Tra Regione diffusa e ragione ristretta

Da Il Corriere fiorentino del 24/11/2022 saccheggiamo

Il caso Alinari

la toscana confusa del giani

Franco Camarlinghi

«Il sonno della ragione genera mostri» è il titolo di una famosa acquaforte di Francisco Goya e quasi tutti una volta o l’altra l’hanno sentito dire. Nel pensare alla nuova querelle insorta sulle dichiarazioni di Eugenio Giani a proposito dell’archivio Alinari, viene da ricordarne una modifica, assai meno nota, ma quanto mai pertinente, inventata da qualcuno anni fa: «Il sonno della Regione genera mostre». Per essere breve: la Regione saggiamente acquistò l’archivio per difendere e valorizzare un patrimonio assolutamente identitario di Firenze e di conseguenza della Toscana, visto che di quest’ultima la città di Dante fa parte e ne dovrebbe essere la capitale. Come sempre succede: fra la tempestiva decisione dell’acquisto e una sistemazione efficace passa il tempo e qualcuno alla fine se ne ricorda se capita. Il versatile governatore se ne è ricordato cercando una soluzione per il rilancio di Montecatini e ha proposto di fare della fu città termale la città dei Fratelli Alinari. Alcuni, a cominciare dal sindaco Dario Nardella, hanno dichiarato il loro dissenso: gli Alinari fondarono la loro impresa, la prima al mondo per la fotografia a Firenze. Il loro erede Vittorio lasciò una traccia indelebile nella storia culturale fiorentina del ‘900. Tutto ciò è talmente attuale che, anche senza i clamori tipici degli inutili eventi coltivati dal pubblico e dal privato di questi tempi, proseguono gli studi e le ricerche su una vicenda storica così significativa come quella di cui parliamo.

Anche un noto cultore di tradizioni locali, quale è Giani, si deve essere accorto che non è tanto giustificabile portare via da Firenze qualcosa che, come poche altre, ne definisce un’identità moderna, o anche meglio contemporanea e che non ha niente a che vedere col provincialismo che spesso affligge le cosiddette città d’arte. Allora il nostro eroe fa un po’ marcia indietro e si limita a proporre di fare di Montecatini la città della fotografia in Toscana, utilizzando solo una parte dell’Archivio Alinari in maniera permanente e, finale ovvio, organizzando mostre. «Il sonno della Regione che genera mostre» appare quanto mai appropriato: qualcuno non si è accorto che a due passi, a Lucca, si tiene la biennale della fotografia con sempre maggiore successo? O che a Siena ha luogo un altro Festival dedicato alla fotografia di assoluto rilievo! Si capisce che i tempi sono difficili e che l’ipotesi presidenziale di utilizzare gli Alinari per una «Toscana diffusa» possa diventare più facilmente per una «Toscana confusa». Perdere il rapporto con l’origine di una vicenda culturale e anche economica, come è stata quella degli Alinari, non solo mortificherebbe una città sempre più ridotta alla monocultura turistica, ma diminuirebbe la stessa capacità di un patrimonio, inconfondibile, nel rappresentare un valore speciale agli occhi del mondo, di Firenze, della Toscana e dell’Italia. Un valore che in tante occasioni si è dimostrato appartenere alla sensibilità popolare: una per tutte fu la riscoperta dell’Archivio da parte dei fiorentini al Forte di Belvedere nel 1977. Chi c’era, come chi scrive, ricorda con commozione l’entusiasmo dei visitatori che nelle foto trovavano la chiave per capire la città e la loro stessa identità. Nell’Archivio c’è molto di più di quanto sopra e allora si cerchino soluzioni per rendere accessibile allo studio e alla ricerca tale ricchezza che non va dilapidata utilizzandola solo per un’uniformazione turistica o magari mettendola in un pacchetto per i tour operator: che poi sia per Montecatini o per Firenze non cambia molto.

Archivi Alinari un altro contributo

Da La Nazione del 25/11/2022: continuiamo a saccheggiare

Archivio Alinari Le fotografie dello scandalo

Giovanni Morandi

Sono anni che si parla di dare una sistemazione all’archivio Alinari, momentaneamente (da anni) accatastato in un capannone di Calenzano. C’è qualcuno disposto a scommettere che il problema sarà risolto in quindici giorni? Tanto è il tempo rimasto a disposizione da qui al 9 dicembre, che è la scadenza indilazionabile fissata dal tribunale. Il tempo passa e solo un anno fa si dava per certo che l’archivio, ovvero 5 milioni di foto lasciateci dai geniali fratelli, sarebbe stato sistemato a Villa Fabbricotti. Adesso si pensa di mandarlo a Montecatini dove ci sono gli ex stabilimenti termali desolatamente vuoti perché travolti da una crisi senza precedenti. L’idea è del governatore Giani il quale ricorda che è stata la Regione ad acquistarlo per 12 milioni ed è logico che spetti alla Regione sceglierne la destinazione. E in questi termini la questione più che sbagliata è mal posta, perché sa tanto di cummenda milanès che reclama di fare quel che vuole perché i danè sono suoi. La questione invece va posta in questo modo. Ha senso trasferire fuori Firenze un patrimonio che ha un suo particolare legame con la città, sia storico che artistico? In termini pratici la soluzione della Regione andrebbe bene perché risolverebbe la locazione dell’archivio e l’utilizzo dello stabilimento termale di Montecatini. E però è giusto chiedersi se le foto degli Alinari servirebbero davvero a risolvere i problemi di Montecatini e allo stesso tempo se Montecatini sarebbe la giusta soluzione per gli Alinari o soltanto un nuovo, ennesimo e temporaneo trasloco di scatole piene di foto. Davvero avrebbe la capacità di essere un credibile richiamo turistico? Sono domande a cui è difficile bastino due settimane per avere delle risposte. Così ci sono buone probabilità che anche l’archivio resti uno dei problemi che si rinviano da un anno all’altro. Abbiamo un tesoro della storia della fotografia e da anni ne parliamo come fosse un problema, non un’opportunità. L’Archivio Alinari è una sorta di Uffizi della fotografia, il più antico archivio fotografico del mondo e noi lo trattiamo come fosse un’ingombrante eredità, di cui avremmo voluto fare a meno. Siamo miopi e ingrati. In una precedente crisi, agli inizi del secolo scorso, per salvare questo archivio il cui futuro era stato compromesso dalla guerra, si mobilitarono gli aristocratici toscani con in testa il barone Ricasoli, l’erede di Bettino, e riuscirono nell’intento. Ma quelli erano altri tempi e altri uomini.

Per gli archivi Alinari un futuro diffuso ma col cuore a Firenze

Giorgio van Straten (Presidente della Fondazione Alinari per la fotogradia

da La Repubblica del 25/11/2022 continuiamo il saccheggio

Il presidente della Fondazione che gestisce i 5 milioni di immagini: “ Ci sono parti che possono essere trasferite, ma il nucleo centrale sarà a Villa Fabbricotti”

Credo sia giunto il momento di fare chiarezza su cosa sono oggi gli archivi Alinari, e dico oggi perché gli archivi, a differenza di quello che si può pensare, non sono realtà statiche, ma si evolvono, si allargano, si ridefiniscono.
Quella parte storica che è così strettamente collegata all’identità fiorentina (ma che costituisce un riferimento per la storia mondiale della fotografia) e che, come giustamente è stato detto, non può muoversi dalla città che l’ha vista nascere, l’immenso patrimonio di negativi su lastra di vetro, rappresenta con i suoi 250.000 pezzi solo il 5% dell’attuale complesso di archivi e fondi, che numericamente conta 5.000.000 di oggetti fra fotografie, libri, apparecchi fotografici e documenti.
L’ultima proprietà, quella della famiglia De Polo che ha posseduto gli archivi per quarant’anni, ha proceduto a numerose acquisizioni. Molte di queste sono strettamente connesse alla storia della fotografia delle origini e quindi inscindibili dal nucleo iniziale (per esempio la straordinaria collezione di dagherrotipi o quella degli album, il fondo von Gloeden e la bellissima biblioteca), ma altre parti rimandano a storie e identità completamente diverse.
Faccio due esempi. La Regione Toscana possiede (e la Fondazione Alinari per la Fotografia, che io presiedo, gestisce e valorizza) l’archivio Villani, 500.000 pezzi, comprati da un fallimento dello studio fotografico che ha rappresentato per buona parte del Novecento la fotografia a Bologna.
Claudio De Polo, dopo averlo acquisito e lasciato nel capoluogo emiliano per qualche anno, lo spostò a Firenze unicamente per ragioni di contenimento dei costi.
Oggi si è aperta una interlocuzione con la Regione Emilia-Romagna e la cineteca di Bologna per ristabilire un rapporto organico con la sua città di origine, condizione necessaria per poterlo valorizzare attraverso la digitalizzazione e la catalogazione. Dipendendo solo da noi dovrebbe aspettare decenni, perché le priorità del nostro lavoro si appuntano sui nuclei storici emaggiormente identitari degli archivi Alinari (approfitto dell’occasione per dire che, grazie ai fondi del Pnrr, insieme alla Regione Toscana digitalizzeremo e catalogheremo 150.000 lastre storiche degli archivi Alinari e Brogi).
Secondo esempio: l’archivio Team, un grande archivio di fotogiornalismo (circa 1.000.000 di foto fra negativi e positivi), relativo alla seconda metà del Novecento. Il fotogiornalismo è una branca specifica della fotografia, non collegata alla realtà Alinari che, nella sua attività, nonsi è mai posta il problema di fotografare eventi, ma luoghi, persone, beni culturali, in una dimensione artistica e antropologica, mai di cronaca. Il tema è di grande interesse e non mi scandalizza l’idea di collocare questo archivio in una località toscana come Montecatini, dove iniziare un’attività specifica, anche espositiva, sul fotogiornalismo, in dialogo con le esperienze contemporanee. Penso che sia una scelta che può essere fatta senza polemiche e contrapposizioni e senza eccessivi timori, perché, oltretutto, a vigilare c’è una soprintendenza archivistica competente e sollecita.
Riassumendo: la sede principale degli archivi, quella legata al patrimonio storico, e il Museo non possono trovare casa se non a Firenze, ma con altri fondi si può iniziare un lavoro di diffusione culturale che costituisce arricchimento e non perdita.
Piuttosto è necessario procedere speditamente alla predisposizione delle sedi fiorentine, perché, per quanto la digitalizzazione renda più facile l’accesso al patrimonio, l’immaterialità non può sostituire lo studio e la fruizione degli oggetti fisici: abbiamo bisogno di Villa Fabbricotti , che la Regione ha messo a disposizione per gli archivi e gli uffici della fondazione (si stanno facendo in questi mesi gli ultimi rilievi e sondaggi propedeutici alla progettazione esecutiva) e di Santa Maria Novella, dove, insieme al Comune di Firenze, abbiamo individuato gli spazi per la collocazione del Museo Alinari, sperando che, in questo ultimo caso, si possano trovare rapidamente le risorse per il ripristino dell’edificio e per il successivo allestimento museale.
L’autore è presidente della Fondazione Alinari per la fotografia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *