Guerra, Sanzioni, De-globalizzazione: Cosa viene prima?

Sintesi del saggio “War, Sanctions, Deglobalization: Which Comes First?/ Emiliano Brancaccio, Andrea Califano”
La traduzione del saggio è pubblicata sul sito 42rosso.it

L’articolo tradotto in italiano si può leggere sul sito 42rosso

Riassunto a cura degli autori

Sosteniamo che la guerra in Ucraina e lo strumento delle sanzioni dovrebbero essere inquadrati in una lunga tendenza – dalla globalizzazione e gli squilibri internazionali che essa genera, al successivo movimento di “de-globalizzazione” – che ha avuto un ruolo fondamentale nella preparazione della guerra. I protagonisti del conflitto sono più propriamente identificati con i due blocchi di stati le cui economie sono ancorate rispettivamente agli Stati Uniti o alla Cina, rispettivamente il principale debitore e il principale creditore del mondo. In questo contesto, la distinzione tra sanzioni e politiche protezionistiche è sempre più sfumata, mentre entrambe sono sempre più intrecciate con la politica di difesa.

Sintesi schematica del saggio

Introduzione

  • Contesto: Invasione russa in Ucraina segna un punto di svolta nel capitalismo mondiale.
  • Definizione di “friend-shoring”: Sviluppo di relazioni economiche tra paesi alleati, limitando interazioni con aggressori e regimi antagonisti al capitalismo liberale.
  • Tesi principale: La guerra in Ucraina non è l’inizio della de-globalizzazione, ma piuttosto la sua conclusione, radicata in fattori precedenti e le politiche di sanzioni sono parte di un processo consolidato.

Relazioni causali e leggi del moto del capitalismo

  • Prospettiva socio-storica: Necessità di integrare analisi comportamentale con strutture profonde del capitalismo.
  • Economia Politica Internazionale (IPE): Le relazioni internazionali sono più influenzate dall’economia che dalla sicurezza.
  • Obiettivo: Identificare tendenze storiche nel capitalismo e comprenderne le implicazioni nella guerra moderna.

Le sanzioni precedono la guerra

  • Evoluzione delle sanzioni: Utilizzate ampiamente da parte degli Stati Uniti e altri paesi ancor prima dell’invasione del 2022.
  • Classificazione delle sanzioni: Distinzione sempre più difficile tra sanzioni e politiche protezionistiche.
  • Riflesso dell’ineguaglianza: Le sanzioni sono parte di una strategia per affrontare le violazioni delle regole internazionali.

Protezionismo discriminatorio

  • Interconnessione di sanzioni e politica commerciale: Meccanismi protezionistici rinforzano e si mescolano alle sanzioni.
  • Legge di difesa della sicurezza nazionale: Normative che mescolano come la sicurezza economica e la politica commerciale non siano più separabili.
  • Esempi pratici: Misure contro la Cina e altri avversari strategici da parte degli USA.

Analisi della categoria “friend-shoring”

  • Origini precedenti all’invasione: L’approccio “friend-shoring” emerge da politiche già in atto legate a sanzioni e dazi.
  • Evidenza di continuità: Non è solo una risposta all’invasione russa, ma il risultato di misure politiche accumulate nel tempo.

Conclusione

  • Inversione dei ruoli mondiali: Tendenza crescente verso il protezionismo discriminatorio nei paesi occidentali in contrasto con la promozione del libero scambio da parte della Cina.
  • Squilibri e conseguenze: Le politiche economiche scarsamente resistenti portano a conflitti e alla guerra moderna.
  • Critica alla visione prevalente: Necessità di riconoscere che le sanzioni e il protezionismo sono stati precursori e che la guerra rappresenta un’espressione complessa di dinamiche storiche pre-esistenti.

Nota finale

Il saggio sottolinea che il conflitto in Ucraina deve essere interpretato come frutto di una lunga serie di eventi storici e dinamiche di potere nel capitalismo globale, non solo come un’esplosione improvvisa causata dall’invasione russa.

Leggi l’articolo tradotto in italiano QUI

Il circuito della moneta di Augusto Graziani

Sintesi del saggio:
La concezione del processo economico di un economista dissenziente: il ‘circuito monetario’ di Augusto Graziani / di Francesco Farina*
FONTE Graziani BLOG
Articolo pubblicato su Sinistrainrete
https://www.sinistrainrete.info/teoria-economica/29989-francesco-farina-la-concezione-del-processo-economico-di-un-economista-dissenziente-il-circuito-monetario-di-augusto-graziani.html

Il testo originale di Francesco Farina può essere letto al LINK


Titolo:
La concezione del processo economico di un economista dissenziente: il circuito monetario di Augusto Graziani / Francesco Farina


1. Contesto e obiettivi

  • Economista dissenziente:
    • Augusto Graziani, figura di spicco nell’economia eterodossa, propone una visione alternativa rispetto al pensiero neoclassico.
  • Obiettivo del saggio:
    • Analizzare e spiegare il “circuito monetario” come chiave di volta per comprendere il processo economico.

2. Il concetto di circuito monetario

  • Processo dinamico:
    • Il denaro viene creato, distribuito e successivamente estinto attraverso il sistema creditizio.
  • Ruolo delle banche:
    • Le istituzioni finanziarie non sono meri intermediari, ma attori attivi nella generazione del denaro e nel finanziamento della produzione.
  • Flusso del denaro:
    • Descrizione del percorso: dalla creazione del credito, all’investimento produttivo, fino al rimborso dei prestiti.
  • Differenza dalla visione tradizionale:
    • Contrapposizione all’idea della neutralità del denaro; qui il denaro è al centro dell’intero processo economico.

3. Implicazioni teoriche e metodologiche

  • Critica al modello neoclassico:
    • Graziani evidenzia i limiti dell’approccio standard che trascura il ruolo del credito e della finanza.
  • Approccio storico-istituzionale:
    • Analisi che integra elementi storici e istituzionali per spiegare le dinamiche economiche.
  • Centralità del credito:
    • Il credito come motore del processo produttivo, elemento essenziale per comprendere le crisi e le trasformazioni economiche.

4. Conclusioni e rilevanza

  • Rilettura del processo economico:
    • Il circuito monetario offre una chiave interpretativa per affrontare le dinamiche del capitalismo moderno.
  • Applicazioni pratiche:
    • Comprendere il meccanismo del circuito aiuta a spiegare fenomeni come crisi finanziarie, espansione del debito e centralizzazione del capitale.
  • Contributo alla critica del sistema dominante:
    • La teoria di Graziani sottolinea l’importanza di un’analisi che superi le limitazioni degli approcci tradizionali e riconosca il ruolo attivo delle istituzioni finanziarie.

Questa sintesi schematica riassume i punti chiave del saggio, evidenziando come il circuito monetario di Graziani proponga una visione alternativa e critica del processo economico, mettendo in luce l’importanza del credito, del ruolo delle banche e della dinamica non neutrale del denaro nel funzionamento del capitalismo.

BASTA CAZZATE

TITOLO REDAZIONALE
FONTE Facebook Alba Parziale (Anika la Zingara) 24-2-25

DI BUCHA E VARI MISFATTI ANOCRATICI

A distanza di tre anni si tirano le somme. E io li vorrei incontrare uno a uno quegli illuminati che ci hanno raccontato cazzate per tre anni. E non solo. Diciamo che ci hanno raccontato cazzate per vent’anni.
Qualche giorno fa ho scritto che la seconda cosa che mi spaventa, oltre agli stupidi, sono i sostenitori silenti degli stupidi. Coloro che gli stanno a fianco e sopportano la stupidaggine fingendo di non rendersene conto. Infatti la situazione che viviamo a livello mondiale è ancora più grave perché sono proprio quelli che hanno finto di non rendersene conto che hanno fatto ancora più danno. Ma passano impuniti, continuano a restare attaccati ai loro ruoli, alle loro sedie, ai loro posti di comando. E nessuno gli fa presente che sono dei cialtroni e che dovrebbero solo nascondersi per dignità. Tanta gente ha creduto alle loro narrazioni e non ha osato dire niente contro, esattamente come si faceva nel Medioevo quando si bruciavano streghe e scienziati. Se non usavi la formulina che era diventata la password per avere il diritto di aprire bocca, ossia: “Premesso che esiste un invaso e un invasore”, non potevi fiatare. Se ti sorgeva qualche dubbio rispetto al comportamento di Zelensky, rispetto agli atteggiamenti tipici di chi si è pippato un sacco di cemento, venivi messo alla gogna. Se analizzavi le cose per quelle che erano e non guardavi sul grande schermo la bella favola animata in stile Walt Disney, ti demolivano come persona, andando financo a cercare quante volte al giorno prendevi il caffè o che tipo di analgesici usavi. Hanno demolito gente come il Prof. Alessandro Orsini, hanno fatto fuori mediaticamente tutti coloro che cercavano di risvegliare nella gente il senso del ragionamento. C’erano le varie esperte internazionali, donnette quaquaraqua, che sciorinavano le loro teorie sedute negli studi TV, quando il loro livello era da roba da Grande Fratello. Ecco, oggi vorrei tanto incontrarle, quelle signore là, insieme ai loro cavalieri da salotto televisivo che le sostenevano, per confrontarmi seriamente. E non lo dico per il fatto che Trump abbia fatto delle scelte, le scelte le ha fatte un establishment che è dovuto correre ai ripari pena una figura di merda storica ancora più clamorosa. Perché Trump ha governato prima di Biden e se c’era il programma di asserragliare la Russia, pure lui lo sapeva e lo ha spinto. Che poi si sia accorto che affrontare la Russia con l’Ucraina sarebbe stato un film per davvero, è un altro discorso. Io non riesco a togliermi ancora dalla mente quella gente che, in Afghanistan, si attaccava ai carrelli degli aerei per cercare una via di fuga quando l’Occidente democratico li ha abbandonati là, in un posto dove davvero ancora si bruciano streghe e scienziati. Forse qualche calcolo è stato sbagliato, dall’establishment, ovvero che da una crisi (quando si tratta di economia ormai non produttiva ma finanziaria) non è sempre detto che si riesca ad uscire con una guerra, perché entra in gioco la variante della tecnologia, che fotte tutti a prescindere, quella tecnologia consente a due ragazzetti chiusi in un garage, di sbeffeggiare il segnale di un radar. Forse qualcuno ha fatto male i conti e si è salvato soltanto perché, dall’altro lato, quello dei fruitori dei messaggi buttati a caso, non c’era né l’interesse, né la capacità di capire. Neanche con l’arrivo di bollette che costano più delle rate di un mutuo. Perché… che vuoi, ci hanno sempre raccontato che siamo colpevoli di avere un frigorifero perché in Africa, per i nostri frigoriferi, muoiono di fame. Come se in Africa conservassero i cibi senza refrigerazione! E comunque la responsabilità per la nostra sfacciataggine occidentale ce la dobbiamo prendere, senza pietà alcuna. In fin dei conti siamo noi che abbiamo sempre chiuso gli occhi davanti alle balle clamorose che abbiamo assorbito e alle quali non abbiamo potuto replicare con cognizione perché la cognizione ce la siamo dimenticata in un Outlet per seguire l’Outfit visto nella fashion week e fare il check in per il boarding per il weekend, con il friendly briefing per il brunch in un resort con beauty farm per il wellness, con ticket per il filler in discount e un hair coiffeur per farci anche il make up con il nail polish che ha il suo trend, perché lo abbiamo visto in Temptation Island. Poi, per stare dietro a tutte queste minchiate ci siamo dimenticati di imparare l’inglese o qualsiasi altra lingua per seguire le informazioni vere su canali TV che non ci ficchino in testa questi concetti da deficienti. E qui, se i vari lacché dell’informazione ci hanno venduto fischi per fiaschi, dobbiamo ammettere che la colpa è nostra. Solo nostra, che in quel resort con gli outlet per l’outfit, mentre facevamo il boarding per il weekend per fare il friendly briefing, per il brunch nella piscina della beauty farm, ci abbiamo affogato il brain. Ossia ci abbiamo affogato il cervello.
E abbiamo creduto di saltare in aria per la centrale nucleare di Zaporizhzhia tanto da dare credito a Zaia che ci spiegava come affrontare l’esplosione buttandoci pancia a terra durante le onde d’urto e come tenere la pasticchina di iodio sul comò. E siccome in aria non ci siamo saltati perché la centrale è stata messa sotto controllo dai russi perché gli ucraini ci avrebbero fatto una sorpresa come hanno fatto dello stabilimento di Azov a Mariupol (mi pare sia stato distrutto, no?), e siccome non sono scoppiate seimila testate nucleari in 72 ore come prevedeva quella anocrazia di Dombrovskis i suoi “friendly dogs” che nelle targhette del collare rispondevano ai nomi di Ursula Von Leyen, Emmanuel Macron, Mario Draghi (ora naturalizzato Giorgia Meloni), Olaf Scholz, Andrzej Sebastian Duda e altri che hanno solo il nuovo collare con il GPS perché i loro nomi non li ricorderà neanche la loro zia zitella, ci hanno fatto dimenticare tutto. Ci hanno fatto dimenticare il Parkinson di Putin, il tumore alla tiroide, le mitragliatrici del 1940, le bombe russe dell’ottocento, i carri armati della seconda guerra mondiale, e non sanno come spiegarci il funzionamento di un missile ipersonico, che se lo sognano pure. Se dovessimo sommare tutte le cazzate che ci hanno raccontato negli ultimi tre anni, se dovessimo veramente analizzare ogni singola bufala che ci hanno raccontato, questi personaggi dovrebbero vergognarsi non solo della loro miseria umana, ma proprio di esistere. Hanno lasciato distruggere il gasdotto Nordstream, hanno lasciato morire centinaia di migliaia di persone creando scompiglio per le foto dei gattini che fuggivano dalla guerra, hanno creato caos, ignoranza più di quella che già c’era, hanno distrutto i valori per i quali era stata fondata l’Unione Europea, ossia la pace e la giustizia. Si sono ridotti a essere davvero ridicoli. E l’ottanta per cento degli italiani che fa? Continua a credere alle manfrine di chi, oggi, si para il culo dicendo: “Ma noi eravamo contrari all’invio di armi!”. Eccerto! E vorrei vedere, se nasci come pacifista non puoi essere favorevole a massacrare centinaia di migliaia di cristiani. Il punto però non è quello di essere favorevoli o no all’invio di armi e pulirsi il culo così. Perché sono stati contrari all’invio di materiale bellico, ma le armi vere, quelle del sistema mediatico, quelle per rincoglionire i più, le hanno usate eccome. Anche loro. Anche loro. E ce lo dovremmo ricordare tutti.
Io ho i pop corn pronti, sto aspettando di vedere quando sarà tolto il segreto dei fatti di Bucha. Che me lo ricordo bene quel post dell’Ansa che, anche se per pochi minuti, pubblicò le foto dei manichini e poi li rimosse immeditatamente perché era evidente che li avevano presi nell’Outlet con un new outfit (collezione ucraina primavera estate), in un meeting durante un brain briefing, con il new style di una community di desert brain storm.
Ma, non mi stancherò mai ripeterlo: “La seconda cosa fastidiosa dopo gli stupidi, sono i sostenitori degli stupidi. Coloro che gli stanno a fianco e sopportano la stupidaggine, fingendo di non rendersene conto”. Poi, vero è che per gli stupidi veri non c’è rimedio.

MOTTI DA LEGARE 40

di Anna Maria Guideri

1 – Mattarella ha commesso un errore storico, gettiamolo via!? Siamo proprio sicuri di voler costruire cattedrali di verità storiche nel deserto della democrazia?
2 – Parabola politica. PCI: falce e martello. FI: macho e bordello. FDI: fascio e randello.
3 – Meloni ha il vanto in poppa.
4 –
Musk è un genio incompreso: menomale! Trump  è un criminale incompreso: purtroppo!
5 – Trump e succedanei: la legge del potere contro il potere della legge.
6 – Salvini: Il terrore e la violenza islamica non sono Europa … Invece quella putiniana, israeliana, trumpiana, lo sono!
7 – Meloni; Andiamo dritti verso l’altro (Trump) e verso l’oltre: (l’Albania).
8 – Meloni: Forza, ce la stiamo facendo … ADDOSSO!
9 – Difficile dilemma. È meglio montarsi la testa non avendone motivo, come la Meloni, o è meglio montarsela avendone motivo, come Musk?
10 – Trump ricchissimo, è stato eletto anche dai poveri, perché? Perché i poveri amano la ricchezza più della giustizia sociale.
11 – Perché tanta gente vota per i politici mediocri? Perché quando è buio le candele brillano.
12  Crisi del sistema sanitario: Da qui all’infermità.
13 – Un tempo Meloni era più idealista, si ispirava a Borsellino, ora si è indurita … No,  ora ha finalmente trovato sé stessa!
14 – Quanta aggressività ci vuole alla Meloni per convincere  sé stessa, prima degli altri, che le sue cazzate sono vere?
15 – Più si protesta sui social, meno si protesta nelle piazze.
16 – Il problema della satira non è la sua cattiveria, ma la cattiveria dei suoi bersagli.
17 – Se l’intelligenza universale ha prodotto Trump e Salvini, com’è possibile che l’intelligenza artificiale possa fare di peggio?
18 – La sinistra moderata non spaventa più il ceto medio colto. “Se d’impoverire , passata è la paura,  votiamo la sinistra e facciam bella figura!”
19 – Non siamo più nuovi per realizzare il nuovo, ma non abbastanza vecchi per non desiderarlo.
20 – Giornalismo d’assalto: dallo scopo allo scoop.
21 – Chi sono i buoni? I buoni sono i cattivi che si battono contro gli altri  cattivi.
22 – Se il grande male – Trump – produce il grande bene – la pace – che dire? Meglio perire!
23 – Se la pace la fanno coloro che non hanno principi –  per i loro interessi – quando per gli interessi gli converrà fare la guerra, la faranno.
24 – Coerenza difficile. Meloni è contro Putin, ma sta con Trump che sta con Putin. Meloni sta con Zelensky che è contro Putin, ma vuole stare con Trump che sta con Putin …che fa? O molla Zelensky o molla Trump o si suicida. La terza via è la più dignitosa.
25 – Paradossi: Se Trump realizzerà la pace fra la Russia e l’Ucraina cosa si può desiderare di più? La guerra!
26 – Trump: se la politica fallisce, l’antipolitica si prende la rivincita
27 – Trump è riuscito a negoziare con Putin; Biden non c’è riuscito … Ma quale negoziato? Gli ha dato ragione su tutto!
28 – Il fascismo può tornare? Niente paura, c’è il governo Meloni!
29 – Dalle stalle alle stelle. Come può Benigni che è venuto su dal nulla e ha conquistato tutto sputare nel piatto di chi gli ha fatto conquistare tutto sollevandolo dal nulla?
30 – La destra si batte per la libertà … di negare la libertà altrui.
31 – Meloni è forte, ispira sicurezza … È la sicurezza che il fascismo ti dà.

Anna Maria Guideri 20-02-2025

Pace No guerra

Fonte Facebook Enrico Rossi 19-2-25
Titolo redazionale

Buongiorno.
L’incontro in Arabia Saudita tra russi e americani ha posto le basi non solo per una trattativa sull’Ucraina ma anche per un accordo più generale sui rapporti economici tra i due paesi.
L’Europa, come abbiamo già scritto, è caduta in una trappola. Lo rivela anche l’intervento di Draghi a Bruxelles, tanto lucido nell’analisi del nuovo quadro internazionale, quanto sbagliato nel continuare a proporre vecchie ricette liberiste e politiche per spese militari, dimenticando oltretutto le responsabilità personali in quel bellicismo europeo che è all’origine della attuale crisi dell’Unione.
Per rientrare in gioco da parte dell’Europa non basta certo persistere nella retorica del sostegno a Kiev, con qualunque mezzo, come propone Bruxelles e Parigi.
Ancor meno vale, francamente, il richiamo alla NATO, alla fedeltà atlantica, in momento in cui l’offensiva anti europea viene condotta in primo luogo dall’alleato americano.
L’Europa ha ragione quando rivendica una pace giusta. Per essa, in verità si sarebbe dovuta impegnare in passato, con proposte ed iniziative.
L’occasione, come scrivemmo, si era presentata già pochi mesi dopo l’inizio della guerra con il fallimento dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Si preferì invece seguire pedissequamente Biden e addirittura andare oltre, superarlo sulla linea sciagurata del conflitto fino alla “vittoria finale”.
È stato un errore madornale di cui l’Europa ha pagato le conseguenze in termini economici e che è all’origine dell’isolamento e dell’irrilevanza umiliante che sta oggi vivendo.
“Fate qualcosa vi prego” chiede pateticamente Draghi nel suo intervento al parlamento europeo.
C’è una sola cosa che si dovrebbe fare.
Capire che i tempi sono cambiati e avanzare una proposta di pace, premendo su Zelensky e sviluppando una propria diplomazia europea verso le grandi potenze mondiali, Stati Uniti e Russia, senza dimenticare la Cina che non può essere certo esclusa dal tavolo delle trattative.
A Meloni che si schiera con Trump non si può contrapporre la difesa di questa Europa, debole, divisa e bellicista, pronta a sacrificare ancora una volta il welfare per sostenere una inutile corsa alle armi.
Il PD, a mio avviso, deve capire che l’Europa per la quale merita battersi è diversa da quella attuale, ed è una forza che opera per la pace, per la giustizia sociale per i diritti e per un ambiente sostenibile.
Altrimenti l’offensiva dell’estrema destra crescerà ancora e si rafforzerà nei diversi paesi, in Germania, in Francia, purtroppo consolidandosi anche dove ha già vinto.

Commenti
Adolfo Guadagni
Benvenuto anche lei fra i “putiniani”. È l’accusa vergognosa contro chi, sin dall’inizio della guerra, ha invocato ciò che dice. Parole nel deserto. Purtroppo il PD non andrà nella direzione che auspica anzi, ancora una volta si impegnerà a fare concorrenza alla destra nel modo sbagliato.

I Viceré ieri e oggi

Rileggere i nostri classici
Enrico Tendi rilegge I Viceré di Federico De Roberto

La storia narrata è lunga vent’anni, dallo sbarco a Marsala fino ad Umberto 1°; e racconta come la Sicilia vive lo sbarco di Garibaldi e l’annessione al regno d’Italia. Ma il punto di vista è quello di una famiglia della grande nobiltà siciliana, gli Uzeda, di un viceré, uno di quelli che governarono a loro piacimento l’isola per conto dei re di Spagna dall’inizio del 1400 alla metà del ‘700. Un po’ la storia del Gattopardo, con cui, di fatto, ha molto in comune. Il racconto è molto dettagliato, sono tante storie singole, che hanno in comune la stretta parentela dei protagonisti, e la loro sostanziale affinità di vedute, anche nelle grandi differenze. Lo stile di De Roberto è molto diverso, meno fluido di Tommasi di Lampedusa; le singole storie spesso non aggiungono niente al filo logico del romanzo, inquadrano però il modo di pensare, non solo della famiglia nobile, ma anche del popolo che le sta intorno, siano i domestici che la borghesia. La lingua è da rimarcare. Parole inconsuete, come la grafia di talune, (I viceré sono del 1894, due anni prima della nascita di Tommasi di Lampedusa) modi di dire originali, ma perfettamente comprensibili. Ma la storia non è questa: la storia è il racconto di come la classe pesantemente dominante, insofferente anche dello statuto Albertino, che viene sconfitta dall’arrivo della monarchia Sabauda, si ritrovi poi, quasi naturalmente, a riprendersi tutto il potere. E non con azioni violente, ma semplicemente per “restituzione” legittima da parte del popolo. Viene in mente “la Libertà“ di Verga, la breve novella in cui si racconta di come il popolo non sappia usare la libertà, ma, senza “cani da guardia” trasforma in feroce vendetta il rancore per le angherie subite.

Avevo già letto i viceré quando ero più giovane; allora avevo pensato che tutto ciò non può esser vero, che prima o poi il “sol dell’avvenir” sarebbe spuntato, e senza rivoluzioni, almeno in Europa, solo per la maggior consapevolezza dei cittadini. Mi piacerebbe non ricredermi.

Enrico Tendi 15-2-25

PAROLE, PAROLE, PAROLE …

di Anna Maria Guideri


(Parole uguali per idee disuguali)

A prima vista, anzi, a primo audience, si ha l’impressione che l’uso molto disinvolto e generico del linguaggio da parte delle varie forze politiche, non aiuti a comprendere di cosa veramente si parli, cioè, che cosa intendono i vari schieramenti quando discettano di democrazia, popolo, Stato, diritti, giustizia, libertà e quant’altro. Il qualunquismo del sono tutti uguali può dipendere anche dal ricorso frequente e sciatto a termini usati comunemente e indifferentemente per dire tutto e il suo contrario. Basta usare un lessico democratico per dirsi democratici? Tutti amano il popolo, la libertà, la giustizia, lo Stato … quindi tutti sono democratici … fino a prova contraria! Non sarà un gran problema se una volta si vota a sinistra e la volta dopo si vota a destra: nella casa della democrazia si può! Eppure, nonostante il lessico a reti unificate, il conflitto fra le parti si acuisce sempre più fino a diventare insanabile. Vediamo di capirci qualcosa. Parole uguali e idee disuguali? Pare proprio di sì. Le parole servono per capire o per confondere? Si usano in senso democratico o le si carica di un significato altro funzionale ai propri interessi di potere? Insomma, le parole che suonano bene, sono anche usate bene? Esprimono veramente la volontà di realizzare il bene del popolo rispettandone i diritti? Ad esempio il termine democrazia è un vasto campo semantico esposto a varie incursioni e saccheggi a seconda che la s’intenda in senso diretto o rappresentativo. Nonostante che la nostra democrazia sia, a tutti gli effetti, rappresentativa secondo il dettato costituzionale – divisione dei poteri, sovranità del Parlamento – il governo attuale di estrema destra mira a ridurre al minimo i rapporti con la stampa e con il Parlamento rivolgendosi direttamente al popolo attraverso i social. Questo contro il dettato costituzionale. Il governo, identificandosi totalmente nel popolo che ha eletto la propria coalizione e non nel Parlamento che rappresenta anche la minoranza, considera questo come un ostacolo da abbattere e non come un organo legittimato dal voto popolare a deliberare.
La parte che si oppone è vissuta come “illegittima” perché non avendo vinto non rappresenta il popolo. Il popolo è solo quello che ha vinto le elezioni, il loro popolo. Si scambia la parte per il tutto e ci si comporta come se si fosse investiti di pieni poteri. È la legge del potere, non il potere della legge. Ecco come la parola democrazia e il concetto di popolo possono essere democraticamente travisati e spacciati per il loro opposto. La destra usurpa il nome della democrazia per remarle contro e si avvale della vittoria elettorale per attribuire a tutto il popolo, anche a quello che non l’ha votata, le proprie intenzioni. Se non basta avere ragione per vincere , chi vince, secondo la destra populista, ha sempre ragione. E così, censurare, depotenziare la magistratura, manganellare chi protesta, deportare i migranti, contravvenire alle disposizioni della Commissione Internazionale Penale liberando un assassino, trafficante e stupratore di bambini … in nome del popolo, si può! Paradossalmente, una volta che il popolo si è democraticamente espresso … oplà … la democrazia svanisce ed appare la democratura.. Che fare, allora? Testardamente, pazientemente, frequentemente torniamo alla Costituzione. I principi in essa contenuti non si prestano facilmente ad essere rivisitati e stravolti. Il popolo, lo Stato, il potere, la patria, la famiglia, la libertà, il lavoro, la giustizia … dall’alto della nostra carta costituzionale ci parlano di democrazia in modo chiarissimo. E allora come è possibile spacciare per difesa del proprio Stato e della propria cultura, la discriminazione delle minoranze quando l’art. 3 le considera per dignità, pari alle maggioranze? La crescita numerica di soggetti ritenuti diversi per etnia, religione, orientamento sessuale, non indebolisce, anzi, rafforza il valore dell’uguaglianza. È la differenza che dà vita al principio di uguaglianza: più differenze ci sono, più l’uguaglianza è d’obbligo. Ce lo dice la Costituzione e, se l’ascoltiamo, la nostra coscienza.

Anna Maria Guideri 12-02-2025

a proposito di Foibe

FONTE Facebook 12-2-25 Sergio Staderini
AVVERTENZA. Tutto ciò che viene riportato dal Web è di esclusiva responsabilità degli autori che l’hanno pubblicato. I post che qui riportiamo sono stati ritenuti utili ad una riflessione ed auspicata discussione

Filastrocca che i fascisti insegnavano ai bambini istriani.
Correva l’anno 1925.
Compris?

BERSANI E LE DIPENDENZE

FONTE Facebook Pino Cabras 12-2-25
Curatore di Megachip.globalist.it. Ex deputato e Vicepresidente della Commissione. Affari esteri e comunitari.
AVVERTENZA. Tutto ciò che viene riportato dal Web è di esclusiva responsabilità degli autori che l’hanno pubblicato. I post che qui riportiamo sono stati ritenuti utili ad una riflessione ed auspicata discussione

Lo sveglissimo Pierluigi Bersani durante la trasmissione di Giovanni Floris ha detto di aver capito che il presidente degli Stati Uniti vuole arricchire l’America attraverso l’impoverimento dell’Europa. Ha perfino spiegato che se il presidente vuole, può farlo per tre motivi: ha le tecnologie (e noi non le abbiamo), ha il riarmo (e le armi le paghiamo a lui), ha l’energia (“e il gas glielo paghiamo sette volte quel che le paga lui”). Bersani, senza accorgersene, ha descritto in modo semplice cosa significa essere disperatamente e colonialmente dipendenti da una potenza che ci assoggetta in termini industriali e militari con intenti sostanzialmente predatori e ostili, per giunta con una prospettiva di netto peggioramento.
Il punto che Bersani non capisce è che questo è anche il suo capolavoro. Non solo suo, ovviamente, ma di tutta una classe dirigente italiana ed europea che si è prestata a questa dinamica per anni e ci ha consegnati mani e piedi ai padroni dell’Occidente, pronti a sudamericanizzare l’intera classe media europea.
Bersani è uno dei tanti che ancora sta lì a giustificare senza un ripensamento l’immenso trasferimento di centinaia di miliardi di dollari al buco nero ucraino per “non essere dipendenti dal gas di Putin”, che poi era un gas a buon prezzo che i russi non si sognavano di usare in modo ricattatorio. Il tutto per difendere l’indipendenza di Kiev. Bella “indipendenza”: un paese comandato a bacchetta da Londra e Washington, con quest’ultima che ormai dice: mi prendo tutti i vostri tesori minerari e voi non potete farci nulla, anzi ora mandate al fronte i diciottenni.
Ecco, Bersani viene invitato a recitare il ruolo del vecchio saggio, un farfugliatore di perle di buon senso da elargire durante interviste sdraiate fra i mesti applausi a comando della claque in studio. Non è un vecchio saggio. Qualcuno un giorno dovrà rivelarglielo.

Pino Cabras 11-2-25

Curatore di Megachip.globalist.it. Ex deputato e Vicepresidente della Commissione. Affari esteri e comunitari.

Tutti i libri sono rossi

Le biblioteche ed i libri sono focolai di sovversione comunista: Stalin leggeva molto, Mao Zedong ha fatto persino il bibliotecario come Li Dazhao fondatore del PCC. Ci associamo a questa sacrosanta crociata: non importa bruciare i libri, è sufficiente lasciarli marcire.

Il nesso cultura, biblioteche, spirito critico e sovvertimento dell’ordine costituito, è noto ed è una piaga che va estirpata senza tentennamenti se si vuole garantire la neo-democrazia. Finalmente, ora che è possibile per i governi gettare la maschera liberal-democratica ed esprimere la pienezza del potere, anche questa battaglia è stata intrapresa. Trump e Elon Musk in America, la Meloni in Italia sono i primi a distinguersi per la solerzia nel tagliare i fondi all’istruzione pubblica alle biblioteche pubbliche alla sanità pubblica … tutto ciò che è pubblico puzza di comunismo; ed hanno ragione. Il brano che presentiamo è una prova evidente che le biblioteche generano comunisti. E vanno chiuse.

Rivoluzionari cinesi

Estratto dalla recensione della biografia del fondatore del Partito Comunista Cinese Li Dazhao curata da Patrick Fuliang Shan


L’ottenimento della direzione della biblioteca e di un posto di insegnante ha permesso a Li di acquisire un reddito fisso e credenziali accademiche. Il quinto capitolo esplora il lavoro accademico di Li, in particolare il suo ruolo nella trasformazione della biblioteca, insieme alla sua “rapida marcia verso il comunismo” (131). Sebbene Li non fosse un bibliotecario professionista, le sue meticolose capacità organizzative, l’interesse per i concetti internazionali e la politica democratica hanno influenzato il modo in cui ha ripensato la funzione educativa della biblioteca. Tradizionalmente, le biblioteche cinesi servivano a proteggere i libri dall’uso pubblico. Adottando tecniche occidentali, Li ha reso la biblioteca più accessibile a docenti e studenti. Ha costruito sale di lettura, sviluppato sistemi di classificazione e catalogazione basati su ciò che aveva osservato in Giappone e ha effettuato acquisti significativi di pubblicazioni pubblicate all’estero per la collezione. Ha trasformato la biblioteca dell’Università di Pechino nella “destinazione di visitatori che la rispettavano come un importante centro per la diffusione di informazioni” (110). Attraverso la sua ricerca accademica e l’insegnamento, Li ha esplorato argomenti di storia, economia e politica.

Le attività accademiche non erano l’unico ambito della scrittura e del lavoro di Li. Organizzò e guidò le proteste degli studenti e dei docenti contro il Trattato di Versailles, che concedeva il territorio e la sovranità cinese all’imperialismo straniero. Gli uffici della biblioteca fungevano da quartier generale di quello che sarebbe stato chiamato il Movimento del Quattro Maggio. Lui e la sua coorte di seguaci, tra cui l’assistente bibliotecario Mao Zedong, organizzarono diverse organizzazioni critiche di studenti e docenti che sarebbero state fondamentali per il futuro attivismo di sinistra. Shan documenta anche le idee innovative di Li che collegavano strettamente il Movimento del Quattro Maggio con la Giovane Cina e il Nuovo Movimento Culturale. Del ruolo di Li come leader politico durante il Movimento del Quattro Maggio, Shan scrive: “Li ha partecipato, Li ha guidato e Li ha agito coraggiosamente” (125).


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