Un Amico Ritrovato

Nero Bizzarro : Racconti / Gino Benvenuti. Il punto rosso, 2022

Un uomo di robusta costituzione, precocemente incanutito si trascinava con difficoltà, nel tardo pomeriggio di una giornata piovosa, in una strada di periferia con un sacchetto in mano ed uno zaino pesante sulle spalle. Per tutto il giorno aveva cercato un luogo diverso in cui passare tranquillamente la notte a seguito di un’aggressione subita una settimana prima, nel pieno centro della città messa in atto da un gruppo di giovani teppisti armati di mazze e catene. Era rimasto circa un’ora dolorante sul selciato fino a che una macchina della polizia lo aveva scoperto e provveduto a farlo trasportare in ospedale per le cure del caso.
Una volta dimesso, con qualche centinaio di euro in tasca, frutto di una colletta tra il personale dell’ospedale ed una scorta di alimenti dono di un’associazione benefica, decise di cambiare luogo.

Nonostante questa vicenda personale dolorosa nel quartiere centrale, dove aveva passato diversi anni della sua vita, era diventato conosciuto e sopportato benevolmente nel suo quotidiano girovagare per sopravvivere. Passava con una precisione rara sempre alla stessa ora e se capitava di mancare per un giorno, la sua assenza veniva commentata.
Una volta due bottegai confinanti a metà mattinata in attesa di clienti si trovarono a colloquiare davanti al proprio negozio. Il barista disse all’altro:

-Ieri Germano non è passato; peccato perché gli avevo preparato una busta con le paste che mi sono avanzate a fine giornata- .
-Conservagliele anche per domani tanto a lui vanno bene lo stesso. Ti do un consiglio; non lo abituare- chiosò l’altro.
-Da me non si trattiene nel bar. Passa, si ferma sulla soglia e mi guarda ed io gli faccio un segno con la testa. Se ho clienti aspetta fuori ed io una volta sbrigato le mie cose prendo il vassoio di cartone, lo infilo in una busta e gliele regalo- .
-Da me non si ferma perché una volta entrò dentro alla bottega e quando vidi che i miei clienti erano disgustati dalla sua presenza, decisi di non fare più l’elemosina ad un barbone. A tutti ho intimato di non passare più perché non posso perdere i clienti per colpa loro- .
-Io ci ho parlato e mi ha raccontato alcune cose della sua vita. È stato sfortunato- insisté il barista.
-Non lasciarti impietosire. Quando sono in quelle condizioni diventano bugiardi ed anche cattivi. Sono come i drogati! – replicò il collega con disprezzo.

Il loro colloquio finì lì perché in quel momento entrò nel bar una coppia di giovani e non ebbe un seguito. Germano era giunto alla fine del pomeriggio in un luogo diverso, sicuramente più arioso, perché in periferia le strade sono più larghe delle viuzze del centro storico ontraddistinto da tanti stabili di case popolari e si fermò quando scorse che poco oltre c’era un bel giardino dotato di panchine ed alberi di alto fusto, una vasca con pesci rossi e qualche attrezzo per i giochi dei bambini. Era giunto alla fine della sua perlustrazione e decise di sistemarsi in quella zona conscio che quel luogo era sconosciuto e quindi potenzialmente ostile.

Al riparo di un loggiato si era sistemato con un giaciglio fatto di cartoni su cui si sarebbe sdraiato dentro un sacco a pelo logoro e bruciacchiato. Nella sua lunga esperienza aveva imparato che doveva evitare di imbrancarsi con i suoi simili perché niente è più micidiale della bellicosa concorrenza di chi è disposto a lottare per un pezzo di pane. Uomo poco loquace quando parlava del “suo mondo” ribadiva scuotendo la testa che “è una jungla”.

Prima di addormentarsi ebbe anche la voglia di guardarsi ad uno specchio che aveva nello zaino.
Mi ci vuole un barbiere- commentò passando una mano tra i suoi capelli folti ed arruffati come la sua barba fluente che rendevano il suo viso, contraddistinto da una punta del naso violacea, più piccolo.
La notte passò senza problemi e la mattina ripiegato il sacco a pelo lo mise nello zaino insieme ad una bottiglia di acqua, e come una lumaca, che porta con sé la casa sulle spalle, si mosse verso il grande stradone provinciale, distante una trentina di metri, che circondava il centro stabilendo una sorta di simbolica cesura tra la città ed il circondario.

Quando arrivò su un marciapiede di questa strada, lo accolse un frastuono assordante in conseguenza dell’intensa motorizzazione che dissuadeva chiunque avesse voluto attraversarla al di fuori delle strisce pedonali, rischiando così la propria incolumità.
Il tempo era nuvoloso e non prometteva niente di buono, ma Germano che bramava di cominciare a conoscere la nuova zona di residenza, volle proseguire. Percepì fin dai primi passi un odore diverso e guardando di fronte a sé vide una fila di villette a schiera con tanto di giardino, e degli operai che con il martello pneumatico facevano dei solchi vicino al muro di confino di esse con il marciapiede.
Camminò a lungo e si accorse come le botteghe fossero molto distanziate e quando in una piazzetta, trovò un bar pensò di prende­re un bicchiere di latte.

Chiese se poteva mettersi fuori ed autorizzato consumò in solitudine, volgendo le spalle al bar, alcuni pezzi di pane avanzi di pasti passati però non per questo rimase inosservato.
Quando riportò il bicchiere vuoto lo sguardo del barista fu eloquente ed altrettanto fu esplicito il commento dispregiativo alla sua uscita dal locale.
Germano scorse vicino ad esso una cartoleria dove acquistò un album per disegnare esercizio che gli si confaceva in quanto, per un lungo periodo, aveva fatto il liceo artistico. Nel parlare con la padrona del negozio disse che quell’album gli serviva per fare delle caricature e sorridendo lei gli rispose:
-Ne faccia una a me! – .
-Si metta in posa; dovrà stare ferma almeno per alcuni minuti- precisò prima di togliere dal suo zaino un sacchetto con dei tubetti e delle matite.
-Vado un attimo fuori e così compongo il cavalletto- .
-Faccia pure- commentò la donna incuriosita.

Il tempo di montarlo e si presentò di nuovo nel negozio e di lì a poco in piedi iniziò il ritratto.
Finito il lavoro glielo presentò e lei divertita lo osservò:

-Mamma mia però ha colto nel segno…me lo può firmare? – chiese prima di apporlo alle sue spalle.
Germano uscì dal negozio con un premio di cinque euro e l’indicazione di un piccolo supermarket dove acquistò acqua, un yogurt ed un cartone di latte. Riprese, camminando lentamente, la sua escursione della zona ed un cartello, che segnalava la direzione della stazione, gli suggerì una meta da raggiungere però incuriosito dal lavoro degli operai, volle attraversare la strada in corrispondenza dei semafori, per chiedere loro cosa stessero facendo:

-Mettiamo le barriere antirumore- .
-Allora la parte bassa delle villette verrà occultata- commentò immediatamente.
-Lo hanno voluto loro contribuendo in parte, dopo una raccolta di firme, alle spese previste- precisò uno di essi.
Il frastuono dei martelli pneumatici rendeva difficile parlare ed allora salutando riprese il suo cammino. Nel procedere fu attenzionato da un magnifico pastore tedesco che lo seguì abbaiando insistentemente fino a che Germano non scomparve dalla sua vista.

Attraversò di nuovo la strada ed oltrepassando il luogo della sua dimora si portò nel giardino pubblico che a quell’ora era deserto.
La giornata, anche se era nuvolosa ed incerta, non lo invogliò a tornare dai suoi cartoni, e si distese su una panchina. Aveva camminato più del normale e contentandosi di avere esplorato in parte la zona, una volta riposatosi, mise mano al suo cavalletto.
Fece uno schizzo dell’ambiente circostante e quando lo ebbe finito non si accorse che un uomo, con il suo bassotto, lo aveva osservato da dietro le sue spalle.

Fu l’occasione per scambiarsi un “buon pomeriggio” e riposto il suo lavoro in un cilindro di plastica decise di ritirarsi nel suo anfratto.
-Per il primo giorno non è andata male- rimuginò.

Nei giorni seguenti ampliò le sue conoscenze della zona dove scoprì che c’era una chiesa che lui visitò e pensò “quando piove posso venire in questo posto”.
Fece amicizia con il prete a cui raccontò le sue vicissitudini e lui gli trovò una sistemazione in un ripostiglio di un annesso confinante con la canonica.
Era contento e, lasciando il suo zaino, pensò di tornare a prendere i cartoni che qualcuno aveva già pensato di rimuovere.
Nel corso del tempo consolidò i suoi punti di riferimento durante la rotta quotidiana scambiando molti saluti ed acquisendo anche altri clienti, che si fecero ritrarre. Ogni volta che entrava nella strada provinciale aveva riscontrato che dal giardino di una villetta sopraelevata rispetto alla strada, il solito cane lupo si portava, abbaiando con foga, velocemente verso la recinzione. Dopo seguendolo dall’interno del suo giardino si drizzava sulle zampe e sporgeva la testa oltre la rete.

Una Domenica la cosa venne notata dal padrone di casa che domandò alla moglie:
-Perché questo cane abbaia così insistentemente? – .
-L’ho sentito anch’io- rispose lei -e credo che sia la vista di un barbone che passa sempre alla stessa ora- .
-Ne sei sicura? – .
-Sì, perché lo ha fatto in mia presenza; si è catapultato contro la rete ed ha insistito a latrare fino a che l’uomo non si è molto allontanato. Dopo ha continuato a guardare nella stessa direzione. Nel corso dei giorni ho verificato il comportamento di Lupo e non lo fa con altri estranei- .
-Hai fatto bene. Non ci sono problemi comunque perché le barriere, che verranno messe a giorni, non serviranno solo per il rumore ma anche a tenere lontane persone indesiderate dato che celano il piano terra- .

Infatti una volta installati i pannelli, Germano non udì più il cane abbaiare al suo passaggio, però un giorno, alzando lo sguardo, lo vide sul terrazzo del primo piano, che girava intorno a tutta la villetta mettendo di tanto in tanto le zampe appoggiate alla ringhiera. Guai fino a che non arrivò la padrona che lo fece entrare in casa serrando la porta-finestra. Gli incontri a distanza tra loro diradarono perché la primavera inoltrata permetteva a Germano di stare molto tempo nel giardino pubblico a disegnare ed osservare genitori con i loro figli piccoli, che muovevano i primi passi oppure in carrozzina. Non mancavano cani a guinzaglio oppure altri liberi che giocavano chiassosi e si rincorrevano coi loro simili. Quell’atmosfera gli dava serenità e lo svagava però non mancarono alcuni episodi che lo rattristarono come quando intervenne per alzare un piccolo per terra e si sentì dire “non lo tocchi; sudicio”.

-Volevo solo rialzarlo; mi scusi- spiegò Germano con tono mite.
La mamma, quando prese il bambino per la mano, incontrando altre sue amiche lo additò a lungo mentre spiegava l’accaduto. Nonostante questo episodio spiacevole egli continuò a frequentare quel luogo ed un giorno decise invece di fare una caricatura, di dipingere. Leggermente defilato rispetto al centro del giardino, e scelta la prospettiva, iniziò il suo lavoro con le spalle rivolte verso la strada provinciale. La gente passava magari dava uno sguardo, a volte scambiando un saluto con lui fino a che sentì delle urla:

In quel momento Germano smise di dipingere e quando si voltò vide un cane, con il guinzaglio ciondoloni, correre verso di lui e giuntogli vicino lanciò un balzo appoggiandogli le zampe sulle spalle e cominciò a leccargli il volto tra lo stupore dei presenti e del suo padrone, che era sopraggiunto trafelato.
Germano notò su una zampa del cane una cicatrice e disse con commozione:
-Sei Lupo vero? – mentre il cane come impazzito di gioia continuò le sue effusioni con delle piroette.

Il padrone si scusò per la situazione e Germano raccontò come lo avesse salvato, quando era cucciolo, dalle sevizie di un gruppo di adolescenti.
-Non so proprio come ringraziarla. La posso invitare a pranzo da me? –
-No, non si disturbi; sono soddisfatto di questa gioia. Se permette, magari, a Lupo faccio un ritratto- .

Gino Benvenuti da Nero Beffardo

Nero Bizzarro : Racconti / Gino Benvenuti. Il punto rosso, 2022

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