Un gatto unico? No, l’unico gatto!
di Anna Maria Guideri
L’incontro
Ci siamo incontrati in un lontano mattino di primavera del 2007. Eri un esserino minuscolo con dei baffi tanto lunghi e maestosi da sembrare posticci nel tuo musetto spaurito. Anche la coda si faceva notare , lunga e sottile come quella di un serpentello : una promessa della sua futura magnificenza. Le orecchie, due perfetti triangoli isosceli, lunghi e dritti, tesi a captare ogni segnale sospetto e gli occhi , due splendidi, grandi smeraldi indagatori e diffidenti, non infantili , malgrado i tuoi pochi mesi di vita. Tutto il resto era un mucchietto di ossicini ricoperti da un folto e lungo pelo screziato di nero, di bianco, ramato. La tua espressione risoluta lasciava intendere che volevi vivere e così è stato. Mi colpì, prima di tutto, una mascherina bianca intorno al puntino rosa del naso – antesignana delle future misure anti-covid – che sbucava da una fitta siepe. Ci siamo guardati e hai capito che ti potevi fidare; ti sei lasciato prendere docilmente in braccio e da allora non ci siamo più lasciati. All’epoca c’era ancora Remo con noi e tu gli hai subito voluto bene perché, nonostante i suoi modi un po’ spicci, era lui che si occupava dei generi alimentari, era lui che si alzava presto al mattino e ti riempiva la ciotola di croccantini. Hai mirato subito alla sostanza schierandoti decisamente dalla parte giusta!
Il capo sono io!
La nostra è una convivenza abbastanza pacifica ed armoniosa, soprattutto se sei tu a condurre il gioco. Quando ti sei messo in testa qualcosa non molli e, prima con le buone, poi con le cattive, mi vinci per sfinimento e cedo. Ti strofini, mugoli, lecchi, mi circuisci in mille modi, ma se io non collaboro, ti frapponi tra me e l’oggetto del mio momentaneo impegno, deciso a tutto, anche a ridurmi all’impotenza, pur di farmi crollare: e ci riesci! Ormai ci conosciamo bene e ci comprendiamo a meraviglia; non abbiamo segreti l’una per l’altro anche se tu trovi sempre il modo di vivacizzare il nostro rapporto giocandomi degli scherzetti da prete, macché, da gatto! Soprattutto quando, per motivi di rappresaglia, ti inabissi in misteriosi anfratti per farmi girare a vuoto per la casa alla disperata ricerca di te. Diavolo d’un felino domestico! Con te mi sono dovuta conquistare tutto: stima, fiducia, amore … niente mi è stato regalato! Accudendoti scrupolosamente, ma anche considerandoti, parlandoti, interrompendo la lettura, la scrittura, le faccende di casa, la visione di un programma televisivo … E a seconda di come rispondo alle tue dolci insistenze , tu adotti di volta in volta la strategia del bastone e della carota all’insegna del più equo scambio: non dai mai più di quanto ricevi: sei un gatto, perbacco, mica un cane!
Premi e castighi
Un esempio calzante di questa strategia del bastone e della carota si ha la sera, quando andiamo a dormire. Tu adotti provvedimenti premianti o sanzionatori a seconda di come ti ho trattato durante la giornata. Se sei rimasto molte ore da solo, se ti ho trascurato perché avevo da fare o da parlare con qualcuno, se insomma non ti sei sentito al centro della mia attenzione, mi ripaghi con la stessa moneta fingendo che io non esista. Invece di balzare sul letto per condividere con me il sonno e i sogni, ti ritrai nel soggiorno in gran dispitto, impermeabile ad ogni mia lusinga. Mai che tu dia segni di cedimento accogliendo subito le mie scuse. Devi salvare la faccia, pardon, il muso, facendo passare un po’ di tempo utile ad esprimere quell’indifferenza sorniona tipica della dignità felina offesa, prima di riapparire nel vano della porta. Invece, se la trascuratezza non è stata troppo grave, non mi fai attendere, ti sdrai in fondo al letto senza fare le fusa mantenendo una dignitosa ed accigliata distanza. Vuoi farmi capire che si può dare di più, ma non te ne vai. Quando invece mi comporto bene ti sdai e ti sdrai sulla mia pancia come su un feudo di tua esclusiva proprietà e tronfio e trionfante ti abbandoni alle fusa più sperticate : quello è il tuo 10 e lode per me.
Il risveglio
Che delizia essere svegliati al mattino da una leccatina sul naso con il sottofondo musicale delle tue gorgoglianti fusa! Quando eri piccolo non avevi ancora imparato le buone maniere e non avevi molto riguardo per il mio sonno. Pretendevi che mi alzassi alle prime luci del mattino e mi piombavi sulla pancia, venendo meno alla tua proverbiale grazia, deciso a buttarmi giù dal letto. Ho dovuto insegnarti l’educazione ricorrendo a metodi un po’ spartani chiudendoti in salotto: con le buone maniere si ottiene tutto! L’isolamento non ti piace; non ti piace essere messo fuori gioco e così sei addivenuto a più miti consigli diventando più docile, paziente, educato prendendo atto che la battaglia del sonno era una delle poche che non potevi vincere. Hai capito che, anche gli esseri superiori come i gatti, qualche volta devono venire a patti con la realtà. Sai essere anche diplomatico ; qualcuno direbbe – non io – ruffiano e opportunista, ma comunque hai imparato a stare al mondo più di tanti umani, compresa me, che credono di poter impartire lezioni di vita a voi felini: che pretese!
Il peso della cultura
Io e te condividiamo l’amore per la lettura e spesso ci contendiamo libri e giornali sui quali ti piace sdraiarti soprattutto quando mi distolgono dall’adorarti. Da piccolo sceglievi a colpo sicuro i tomi più voluminosi e ponderosi disposti negli scaffali. Il tuo preferito era un grosso volume la cui copertina mostrava il volto serio e un po’ accigliato di Palmiro Togliatti, lo storico Segretario dell’ex P.C.I. Per niente intimidito dall’illustre personaggio politico, ti appollaiavi su di esso con l’aria tipica di chi domina i contenuti della storia. Ora sei cresciuto e non puoi più permetterti di salire sugli scaffali alla conquista della cultura e ripieghi sui libri e sui giornali che io leggo sul tavolo. Mi sfidi con aria provocatoria costringendomi a scegliere te. Come posso leggere se ci sei tu? Come posso preferire Shakespeare a te? Non ti manca certo l’autostima! Sei davvero un esempio terapeutico per tutti coloro che dubitano di se stessi, me compresa!
La prova d’amore
Sei un gatto sentimentale e romantico e mi sottoponi sempre a prove d’amore la più importante delle quali è quella della ciotola. Pretendi insistentemente che io ti stia vicina e ti accarezzi mentre mangi; soprattutto se il piatto del giorno non è il tuo preferito, hai bisogno di essere consolato e risarcito. Ma a volte la tua richiesta non ha a che fare per niente con la fame, ma solo con il bisogno d’affetto. La ciotola è solo una scusa, una vera e propria messa in scena per impietosirmi ed indurmi a coccolarti quando sono in tutt’altre faccende affaccendata. Infatti, appena mi chino su di te, inarchi tutto contento il dorso e smetti di mangiare abbandonandoti alle carezze, dopodiché fai dietro-front lasciando la ciotola quasi intonsa.
Non passi lo straniero!
Quando arrivano persone, soprattutto se si trattengono troppo, non ti mostri molto ospitale: l’accoglienza non ti viene facile, in particolare verso gli stranieri. Non sarai mica un po’ leghista? La tua cosiddetta accoglienza si svolge in due fasi. La prima – soprattutto se gli ospiti non ti sono simpatici – è quella di sparire all’improvviso con la velocità degna di un illusionista, in attesa della liberazione dall’invasore: quello sarà il tuo 25 Aprile! Di solito ti mostri indifferente ai loro tentativi di seduzione e ti rendi irreperibile per tutto il tempo dell’occupazione, a meno che la sosta non superi il livello massimo della tua pazienza. In tal caso – e questa è la seconda fase dell’ accoglienza – fai il tuo trionfale e corrucciato ingresso nella sala, tenti di distrarmi con mille moine, ma, se si rivelano inutili, ti dirigi verso i malcapitati ospiti e cominci ad aggrapparti alle loro terga, senza un minimo di rispetto. Se poi, anche questa strategia risulta infruttuosa allora, come una sentinella, vai a presidiare la porta d’ingresso e non ti muovi di lì fino a quando non hanno tolto il disturbo. Allora ti abbandoni a fusa e a danze di gioia facendo piroette e capriole sul tappeto. Queste sono le occasioni in cui perdi il tuo proverbiale aplomb di aristogatto della progenie nordeuropea!
Il folletto che follia!
Non hai molta dimestichezza con il progresso tecnologico e con i suoi infernali derivati. Un esempio? Quello strano essere extraterrestre, rumoroso, invadente, dalla velocità supersonica che risponde al nome di folletto. E chi lo impugna bellicosamente tutti i lunedì alle 9 del mattino, mentre fai colazione o ti aggiri tranquillo fra le quiete stanze? La Simonetta! Entra con il suo sorriso più gentile, tenta un approccio affettuoso con te che, come al solito la ignori, poi … cos’è, cosa non è … imbraccia quella specie di mostruoso oggetto non identificato e senza nessun riguardo per la tua sensibilità, lo fa girare dappertutto radendo al suolo ogni cosa, anche i tuoi minuscoli ninnoli che nascondi di solito sotto il tappeto. Ma per la Simonetta non ci sono segreti e niente si salva: un vero Attila senza pietà, per i gatti! Il folletto è un vampiro che succhia tutto e tutto fa brillare … tranne il tuo umore!
Dr. Jekyll e Mr. Hyde
( La malattia)
Quando fosti operato perché non riuscivi più a fare la pipì, rivelasti inaspettatamente un altro aspetto della tua personalità, un lato aggressivo e ribelle, irriducibile che creò non pochi problemi al personale medico che ti aveva in cura. Eri diventato un vero Mr Hyde: irriconoscibile. Soffiavi, ti gonfiavi fino a diventare una palla di pelo, graffiavi, mordevi, ti divincolavi, eri una vera e propria furia. Non ti facevi toccare da nessuno, tranne che da me. Solo con me ti rabbonivi e ti facevi imboccare e tenere fermo durante la terapia. La tua ira funesta non risparmiava nessuno, nemmeno i tuoi malcapitati compagni di sventura, altri gatti ricoverati in gabbie di isolamento, alcuni sottoposti, come te, a terapia intensiva. Ma appena mi vedevi apparire in fondo al corridoio ti calmavi di botto, diventavi docile come un agnellino e ti affidavi a me in modo totale e commovente. Il veterinario, Dr Vincenzo, diceva: ma questo gatto appena la vede s’illumina d’immenso, è proprio innamorato di lei!
Psicosoma
Quando invece ad ammalarmi sono stata io, ho dovuto assentarmi, per il ricovero ospedaliero, per quasi due mesi. Sapevo, dalla buona Orietta, che si è presa amorevolmente cura di te senza però potermi sostituire, che soffrivi, che mi cercavi e che temevi non tornassi più. La conducevi in camera e le mostravi, con aria desolata, il letto vuoto. Quando finalmente sono tornata – per mia e per tua fortuna – sana e salva, non credevi ai tuoi occhi. La tua voce quasi umana era un misto di gioia, di domande e di dolci rimproveri. Eri spaesato e, prima di accendere il motorino delle fusa, hai dovuto convincerti che ero davvero io. Nel tempo dell’abbandono e della solitudine hai sofferto molto e ti sei riempito di bolle, soprattutto sul collo. Il Dr. Vincenzo, vedendoti così conciato, mi ha subito chiesto se avevi subito un trauma, visto che si trattava di una reazione psicosomatica. Fortunatamente sei guarito grazie alle cure, all’amore e al provvidenziale lockdown che mi ha costretta a stare in casa per un bel po’. Tutto sommato tutto il male non vien per nuocere, soprattutto per i gattumani come te, dotati di anima immortale!
La guerra delle poltrone
Decisamente abbiamo gli stessi gusti in fatto di arredo: la nostra è una vera e propria lotta per le poltrone. Appena mi sdraio mollemente su una poltrona pregustando il piacere di rilassarmi e di leggere in santa pace, eccoti apparire. Mi gironzoli intorno accerchiandomi e stringendomi d’assedio studiando la strategia più adatta per potermi defenestrare e sostituire tra i morbidi cuscini. All’inizio ti aggiri con una certa prudenza per non destare sospetti, per poi fare lo scatto fulmineo appena faccio la sciocchezza di alzarmi per pochi attimi lasciando sguarnito l’oggetto del contendere. Al mio ritorno trovo il posto occupato da una immobile ciambella pelosa del tutto sorda alle mie rimostranze fino a quando una zampa artigliata mi avverte che chi va via perde il posto all’osteria !
Quel che è tuo è mio!
La poltrona, si sa, è uno dei simboli del potere al quale, ogni felino che si rispetti – e ogni uomo che non si rispetti – aspira. Tuttavia non è l’unico oggetto che mi appartiene a cui miri, ingaggiando vere e proprie lotte per il suo, non sempre legittimo, possesso. Basta che io, in alcuni momenti, dedichi a taluni oggetti un’attenzione superiore a quella che dedico a te, per renderli attrattivi ai tuoi occhi: veri e propri irrinunciabili oggetti di desiderio. Molti sono i beni sui quali rivendichi un diritto di proprietà: penne e lapis che mi strappi di mano con la grazia e la fermezza delle tue zampatine; libri e giornali su cui ti sdrai coprendo completamente la superficie leggibile; cuscini, giubbotti, scarpe, borse e quant’altro mi appartenga e venga da me usato con una certa distraente frequenza. La proprietà privata esiste solo per te e sono io con tutto l’armamentario di cui dispongo. Sono io il tuo patrimonio immobiliare inalienabile, il tuo bene supremo. Sei un vero accaparratore di beni altrui. Non sei, ahimè, un gatto di sinistra!
Sei bello e lo sai.
Sembra tu abbia un istinto infallibile per trovare le location e le pose più adatte a mettere in risalto il tuo fascino. Vale la pena di scoprire a quali strategie ricorri, a come studi gli angoli, i punti di luce, gli sfondi più appropriati ad inquadrare la tua bellezza. Come il tuo corpo assuma le forme più leggiadre e seducenti per costringerci a capitolare e ad adorarti. Come quando ti sdrai supino offrendo voluttuosamente la pancia e la gola morbide e tiepide alle mie carezze e alle grattatine … o quando ti raggomitoli con la zampina posata sugli occhi in un gesto pudico, aggraziato e sornione mentre la coda – unica parte del corpo a dare segni di vita – si esprime con impercettibili fremiti di gioia. Si stenta a credere che tu non sia un abilissimo impresario di te stesso: vanitas vanitatis, il tuo nome è Puccio!
La coda fa la spia!
Quando qualcosa non ti torna, per farmelo capire mi punisci sparendo dalla circolazione e ti rifugi negli angoli più impensati. Mentre ti cerco dappertutto ti chiamo usando tutti i registri vocali possibili, dai toni acuti, sommessi, imploranti, impazienti, affettuosi, melodiosi, allettanti, ma … niente, non ci caschi! Tu, più forte dei marinai di Ulisse, non ti fai incantare dalle sirene, ammesso che io possa essere scambiata per una di loro! Per un po’ ti rendi irreperibile … fino a quando … fino a quando vedo spuntare da sotto la poltrona la punta fremente della tua coda che tradisce la tua presenza. Per qualche minuto la commedia continua con il gioco delle parti : tu che resti nascosto illudendoti di non essere stato scoperto, io che fingo di non averti visto e continuo a chiamarti con la voce più flautata possibile … Poi, tac, afferro la coda e la tiro suscitando le tue stizzite rimostranze a suon di soffi, miagolii, graffi: questa volta hai perduto, ma non lo vuoi proprio ammettere. Ah, se non fosse stato per la coda!
Il perdono
Capita a volte, quando meno me l’aspetto, che tu abbia delle reazioni aggressive. Questo succede soprattutto quando non vuoi che io esca di casa, evento paventato che tu deduci dai gesti che compio – indossare il giubbotto e la borsa, prendere le chiavi – … allora ti avventi fulmineo contro le mie gambe e mi mordi sul serio sperando di fermarmi. Io a quel punto, sentendomi così ingiustamente trattata, mi arrabbio e ti sgrido allungandoti anche qualche sonoro sculaccione. La tua reazione è alquanto imprevedibile. Ti allontani con l’aria più mortificata che impaurita e ti apparti silenzioso poco distante da me. Io continuo a brontolarti con un tono molto più calmo e persuasivo ma fermo, cercando di farti capire che così non si fa. E infatti tu capisci di esserti comportato male e lamentandoti sommessamente ti avvicini, ti strofini alle mie gambe e con l’aria più contrita del mondo mi chiedi perdono con accompagnamento di dolcissime fusa.
“Sono andati, fingevo di dormire …”
Quanto ti piace fingere di dormire! Spesso ti acciambelli sul divano e te ne stai perfettamente immobile ad occhi chiusi. Mi avvicino in silenzio e mi chino dolcemente su di te baciandoti sul musino. Nessun segnale mi arriva che sei sveglio e che gradisci le mie effusioni, ma, considerando le antenne feline, la tua non può essere che una performance da grande attore. Te ne stai lì beato, fermo come una statua, non fai niente per respingermi né per trattenermi. Poi però, se io interrompo le coccole , apri prima un occhio, poi l’altro e cominci a mugolare sommessamente facendo le fusa più ruffiane che un gatto possa produrre per dirmi: Non te ne andare, resta, voglio ancora le coccole!
Il Conte Mugolino
Tu miagoli di rado, solo quando ti trovi costretto in una situazione senza via d’uscita, altrimenti prevale il desiderio di fare il misterioso, di renderti irreperibile: è la tua prova di forza , l’affermazione del tuo potere su di me. Preferisci mugolare. Il tuo, infatti, più che un miagolio, si può definire un mugolio sommesso, senz’altro più raffinato del comune miagolio , lingua del volgo felino non blasonato. E’ una melodia che varia dal mormorio, alla cantilena, al gorgoglio sensuale; insomma riesci ad esprimere con una poetica varietà di toni, tutta la gamma dei tuoi stati d’animo, delle tue emozioni. E’ come se tu seguissi, con scrupolosa attenzione, uno spartito musicale con lo stile e la classe che ti caratterizzano e che fanno di te un vero Conte Mugolino.
Spillover
Il nostro rapporto è così speciale che a volte ci capita di guardarci intensamente negli occhi e di percepire il profondo e misterioso legame che ci unisce. Ci sembra di essere sul punto di fare quel fatidico salto di specie, meglio conosciuto come spillover, e cioè il passaggio dal gattoall’essere umano o … viceversa! Verranno finalmente abbattute le barriere che ci destinano ad appartenere a due diverse specie animali? Chi dei due potrebbe trarre maggior vantaggio da questa mutazione genetica? In ogni caso non dovrebbe essere un gran trauma per nessuno dei due perché la nostra sintonia -macché sintonia, simbiosi! – è così perfetta che io già mi sento un poco te e forse tu ti senti un poco me!
Anna Maria Guideri, 15-05-2022