Alessandro Barbero
“Secondo me essere comunisti dipende in parte appunto dalla tua memoria, e quindi dalle tue vicende personali, da quello che ti è rimasto impresso di quelle vicende personali.
Io sono diventato comunista semplicemente perché sono cresciuto in una famiglia cattolica, borghese, moderata, non più fascista al tempo dei miei genitori, tutt’altro, ma i nonni lo erano stati, e un certo imprinting si sentiva. Una di quelle famiglie in cui si sentiva “Mah, in fondo i partigiani non hanno fatto granché di importante” e così via. E poi al liceo ho conosciuto un compagno che invece era di famiglia comunista e ho scoperto una casa strapiena di libri, un’abitudine alla discussione, di tutto, tra padre madre figli, a ragionare su tutto, che non era qualcosa a cui io ero abituato, e sono rimasto affascinato da questo. Ho conosciuto quel mondo e c’è stato, come dire, un precipitato chimico per cui a partire da quel momento ho sentito che quel sistema di valori a me piaceva, che mi ci identificavo.
Con cosa mi identificavo? Con un sistema di valori che pensa che la disuguaglianza nella società è una brutta cosa e che bisogna cercare in tutti i modi di ridurla. Mentre invece c’è chi pensa che la disuguaglianza è naturale, inevitabile e che è stupido combatterla, per esempio, no? Con un sistema di valori che pensa che, benché il capitalismo si sia rivelato capace di produrre grande benessere, grande libertà, in certi luoghi e in certi momenti, però scoprire un modo di superarlo e di creare un sistema più giusto sarebbe una cosa bellissima.
Capisci? È questione di come tu a pelle poi reagisci a una serie di situazioni. Quando io studio la storia del comunismo e vedo generazioni di persone che hanno creduto a questa cosa, e che sono stati capaci di correre rischi spaventosi e di sacrificare tutto per questa utopia; e poi quasi dappertutto quando sono andati al potere non l’hanno realizzata, e anzi, hanno fallito e hanno creato sistemi a volte criminali, a volte semplicemente e scioccamente oppressivi, ma comunque fallimentari alla fine. Ecco, io in tutto questo vedo un’immensa tragedia che mi rende molto triste, perché penso con adesione personalmente alle generazioni e generazioni di esseri umani, in genere operai sfruttati e operaie sfruttate, che hanno creduto che fosse possibile inventare qualcosa, un mondo diverso. Un mondo nuovo e un mondo più uguale. C’hanno creduto, molti sono morti per questo, e poi questa cosa si è rivelata invece un fallimento. E a me quelli che ci hanno creduto non appariranno mai né degli schifosi rossi né degli stupidi illusi, ma gente con cui io mi sento di identificarmi, che rispetto profondamente, ecco. In questo senso.
E allora il risultato è naturalmente che anche là dove il comunismo è stato creato, uno non chiude mica gli occhi davanti agli enormi crimini. E però questo non basta per far sì che una stella rossa o una falce e martello per me diventino dei simboli che mi suscitano orrore.
Non potrà mai essere così.”
ALESSANDRO BARBERO, intervistato dal direttore di “Archeologia viva” Piero Pruneti alla Maratona di Lettura 2022 di Feltre.