Il sor Matteo disvelato

indovina: chi son io?

Sor Matteo m’hanno chiamato
Oppur Salvini son nomato
Non è ver che sia invadente
O vi mollo un bel fendente
Lo sapete come va
Oggi qua domani là
Son presente a ogni consesso
Come un vero e proprio ossesso
E mai perdo l’occasione
Mangio e bevo e fo’ il buffone
Oramai ci sto a pigione

Allor dimmi: chi son io?

per saper chi son davvero
lègger non dèi tutto l’intero
prendi solo il capoverso
ti si svela l’universo

Allor scoperto avrai il mistero
di Salvini il nome vero

Il Baffo Aretino, 14/9/2021

La Cambiale

Da: Anni cruciali. 1957-1968 / Gino Benvenuti. Il Punto rosso, 2021. http://www.puntorosso.it/edizioni.html

Insieme a Carosello bisogna parlare anche della cambiale, che è stata uno strumento importante, in quel periodo, per potere accedere ai beni di consumo senza avere nell’immediato una disponibilità di liquidità. I cosiddetti “pagherò” altro non erano che un credito offerto per acquistare ratealmente ciò che ci piaceva, impegnandoci ad onorarlo. “Pagherò” o “farfalle” furono lo strumento ideale per acquisire generi di consumo rateizzati ed i tempi in cui Rascel cantava nel varietà “è arrivato il ventisette/ prendo a rate una cambiale” diventarono un pallido ricordo.

Nel corso del tempo sono state soppiantate da altre modalità di finanziamento domestico, ma durante il boom economico passavano di mano in mano come i soldi.
Perché si potesse realizzare questo circolo virtuoso ci volevano delle condizioni particolari che oggi però non esistono: l’ ottimismo di un futuro confortevole e migliore del presente, una voglia di vivere e soprattutto un lavoro sicuro unito alla volontà di onorare il debito. Su questo aspetto non influiva solo il timore di essere elencato in una specie di “lista nera” che le camere di commercio compilavano e pubblicavano scrupolosamente per tutti gli esercenti, al fine di segnalare imbroglioni o inadempienti. Dove non arrivava questa segnalazione ci pensava, nel parlare minuto, il passaparola più letale degli elenchi, che segnalava con discrezione o meno, “attento al cabriolet (assegno scoperto)”, oppure strizzando l’ occhio al negoziante.

Essere additato silenziosamente dal pettegolezzo a volte complicava anche il semplice colloquiare, come se fosse scattato una sorta di anatema e di questo ne fui direttamente testimone quando una volta andai dal meccanico per una riparazione al mio scooter. Appena un cliente si allontanò ci fu subito uno scambio, tra i presenti, di occhiate e sorrisetti e venne bollato da un’ altra persona che mise in guardia il proprietario dell’ officina: Stai attento Bruno non gli fare credito poi te lo dico io perché .

Non disse la motivazione ma fu eloquente il riscontro dei presenti. Viceversa quando uno mostrava la propria moto od auto, acquistata un po’ di tempo prima, era motivo di orgoglio far sapere che aveva estinto il debito puntualmente.
In merito a quanto detto assistei ad un siparietto a dir poco esilarante, quando una mattina andai dal giornalaio.
Un buontempone sempre scherzoso incontrò, davanti all’ esposizione sul banco dei giornali, un anziano condomino, come seppi dopo, e gli domandò:
Che è vero che i’ tu’ figliolo l’ è nella lista nera?-
Ma che mi dai i numeri?– rispose l’ ometto guardandolo di traverso.
Eppure me l’ hanno detto– insisté il giovane ridacchiando mentre mi guardava.
I’ mi’ figliolo un n’ è fascista- .
Cosa c’ entra la politica? E dico che non paga le cambiali; hai capito? Per questo è nella lista nera– .

L’ anziano, che fece gesto di non sentire, lasciò perdere ma quando il giovane se ne andò, salutandolo gli disse:
Giovane, meglio non pagare le cambiali che avere le corna– .
Io rimasi l’ ultimo ad essere servito dal giornalaio che una volta uscita la persona anziana, commentò sghignazzando:
Il problema è che hanno ragione tutti e due– .
Mia madre mostrava un’ avversione verso le cambiali celandosi sempre dietro la scusa che “pagare in contanti è più vantaggioso perché si acquista a meno” ma io quando anni dopo comprai la 500 perché ero a ruolo nello Stato, ne firmai un pacco prima di uscire dal concessionario e mi ripetei cinque anni dopo per l’ acquisto della A 112.

Gino Benvenuti, 2021

Tanti auguri al sor Matteo

Il sor Matteo è in affanno
più si muove e più fa danno
vuol la gente lui incontrare
ma non sa poi cosa fare.

I discorsi son piccini
sempre uguali, da bambini
Ora bianco ora nero
non appar proprio sincero.

Parla, urla e s’arrabatta,
la sua faccia è una ciabatta.
A metà del contributo
pur gli scappa uno starnuto.

Ma la gente, che tranquilla vuole stare,
senza il tafano a ronzare,
più il fastidio non sopporta
cacciar vuol, lui fuor di porta.

É pur vero che il moscone
sulla merda sta a pigione
ma se pur stanno nei trulli
non son tutti dei citrulli.

Che la massa è brutta bestia
cosa è ormai ben manifesta:
pria t’adora poi ti detesta,
più non hai la lancia in resta.

É un momento, un attimino
ripercorrere il destino
del pompiere di Viggiù
che poi cadde a testa in giù

TANTI AUGURI MATTEO!!!

Il Baffo Aretino 12-9-2021

É il contesto, Bellezza!

Montanelli e l’eterno ritorno dell’uguale

In merito alla replica dell’intervista fatta a Marco Travaglio, autore del libro INDRO, da Giorgio Zanchini a QUANTE STORIE sul passato colonial-coniugale di Montanelli in Etiopia, vorrei, partendo dalle dichiarazioni di Travaglio, fare alcune osservazioni.
La linea difensiva dell’autore poggia sui seguenti punti:

A – I fatti vanno inquadrati nel contesto spazio-temporale in cui sono avvenuti. All’epoca l’usanza di fare sposare bambine – ma in Africa erano già donne, sic! – di 12 anni era diffusa. I valori di allora non erano quelli di oggi, perciò il giudizio ne deve tenere conto. Pertanto quei giovani scalmanati che hanno osato oltraggiare il monumento del “divino” Indro hanno dimostrato di non conoscere la storia.

B – Montanelli era in perfetta buona fede, anzi, per la bambina e per la sua famiglia è stato una vera manna dal cielo, tanto che lo hanno ricambiato con affetto e gratitudine … anche se sappiamo, per bocca dello stesso Indro, che all’inizio lei non voleva …

C– Il comportamento di Montanelli non merita di essere decontestualizzato, come non lo merita, ad esempio, Cristoforo Colombo che scoprì l’America, ma che non può essere ritenuto responsabile del colonialismo e dello schiavismo che ne seguirono. A quel tempo si usava così.

D – Montanelli ha sempre dato prova di coerenza e di coraggio, non è mai sceso a compromessi e ha riconosciuto di essersi sbagliato sia su Mussolini che su Berlusconi rimettendoci di persona …

Osservazioni

1 – Insomma, tutta la colpa sarebbe del contesto. Il contesto sarebbe il capro espiatorio che solleverebbe il soggetto da ogni responsabilità. Da ciò si evince che, siccome tutti, per fortuna, disponiamo di un contesto, anche se ci comportiamo male, siamo innocenti. Non siamo noi a peccare, è il contesto che pecca per noi! Sei stato tu? Io no! Allora chi è stato? E’ stato il contesto, quel brutto e cattivo! Menomale che il contesto c’è. Lui è il nostro “santo – o diavolo – protettore.” E’ colui che si addossa tutte le colpe per salvarci la reputazione e renderla più bella e splendente che pria! E’ al contesto che bisognava fare il monumento, mica a Montanelli!

2 – L’onestà intellettuale di Montanelli è fuori discussione come lo sono il suo endemico maschilismo e la sua innocente distrazione nei confronti dei diritti umani. Il fatto che il grande giornalista, dopo tanti anni parlasse di quel periodo della sua vita, con disinvoltura e compiacimento, senza mostrare alcun ripensamento, non costituisce un attenuante, ma un aggravante. Ad un maturo intellettuale del ventesimo secolo di una società democratica non è consentito manifestare idee tanto retrive senza pagare pegno. Richiamare l’attenzione sul caso Montanelli come hanno fatto gli imbrattatori del monumento, non significa ignorare la Storia, ma piuttosto conoscere i DIRITTI UMANI ( che della Storia fanno parte). Però, riguardo alla profanazione del monumento e, in generale all’inopportunità di abbattere quelli dedicati a personaggi più o meno controversi, concordo con Travaglio. I monumenti devono restare al lori posto non tanto per ricordare i personaggi – in questo caso Montanelli – ma per ricordare a noi tutti quanto sono stati cretini gli italiani che gliel’hanno dedicato!

3 – Se Travaglio tenesse conto del contesto corruttivo di questo paese nel quale proliferano senza soluzione di continuità i nemici della cosa pubblica contro i quali egli dirige – giustamente – i suoi strali di angelo sterminatore, avrebbe usato altro stile e altri toni … Se tutti rubano, dove sono i ladri? Se tutti stuprano le bambine etiopi di dodici anni, dove sono gli stupratori? Tutti ladri? Nessun ladro! Craxi docet…. E’ il contesto, bellezza! Ma lui giustamente non fa sconti contestuali ai corrotti di “casa-cosa nostra.” Con Montanelli invece usa non il bastone, ma la carota, ma c’è da capirlo. Montanelli lo ha creato è i’ su’ babbo. “Babbo ti voglio bene e ti difenderò fino alla morte. Grazie babbo … sig sig … !”

4 – Montanelli maestro di etica perché non opportunista, perché ebbe il coraggio – pagando di persona – di ribellarsi al fascismo e poi anche a Berlusconi? Certamente, ma non mescoliamo le pere con le mele. Riconoscere la dignità di un popolo colonizzato e di una minorenne di colore non rientrava nel suo codice d’onore, perché era un fascista. Non poteva fare ammenda del suo passato coloniale perché per lui quell’occupazione e quel matrimonio non furono errori, ma atti eroici da premiare con la medaglia al valore! Non erano suoi pari, erano esseri inferiori, esattamente come i nativi americani “scoperti” da Cristoforo Colombo, con la trascurabile differenza che da allora sono passati quasi cinque secoli! Montanelli – rendiamogli l’onore delle armi e della verità – è stato un colonialista, un razzista, onesto e coerente perché perfettamente in pace con la propria coscienza … di fascista!

Anna Maria Guideri, 12/9/2021

Carosello

Da: Anni cruciali. 1957-1968 / Gino Benvenuti. Il Punto rosso, 2021. http://www.puntorosso.it/edizioni.html

L’ economia si sviluppò anche grazie alla nascente industria della pubblicità e quando si parla di essa è obbligatorio parlare di Carosello non solo perché fu l’ unica agenzia nazionale autorizzata in merito, ma per l’ impatto che ebbe e per l’ originalità che espresse.
Esso non
fu solo il pretesto, come per molti miei coetanei, che permise a me di andare al bar fruendo delle immagini televisive prima di coricarmi, ma soprattutto si dimostrò un poderoso mezzo di pubblicità. Fino a metà degli anni ’50 si vedevano insegne al neon, pannelli metallici o in legno sopra l’ ingresso nei negozi, oppure le squadre di attacchini in bicicletta, con il rotolo dei manifesti ed il barattolo di colla appeso al manubrio, che si fermavano davanti agli appositi tabelloni, il tutto lentamente eroso da crescenti inserzioni pubblicitarie sui giornali e rotocalchi.

Dall’ avvento della televisione con l’ uso delle immagini, che lei trasmetteva in esclusiva, cambiò radicalmente il messaggio pubblicitario, a volte realizzato da registi di chiara fama, del quale si resero testimoni attori ed attrici, che già erano stati protagonisti di film o personaggi del mondo dello spettacolo. La rubrica andava in onda tutti i giorni salvo qualche ricorrenza religiosa oppure in occasione qualche evento nefasto ed eccezionale. Chi non ricorda tra i primi spot il commissario Rock che, dopo aver individuato il colpevole, al commento del suo assistente “Lei è un fenomeno ispettore; non sbaglia mai” risponde, togliendosi il cappello e mostrando la testa completamente calva, “non è vero anch’ io ho fatto un errore. Non ho mai usato la brillantina…”, oppure Dapporto nelle vesti di Agostino pugile che dopo avere preso un sacco di botte, alla domanda “come mai ride ?” sfoggia un sorriso reclamizzando un dentifricio.

Come non ricordare Buscaglione che cantando Che bambola propaganda un liquore mentre Calindri seduto nel mezzo di un traffico caotico sorseggia un amaro contro “il logorio della vita moderna”, oppure Viarisio, che si esprime in rima per un panettone o Billi e Riva che promuovono un detersivo. Il Moplen, un tipo di plastica, che entrando in tutte le case, non solo per sostituire la ceramica bensì anche come elemento di arredo con i suoi contenitori dai colori vivi, diventò sinonimo di modernità venne pubblicizzato da Bramieri. Oltre all’ utilizzo di personaggi in voga, di cui sarebbe lungo l’ elenco, venne utilizzata la modalità dei cartoni animati con personaggi, che rimasero subito simpatici, come il piccolo angelo intento a spiare la terra con un cannocchiale, che vi si precipita quando individua un problema. Inevitabilmente si ficca in una pozza, sporcandosi la tunica immacolata, ma egli viene subito consolato da una voce femminile, che rimedia al guaio con un detersivo.

Chi non ricorda Ulisse, perseguitato da un ombra parlante, che cerca di frenare il suo nervosismo ed accetta il consiglio di bere un decaffeinato? o “l’ Omino coi baffi” testimonial di una caffettiera oppure l’ uomo che camminava su una linea pronunciando parole incomprensibili per reclamizzare una marca di pentole? Le immagini del tenero Topo Gigio sempre alla ricerca di coccole oppure quelle del Caballero che, in un assolato scenario messicano, dopo aver rintracciato la donna desiderata, dice “Carmencita sei già mia, chiudi il gas e vieni via” furono allora efficacissime. Memorabile il dialogo tra un vigile, con un accento marcatamente siculo che contesta una contravvenzione ad un cittadino veneto dicendo “concilia? Qui se non conciliamo a schifio finisce”. Costui a questa intimazione risponde “Mi son forestiero, per mi tutto va ben, tutto fa brodo” ed il vigile ribatte: “non è vero che tutto fa brodo” reclamizzando così un dado eccezionale per farlo.

L’ uso dei dialetti, durante gli spot pubblicitari, non fu né folkloristico né casuale bensì rispondeva alla finalità di cementare una realtà nazionale facendo sentire compartecipi tutte le regioni. Quando nel parlare quotidiano capitava di dire “tutto fa brodo” a volte c’ era qualcuno che a sentire questa espressione aggiungeva scherzosamente “non è vero che tutto fa brodo”. Come erano diventate lessico quotidiano alcune battute di spettacoli televisivi, così lo diventarono anche slogan pubblicitari. Io stesso quando andai una sera a comprare un panettone chiesi “un Alemagna”, il pizzicagnolo esclamò “Ullalla è una cuccagna!” cercando anche di mimare l’ artista ed ad un mio amico che al circolo ricreativo ordinò con me un brandy, il barista replicò “lei si che se ne intende”.

Questi slogan diventarono intercalari ed in qualche caso furono carburante anche per dei soprannomi come Calimero, l’afflitto anatroccolo irriconoscibile per la sporcizia del suo piumaggio, che diventò sinonimo di sfigato, riuscendo però a recuperare la sua immagine grazie ad un detersivo. I piccoli cortometraggi furono uno strumento di cattura dell’interesse con la finalità di far memorizzare la marca prescelta, aumentando il desiderio all’acquisto di prodotti di largo consumo perché la televisione godeva di attendibilità e garanzia dei prodotti, dimostrandosi una poderosa alleata della nascente industria. Ma per la mia famiglia che non aveva ancora la televisione e l’unico a vederla sempre più saltuariamente, ero io quando andavo al bar, allora la propensione al consumo non si sarebbe dovuta realizzare. Perché avvenne? Semplice: questa ricerca di beni, che rispondevano a desideri, era generalizzata e parte dei nostri colloqui quotidiani; inoltre vi era una forte motivazione imitativa.

Tante volte si è sentito dire in qualsiasi luogo “Lo dicono anche alla televisione”. Una sera ricordo bene che obbiettai su questo argomento dicendo:
Se non ce l’ abbiamo nemmeno la televisione come si fa a dire una cosa del genere?– . –La spesa la faccio io e non tu. Sono io quella che va al mercato e parlo con la gente– rispose la mamma.
Perciò una volta innescato il meccanismo sembrava di andare in automatico, perché maturò la convinzione che l’ offerta dei prodotti fosse non superflua, ma necessaria e non ci fu un settore che rimanesse immune da questa tendenza.

Gino Benvenuti, 2021

C’è una grande confusione sotto il cielo

Ma la situazione è davvero eccellente?

Il fatto

Una pandemia in molti casi letale affligge l’umanità
Non è un fenomeno nuovo né inaspettato. Le nostre letture sono piene di tali narrazioni: la peste d’Atene, la peste nera del Medioevo, la peste del Manzoni … Tutti gli analisti scientifici danno per scontata la creazione di nuovi virus, in parte frutto della forsennata attività antropica unitamente allea biologia dei virus.

Nella loro storia le comunità umane hanno preso misure collettive di contenimento se non di contrasto al morbo letale: aceto, sacrifici agli dei, purificazione col fuoco di luoghi e persone contagiati, linciaggi del tipo “dagli all’untore”… Al di là delle misure più o meno efficaci, sempre comunque frutto della cultura del momento, non trovo, nel passato, traccia di riprovazione sociale o di opposizione netta come quella di oggi da parte di minoranze contro le misure anti-covid.

Perché oggi?

Mettiamo che esista in ogni comunità/società un 1% di bastian contrari. Individui, anche intelligenti e colti, che non riescono a sfuggire alla trappola del “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”. Ho dei cari amici di tal fatta che apprezzo nonostante questa loro asociale anarchia.

Aggiungiamo a questi un altro 5% di individui schiavi di una loro particolare visione asociale del mondo: concezioni religiose o superstiziose. Sono comprensibili nonostante la follia delle tesi sostenute. Almeno riconosciamogli la buona fede…

Aggiungiamo a questi un altro 2% di benpensanti che confondono il buon pensiero con il non pensiero di gregge: quieta non movere, ogni innovazione è pericolosa, fatalismo esistenziale.

Un altro gruppo dei no vax sono gli attivisti di banda (non mi sembra il caso di scomodare né la politica nè i partiti). Teppaglia, squadristi per vocazione e costituzione che hanno trovato un buon pretesto per menar le mani e dare una qualche nobilitazione identitaria al loro teppismo e relativa squallida esistenza di decerebrati. Altri 2%

Un gruppo più numeroso è costituito dall’Anonima cretini virtuali. Il web e i social hanno liberato tanta intelligenza ma a anche tanta stupidità. Frustrati, ignoranti, disadattati e vigliacchi hanno trovato anch’essi nel web la grande occasione di manifestare un segno della loro presenza su questo mondo. Una presenza urlata, offensiva, apodittica … il terreno di coltura ideale per qualsiasi estremismo. È un gruppo numeroso, vicino forse al 10% ed in grandissima parte no vax, destro a dir poco, naturale consumatore e spacciatore di fake news.

Si deve aggiungere poi uno 0.1% (valutazione per eccesso) di politici che non avendo una identità né una politica da proporre alla società approfittano di ogni occasione per apparire in televisione non importa perché.

Primo quesito

Quello che stupisce è che un sistema politico preposto alla conduzione della nazione, basato sul principio della democrazia parlamentare, sia fortemente condizionato da poco più del 20% della popolazione, mettiamo pure un 25. e soprattutto disposto a svendere qualsiasi parvenza di dignità concettuale e di ruolo alla ragion pratica della bassa cucina del consenso.

Secondo quesito

Possiamo comprendere, anche se non accettare, le posizioni degli ignoranti, degli squadristi, dei politicanti … ma come possiamo accettare le posizioni di studiosi di chiara fama che abbiamo apprezzato per le loro opere scientifiche e per la loro appartenenza democratica come Agamben, Cacciari, Barbero, Canfora … Hanno firmato un elzeviro di logica aristotelica del terzo tipo: quella per cui se è vero che Socrate è un uomo, gli uomini sono mortali allora Socrate è mortale (silloge del primo tipo) non è vera la silloge del terzo tipo: Socrate è un filosofo, Socrate è un uomo, tutti gli uomini sono filosofi. In fondo alla storia dicono che le politiche vaccinatorie sono una bestialità che offende la dignità dell’uomo: al capra capra capra di Sgarbi manca davvero poco.

Sembra di assistere ad una catastrofe della ragione. Non intendo affrontare le sofisticate circonvoluzioni di tali altrimenti maestri, che continuo ad apprezzare nel loro campo specifico.

Riducendo la questione ai minimi termini:

1. la libertà individuale può essere di grado superiore a quella sociale nel campo delle relazioni interpersonali e a prescindere dalle libertà fondamentali quali la libertà di credo, di espressione ecc? che non vengono comunque messe in dubbio, oggi.

2. Una organizzazione sociale che compie atti a tutela dei più anche se questo può compromettere qualche libero arbitrio individuale, è così riprovevole e tale da essere equiparata al grande Leviatano, alla Shoah, ecc.? È come se lo stato rinunciasse a condannare gli assassini, a tutela del loro diritto individuale all’omicidio.

Paradosso per paradosso. Capra capra capra … almeno è più onesto!

Gian Luigi Betti 7/9/2021

Comunicato Ansa

Alleghiamo il commento di Gramellini al comunicato dei professori

Massimo Gramellini, “Le invasioni Barberiche”) Secondo il professor Barbero, illustre capofila mediatico del «pronunciamento» di oltre 350 accademici contro il green pass, Dante avrebbe messo i politici nel girone degli ipocriti. In effetti il certificato verde è anche uno strumento di pressione per imporre surrettiziamente l’obbligo del vaccino, perché ti rende la vita talmente difficile e piena di tamponi che alla lunga offrire il braccio alla puntura diventa la scelta più comoda.

Quello che però il professor Barbero si dimentica di aggiungere è che in quel girone il governo farebbe fatica a trovare un posto libero: gli ultimi, Dante li avrà già sicuramente assegnati ai docenti universitari che se ne stavano muti finché il green pass colpiva i ristoratori, ma che si sono improvvisamente svegliati dal sonno degli indignati appena la tempesta ha investito la loro piccola corporazione. Almeno dagli intellettuali ci si aspetterebbe che reagissero ogni qual volta ritengono leso il Bene Comune e non solo quando il sopruso, vero o presunto, lambisce il loro «particulare».

Che poi, a voler essere sofisti, nel ragionamento di Barbero c’è una forma di ipocrisia ancora più sottile. Laddove dice che, se il vaccino fosse dichiaratamente obbligatorio, lui non avrebbe nulla da obiettare. Ma non sarà che lo dice proprio perché sa quanto sia difficile che il vaccino diventi obbligatorio? Altrimenti, se davvero non ha nulla da obiettare, perché non suggerisce ai suoi colleghi sulle barricate di vaccinarsi, così la finiamo qui? ( “Il Caffè” di Massimo Gramellini di martedì 7 settembre 2021. Ansa)

Confusione

E’ difficile definire il periodo storico in cui si vive, perché tutte le definizioni sono, evidentemente, dei limiti. Fissano una serie di attributi che si adattano alle circostanze descritte, e ne escludono altri. Possiamo però trovare un aggettivo che probabilmente si adatta a tutti i tempi che si sono succeduti e che seguiranno, ma che sta a pennello all’attualità: “Confuso”.
Viviamo in un periodo confuso, siamo tutti un po’ (parecchio) confusi. Tranne chi ha certezze granitiche, e con questi è meglio non discutere.

Periodo confuso perché quasi nessuno è più facilmente riconoscibile, confuso perché è difficile districarsi tra le informazioni che arrivano e costruirsi un quadro che risponda in maniera soddisfacente alla realtà. E non è per difetto di informazioni, ma per la gran massa di quelle che arrivano di continuo, e per la difficoltà di distinguere le vere dalle false, e sopratutto dalle verosimili. Come le fotografie, che son sempre più belle delle persone ritratte, sono somiglianti, ma hanno corretto un difetto, tolto una ruga, sfumato un profilo un po’ sporgente. Cosi ci sono notizie che somigliano a quel che è accaduto, non oso dire alla verità, che è sempre percepita diversa da soggetto a soggetto, ma poi fanno intendere tutt’altro di quel che è successo, o sarebbe successo.

Di solito il metodo per districarsi dalle notizie aggiustate, o palesemente inventate, è quello di verificare le informazioni su più fonti, cercando quelle più attendibili. Il che presuppone il tempo, la voglia e la possibilità di farlo, cosa non scontata o almeno non facile per gran parte delle persone.
Personalmente ascolto molto la radio, che non garantisce la verità, ma non ha programmi costruiti per confondere come la televisione, ed ho i miei canali preferiti; in particolare i programmi che danno spazio agli interventi del pubblico, su temi specifici o a commento di informazioni generaliste. Le persone che intervengono non sono un vero campione rappresentativo della popolazione. Rispecchiano solo la parte più interessata alle vicende di cronaca e di politica, sia forse perché più acculturate, sia forse perche già schierate. Sono però uno spaccato attendibile dell’opinione pubblica. Gli argomenti più trattati sono sempre ispirati all’attualità: La pandemia, i diritti di chi si vuol vaccinare e quelli di chi rifiuta, la situazione nei paesi critici, (Afghanistan, Cina, Iran, Israele e Palestina, Libia, Russia, Turchia U.S,A), la politica del governo, Europa non Europa, accogliere/non accogliere i profughi, l’Islam e il terrorismo, il lavoro, lo sport.

Fino a qualche tempo fa era facile classificare gli interventi: quelli più di sinistra, i populoqualunquismi, la destra potabile, la destraccia..
E così gli interventi si dividevano, e ciascuno da casa pensava: ha ragione questo, ha ragione quello, Il conduttore è bravo, il conduttore non capisce nulla.
Era gratificante prendersela, o gioire, con il governo quando chiudeva i porti, e poi quando solidarizzavano con i gilet gialli, o ridere (solo una parte degli ascoltatori) quando in geografia prendevano fischi per fiaschi. Sugli attentati tutti d’accordo, ma non sugli attentatori. Tutto l’Islam è così; no, non è vero, questi sono spostati fanatici; si ma anche i capi moderati non condannano abbastanza. Anche sullo sport ci si poteva sfogare contro la Juventus che vinceva sempre, o gioire (nell’ombra)

Poi è arrivato il Covid che ha preso la scena, e ha cambiato anche il profilo del governo. E così i tempi si sono ancor più confusi.
L’attenzione si è spostata sopratutto sui diritti civili propri del singolo: le libertà personali che soverchiano l’interesse per le questioni sociale e per i diritti della comunità. Assenti sempre dai dibattiti i doveri del singolo e delle istituzioni. E così ci si scalda sull’obbligo del certificato di vaccinazione da esibire, sulla libertà di far quello che si vuole, e si fanno fior di dibattiti se sia più utile far la terza dose o trangugiare una pozione di mandragola, ma non si sono viste manifestazioni, cortei, dibattiti, proteste insomma, sulla questione Afghana, pochi ricordano Ebru Timtik. Anche le sardine son tornate nella scatola
In un Italia che ha un governo paragonabile per composizione solo ai governi dell’immediato dopoguerra sono rappresentate tutte le posizioni politiche, comprese quelle ballerine che saltellano di que e di là. E allora non si può più prendersela con il governo, o con i partiti, perché tutti stanno con tutti. In Toscana si dice che fanno come i ladri di Pisa, che litigano di giorno e rubano insieme di notte. Non so perché siano di Pisa, e non voglio offendere nessuno, anche perché, la mì mamma (come si dice noi), era di Pisa.

Ora non si può prendersela neppure con i banchieri che comandano, perché poi, se questo va via non si sa chi metterci, non si può più prendersela nemmeno troppo con i contrari ai vaccini, perché la comunicazione governativa ha fatto così tanti errori che tanta confusione dipende da questo. Non si può prendersela neppure con Berlusconi, che ora sembra un talebano buono, e poi al governo c’è anche lui, o col Salvini che sta con Bonomi e col sindacato, dice si a tutto , e poi dice no, ma in questo governo ch’è anche lui. La Juventus, se dio vuole, non vince più e allora non si può prendersela nemmeno con lei, e neppure con Renzi, che non conta più un tubo.

E allora dobbiamo ringraziare Donzelli e la Meloni, perché così possiamo infamare loro. E allora, se si ringraziano loro, la confusione è massima.
E bisogna anche sperare che duri, perché potrebbe anche andare peggio, e non solo piovere.

Enrico Tendi, 3/9/2021