Un soldato romano

Madia Renzo Giuseppe da Facebook

Una vera lettera di un soldato romano

Scritta nel II secolo d.c da un ragazzino di nome Apion di una piccola cittadina egiziana.
Si arruolò nell’esercito romano ad Alessandria, salì su una grande nave governativa e salpò per l’Italia. La nave superò una terribile tempesta.
Non appena sbarcato,ricevuta la sua nuova uniforme e la paga, ando’ a farsi dipingere in un quadro per la sua famiglia e lo inviò a casa insieme a questa lettera:
Apione a suo padre e signore Epimachos: Tanti auguri!
Prima di tutto spero che tu stia bene e che le cose vadano bene per te, mia sorella, sua figlia e mio fratello. Ringrazio il Signore Serapide [un dio egizio] per avermi salvato subito quando ero in pericolo in mare.
Quando sono arrivato a Miseno [il porto di guerra romano, vicino a Napoli], ho ricevuto tre monete d’oro dall’imperatore [Traiano?] come denaro per il viaggio, e sto bene.
Per favore, scrivimi una riga, mio ​​lord padre, sul tuo benessere, secondo su quello di mio fratello e mia sorella, e terzo in modo che io possa salutare devotamente la tua mano, perché mi hai educato bene e posso quindi sperare in una rapida promozione, gli dei volendo. Porta i miei saluti a Capiton [un amico] e mio fratello e mia sorella e Serenilla [una schiava di famiglia?] e i miei amici. Ti mando il mio piccolo ritratto tramite Euktemon. Il mio [nuovo]nome romano è Antonius Maximus.
Tutto il mio meglio!
La lettera venne scritta in greco su papiro, non dal ragazzo stesso, ma da uno scrittore di lettere pubblico ingaggiato.
Due degli amici di Apion che si arruolarono con lui aggiunsero i loro saluti nel margine sinistro.
La lettera era originariamente piegata e sigillata.
Passò dall’efficientissima posta militare romana e arrivò sana e salva fino al piccolo villaggio in Egitto, dove la lessero il padre e la famiglia del ragazzo quasi duemila anni fa. Dopo la morte del padre, la lettera si perse tra i rifiuti domestici e gli archeologi la trovarono non molto tempo fa sotto le mura crollate della casa. Con essa c’era un’altra lettera scritta da Apion anni dopo a sua sorella dopo che era stato a lungo di stanza da qualche parte sulla frontiera romana e aveva moglie e figli. Questo è tutto ciò che sappiamo.
Se permettete vorrei fare alcune considerazioni.
Ammetto di essermi commosso nel rilevare l’orgoglio di questo ragazzo per essere entrato nell’esercito romano.
Trovo ammirevole l’affetto e la riconoscenza per quanto il padre aveva fatto per lui,cosa ormai rara.
Generosa la diaria per il trasferimento, di 3 aurei, corrispondenti a 300 sesterzi,cioè circa la paga di un anno.
Sorprendente che oltre alla lettera abbia mandato un ritratto,penso in divisa, molto moderno!
Strabiliante il Cursus Publicus,tanto da consegnare la lettera in un piccolo villaggio egiziano.
Oggi parliamo tanto di inclusione: dovremmo imparare dai nostri antenati.
Ricordiamoci che all’epoca i provinciali erano ” Peregrini ” cioè non cittadini romani.

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