la Russia una vittoria quasi totale. Logicamente i russi potrebbero aver interesse a raggiungere qualche compromesso in cambio, ad esempio, di affari d’oro con gli americani.
Vale la pena di notare che per la Russia l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea non è mai stata inaccettabile.
Tuttavia, anche per l’adesione all’Unione, a parte il rispetto dei famosi “criteri” che a Kiev verrebbero concessi d’ufficio, non devono esserci pendenze che riguardano conflitti in corso o zone contese (ecco perché Serbia e Kosovo, ad esempio, non possono entrare).
Sarà dunque necessario che anche Bruxelles se vuole far aderire l’Ucraina accetti la sua nuova realtà territoriale “ridotta”.

Daniele Dell’Orco, 11-3-25

Quando c’erano i putiniani

FONTE Facebook Cinzia Zanfini Nuovo 10-3-25
Ci propone l’articolo di Nico Piro
TITOLO REDAZIONALE

E leggetelo Nico Piro!
(inviato speciale del Tg3)

“(…) L’Ucraina era in una posizione migliore (con molta meno distruzione e caduti) nella primavera del 2022, quando si poteva chiudere un accordo di pace con la Russia che venne sacrificato nel braciere dell’illusione della vittoria. Illusioni come quelle – guarda caso nessuno le cita più dopo averle spacciate per certezze – di un’implosione dell’economia russa, di una rivolta degli oligarchi, di una malattia fatale per Putin.
Come se non bastasse, l’Ucraina oggi si trova messa alle strette dall’alleato da cui dipende di più, gli Stati Uniti, che la escludono dalle trattative di pace e la vogliono come terreno di conquista economica. Sin dall’inizio del conflitto si è detto che con Putin non si poteva trattare perché inaffidabile, oggi l’Ucraina si aggiunge a Iran e Afghanistan, nel novero (più recente) di Paesi che si sono fidati degli Usa per ritrovarsi poi le carte cambiate in tavola.
“Abbiamo fatto quello che avete chiesto voi bellicisti. E ora?”. In un Paese normale giornali e tv dovrebbero avere come ospiti fissi chi la follia di questa guerra ha denunciato, magari con il titolo “Ve l’avevamo detto”. Qualcuno dovrebbe scusarsi con loro: quelli che hanno bramato guerra su giornali e in tv, che li hanno bollati come putiniani, pacifinti e disinformatori, con tanto di foto sulla prima pagina del primo quotidiano nazionale.
Dovrebbero chiedere scusa almeno alle centinaia di migliaia di caduti che con la loro propaganda hanno contribuito a mandare in trincea. Non sta accadendo: gli opinionisti con l’elmetto sostengono non che la guerra sia stata una scelta sbagliata ma che non abbiamo mosso abbastanza guerra e che quindi oggi ci vuole più guerra per raddrizzare una guerra fallita. Uno scioglilingua imbarazzante.
L’accordo di pace che Trump chiuderà con Putin non promette nulla di buono per l’Ucraina, del resto l’abbiamo visto in Afghanistan quando gli Usa trattarono direttamente con i talebani, escludendo il governo afghano, inserendo nell’accordo clausole che avrebbero portato all’implosione dell’esercito nazionale e alla vittoria degli studenti coranici. In quanto agli effetti globali, si scolpisce un ordine mondiale basato su accordi legittimati solo dalla forza e dalla potenza economica. Il bellicismo di Putin che incontra il bullismo di Trump, un mondo che torna indietro alla deterrenza stile Guerra fredda al posto di proiettarsi verso la pace globale.
Sul nostro fronte domestico, poi, restano enormi danni. La parola “pace” è stata demonizzata, il pluralismo nei media ha finito di sgretolarsi, è stata avviata una paurosa corsa al riarmo che sposterà fondi da voci di spesa già sgarrupate come scuola, sanità, trasporti, servizi sociali. Sempre più si diffonde la “cultura” militare anche nelle classi. L’industria bellica è destinata a espandersi aumentando il ricatto dignità-lavoro (simbolico il caso RWM in un Sulcis in miseria). Il cortocircuito forse più grave sta però nel rapporto pace e politica. A livello globale, i progressisti dopo popolo e libertà, si sono fatti scippare dai sovranisti anche la parola pace.
In Italia solo due partiti (M5S e AVS) hanno convintamente preso posizione contro la guerra, il PD negli ultimi tempi ha corretto (non abbastanza) la rotta nonostante la sua base (quella zittita da Riotta alla festa nazionale dell’Unità) sia in stragrande maggioranza per la pace. Il movimento pacifista ha dato grandi segni di vitalità organizzando, senza soldi e con tanta buona volontà, incontri ed eventi sotto ogni campanile, mettendo insieme un arcobaleno (non un arlecchino) di culture, ma non è riuscito a incidere nelle sedi dove si fanno leggi e decreti. La politica perde partecipazione, come dimostra l’allarmante astensione, i movimenti che invece la esercitano non hanno voce né sui media (chiusi nel quadrilatero dei palazzi del potere romani) né nelle stanze della politica. Su questo va fatta una riflessione critica, non basta dire solo “ve l’avevamo detto”. Si riparta dalla solidità di quelle ragioni a cui papa Francesco ha dato sempre voce, ma lo si faccia con una contro-narrazione più forte, ingaggiando la politica su provvedimenti concreti e sfidando i media a dare voce al popolo, non alle élite.
Il peggio deve ancora venire: uno stato di guerra permanente, in una società dal pensiero militarizzato che odia e sanziona il conflitto sociale e politico, quindi il pluralismo e la democrazia. Ma forse siamo ancora in tempo.

CARISMA E COSMESI

di Anna Maria Guideri


(Il trasformismo meloniano)

La leader carismatica
è una leader cosmetica,
cura molto l’estetica,
ma non è democratica.

La cosmesi ha l’effetto
veramente speciale
di mutare l’aspetto
della leader mondiale.

In un altro paese
lei sa far la piaciona,
sa mostrarsi cortese,
un po’ giocherellona …

Ma in Italia è diversa;
si traveste da duce,
coi migranti è perversa,
con la stampa, assai truce …

Verso il popol, suadente
-è una grande ruffiana –
sa esser pur convincente:
è una vera cristiana!

Eppur c’è chi ci crede
che un vero cristiano
debba urlar la sua fede
scatenando il baccano!

In ogni occasione
lei cambia il suo trucco:
che trasformazione
col trucco e parrucco!

In tal situazione
la pratica estetica
è usata in funzione
di offendere l’etica.

E in tal circostanza,
con gran faccia tosta,
balla un’altra danza;
va dove il cuor la porta.

Un dì putiniana,
passata a Zelensky,
diventa trumpiana:
voltafaccia pazzeschi!

E da gran patriota
– ma chi può darle torto? –
fra bastone e carota
sta coi frati e zappa l’orto!

È lo sport degli umani,
soprattutto italiani.

Nel campo dei miracoli
che lei ha seminato …
di tutti i suoi oracoli
nessuno si è avverato

Ma l’ultima cosmesi
i frutti li darà:
è pronta l’ipnosi
che tutti colpirà:
per lei la palingenesi,
alfin si avvererà:

“O mio caro Zelenschì, con Musk, Trump e Putinì
oramai non c’è partita,
che vuoi far, così è la vita!
Faccio un’inversione a U
e con te non ci sto più!”

Anna Maria Guideri 06-03-2025


MAMMA LI RUSSI

FONTE Facebook Libero Rossi 8-3-25
TITOLO REDAZIONALE

Stanno arrivando: perché farsi trovare impreparati, quando i russi marceranno a San Pietro, a Champs Elysee e a Trafalgar Square? Meglio portarsi avanti con la lingua, no? Prima ci hanno detto che il sequestro degli yacht e dei conti correnti avrebbero costretto gli oligarchi russi ad elemosinare, poi Mosca doveva essere ridotta alla fame senza vendere più un goccio di petrolio o di gas liquido alla superpotenza europea. L’ Armata rossa doveva finire allo sbando sotto gli attacchi ukro-occidentali, mentre Bruxelles ci aveva garantito che 15 o 16 pacchetti di tremende sanzioni avrebbero ridotta in miseria tutta la Federazione Russa. Ora si scopre con soggetti illuminati come Macron che, a differenza di Napoleone e di Hitler, questa volta sarebbe Putin a muoversi in direzione opposta. Se così sarà, allora, è meglio prendere dimestichezza con la lingua che sarà correntemente parlata dagli invasori già umiliati ed isolati dalla vera civiltà.

Libero Rossi 8-3-25

8 MARZO

FONTE Facebook Cinzia Zanfini Nuovo 8-3-25

Il primo che dice o scrive “Festa della donna” si prende una testata. Adesso ripetete con me:
Giornata internazionale della donna
Giornata internazionale della donna
Giornata internazionale della donna
Giornata internazionale della donna
Giornata internazionale della donna
#8marzo

Cinzia Zanfini Nuovo 8-3-25