di Pierluigi Fagan
L’indomani delle elezioni europee dello scorso 6-9 giugno, mi sono ritrovato da solo a sentire il segnale di un possibile cataclisma. Molti amici pensavano non fosse successo nulla di rilevante, l’ordine morbido della consuetudine liberale avrebbe presto digerito quel piccolo sussulto, tutto sarebbe andato come sempre va. Tuttavia, a me sembrava che a molti mancasse forse una conoscenza un po’ più completa della fase storica e del soggetto prevalente ovvero Europa.
Europa, lo sappiamo, è un progetto astorico, una sorta di ennesima ibernazione delle linee profonde della storia europea, congelate nella dimensione di un mercato in comune, con una moneta in comune. Una tipica oasi liberale.
Ma da qualche anno, il mondo non è più avviato a diventare solo un unico mercato globalizzato, anzi sembra retrocedere da questa linea almeno nei desideri americani, di minoranza certo, ma che pur valgono ancora molto. Quello che invece s’è ripresentato è uno scenario profondamente storico con tanto di eserciti, guerre, morti, strategie. Scenario e gioco a cui Europa non può giocare per difetto strutturale.
A questo primo punto di crisi s’è aggiunta la disgrazia ucraina. Europa s’è dovuta inventare improvvisamente produttore e fornitore d’armi, senza aver alcun know how né dell’uno, né dell’altro.
A che fini poi non si sa visto l’improbabilità di perdurare la resistenza alla pressione russa nel medio-lungo periodo. Il tutto appresso a una potenza che sta su un altro continente che, quando riterrà di distrarsi dal gioco russo si getterà su quello cinese, Cina che però è il primo partner commerciale europeo. Potenza in mano a chi non si sa visto le tristi performance dal suo commander-in-chief.
Europa dichiara prioritaria la sua carbon neutrality ma non sa e non può produrre auto elettriche, potrebbe comprarle a poco prezzo dai cinesi ma gli americani non vogliono e così eleviamo dazi al 38%. Wow! Dazi al 38% è dal mercantilismo listiano che non si sentiva una cosa così roboante e poco liberale!
In tutto ciò, d’improvviso scompare l’Europa da Lisbona a Vladivostok e compare Europa che fa quello che tutti i generali della modernità hanno ripetuto ad nauseam: lasciate perdere la Russia. Saltano contratti, commesse, ordini, joint venture, soprattutto forniture di energia. Bella o brutta che sia, piaccia o non piaccia questo stato di cose, una cosa è certa, questa non è una strategia. Non ha semplicemente alcun senso, è frutto palese di una improvvisazione eteronoma cioè non decisa dagli stessi che doveva poi metterla in essere.
Alla fine, il commander-in-chief probabilmente verrà sostituito da tutt’altro commander-in-chief con tutt’altra visione e strategia sul cui contenuto c’è mistero -data la notoria imprevedibilità del soggetto che ne interpreterà lo sviluppo- ma sulla quale abbiamo almeno una certezza: Europa è un competitor come un altro, nessun riguardo, nessuna “protezione”, nessuna condivisione delle poche gioie e quindi solo dei molti dolori.
Si arriva così al voto con le due colonne portanti del sistema Europa, Francia e Germania a crescita zero o meno qualcosa. Botte da orbi, in Belgio, Francia, Germania, Austria, l’Italia ha già dato in anticipo. Come già più di un secolo fa, i liberali falliscono e allora subentra la destra, più o meno fascio-conservatrice. Si va così alle elezioni in Francia e di nuovo botte da orbi.
Ora, mi pare che il RN potrebbe perdere la maggioranza assoluta solo nel caso vi fosse un perfetto allineamento di desistenza in tutti i collegi, cosa del tutto improbabile. Per altro hanno già dichiarato che governerebbero anche in minoranza mentre quello squinternato di Attali ha lanciato l’idea di un bel “governo tecnico” à la Montì. Ripeto il concetto, bella o brutta si ritenga l’idea, piaccia o non piaccia, questa -non è- una idea è una scemenza, è il segno di quanto certa gente non capisce più in che epoca sta vivendo, cosa accade intorno a loro, che forma prende la realtà concreta. Allarmante.
La Germania è a pezzi, si sta formando una destra austro-ungarica, quella italiana s’è prevedibilmente messa in stan by per non farsi trovare spiazzata dal grande ritorno di Trump, i britannici torneranno alla Terza via con la disintegrazione letterale dal più antico partito politico europeo: i Tories. Le Pen probabilmente prenderà il governo e già s’annuncia downgrade del debito francese e severe perturbazioni economiche, finanziarie e geopolitiche. Il tutto in assetto di manifesta antipatia e incompatibilità tra Le Pen e Scholz che per altro sta già con un piede nella fossa.
Siete sicuri che da qui all’anno prossimo avremo ancora l’euro e l’UE come la conosciamo? I primi di giugno non è successo niente?