Stars, stripes e uova rotte: il PIL di Fratel Coniglietto

FONTE Sergio Talamo Il Riformista 23-4-25
TITOLO redazionale

Gli Stati Uniti si sono traditi da soli. E il capitalismo ferito inizia a presentare il conto a Trump

Storia di Sergio Talamo

I sentimenti spesso tradiscono. Era la “nostra” America. Idealizzata e anche molto hollywoodiana. Nuova frontiera e soprattutto libertà civili, culto del dissenso, la Costituzione come testo sacro. Perciò abbiamo tutti preso un abbaglio. Pensavamo: gli USA sono stati il faro della democrazia e dei diritti pubblici, e quindi oggi con Donald Trump ci stanno tradendo. Invece erano sempre stati il faro del capitalismo e degli interessi privati. E quindi stavano tradendo sé stessi. E oggi a Trump il capitalismo ferito inizia a presentare il conto. Nulla sarà più come prima.

Lanciare un liberation day e farlo seguire da una retromarcia così plateale lo rende da subito un’anatra zoppa. Anche qui, non per questioni di principio. Non per il flop sulle guerre da chiudere in pochi giorni, che continuano più cruente di prima. E neppure per le accuse di aver fatto i suoi interessi, invitando a “comprare” poche ore prima di annunciare la moratoria sui dazi, con il risultato di guadagni astronomici per le sue aziende. Nel selvaggio clima attuale, la sua colpa imperdonabile sono i guadagni che ha impedito agli altri: ai big delle tecnologie e della finanza, ed anche al 60 per cento dei cittadini americani che investono in Borsa.

Un presidente reo di attentato al portafoglio, in America ha le armi spuntate. Ed anche nel resto del pianeta per lui non si mette benissimo. Se pensa che il perno della sua riscossa possa diventare l’Asia, già deve incassare le prime risposte. Anch’esse, non molto ideologiche. La Cina ricorda di detenere oltre 800 miliardi di dollari dei titoli di Stato americani, e se solo decidesse di vendere porterebbe alle stelle i tassi di interesse di Washington. E fra i giganti del web, non è solo Apple a tremare: senza la filiera asiatica, il boom dei prezzi e il successivo crollo sarebbero difficilmente evitabili. La nuova amministrazione americana ha promesso ritorno alla grandezza e all’identità, ma finora ha agito come se venisse da Marte. Trump ha ignorato il mercato globale in un paese dove l’idea di libertà civile è solo una conseguenza della libertà di impresa, dove il progetto collettivo è la copertura etica del diritto di arricchirsi come missione quasi spirituale. Persino noi ex ragazzi, cresciuti con Kennedy sotto il cuscino, lo sapevamo bene che il sogno americano era soprattutto il self made man, cioè la possibilità di toccare il cielo anche se parti da zero. La degenerazione seguita alla “fine della Storia”, come Fukuyama definì la caduta del Muro, aveva prodotto un premio sempre crescente all’arroganza, la menzogna, l’abilità nel piegare le regole.

Oggi il lato oscuro del modernismo mostra la corda. Saranno i ricchi e i ricchissimi a tutelare il diritto dei poveri a sognare il futuro? Ancora non si può dire. Di certo, il grande bluff è stato scoperto. L’America a metà del fiume si accorge che il correre per afferrare l’impossibile resta l’american way. Il gioco d’azzardo, invece, è la via per sfracellarsi.