(Elezioni francesi del 2024)
Anna Maria Guideri
Chi ha vinto e chi ha perso le elezioni in Francia il 07 Luglio 2024? I sostenitori degli opposti schieramenti – antilepenisti e lepenisti – si confrontano sul campo mediatico in singolar tenzone sfoderando con pari gagliardia argomentativa le armi, sul grande evento che ha visto cadere più di una testa reale o virtuale che sia. Gli uni per attribuire a Macron la vittoria in quanto è riuscito, almeno per il momento, ad arginare la resistibile ascesa di Marine Le Pen, gli altri per addebitare a Macron la sconfitta per essere stato sorpassato da Melanchon e per aver gettato la Francia nell’incognita dell’ingovernabilità. Dico la mia partendo da una banale considerazione: vince chi raggiunge il suo obiettivo; perde chi lo manca. Se Macron voleva la sconfitta della Le Pen e della sua destra neofascista, ha vinto. E anche se non aveva calcolato il sorpasso del leader dell’estrema sinistra Melanchon, possiamo dire che, vista la posta in gioco, poteva anche permettersi di pagare questo prezzo, per quanto salato sia. Se la Le Pen invece aveva puntato sulla vittoria, visto l’esito molto favorevole riportato al primo turno, è chiaro che ha perso nonostante i molti voti che ha preso. Ma colei che ha riportato una vittoria netta e inequivocabile è senz’altro la Republique dotata, per sua fortuna, di un sistema immunitario antifascista quasi a prova di bomba che si è mobilitato contro l’onda nera della Le Pen. Come giustamente è stato detto, i francesi sanno distinguere un avversario politico da un nemico della Repubblica. Molti hanno definito Macron un perdente di successo: ha perduto la sua corona, ma ha salvato la democrazia. La Francia, a differenza dell’Italia, può dividersi su molte questioni, ma non sull’antifascismo. Da noi, una desistenza così ampia e così eterogenea disposta a rinunciare alle proprie candidature per salvare la comune casa democratica sarebbe stato impensabile, visto che, cani e porci per biechi interessi di bottega, – non certo per l’antifascismo – si sono più volte uniti. Basti pensare allo sdoganamento dei post-fascisti di Alleanza Nazionale ad opera di Berlusconi: la madre di tutte le disgrazie che ha generato la vile progenie che oggi ci governa; in Italia, sì, in Francia, no. Questo perché fra noi e la Francia ci sono alcune differenze che spiegano i diversi risultati elettorali nonostante abbiano entrambe in comune destre nostalgiche forti e radicate. La Francia, pur avendo avuto secoli di monarchia, ha amato sempre più il regno del re, più l’impero dell’imperatore, più la Repubblica del suo presidente. I francesi amano lo stato perché si sentono stato. Sono citoyens, cittadini, non sudditi, tanto è vero che il re lo hanno ghigliottinato. Per quanto ciò non sia edificante, aiuta a far comprendere la natura profondamente laica di questo popolo refrattario al culto della personalità del capo, qualunque capo. Gli italiani invece non amano lo stato perché non si sentono cittadini, ma servi del padrone di turno. Tornando alla querelle sui vincitori e i vinti, chi sostiene la tesi della sconfitta di Macron giudica più grave la probabile – non certa – ingovernabilità uscita dalle urne che la certa perdita della democrazia nel caso in cui avesse vinto la Le Pen. Macron può essere criticabile per altre scelte politiche, non per questa: diamo a Cesare quel che è di Cesare.